Nelle controsoffittature di cartongesso si lascia una guaina con i conduttori che esce dal soffitto. Ai conduttori vanno collegati i vari punti luce o il trasformatore, se sono a bassa tensione (vedi schemi in basso).
I fori nel controsoffitto, per l’installazione dei punti luce a faretto, si praticano con facilità usando una semplice sega a tazza. La posizione va calcolata in modo da non interferire con i profilati di sostegno.
La guaina proveniente dall’intercapedine del controsoffitto, già fissata all’orditura prima di applicare il cartongesso, viene estratta dal foro insieme a quella che raggiunge gli altri punti luce; con le guaine posizionate, si fanno passare i fili con la sonda.
I conduttori che alimentano i vari faretti vengono fissati nei morsetti e poi i faretti si inseriscono e si bloccano nel relativo foro. SEGMENTI DI LUCE, LUCI INCASSATE NELLE PARETI
Nuovi profili da incasso permettono di incorporare luci al neon o a led a filo di pareti e soffitti di cartongesso, per illuminare gli ambienti in modo inusuale: sembra che siano le stesse superfici a dar luce al locale. Volendo, è possibile tinteggiare il profilo che ospita la fonte luminosa nella stessa tonalità delle pareti. Si tratta di barre di gesso con differenti sagomature, lunghe 1 – 1,5 – 2 metri che vanno inserite in aperture realizzate nel cartongesso e che possono ospitare tubi fluorescenti ad alta efficienza, con potenze comprese tra 14 e 54 W, o stringhe di led da 5 metri, sezionabili ogni 10 cm, che contengono 60 led per metro, alimentate a 24 V. Il materiale di cui sono fatte le barre permette di adattarle facilmente per seguire profili di scale, passaggi tra i locali, nicchie ed altre superfici irregolari. Si possono adattare tagliandole a misura.
COME SI MONTANO
Si realizza nel cartongesso un’apertura poco più grande del profilo che ne permetta l’aggiustamento; si fanno arrivare i cavi necessari per l’alimentazione come per qualsiasi fonte luminosa. Il montaggio dei profili avviene con colla e viti; la stuccatura nasconde qualsiasi segno di giunzione ed il risultato è quello di una nicchia ricavata nella superficie.
Un classico utilizzo del faretto è quello di proiettare luce concentrata su un elemento particolare dell’arredo, come un quadro o una scultura per creare un centro di interesse e valorizzarne la bellezza. Una struttura di cartongesso fa da cornice ad una scultura e supporta il faretto.
Individuato il punto opportuno, si fora il pannello e si allarga l’apertura con la sega a tazza. Predisposto il collegamento, si inserisce il faretto nell’apertura. Sono molto importanti sia il colore della luce emessa, sia l’apertura del fascio luminoso. Nei cataloghi delle lampade alogene troviamo un’ampia gamma di entrambi.
Le lastre in cartongesso hanno una buona compensazione igrometrica: sono cioè in grado di assorbire una discreta percentuale di umidità. Tuttavia, per ambienti soggetti a condizioni di umidità persistente, esiste un particolare tipo di lastra nella quale questa capacità è stata accentuata ed il suo campo d’impiego diventa perciò specifico e rivolto alla realizzazione di pareti, contropareti e soffitti in locali come bagni e cucine. Questo tipo di lastra è facilmente riconoscibile dal suo colore verde. Assicura prestazioni ancora più alte la lastra con barriera al vapore, ideale per l’applicazione a ridosso di muri umidi o dove si renda necessario impedire la propagazione del vapore acqueo. Si tratta di lastre in gesso rivestito accoppiate con una sottilissima lamina di alluminio, collocata sul lato a vista, il cui scopo è quello di proteggere anche dall’umidità ascendente ed è largamente utilizzata quando si tratta di bonificare dall’interno i muri perimetrali umidi.
I supporti di sanitari ed altri carichi sono installati all’interno della parete, prevedendo in fase di progettazione la loro ubicazione. Non esistono pertanto problemi di carico sostenibile anche utilizzando i sistemi a secco.
