Cosa farò da grande

Editoriale tratto da “Far da sé n.468 –

Dicembre 2016/Gennaio 2017″

Autore: Nicla de Carolis

“I giovani non trovano lavoro perché hanno titoli sbagliati, competenze non in linea con le qualifiche…” questa una delle conclusioni dell’ennesima ricerca realizzata dall’Università Bocconi di Milano, presentata nei giorni scorsi ai politici. Nel 2015 le imprese italiane avevano in cantiere l’assunzione di 722mila persone: di queste 76mila, il 10,6%, sono definite «di difficile reperimento». I dati dell’Istat sull’andamento delle professioni dal 2011 al 2014 registrano alcune tendenze significative: oltre alla crescita dei lavoratori tecnici qualificati, c’è un mondo di mestieri specializzati, dalla logistica alla cura della persona e soprattutto a quelli dell’agricoltura e del turismo, dove ci sono tante potenzialità che si scontrano con una qualità dell’offerta non sempre all’altezza.

E poi c’è il settore della moda che poggia su una filiera lunga di mestieri antichi e difficili da preservare, dalla sarta al chimico tintore. Nel distretto del Biellese, per combattere preventivamente la carenza di professionalità, sono state create scuole superiori, corsi universitari e master per salvaguardare i mestieri del tessile dove si parte dalla fibra per arrivare all’abito confezionato e dove occorrono ancora figure specializzate come la rammendatrice e il disegnatore.

bambino

Ma questi esempi, quasi sempre iniziativa del settore privato, sono percentualmente rari. I modelli culturali che vanno in questa direzione fanno fatica a decollare; la TV, certo, monopolizzata dal pensiero unico della politica da un lato e dall’editore, se non unico abbondantemente preponderante, dall’altro, non contribuisce a prendere a esempio professioni alternative. L’incitazione è verso il mondo dello spettacolo/intrattenimento a cui si accede spesso senza avere né arte né parte, come si diceva una volta; o è rivolta a idolatrare i calciatori con le loro belle capigliature a cresta di gallo, i tatuaggi, la Ferrari e un conto da milioni di euro. Poi ci sono i genitori che riversano sui figli l’aspirazione, poco razionale, di avere in casa un avvocato, un medico, un professore di materie letterarie, categorie indispensabili, ma di cui il mondo del lavoro è saturo.

Purtroppo non ci sono ancora dei programmi seri che valorizzino incisivamente il lavoro dell’agricoltore, del falegname, del sarto, del muratore, dell’idraulico, del fornaio ecc. L’unico lavoro promosso, bisogna dire fino alla nausea, da tutti i media è quello del cuoco, professione diventata di assoluto prestigio, tanto che i cuochi più noti sono assurti a maestri di pensiero e sono autorizzati a urlare e fare scene diseducative nei loro show.

In sostanza, per avere le professionalità richieste, meno disoccupazione e persone con occupazioni gratificanti servirebbe un progetto lungimirante, realizzato di concerto tra tutte le istituzioni del Paese. Un piccolo tassello volto a contribuire all’orientamento dei più giovani per scegliere COSA FARÒ DA GRANDE lo abbiamo voluto dare anche noi con un manuale che ha proprio questo titolo, in omaggio agli abbonati di FAR DA SÉ.

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