Una scatola shabby chic decorata con pizzi e passamanerie ha il fascino degli oggetti d’altri tempi, ideale come portagioie o come regalo originale
Realizzare una scatola shabby chic fai da te è molto semplice e ci permette di creare un oggetto originale nel quale riporre monili e ninnoli vari, o creare fantasiosi regali per i nostri amici o parenti.
Lo stile shabby, per via del suo aspetto d’altri tempi, regala agli oggetti, ai mobili e ai complementi d’arredo un fascino unico, perfetto per rendere la casa un ambiente insolito.
Questa scatola shabby chic è realizzata con un contenitore di cartone al quale sono stati applicati pizzi, passamanerie e ornamenti vari; un’operazione molto semplice per un risultato eccezionale.
Materiali: scatola tonda di cartone con coperchio, pizzo di due diverse altezze, passamaneria di due tinte contrastanti, cordoncino, nastro di organza, bottone, filo, ago, forbici, smalto acrilico beige, vernice di finitura, pennello.Si dipinge tutta la scatola con uno smalto acrilico opaco beige, internamente ed esternamente; in seguito si passa una mano di vernice di finitura sul colore asciutto.Il coperchio va rivestito con una serie di strisce di pizzo basso, tagliate alle estremità in modo da seguire la forma curva della circonferenza.Applicare quindi le passamanerie e i cordoncini in cerchi concentrici partendo dall’esterno e fissiamoli con piccoli punti di colla per tessuti.Alternare i colori, uno chiaro e uno scuro; rivestire anche il bordo del coperchio, rifinendolo con un cordoncino.Al termine di ogni cerchio, con le forbici togliere la passamaneria leggermente abbondante, poi piegare l’orlo e sovrapporlo appena per incollarlo.Tagliare circa 50 cm di pizzo alto e arricciare con una filza non troppo stretta, per realizzare la balza a volant da applicare al centro del coperchio. Con lo stesso pizzo si riveste la parte inferiore della scatola, tenendo il coperchio chiuso per lasciare libera la parte superiore.Incollare la balza arricciata e mascherare l’attaccatura con un anello di passamaneria; come tocco finale si sistema al centro un doppio fiocco d’organza color albicocca decorato con un bottone in tinta.
Una cassapanca in legno è il mobile ideale per unire la comodità di una seduta alla praticità di un contenitore salvaspazio
Per realizzare questa cassapanca in legno occorrono pazienza, perizia e un’attrezzatura che consenta di ottenere precise scanalature longitudinali su tavole o listelli. In ordine decrescente di efficacia poniamo la fresatrice da banco (la toupie), la sega circolare con guida parallela e possibilità di regolare l’altezza di taglio, la fresatrice portatile.
I fortunati possessori di combinata riusciranno ad ottenere con facilità anche gli incastri a tenone mortasa, agli altri occorrerà soltanto un po’ più di pazienza. Si ricorda che, quando non esistevano i moderni elettroutensili, i provetti falegnami ottenevano incastri perfetti con sistemi che oggi chiameremmo “rudimentali” cioè con segaccio e scalpelli.
La nostra cassapanca in legno è formata da due fianchi, uno schienale, i pannelli anteriore e posteriore, un sedile-coperchio che andrà a chiudere il baule e il fondo.
I pezzi che formano questi elementi sono incollati o avvitati in modo definitivo, ma i sette elementi sono tra loro smontabili; l’assemblaggio è infatti ottenuto con viti di giunzione e barilotto cilindrico. La vite che unisce i due pezzi incontra un foro trasversale, praticato nel secondo pezzo, in cui viene inserito un cilindretto d’acciaio (barilotto), dotato di foro trasversale filettato. La vite fa presa nella filettatura del barilotto; questo ha solitamente un diametro di 10 mm, fatto per accogliere una vite M6. Questo metodo consente di ottenere giunzioni robuste anche se le sezioni del legno sono limitate.
Come costruire una cassapanca in legno fai da te
La realizzazione dei fianchi si ispira al metodo classico del telaio e fodrina: dopo avere tagliato i due montanti (uno dei quali è sagomato per dare forma allo schienale) e le due traverse orizzontali, pratichiamo sui lati interni di queste le scanalature larghe 4 mm e profonde circa 12 mm, nelle quali va inserito il pannello di compensato; quest’ultimo rimane semplicemente appoggiato ai due montanti.