IL CARTONGESSO GIUSTO PER IL BAGNO
Le lastre Aquapanel® sono in cemento fibrorinforzato e sono progettate per resistere alle condizioni climatiche più estreme: possono sopportare pioggia, umidità, gelo e shock termici nonostante il peso ridotto. Per questo possono essere utilizzate in ambienti come bagni, saune, docce, per realizzare pareti, contropareti e soffitti. Il trattamento dei giunti è contestuale all’applicazione di ogni lastra, pulendo i bordi con un pennello umido ed applicando una speciale colla poliuretanica. Knauf TRAMEZZA COIBENTATA ACUSTICAMENTE
Per contenere le trasmissioni acustiche è fondamentale applicare il nastro di guarnizione in polietilene espanso sull’anima della guida. Lo spazio interno dell’orditura dev’essere colmato con materiale isolante di spessore adeguato e senza lasciare spazi vuoti. Knauf
Nell’installazione di un miscelatore monocomando per la doccia, la parte più “difficile” è rompere la piastrellatura per mettere a nudo le tubazioni e, a lavoro ultimato, ripristinarla. La parte idraulica, invece, non presenta difficoltà particolari.
Scopri come installare un miscelatore monocomando per doccia
Tolte le manopole e le mascherine dai rubinetti, dopo aver chiuso le adduzioni, allentiamo e togliamo i vitoni. Con mazzuolo e scalpello a punta piatta asportiamo le piastrelle necessarie per poter raggiungere le tubazioni. Facciamo attenzione a non scheggiare le piastrelle che vanno lasciate in opera. Rompiamo anche parte della parete in modo da raggiungere e mettere a nudo le tubazioni di adduzione e quella che alimenta il soffione.
ASPORTARE LE VECCHIE TUBAZIONI
Asportiamo il soffione e svitiamo il suo tubo di alimentazione dopo aver ruotato in avanti l’insieme.
Agiamo con la pinza a pappagallo sui manicotti che fissano il gruppo dei rubinetti in modo da liberarlo e poterlo asportare.
Utilizziamo nuovi manicotti filettati che si adattino alle dimensioni del monocomando. Opportunamente filettati e dotati di guarnizioni sigillanti, li avvitiamo sui tubi di adduzione di acqua calda e fredda.
Presentiamo e montiamo il monocomando con due raccordi e, su di esso, il tubo di deflusso di acqua miscelata per la doccetta.
NUOVA PARETE E MISCELATORE MONOCOMANDO
Ripristiniamo la muratura. In questo caso, invece di una piastrellatura, si è preferito un riempimento di malta ben lisciata rifinita a smalto.
Posizioniamo il saliscendi che montiamo con due tasselli alla parete.
Sigilliamo le uscite del tubo di deflusso e l’apertura del monocomando. Inseriamo le relative mascherine e colleghiamo il tubo flessibile, con doccetta, al tubo di adduzione.
L’ultima operazione consiste nell’installare la mascherina del monocomando e collocare la manopola di azionamento. Ora possiamo rimettere acqua nell’impianto ed effettuare la prova di funzionamento.
VELOCE ANGOLO DOCCIA GRAZIE AL CARTONGESSO IN BAGNO
realizzato il telaio di supporto con guide e montanti metallici, le lastre Aquapanel® Indoor vanno posizionate in senso orizzontale e trasversale rispetto all’orditura metallica.
I giunti di testa non devono essere allineati, ma sempre sfalsati.
una volta fissata la prima lastra, si procede con l’applicazione della colla poliuretanica lungo il bordo della stessa, in filo continuo, dopo aver ripulito i bordi con un pennello inumidito. Si accosta la lastra successiva, la si avvita e si ripete l’operazione di sigillatura.
quando la colla ha raggiunto l’essiccazione, la quantità fuoriuscita lungo i bordi va asportata utilizzando una spatola; questo può avvenire il giorno successivo al fissaggio delle lastre. Un indurimento eccessivo della colla, lasciando trascorrere più tempo, ne rende difficoltosa la rimozione.
una corretta stuccatura avviene in tre mani: una prima mano di riempimento e due successive di rasatura e lisciatura del giunto. Per impedire la formazione di fessure tra le lastre può essere utile ricoprire con lo speciale nastro microforato o con rete autoadesiva i giunti prima di stendere lo stucco. A conclusione di questo lavoro fai da te si applica un rasante bianco ottenendo uno strato di 4-5 mm di spessore; se la superficie della cabina dev’essere rivestita con piastrelle di ceramica, la rasatura si rivela superflua.
RAPIDITA´ DI POSA DEL CARTONGESSO IN BAGNO
La facilità con cui si tagliano le lastre, incidendole da un solo lato con un cutter, consente di realizzare qualsiasi tipo di costruzione, adattandola agli spazi disponibili.
