Tratto da “Far da sé n.496 – Luglio 2019″
Autore: Nicla de Carolis
Il pavimento in legno è da sempre molto amato, tanto che adesso si mette anche in bagno; nella ristrutturazione di un appartamento (pubblicata sul numero di FAR DA SÉ febbraio 2018) è stato realizzato addirittura il piatto doccia con gli stessi listelli in teak usati per il resto della casa, ovviamente dopo aver creato un’adeguata impermeabilizzazione e “chiuso” le fughe tra i listelli di legno con resine utilizzate per la nautica, uno spettacolo.
La parola parquet, con cui si definisce il pavimento in legno, era in origine il diminutivo di “parc”, “piccolo recinto con tavolato”, come una pista da ballo. Successivamente, la parola indicava i luoghi in cui si tenevano convegni e incontri e, dato che il pavimento della sala era di legno, la parola finì per indicare un rivestimento in legno, quindi il pavimento per le abitazioni di lusso.
Il legno, materiale versatile ed ecologico per eccellenza, anche come pavimento rivela le sue tante qualità: calore ed eleganza, varietà di colori, buon isolamento acustico e termico, resistenza. Abbiamo esempi giunti fino a noi di parquet d’epoca medievale e addirittura romana. Già i nostri antenati, 3000 anni prima di Cristo, ricoprivano i pavimenti delle abitazioni con grossolani pezzi di legno, mentre in epoca romana si mettevano a punto tecniche migliori per ottenere tavole di legno che si posavano con geometrie e a spina di pesce… i nostri avi, antesignani in tutto!
Nei dipinti degli artisti fiamminghi (XXV e XXVI secolo), tra i ricchi dettagli degli interni, possiamo ammirare lucidi parquet che nel ‘600, grazie alla creatività e al talento degli artigiani, venivano realizzati con intarsi, arabeschi, fregi, figure: cesti di frutta e disegni floreali assemblati con colla di pesce o albume d’uovo.
Nel ‘700 tutti i palazzi nobiliari e le residenze di re e principi avevano pregiati parquet che diventarono un vero e proprio status symbol; opere stupende, basti pensare ai famosi parquet dello Juvarra di Palazzo Madama a Torino.
Venendo ai nostri secoli, nel ‘900, epoca che inizia a rifiutare il decoro con la nascita del Bauhaus, lo stile che antepose la funzione alla forma, mettendo le basi dell’architettura moderna per minimalismo e linearità, anche il parquet perde il pregio degli intarsi e delle lavorazioni scenografiche. Durante l’epoca fascista, con l’uso di italianizzare le parole straniere, il parquet è tradotto in “tassellato” per poi tornare alla denominazione classica dopo il 1945.
Una storia interessante, come interessante è tutto ciò che riguarda questo prodotto dal fascino intramontabile anche ai giorni nostri; da pagina 6 troverete un dossier che fa luce sugli aspetti più legati al “fare” di questo pavimento davvero speciale.