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Con la filettatura è possibile creare la sede per una vite dove non c’è, ripristinare filetti spanati, realizzare una vite partendo da un tondino
La viteria utilizzata in Italia in meccanica e carpenteria è quasi esclusivamente metrica; è contrassegnata dalla lettera M seguita dal diametro della vite. Nella maggior parte dei casi, la filettatura consiste nel creare la sede per una vite dove non c’è neppure il foro, presupponendo l’asportazione di ulteriore materiale; il foro dovrà pertanto avere un diametro inferiore a quello della vite.
I cosiddetti prefori vanno eseguiti nel rispetto delle norme ISO: per poi inserire una vite M6 occorre praticare un foro da 5 mm, per una M8 da 6,75 mm, per una M10 da 8,5 mm.
La realizzazione del filetto avviene con il passaggio successivo di tre maschi (sgrossatore, intermedio e rifinitore) differenti per cresta e diametro d’imbocco. Ogni serie di maschi riporta il tipo di filettatura “Ma” ed il relativo passo, la distanza tra due creste consecutive del filetto; abbiamo così maschi M6x1, M8x1,25, M10x1,5. Questo per le filettature comuni. Per filettare un tondino si utilizza la filiera, un attrezzo con dentatura affilata che avvolge il corpo cilindrico e realizza una scanalatura elicoidale; entrambe le operazioni vanno eseguite con supporti dedicati, la girafiliere ed il giramaschi.
MASCHIATURA
Avanzare nel metallo pieno per formare una spirale calibrata, nella quale la vite possa impegnarsi e “tirare” con efficacia, richiede molta attenzione: il trattamento di cementazione rende i maschi abbastanza resistenti da incidere il materiale, ma al tempo stesso una forza di torsione eccessiva può provocarne la rottura. Occorre lubrificare la zona di lavoro e, di tanto in tanto, compiere mezzo giro a svitare per rompere il truciolo.