In questo controsoffitto di cartongesso, l’orditura metallica è assicurata al solaio tramite speciali elementi di sostegno detti pendini. Questi hanno diverse configurazioni, come aspetto e come uso, in funzione del tipo di solaio, dell’ampiezza della copertura e dei carichi ad essa applicati. Volendo ottenere un isolamento acustico elevato, si possono utilizzare speciali pendini provvisti di un ammortizzatore che assorbe le vibrazioni interrompendo la continuità tra solaio e controsoffitto. L’orditura può essere semplice, costituita da profili disposti parallelamente, o doppia, con i profili che formano maglie ortogonali sovrapposte e legate con giunti d’incrocio. Tutto l´occorrente si può trovare nei centri bricolage più forniti.
STRUTTURA SOSPESA
La foto evidenzia la notevole riduzione di volume realizzata rispetto al soffitto esistente: contestualmente alla parziale controsoffittatura dell’ambiente è stato realizzato un divisorio fai da te tra l’ingresso ed il salone. In questo modo si è creata una barriera alla risalita del calore per convezione; anche la riduzione di superficie della parete perimetrale comunicante con l’interno contribuisce ad un maggior comfort.
C’era una volta il condizionatore, quello rumoroso che d’estate faceva venire il torcicollo, che ai primi caldi mandava in tilt la rete elettrica, che per fare fresco contribuiva ad assottigliare lo strato di ozono che preserva il pianeta dal surriscaldamento. Rinfrescava, ma era una sorta di macchina infernale, e non per tutti.
Oggi si parla di climatizzatori, ovvero di macchine che mantengono la temperatura gradevole sia che faccia caldo, sia che faccia freddo; eppure questi elettrodomestici sono considerati prodotti stagionali, si affronta l’acquisto all’ultimo minuto, con le prime “botte di caldo”, a scapito di un doveroso approfondimento delle caratteristiche peculiari di una macchina rispetto all’altra.
Il primo consiglio è quello di valutare il volume che si vuole climatizzare, l’esposizione ed il livello di isolamento termico, in modo da orientarsi su una potenza adeguata che garantisca il giusto comfort. Gli apparecchi migliori sono quelli che funzionano come pompa di calore, per l’utilizzo pluristagionale e la deumidificazione dell’aria; la funzione inverter contribuisce a ridurre i consumi anche del 40%, in quanto la velocità di rotazione del compressore viene variata in funzione della temperatura impostata: si raggiunge rapidamente la gradazione che viene poi mantenuta con maggior silenziosità.
Meglio spendere qualcosa di più all’acquisto per un modello con queste caratteristiche che affrontare costi di gestione maggiori protratti nel tempo; mediamente, il consumo può raggiungere 500 kWh/anno, pari ad una spesa di 80 euro, ma per alcuni modelli, specie monosplit, la spesa è inferiore (fonte Legambiente).
Un occhio di riguardo lo merita anche il sistema di filtrazione che determina la qualità dell’aria nell’ambiente: bisogna informarsi su quanti m3/h la macchina è in grado di purificare. Per conoscere l’efficienza energetica basta guardare la targhetta che ormai abbiamo imparato a leggere; quanto al tipo di gas refrigerante utilizzato, l’R-410A è senz’altro quello che rispetta maggiormente lo strato di ozono.
Mono o multisplit, a parete, a soffitto o a pavimento, rimangono scelte strettamente personali. Quanto all’uso consapevole in estate, il salto termico tra interno ed esterno non deve superare i 7-8 gradi, mantenendo un tasso di umidità intorno al 50%.
I nuovi sistemi multisplit permettono di collegare ad una sola unità esterna fino a tre climatizzatori, con collocazione a parete, pavimento e soffitto; la tecnologia inverter permette un significativo risparmio energetico.
Nelle stagioni intermedie possono verificarsi bruschi cambiamenti di temperatura che richiederebbero frequenti regolazioni del climatizzatore. Nei modelli che adottano la modalità AUTO, l’apparecchio si regola automaticamente sul funzionamento più idoneo a mantenere un comfort ottimale, sia che stia funzionando come riscaldatore sia come raffrescatore.
