Economia circolare, Agenda 2030 e far da sé

Tratto da “Far da sé n.502 – Febbraio 2020″

Autore: Nicla de Carolis

L’Unione Europea ha adottato nuove regole per incoraggiare le aziende ad abbandonare la strategia “dell’obsolescenza programmata del prodotto”, strategia di cui si ha notizia per la prima volta nel 1932 negli Stati Uniti quando fu pensata per risollevare i consumi durante la grande depressione e da allora viene utilizzata nell’economia industriale con lo stesso scopo.

Questo processo, che definisce il ciclo vitale di un prodotto in modo da limitarne la durata a un periodo prefissato, viene realizzato ricorrendo in fase di fabbricazione ad accorgimenti come l’utilizzo di materiali di scarsa qualità, la pianificazione di costi di riparazione superiori rispetto a quelli di acquisto e l’irreperibilità dei pezzi di ricambio. Ci si è resi conto che oggi questa pratica non è più sostenibile e in tutti i settori bisogna invertire la marcia passando dal modello di economia lineare, fondato sullo schema “estrarre, produrre, utilizzare e gettare” per approdare all’economia circolare che vuole la rigenerazione, il recupero e il riciclo.

Questo è solo uno dei punti di un programma più ampio, quello dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU e che ingloba 17 Obiettivi. La sostenibilità, come viene intesa dall’ONU, annovera temi come occupazione, fame, povertà, diritti, istruzione, energia, innovazione e infrastrutture.
L’attuazione dell’Agenda richiede un forte coinvolgimento non solo dei governi, ma anche delle imprese, pubbliche e private, delle istituzioni filantropiche, degli operatori dell’informazione e della cultura, nonché dei singoli cittadini.

Tante sono le piccole cose che possiamo fare anche noi individualmente; solo per citarne alcune, ridurre i consumi elettrici nelle attività di tutti i giorni (fare andare a pieno carico lavatrici e lavastoviglie, accendere le luci solo se necessario, evitare quando possibile l’uso dell’ascensore ecc), non sprecare il cibo, fare una giusta raccolta differenziata dei rifiuti.
In particolare, tornando a parlare della vita degli “strumenti tecnologici” e della loro riparazione, la direttiva dell’Unione Europea ci viene incontro perché, a proposito dei beni di uso casalingo, rende obbligatorio dare disponibilità per 7 anni dei pezzi di ricambio che costano più di 60 euro e per 5 anni quelli che costano meno, dopo l’uscita di produzione del bene.

Su tutti questi aspetti nessuno ha qualcosa da insegnare a chi fa da sé perché è insito nel suo DNA l’impulso di evitare sprechi salvaguardando materiali e attrezzi; in più, grazie alla sua manualita e alla competenza, aggiusta, recupera e riutilizza.

I far da sé anticipano di 50 anni molti degli obiettivi dell’economia circolare e dell’Agenda 2030. Comunque un ripassino sulla materia comincia in questo numero da pagina 20 con la rubrica RIPARAZIONI DI CASA.

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