Editoriale tratto da “In giardino n.46 Febbraio – Marzo 2014”
Autore: Nicla de Carolis
Tempi di crisi come quello che stiamo vivendo, una crisi, non solo economica ma ben più profonda, di valori e di regole, che causa perciò malessere se non addirittura infelicità in molti di noi, indistintamente, sono tempi favorevoli per fare autocritica e cambiar strada. Alla luce di ciò c’è una voglia di ritorno all’etica, al buono, al piacere delle cose immateriali, agli affetti familiari, alle tradizioni, a una vita che scorra più lenta con ritmi più umani.
Sembra che, in molti casi, la ricetta per tornare a vivere meglio sia quella di guardare e ispirarsi a stili di vita del passato, quando il consumismo, la finanza e il denaro non erano ancora gli unici obiettivi e non venivano considera ti indicatori di benessere.
Anche il desiderio di un ritorno alla terra (inteso come possedere un terreno per fare un orto o un giardino se non addirittura per avviare una vera azienda agricola) è piuttosto diffuso. E addirittura si torna a coltivare secondole vecchie regole che oggi rientrano nel discorso della sostenibilità: “I consumi e le contaminazioni non devono superare la velocità della natura nello smaltire le scorie e nel reintegrare le risorse impiegate”.
Sostenibilità, dunque, un concetto che solo 60 anni fa non esisteva ma era praticato da tutti perché era profondo il rispetto per la terra e per la natura come fonte di sostentamento. Nessuno si sarebbe sognato di sotterrare rifiuti tossici compromettendo la produzione di interi appezzamenti solo per ricavarne denaro…
Quindi tornare ad amare la terra per ciò che di buono e sano essa può produrre, e non pensare che il suo valore possa essere solo la trasformazione da terreno agricolo a edificabile, sarebbe un importante passo in avanti.
Lo dimostrano le aziende agricole, spesso prese in mano da giovani, che affinano la produzione applicando le severe regole dell’agricoltura biologica e perfino quelle della biodinamica: mantenere la fertilità della terra, rendere sane le piante in modo che possano resistere alle malattie e ai parassiti, produrre alimenti di qualità più alta possibile.
Regole che un vecchio contadino considererebbe la normalità, ma che oggi sono un’encomiabile scelta etica, vincente anche sotto il profilo economico.