La funzione Auto Clean impedisce la formazione di cattivi odori nell’unità interna. Quando il climatizzatore cessa di funzionare, consente di asciugare lo scambiatore dell’unità interna eliminando ogni traccia di umidità per scongiurare la formazione di muffe maleodoranti; si tratta di un’operazione che viene effettuata totalmente in automatico in modalità di raffreddamento, senza che occorrano pulizie manuali.
ARIA FRESCA E PULITA
Il sistema di depurazione Neoplasma, attraverso diverse fasi di filtrazione, assicura una valida difesa contro le allergie. Un pre-filtro costituisce una barriera contro polveri e muffe, quindi l’aria passa attraverso un filtro ai carboni attivi che elimina gli odori più persistenti; la deodorazione si completa attraverso un filtro triplo, poi un successivo passaggio elimina batteri ed allergeni. L’aria così disinfettata viene immessa nell’ambiente dopo essere sterilizzata al 99,9% da un filtro-plasma che elimina anche i contaminanti microscopici come acari e pollini.
La terrazza a vasca è uno scavo nella copertura di un edificio; spesso è l’unica soluzione per associare uno spazio aperto ad una mansarda, ma è anche esposta a piogge, vento ed intenso irraggiamento: dal punto di vista energetico si rivela un disastro. Se è orientata a sud, con una copertura adeguata che segua l’inclinazione della falda può diventare però una risorsa: solo in questo caso ci sono incentivi per strutture che favoriscano l’accumulo termico.
La legge, inoltre, considera la chiusura con finalità energetica ininfluente sui volumi dell’immobile in quanto la terrazza diventa un locale tecnico. Il vincolo è che i locali tecnici non sono ad uso abitativo, ma hanno funzione esclusivamente energetica ed impiantistica: si possono però installare nella parte alta alcuni pannelli solari collegati ad un serbatoio d’accumulo per acqua calda sanitaria situato all’interno ed ecco che i benefici aumentano ancora.
Ovviamente, occorre adottare tutti gli accorgimenti del caso, ovvero telai a taglio termico e vetrocamere adeguate. Stando alla normativa, dovrebbe essere sufficiente comunicare l’inizio lavori, ma occorre consultare gli uffici tecnici locali e, se del caso, l’amministratore del condominio per verificare che non vi siano ambiguità o vincoli, anche se, tutto sommato, l’inquilino del piano di sotto dovrebbe essere grato.
La chiusura della terrazza permette notevoli miglioramenti sia come fruibilità, sia come climatizzazione; inoltre, il valore dell’immobile viene incrementato grazie all’apporto fornito dalla trasformazione dal punto di vista della normativa sulla certificazione energetica degli edifici. Il concetto di serra bioclimatica può essere esteso anche a verande, balconi o porzioni di logge.
Lo stato di fatto evidenzia come le dimensioni e la geometria della terrazza non ne rendano possibile alcuno sfruttamento di tipo abitativo; è solo possibile affacciarsi verso l’esterno, al massimo se ne può approfittare per installare uno stendibiancheria o collocare alcune piante che non soffrano l’insolazione.
La prima fase consiste nel realizzare il telaio di supporto della superficie vetrata, con travetti di legno o metallo disposti paralleli alla falda.
Le finestre da adottare sono del tipo per tetti, con apertura manuale a vasistas nella parte bassa, destinata all’affaccio, e motorizzate nella parte alta, complete di protezioni solari esterne.
Un’ulteriore possibilità, a seconda della superficie disponibile, è quella di predisporre un terzo settore nella parte alta destinato all’installazione di pannelli solari termici per la produzione di acqua calda. (www.casa-luce.it)
La fossa biologica di tipo Imhoff è un tipo di “fognatura statica” installabile quando non sia possibile il collegamento ad una rete fognaria “dinamica”. A differenza di una fossa biologica tradizionale, costituita da due comparti separati da un setto verticale, nella fossa Imhoff questi sono concentrici, comunicanti e disposti in verticale; fanghi e liquami vengono trattati in comparti distinti.
