Editoriale tratto da “Far da sé n.440 Luglio 2014”
Autore: Carlo De Benedetti
“Vi auguro una bella strada nella scuola, una strada che faccia crescere le tre lingue che una persona matura deve sapere parlare: la lingua della mente, la lingua del cuore e la lingua delle mani”: sembra proprio il terzetto di parole d’ordine che avevamo proposto come logo della nostra iniziativa “Manualità, un gioco da ragazzi”, quando in testa a ogni nostra comunicazione c’era l’omino MENTE, l’omino MAGIA, l’omino MANO. E se la lingua del cuore è quella delle emozioni e dei sentimenti, coincide bene con la magia che si esprime nella gioia di aver “pensato bene” e di aver “agito bene”.
Il nostro fine era quello di entusiasmare i ragazzi nei confronti delle attività manuali, di far loro capire che la mente aiuta a progettare, a inventare, a creare, che la mano consente di realizzare concretamente quello che la mente ha pensato per guardare infine con la bocca spalancata dalla meraviglia e con il cuore pieno di soddisfazione il frutto della nostra mente e delle nostre mani.
Era certamente di più ampio respiro il fine di Papa Francesco, mentre pronunciava la frase che abbiamo citato all’inizio e che è stata proclamata il 10 maggio 2014 a Roma nel corso dell’iniziativa “La Chiesa per la scuola”, ma in quel terzetto mente-cuore-mani c’è davvero la descrizione di una “bella strada” che la scuola, ma poi la società, deve provare a percorrere con impegno se vuole essere aperta alla realtà, luogo d’incontro, portatrice di vero-bene-bello. Questo è un “cammino ricco, fatto di tanti ingredienti” dice ancora il Papa: siamo più che mai convinti che tra questi ingredienti ci sia anche la manualità, la capacità di costruire un oggetto, la saggezza di riparare una cosa piuttosto che buttarla, il desiderio di rendere bello e vivibile un angolo di casa o di giardino, l’aspirazione a trasmettere ai giovani i segreti di sapienti artigiani, l’intelligenza di riscoprire in vecchi mestieri la dignità del lavoro, la gioia di mettere al servizio di altri le proprie abilità.
Nel profondo rispetto per il magistero di Francesco, quindi senza nessuna intenzione di strumentalizzare le sue parole, vorremmo che, sempre con le sue parole, si diffondesse la convinzione che “se una cosa è vera, è buona ed è bella; se è bella, è buona ed è vera; e se è buona, è vera ed è bella”.