Il calcestruzzo armato è un materiale da costruzione composto da cemento, ghiaia, sabbia ed acqua nel quale vengono annegate barre di ferro, collegate in modo da formare un’ossatura di sostegno. Per molto tempo è stato considerato un materiale dalla durabilità illimitata, ma tanto il calcestruzzo quanto il ferro, se non adeguatamente protetti, possono subire l’azione degli agenti atmosferici e delle sostanze inquinanti.
In particolare, lo scheletro metallico può ossidarsi e formare ruggine; questo processo comporta un aumento di volume, l’intonaco si gonfia e si stacca, lasciando lo strato di calcestruzzo che copre il ferro privo di protezione ed esposto all’aria ed all’acqua. Questo si verifica quando nel calcestruzzo, in seguito a tensioni strutturali, si formano fessurazioni attraverso le quali penetrano acqua ed altre sostanze aggressive presenti nell’aria, per cui la struttura metallica si altera: inizia così un degrado che può essere arrestato solo con un intervento radicale. Un tipico esempio è quello dato dai frontalini dei poggioli, spesso aggravato da un’impermeabilizzazione insufficiente del manto di copertura.
Il ripristino deve partire in profondità , asportando tutto lo strato di materiale degradato; l’accurata pulizia dell’armatura è fondamentale e dev’essere poi protetta dall’ossidazione, per questo esistono prodotti specifici, detti passivanti, che non possono in alcun modo essere sostituiti da comuni antiruggine o convertitori. Al termine del lavoro di ripristino ed intonacatura con prodotti adeguati, sulla rasatura è possibile applicare un protettivo a base di resine resistenti e composti pigmentati, migliorando anche l’estetica.
Tutto il materiale in fase di distacco deve essere asportato con attrezzi manuali e ricorrendo ad uno scalpellatore elettropneumatico leggero, per evitare di trasmettere forti vibrazioni alla struttura. Questa fase deve portare a liberare completamente l’armatura dallo strato di cemento; la stessa va poi spazzolata o sabbiata per eliminare il più possibile la ruggine, se la corrosione arriva in profondità (40% del diametro) occorre installare barre nuove. Sulle barre, vecchie e nuove, va stesa a pennello una speciale malta passivante (in foto è di colore azzurro) che blocca la corrosione e favorisce l’aggrappaggio delle malte da ripristino; trattandosi di un ripristino di superficie, privo di funzioni strutturali, i prodotti hanno caratteristiche elastiche, mentre per travi o pilastri si ricorre a prodotti premiscelati con fibre sintetiche. Il tutto viene poi rivestito con intonaci di finitura, a base di cemento e polimeri sintetici, allo scopo di preservare il manufatto dall’aggressione degli agenti atmosferici.
Recupero a cura del geometra Miranda Pantaleo.