La vasca Imhoff è un contenitore a pianta circolare o rettangolare, di cemento, vetroresina o polietilene, concepito per l’esclusivo interramento che va riempito d’acqua pulita prima della messa in servizio. Ad essa possono confluire soltanto i liquami biologici provenienti dagli scarichi civili; le acque piovane vanno smaltite tramite pozzetti dedicati. Anche gli scarichi provenienti da lavatrici e lavastoviglie o che contengano tensioattivi (detergenti e schiumogeni) non devono essere collegati direttamente alla fossa; devono prima transitare in un pozzetto degrassatore installato a monte. Il liquame, prima di entrare, incontra un paraschiume che rallenta la materia galleggiante ed entra nella camera di sedimentazione; qui la parte grossolana (fango, limo) scivola lentamente sulle pareti della tramoggia e raggiunge la sottostante camera di digestione dove viene decomposta ad opera di microrganismi. Il liquame, invece, attraversa in senso orizzontale il comparto di sedimentazione (questo spiega perché la messa in servizio va fatta a vasca piena) ed incontra un secondo paraschiume che, come il primo, trattiene eventuali tracce di materia galleggiante, per poi raggiungere il canale di efflusso.
Nella camera di digestione precipitano i fanghi, ancora ricchi d’acqua, ed accumulandosi sul fondo si ispessiscono riducendo del 50% il loro volume; l’acqua liberata risale per unirsi al liquame sedimentato. La vasca dev’essere dimensionata in modo che il processo di digestione duri circa 60 giorni ad una temperatura di 12-15°C e la crosta che si forma va periodicamente rimossa (almeno una volta l’anno) da una ditta specializzata che consegna il rifiuto ad impianti autorizzati al loro trattamento.
Per questo scopo la fossa biologica è provvista di chiusini superficiali che ne permettono l’ispezione; a valle va predisposto un pozzetto che consenta agli organi di vigilanza di effettuare prelievi del liquido in uscita. La fossa va provvista di un tubo di ventilazione per eliminare i gas biologici che deve avere una sezione non inferiore a 10 cm, prolungata fino al tetto dell’edificio.
Il vantaggio di questo sistema è che il refluo finale ha un contenuto batterico ridotto ed è più facilmente trattabile con sistemi naturali; si tratta comunque di una depurazione primaria in grado di ridurre la carica batterica del liquido in ingresso del 30-35%, perciò all’uscita non può comunque essere immesso in corsi d’acqua superficiali, ma dev’essere smaltito su suolo o sottosuolo attraverso vari sistemi (subirrigazione, pozzi assorbenti, fitodepurazione).
La procedura da seguire ed i requisiti richiesti per l’installazione e la messa in servizio sono molto diversi da Comune a Comune; in genere ci si deve affidare ad un tecnico che presenta la richiesta di autorizzazione allo scarico, corredata di disegni e relazioni e, spesso, del parere di un geologo circa il terreno nel quale andranno scaricati i liquami; vanno inoltre indicati il numero di abitanti serviti, il recettore finale (corso d’acqua, suolo) ed il tipo di dispersione prevista (subirrigazione, pozzo assorbente). L’autorizzazione ha validità di 4 anni, anche se talvolta non è specificato; compiuto il terzo anno,conviene presentare domanda di rinnovo per non incorrere in lungaggini burocratiche. La scadenza dell’autorizzazione, rende abusivo lo scarico, regolato da precise norme sull’inquinamento.
INSTALLAZIONE DELLA FOSSA BIOLOGICA IMHOFF
La fossa biologica dev’essere a tenuta idraulica e la vasca va completamente interrata, meglio se appoggiata su un letto di calcestruzzo ricoperto da sabbia. Grazie a chiusini d’ispezione si può accedere dall’alto per la pulizia e la rimozione dei fanghi. Nella collocazione vanno rispettatI alcuni accorgimenti: dai muri di fondazione deve distare almeno un metro ed almeno dieci metri da condotte per l’acqua potabile o pozzi. Per quanto riguarda il dimensionamento, il comparto di sedimentazione deve permettere una detenzione di 4-6 ore e avere una capacità di 40-50 litri per utente; quello di digestione 130-140 litri per utente (salvo diverse disposizioni dell’Ente locale).
Premiamo un interruttore e la luce si accende. Apriamo un rubinetto ed esce l’acqua. Tutto in casa risponde prontamente ai comandi che impartiamo attraverso semplici gesti, talmente scontati da dimenticarci che, affinché questo avvenga, è stato necessario stabilire e realizzare percorsi idonei per diversi impianti di casa.
In una nuova costruzione tutto questo avviene quando l’involucro è ancora allo stato grezzo: rimanendo nel rispetto della normativa, le strade da seguire per la stesura dei vari impianti sono da valutare caso per caso ed in linea di massima sono gli impiantisti che, sentite le intenzioni del committente circa la distribuzione degli ambienti e del loro utilizzo, decidono quale logica sia meglio seguire; è fondamentale pertanto che il proprietario abbia già le idee abbastanza chiare sulle proprie esigenze abitative.
