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Questo piatto in legno di noce dalla linea classica è il risultato di una lavorazione al tornio e di una finitura che ne esalta le venature
Per realizzare un piatto in legno come questo è necessario procedere con il lavoro di tornitura, passando dal pezzo grezzo al finito senza mai toglierlo dal tornio.
L’altezza della testa ci dice il raggio massimo dei pezzi lavorabili. Tra le varie lavorazioni al tornio infatti è possibile ottenere piatti di legno e vassoi tanto più grandi quanto maggiore è l’altezza della testa; nei torni per chi fa da sé il massimo diametro tornibile non supera di regola i 380/400 mm.
Testa girevole
Questo limite può essere superato se la testa motrice è girevole rispetto al banco per cui il mandrino può sporgere frontalmente oltre il bordo anteriore del tavolo.
Il sistema evita di dover lavorare di lato come è necessario nei torni tradizionali in cui il pezzo in lavorazione è trasversale rispetto al banco.
Nella lavorazione a sbalzo, a meno che si lavori un’improbabile fetta di un tronco altrettanto improbabilmente rotondo e ben centrato, la vena del legno cambia continuamente direzione col roteare del pezzo per cui il ferro, che incontra strati alternativamente duri e teneri, va guidato con mano assai più sensibile che nella lavorazione fra le punte.
Per un piatto in legno come quello che vediamo nascere sotto i nostri occhi, in noce, occorre una tavola compatta, priva di nodi e di fenditure, in pezzo unico o costituita da più elementi solidamente incollati a filo piano.
Per farsi la mano si possono usare multistrato o MDF di grosso spessore (qui ne occorrerebbero due pezzi da 25 mm incollati l’uno sull’altro). Trovato il centro della tavola, incrociando due diagonali, col compasso si disegna un cerchio di 15 o 20 mm più grande del necessario e se ne segue il contorno coll’alternativo o con la sega a nastro.
Sempre guidandosi col centro e le diagonali, si fissa il pezzo alla testa di trascinamento o direttamente, con il platorello, il mandrino o altri sistemi di cui sia dotata la macchina.
Tornire un piatto legno
Nella lavorazione delle facce ci troviamo davanti al secondo problema della lavorazione a sbalzo: la velocità di rotazione del pezzo.
Il suo centro infatti, a 300 o 3000 g/m, è praticamente fermo; allontanandosi la velocità aumenta rapidamente: a 600 g/m un punto a 50 mm dal centro viaggia a 3,14 m/s, un punto a 100 mm dal centro va a 6,28 m/s; a 250 mm il piatto in legno in questione va a 15,7 metri al secondo.
Calcolando per il noce una velocità di lavoro ottimale di 7 m/s vediamo che i ferri lavorano bene solo a circa 120 mm dal centro; più in centro tenderanno a raspare anziché tagliare, più in fuori tenderanno a scivolare.
L’inconveniente, come è ovvio, si presenta solo per pezzi di grande diametro e può superarsi con un variatore di velocità comandato a pedale (non tutti i motori lo accettano e bisogna sincronizzare piede e mani) o imparando, sbaglio dopo sbaglio, ad aumentare progressivamente l’angolo di spoglia del ferro dal centro alla periferia e viceversa.
Piatto in legno perfettamente circolare
Il fondo del piatto di legno
La lucidatura
Le nervature
Le nervature si abbozzano con le punte piccole di un calibro d’acciaio o di un compasso da meccanici. Vanno ben marcate, a fare da guida per il successivo lavoro di scalpello che spiana la base creandovi all’interno una concavità larga e bassa.