Tratto da “Far da sé n.506 – Luglio 2020″
Autore: Nicla de Carolis
In questi ultimi mesi tutti abbiamo dovuto imparare e in molti praticare lo smart working, modalità di lavoro, fino a poco tempo fa sconosciuto ai più, confuso con il telelavoro (che sposta semplicemente il lavoro dall’uffico a casa), e che si definisce “lavoro intelligente/agile” perché non prevede vincoli di luogo e di orari.
Riguarda esclusivamente il lavoro di ufficio, occorrono un computer, fisso o portatile, uno smartphone, un collegamento internet veloce e, se necessario, la possibilità di accedere alla rete aziendale: la qualità e la quantità dell’attività possono essere misurate con il raggiungimento degli obiettivi. I vantaggi incontestabili sono importanti: risparmio di tempo e di denaro per i mancati spostamenti, minor inquinamento, libertà del lavoratore di gestire il tempo in autonomia.
D’altra parte, e l’abbiamo visto in questo periodo di prova obbligata dettata dalla pandemia, questo smart working non è tutto rose e fiori: oltre alla difficoltà dei collegamenti a causa dell’inadeguatezza della rete internet del nostro Paese, c’è sicuramente la diminuzione della produttività per carenze di programmazione, organizzazione ed esecuzione. Ma ciò che sembra più pesante è la perdita dell’aspetto sociale del lavoro, l’isolamento del lavoratore a causa della mancanza di contatto con i colleghi e con l’azienda, tutto il giorno solo con un computer e, in più, disturbato dalle attività domestiche che tolgono concentrazione, quasi inevitabili in un’abitazione: non tutti dispongono di una stanza adibita a studio in cui potersi isolare. La comodità di non muoversi da casa, rimanendo magari in pigiama da mattina a sera… orrore… è qualcosa che, alla lunga, ha fatto tornare in molti addirittura il desiderio di trovarsi in coda in tangenziale per raggiungere l’azienda.
Ma aldilà di queste considerazioni, l’atteggiamento del fardasé è di rispondere concretamente al nascere delle nuove esigenze e così in questo numero pubblichiamo un dossier dedicato alla realizzazione di scrivanie e spazi pensati per il lavoro da casa che pare, indipendentemente dal Coronavirus, dovrà entrare sempre di più a far parte della nostra vita.
A mio avviso un’evoluzione che andrebbe presa a piccole dosi perché aggiunge poco in termini di benessere e arricchimento alla nostra mente e che può creare problemi psicologici perché non siamo fatti per “dialogare” solo con un video. Come sempre trovo molto più “smart/intelligente” potersi impegnare in laboratorio, luogo in cui, anche se si è soli, mente e mani sono sollecitate da continui stimoli per progettare, risolvere problemi, tagliare, unire, rifinire, trovare le soluzioni migliori per ottenere il risultato perfetto per le esigenze personali.