Il dilettante è inferiore al professionista nella capacità, nella cultura e nei mezzi, ma gli è superiore nella libertà e ingenuità con cui fa quanto gli dà gioia, ed esprime ciò che per lui è importante, senza gli scrupoli e senza l’ambizione del professionista, senza le sue inibizioni”.
Se non l’avesse già scritta Hermann Hesse, questa frase vorremmo averla scritta noi, tanto magnificamente sintetizza la filosofia del nostro lavoro, l’idea base dell’essere un far da sé.
Perché il bricoleur non è un professionista, non lo è e non vuole esserlo: egli ha già un lavoro e proprio dalla ripetitività di questa occupazione molto spesso fugge o trova momentaneo sollievo nella libera attività manuale.
Il far da sé nella vita è ferroviere, postino, operaio, impiegato, ma anche chirurgo, avvocato, maestro; quando si improvvisa idraulico, falegname, elettricista o fabbro per risolvere qualcuno dei quotidiani problemi che la casa presenta lo fa con entusiasmo, certo che in fondo, comunque vada, il suo pubblico gli riconoscerà impegno e buona volontà.
Libero dall’ansia, poiché la sua prestazione non deve essere monetizzata, poiché non mette in gioco né reputazione né carriera, e nello stesso tempo spinto a far bene perché quel certo lavoro lo fa per sé, per la propria casa, per la propria famiglia, egli certamente rende al massimo conseguendo risultati che talvolta sono preclusi al professionista più esperto.
Certo del professionista egli non ha né i mezzi, né l’esperienza, né le conoscenze teoriche e pratiche: ma a queste carenze sopperisce con quella vena di “ingegnosità” che gli consente di inventare soluzioni assolutamente originali a problemi piccoli e grandi.
Egli si dedica alle attività del far da sé perché gli danno gioia, perché per lui sono importanti: non ha spazio né la voglia di arricchire, né quella di far strada.
Gli basta essere soddisfatto con se stesso, gli basta il bravo di quanti come lui guardano al professionista non con invidia, ma solo con ingenua curiosità, pronti a rubargli un segreto oggi ed uno domani da far ben fruttare.
(febbraio 1989)