La giunzione del telaio è a tenone e mortasa, ma un metodo più semplice e altrettanto efficace utilizza spine da 8 mm di diametro: in questo caso effettuiamo i fori utilizzando una precisa guida per spinare.
La colla deve essere stesa solo nei punti di giunzione del telaio ed il pannello, inserito nella scanalatura interna al momento della chiusura, deve rimanere libero: occorre addirittura che tra il suo bordo ed il fondo della scanalatura ci sia un lasco di 3-4 mm che consenta al pannello di dilatarsi o restringersi, secondo le condizioni atmosferiche, senza spaccarsi o svergolarsi.
La preparazione dello schienale consiste nello spinare i tre pannelli tondi ai due listelli longitudinali: questi sono dotati di tenoni alle estremità, da inserire nelle mortase ricavate, in posizione corrispondente, sui lati interni dei fianchi: facciamo attenzione a praticare le mortase in modo speculare, per non ritrovarci con due fianchi destri!
Il ripiano del sedile è formato da tavole affiancate, collegate sulla superficie inferiore da due traverse avvitate e incollate. La posizione delle traverse è tale che queste, a sedile abbassato, sono aderenti ai bordi interni dei fianchi, ogni traversa sporge sul lato posteriore di 50 mm, in modo da agganciarsi al listello longitudinale dello schienale e impedire l’eventuale ribaltamento in avanti del sedile.
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Dotazione: POF 1200 AE, guida parallela, copiatore, fresa 8 mm, adattatore di aspirazione polvere, perno di centraggio, manicotto di guida, pinza di serraggio (3 pezzi), pinze, in scatola di cartone
Utensili: Fresatrice da banco, sega circolare, fresatrice portatile, combinata.
Materiali: Listelli sezione 30×90 mm (2 pezzi A da 820 mm: 2 pezzi B da 450 mm: 1 pezzo F da 1100 mm; 1 pezzo E da 1060 mm); listelli sezione 30×40 mm (4 pezzi C da 380 mm; 5 pezzi D da 1100 mm); listelli sezione 20×30 mm (2 pezzi H da 500 mm); tavole sezione 30×90 mm (5 pezzi G da 1180 mm); compensato spesso 4 mm (2 pezzi L da 360×390 mm: 2 pezzi M da 1060×360 mm); compensato spesso 15 mm (3 pezzi I Ø 230 mm); compensato spesso 6 mm (3 pezzi N da 360×490 mm); 12 viti M6 con barilotto cilindrico; viti autofilettanti 4×40 mm; colla vinilica; spine faggio Ø 8 mm; impregnante; smalto.
Guida illustrata
1: Per assemblare i fianchi inserire le traverse nelle mortase ricavate sul montante posteriore, dopo avere steso sugli incastri un velo di colla vinilica; in seguito si fa scorrere il pannello nelle due scanalature e si chiude il telaio con il montante anteriore.
2: Durante il tempo della presa serriamo i fianchi con due strettoi, con possibilità di apertura fino a 500 mm; per assestare le parti possiamo usare un mazzuolo di gomma.
3: Le tre parti tonde dello schienale si tagliano agevolmente con una sega a nastro munita di nastro stretto; dopo il taglio è necessario regolarizzare il bordo e smussare gli spigoli con carta abrasiva.
4: Lo schienale si ottiene fissando i tre pannelli tondi ai listelli longitudinali, mediante spinatura; solo a colla essiccata è possibile bloccare lo schienale tra i fianchi, per mezzo di viti e barilotti.
Inserire il barilotto nel foro trasversale praticato sul listello longitudinale, orientiamolo con un cacciavite che fa presa sul taglio esterno e avvitiamo la vite con chiave esagonale.
Il pannello anteriore è formato da un foglio di compensato inserito e incollato in due scanalature ricavate sui listelli longitudinali.Avvitare e incollare al bordo superiore del pannello posteriore il listello a cui agganciare il coperchio.I pannelli di fondo sono forati per offrire una comoda presa in caso di rimozione e per ventilare l’interno.Il pannello frontale si assembla per ultimo, inserendo i tenoni nelle mortase predisposte sui fianchi; il blocco viene effettuato con le viti a barilotto.I due listelli inferiori del coperchio si inseriscono con precisione tra i fianchi e sotto il listello longitudinale posteriore.La cassapanca in legno, debitamente protetta con vernice impregnante, può essere collocata all’esterno; il suo vano capiente.