Circa la stesura delle varie linee si possono fare soltanto considerazioni a livello generico. La tendenza è quella di far passare le guaine dei vari impianti a pavimento: si ha il massimo spazio a disposizione per decidere i percorsi, si lavora a terra senza scale o ponteggi e si hanno costi di manodopera inferiori, limitando all’indispensabile la realizzazione di scanalature nei muri. Per alcuni impianti, tuttavia, se sono previste controsoffittature può rivelarsi vantaggioso far correre le guaine nella loro struttura in modo che siano ispezionabili.
L’impianto elettrico merita un discorso a parte: in molti casi può non essere consigliabile la stesura a terra, ad esempio se viene scelta una pavimentazione che può rivelarsi permeabile in caso di allagamento (specie a piano terra), se il livello del massetto non lo permette o nel caso di impianti di riscaldamento a pavimento. Convenzionalmente l’impianto elettrico viene realizzato a parete, le guaine principali corrono orizzontalmente in prossimità del soffitto ed attraversano i muri in verticale per giungere agli utilizzi. Esistono due criteri: impianto ad anello o impianto a stella, quest’ultimo più sicuro e funzionale. Nel primo caso, infatti, si forma un percorso chiuso che porta corrente a più utilizzi e può essere sede di correnti elevate e di campi elettromagnetici; la configurazione a stella è invece ramificata, ogni utilizzo è raggiunto da una coppia di conduttori e l’impianto è espandibile e sezionabile con maggior facilità.
Una curiosità: per ridurre i campi magnetici sarebbe opportuno disporre i collegamenti alla linea elettrica partendo da sud. Le onde elettromagnetiche viaggiano da nord verso sud, in questo modo tenderanno ad allontanarsi dall’abitazione. Lo stesso vale per l’installazione del contatore, che dovrebbe comunque essere lontano dalla camera da letto.
Altro aspetto riguarda la diversa colorazione delle guaine a seconda degli impianti: contrariamente a quanto si pensi, non esiste una normativa che attribuisca ad ogni impianto un colore specifico, la differenziazione viene fatta secondo criteri empirici dagli impiantisti e serve soprattutto a loro per non commettere errori nel collegamento delle diverse utenze.
Con una piantina in scala alla mano si può effettuare una prima progettazione di tutto ciò che può essere utile nelle varie stanze, ipotizzando già la disposizione degli arredi, soprattutto quelli che andranno ad occupare le pareti. Da questo punto di vista, bagno e cucina sono gli ambienti che necessitano di una predisposizione più attenta.
ANTENNA TV E TELEFONO SEPARATI DAI CAVI ELETTRICI
I cavi elettrici devono per legge passare in guaine separate dagli altri impianti. Questo non tanto per le possibili interferenze (essendo il cavo dell’antenna di tipo coassiale, la frequenza della corrente elettrica non causa disturbi apprezzabili al segnale), ma per il rischio che l’elettricità possa trasmettersi ad apparecchi TV e telefonici e costituire un pericolo ben più grave.
L’IMPIANTO TERMOIDRAULICO
La parte di impiantistica relativa al riscaldamento è la più difficile da progettare, in quanto il condizionamento degli ambienti può passare attraverso sistemi diversi, dalle apparecchiature che si occupano della produzione termica a quelle che permettono la diffusione del calore. Restringendo il discorso all’acqua sanitaria, il lavoro dell’idraulico oggi è molto velocizzato dall’utilizzo di tubi e raccordi di PVC per gli scarichi e di tubi multistrato per l’adduzione. I primi hanno un innesto a bicchiere, provvisto di una guarnizione che ne permette il montaggio a secco; i tubi multistrato vengono inseriti in raccordi che vanno serrati (crimpati) tramite un’apposita pinza. Naturalmente, quelli relativi all’adduzione di acqua calda vanno avvolti con guaine isolanti. L’impianto è steso a pavimento e risale verticalmente la parete solo in corrispondenza dei sanitari. Per le tubazioni di scarico, l’innesto alla colonna deve seguire il percorso più breve e rettilineo possibile, per poter dare la giusta pendenza (almeno 1%) senza avere altezze che possono causare difficoltà nella fase di pavimentazione.