Arte spazzatura

Editoriale tratto da “Far da sé n.437 Aprile 2014

Autore: Carlo De Benedetti

Il suo lavoro consiste nel fare pulizia nella sala Murat del comune di Bari; quando è arrivata sul posto ha visto degli scatoloni di cartone accatastati e della carta di giornale sparsa sul pavimento. Combinazione il camion della spazzatura stava passando proprio in quel momento: ha raccolto tutto e l’ha consegnato ai netturbini e, tutta soddisfatta di aver già fatto un lavoro straordinario, è tornata alle pulizie di routine. Apriti cielo! Cartoni e carta da giornale erano “opere d’arte” di un “artista” dei nostri giorni… La notizia fa sorridere, ma in realtà ne è nato un caso con intervento di assessori e assicuratori (speriamo solo che a qualcuno non sia venuto in mente di prendersela con una donna onesta e meticolosa che ha la sola colpa di essere dotata di comune buon senso). Non intendiamo suscitare le ire funeste di qualche appassionato di arte contemporanea, capace di emozionarsi di fronte a sacchi di iuta variamente strappati o colorati, a rottami di ferro casualmente saldati insieme, a costruzioni che assemblano in modo improbabile materiali diversi, dicendo che, se l’opera d’arte fa pensare alla spazzatura, forse l’artista o il critico che lo pompa dovrebbero porsi delle domande molto serie. Ve la immaginate la donna delle pulizie di Leonardo da Vinci che butta nella spazzatura la Gioconda o quella di Michelangelo che rotola nella scarpata una sua scultura? Ma forse questa posizione dipende dalla frequentazione di tanti seri e concreti far da sé le cui opere sono sempre d’immediata e chiarissima lettura: possono piacere o no, essere lineari o arzigogolate, utili o superflue, ma hanno un senso, un’utilità, un’idea alla base che può essere da tutti capita. Anche i far da sé riciclano: usano cestelli di lavatrice per fare tavolini, scolapasta per fare lampade, bobine di cavi elettrici per fare poltrone, dischi musicali per fare orologi, attaccapanni per fare fruttiere, porte per fare testiere da letto ecc. Chiunque capisce l’oggetto nuovo che ha davanti e l’autore non ha la pretesa che quella sua costruzione sia un’opera d’arte. Se dei cartoni e della carta da giornale accatastati non dicono niente, non comunicano, e devono essere tradotti da un mare di parole altrettanto incomprensibili, allora è bene che tornino a essere utili per lo scopo per cui sono nati oppure che siano buttati nella spazzatura. Senza rimpianti.

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