Per l’intarsio del legno occorre un’infinita pazienza, conoscenza dei legni, buona mano per il disegno e grande abilità sia nella meccanica sia nell’ebanisteria
C’è chi ha la passione per la musica, chi per la pesca, chi per la lettura, chi per il bricolage. Il nostro lettore Giuseppe Gramola ha una profonda e assorbente passione per l’ebanisteria ed in particolare per l’intarsio del legno.
Dalla forgia ai torni, dalla sega a nastro alla piallatrice, non c’è macchina che manchi nel suo laboratorio e che non sappia usare con la massima perizia per intarsiare il legno.
Non per questo disdegna l’uso di attrezzi manuali come sgorbie e scalpelli (una cinquantina) o pialle, autocostruite, da sagoma, con suola e ferro studiati per realizzare tori, gusce, civette ed ogni altra sezione.
Il legni che meglio si prestano ad essere intarsiati
Per l’intarsio serve il legno pieno, preferibilmente duro, dalla robinia al noce, dall’ebano al palissandro, che compra in panconi spessi quattro dita. Da questi riesce a ricavare con la grande sega a nastro anche tavolette spesse due o tre millimetri spianare e regolarizzare non con la pialla, con una speciale calibratrice: il materiale di partenza per le sue tarsie generalmente ispirate alle classiche boiserie del rococò francese.
Intarsio del legno: i primi passi
Preparate con la sega a nastro e la calibratrice le tavolette spesse sui due millimetri occorrenti per il fondo e le tessere degli intarsi (qui rovere, noce nazionale ed africano, acero, robinia e palissandro), se ne regolarizzano i bordi con una pialla, guidata su un listello al quale la tavoletta è fissata con chiodini.
Le tavolette si uniscono a coppie, lungo i bordi rifilati, incollandole su un nastro di carta; si piegano all’indietro e se ne spalmano i bordi con un sottile, ma completo filo di colla vinilica.
Riaperta la tavoletta, si blocca ulteriormente la giunzione con altri nastri di carta e poi la si mette in pressa. Le operazioni si ripetono con lo stesso ordine fino a raggiungere la larghezza prevista per la tarsia.
Come intarsiare il legno
Il disegno va riprodotto in tante copie quanti sono i legni da usare più due.
Una delle quali viene incollata sulla tavoletta di sfondo, di rovere, in questo caso. Sulle altre, legno per legno, si incollano i particolari del disegno da inserire nello sfondo.
Essenza per essenza, le tessere vengono ricavate dalle tavolette con un preciso lavoro di traforo manuale.
Una alla volta le tessere vengono fissate al loro posto con una goccia di colla così da poterne seguire a traforo il contorno, creando nello sfondo la sede precisa al millimetro.La lama viene leggermente inclinata creando uno smusso che facilita l’incastro.
Un particolare alla volta i pezzi vengono inseriti nello sfondo dopo averne spalmato il bordo con l’adesivo. Si controlla l’incastro per eventuali minime rettifiche da fare solo con carta abrasiva di grana molto alta che asporti pochissimo legno alla volta.
Nella tarsia classica non si usano colori, ma ci si basa solo su quelli naturali del legno; piccoli particolari come le nervature delle foglie e i petali dei fiori si realizzano con un paziente e preciso lavoro di bulino.
Adatto per l'incollaggio di carta, cartone e cartone, legno e ceramica
Pratico Vinilik si asciuga rapidamente, diventando trasparente quando asciutto
Non lasciare asciugare le macchie sui tessuti
Colla vinilica in PVA
Gli ultimi ritocchi
Una coloritura o, meglio, brunitura di alcuni particolari, può essere necessaria per metterli meglio in rilievo.
La si ottiene (ci vuole molta esperienza) immergendo più o meno a fondo e più o meno a lungo i pezzi in sabbia rovente.
Pure l’inserimento dei particolari nella tavoletta di sfondo è un lavoro molto delicato, anche per l’intrinseca fragilità di pezzi tanto sottili e dai contorni sovente tagliati controvena, facili da spezzarsi. Inutile dire che ci vogliono una mano fermissima ed una pazienza da certosino.
Sulle due facce della tarsia completa si incolla un foglio di carta che contribuisca a tenere in posizione i pezzi. Il pannello poi si mette sotto pressa fino a completo essiccamento della colla. La carta della faccia a vista poi si elimina con la levigatrice.
