Quando un prodotto o un materiale vengono definiti “naturali” catturano subito la nostra fiducia, danno una sensazione di sano, di puro, di protezione; qualcosa che ha a che fare con l’origine della vita e che accompagna l’uomo da sempre.
I materiali isolanti utilizzati in edilizia possono essere isolanti naturali o isolanti sintetici: considerato che questi ultimi si ottengono da prodotti derivati dal petrolio, inevitabilmente inquinanti a fronte di performance migliorate solo in parte, verrebbe spontaneo propendere per i primi, ma la legge non è uguale per tutti. Anche se la natura ci fornisce il materiale di base, questo dev’essere poi lavorato per ottenere un prodotto utilizzabile: talvolta si tratta di lavorazioni semplici, in altri casi la trasformazione comporta un consumo energetico da non sottovalutare. Rispetto agli isolanti di origine animale o vegetale, per produrre le lane minerali si consuma molta più energia, senza contare che anche il loro smaltimento è spesso difficoltoso.
Insomma, l’impatto ambientale di qualsiasi prodotto dev’essere valutato dall’inizio alla fine del suo ciclo vitale: produzione, utilizzo e smaltimento. “Rinnovabile” e “riciclabile” sono due termini che vanno volentieri a braccetto, ma hanno significati diversi: i materiali da cui si ottengono gli isolanti naturali sono tutti rinnovabili, ma il tempo in cui si rinnovano i chicchi di mais o le noci di cocco è molto diverso da quello necessario per la quercia da sughero o per le rocce vulcaniche.
Il riciclo è possibile solo in determinate condizioni: gli isolanti vegetali o animali che non vengono addittivati con leganti, dopo la dismissione, possono essere riciclati, riutilizzati per altri scopi o compostati, ma se contengono sostanze leganti (ad esempio i sali di boro) quest’ultima possibilità va scartata per il rischio di inquinamento. Gli isolanti minerali si prestano al riuso per altri scopi, ma spesso devono concludere la loro vita in apposite discariche, perché intaccati da altri materiali o perché il processo di rigenerazione non ha costi convenienti.
In alcuni casi, tuttavia, bisogna necessariamente ricorrere ad isolanti di origine petrolchimica, ad esempio quando sono richiesti elevati valori di impermeabilità al vapore, ma nella maggior parte delle situazioni che richiedono un buon isolamento termoacustico si possono scegliere prodotti naturali. A parità di spessore questi ultimi hanno un costo quasi sempre inferiore mentre le principali performance sono simili; si tratta di una scelta più responsabile in una filosofia “green” che, per essere tale, deve tener conto anche dei costi di produzione, di trasporto e di smaltimento.
ISOLANTI NATURALI DI ORIGINE VEGETALE
Fibra di legno: prodotta con scarti lignei, non teme l’umidità, buon isolamento termoacustico e buona capacità di accumulo del calore; al termine del suo ciclo può essere utilizzata come combustibile o riciclata per produrre altri pannelli. Usi: cappotti anche ventilati, isolamento interno, intercapedini, tetti piani o inclinati, solai.
Fibra di cellulosa: proviene dal riciclo della carta di giornale, poi miscelata con sali di boro per renderla inattaccabile dai parassiti; si ottengono fiocchi da insufflare negli interstizi ed isola molto bene dal rumore. Si applica anche a spruzzo per migliorare l’isolamento acustico, i pannelli si montano su quasi tutte le superfici.
Fibre di kenaf e di canapa: le piante da cui si ricavano sono simili ed anche gli impieghi e le caratteristiche; per ottenere i pannelli la canapa viene però di norma trattata con soda e sali di boro per renderla resistente al fuoco. Solo i pannelli ad alta densità sono calpestabili, i feltri si usano nei sottopavimenti.
ISOLANTI NATURALI MINERALI
Vetro granulare: da vetro riciclato non riutilizzabile si ottiene una farina da far espandere a caldo per ricavare granuli di varie dimensioni e porosità. Si utilizza come isolante, per aumentare la resistenza al fuoco di intonaci, per pannelli autoportanti, per sottofondi, per canne fumarie; è traspirante, stabile, inerte.
ISOLANTI NATURALI DI ORIGINE ANIMALE
La lana di pecora non è solo utilizzata nell’industria tessile: dagli stessi procedimenti, che si susseguono dopo la tosatura dell’animale, si ottengono pannelli di differente densità da utilizzare come ottimi isolanti in svariate situazioni e fiocchi per l’insufflaggio in interstizi ridotti. Se esente da additivi quali sali di boro e polipropilene, con funzione di renderla inattaccabile dai parassiti, può essere riciclata e compostata.