Utensili
Per gli intarsi in legno servono: cutter, matita, seghetto da traforo, archetto, pialla, pressa
I cuscini fai da te, ago, filo e pennello alla mano, possono restituire allegria alla cameretta dei bambini o diventare un regalo divertente
I cuscini fai da te possono essere realizzati e abbelliti con stili diversi a seconda di quale sia la stanza della casa dove li si vuole riporre. In questo caso abbiamo deciso di realizzare un cuscino fai da te pitturandolo con colori vivaci e cucendo ritagli di pannolenci e tessuti vari. Il risultato è un’allegra e morbida tartaruga, ideale per la cameretta dei giochi o come regalo per qualche bambino.
Ma come fare? Ecco nel dettaglio come creare questo cuscino fai da te:
Cuscini fai da te – Guida illustrata
Materiali: 2 quadrati da 37×37 cm di tessuto rigato multicolore(che diventerà la federa del cuscino); tela di lino ecrù per coda e testa (rettangolo 22×8 cm); pannolenci di vari colori; imbottitura sintetica; 1 cerniera; 2 pezzi da 40 cm di nastro sbieco; Colori per stoffa coprenti Giallo limone, Carminio, Rosa, Nero, Bianco; cartoncini; Pennello in spugna a tampone o pennello per stencil n. 2; pennello sintetico tondo n. 6 e pennello sintetico piatto n. 8; cutter; cuscino 35×35 cm.Ricopiare su cartoncino i diversi modelli; ritagliare la testa in tela di lino doppia lasciando un centimetro di bordo per la cucitura.
Decorare il pezzo superiore utilizzando il colore per stoffa Bianco per gli occhi e Grigio medio (ottenuto mescolando bianco e nero) per la pupilla. A seguire cucire i bordi della testa, quindi procedere all’imbottitura.Decorare uno dei pezzi di stoffa rigata con gli stencil a cerchio e i colori per stoffa, tamponando con il pennello per stencil. Dopodiché lasciare asciugare e ripassare una seconda mano. Una volta asciutto, fissare stirando al rovescio.Utilizzando il modello, si ritagliano la lingua e le 4 zampe dai pannolenci.
Sovrapporre i due pezzi di stoffa rigata (la federa), dritto contro dritto e attaccare la cerniera su uno dei 4 lati.
Successivamente posizionare lingua, zampe e testa su uno dei quadrati, allineandone i bordi e facendo attenzione che siano rivolti verso l’interno (puntarli eventualmente con alcuni spilli).
Materiale di alta qualità: 30% misto lana + 70% rayon. Tessuto in feltro morbido di alta qualità
Dimensioni: 20 cm x 30 cm, densità: circa 1,4 mm. Fornito con sacchetto in filo gratuito.
24 diversi colori come da immagine: rosso, arancione, giallo, verde chiaro, verde scuro, azzurro, blu scuro, viola, rosa scuro, rosa chiaro, marrone scuro, marrone chiaro, grigio, nero, bianco, ecc.
Innovativo tessuto non tessuto, facile da tagliare, piegare, incollare, cucire e incollare, anche da dipingere.
Regalo perfetto: facile da tagliare in diverse forme e creare costumi, può essere utilizzato come decorazione, sfondo per lavagne notifiche ecc. Facile da stirare. Adatto per i vostri progetti di artigianato e cucito fai da te.
Varie dimensioni: 3 pennelli di diverse misure, è possibile sceglierne una qualsiasi a seconda delle proprie esigenze.
Materiale: il pennello con pure setole di cinghiale naturale al 100% offre risultati superiori con tutti i tipi di applicazioni artistiche e di progetti con stencil.
Manico in legno naturale: superficie liscia, antiscivolo e con una presa comoda.
Per un’ampia gamma di utilizzi: ampiamente utilizzato per pittura ad olio/acrilico/acquerello e altri usi.
100% di alta qualità.
Sovrapporre l’altro quadrato, dritto contro dritto, (i due quadrati sono già attaccati grazie alla cerniera) facendo combaciare i lati e cucire a 1 cm dal bordo, partendo dall’attaccatura della cerniera in modo da chiudere il copricuscino. A questo punto rivoltare e imbottire.
Attaccare la coda vicino alla cerniera. Infine attaccare i due nastri sul lato posteriore del copricuscino.
Il risultato finale. Progetto di Nadia Odorico, Foto Gianni Manzoni.
Realizzare un tavolino comodino fai da te, aggiungendo un vassoio sempre pronto all’uso, che quando non serve sparisce alla vista, con un ingombro realmente trascurabile
Fare colazione a letto è per molti uno di quei piccoli piaceri della vita a cui è un peccato rinunciare. Grazia a questo tavolino comodino sarà possibile mangiare, scrivere o leggere senza dover uscire dalle lenzuola, sia quando si è costretti a letto da qualche malanno di stagione, o semplicemente quando ci si vuole prendere una pausa rilassante.
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Il mobile è realizzato con una base costituita da un comodino al quale vengono aggiunte tavole appositamente realizzate per creare il vassoio mobile e la sua struttura.
Ecco come realizzarlo.
Tavolino comodino – Realizzazione
La base
In questo caso, l’indispensabile sostegno per la tavola mobile, è costituito da un comodino commerciale di stile “svedese”, in pratica si tratta di un cubo di 400 mm di lato, realizzato in MDF da 20 mm impiallacciato in acero. Si è scelto un mobile in MDF in quanto, più pesante è la base, tanto più stabile risulta il vassoio. Se non si trovasse o non si volesse costruire il comodino in MDF occorrerà appesantire la base con qualcosa che le faccia raggiungere il peso di almeno 15 kg, necessario a controbilanciare quello del vassoio carico.
POTENTI PRESTAZIONI DI FORATURA: ideali per forare legno, metallo e plastica per progetti di miglioramento della casa, come l'assemblaggio di mobili o il fissaggio di staffe metalliche.
AZIONE DEL MARTELLO PER LA MASTRONERIA: per affrontare lavori in calcestruzzo e muratura, come i fori per i tasselli o l'installazione di scaffali in pareti in muratura.
CONTROLLO VARIABILE DELLA VELOCITÀ: utilizzare l'alta velocità per forare rapidamente legno e acciaio e la bassa velocità per l'avvitamento controllato delle viti durante l'assemblaggio di mobili o l'installazione di infissi.
CONTROLLO PRECISO DELLA FORATURA: la frizione a 11 posizioni consente di controllare una serie di operazioni, come la realizzazione di fori pilota o l'inserimento di viti nel legno o nel metallo.
LUCE DA LAVORO A LED: illumina l'area di lavoro durante la foratura, perfetta per gli spazi poco illuminati come cantine, soffitte o per lavorare sotto gli armadi.
Trapano battente-avvitatore con batteria estraibile al Litio da 18 Volt/2.5 Ah
2 Velocità, mandrino autoserrante monobussola 13 mm, Auto-Lock
Diametro foro legno 35 mm, diametro foro acciaio 13 mm, diametro foro muro 15 mm, diametro viti fino a 10 mm, 20 posizioni della coppia + 1 per la foratura + 1 per la foratura battente
Coppia di serraggio max 22 Nm (avvitamenti elastici) e 54 Nm (avvitamenti duri), Softgrip, ECP, Syneon Chip, SCM (Single Cell Monitoring)
Trapano battente-avvitatore con batteria estraibile al Litio da 18 Volt/2.5 Ah
Le misure non sono vincolanti se non per il fatto che i due elementi orizzontali fissi della struttura reggi-vassoio, di multistrato di legno duro (betulla o faggio) da 15 mm, risultano lunghi quanto la larghezza della base mentre quelli del vassoio vero e proprio sono 35 mm più corti (gioco necessario per poterli introdurre ed estrarre dalla sede).
Per poter usare comodamente il comodino così modificato occorre montarlo su quattro rotelle piroettanti di tipo adatto al pavimento della stanza da letto.
Occorrente
Materiali: Multistrato da 15 mm in legno duro: 2 montanti (C) da 140×695 mm; 2 traverse (D) da 110x 400 mm; 1 piano pieghevole (E) da 365×550 mm; 1 reggi-piano (F) da 50×365 mm; 2 distanziali (G) da 15,5×110 mm (anche massello); tondo ramin (H) o faggio Ø 45×400 mm. Inoltre: 1 comodino (A) o piccola cassettiera squadrata; 4 rotelle piroettanti (B); 2 cerniere; viti Ø 4×30 e 4×40 mm; colla; materiale di finitura.
Utensili: sega per tagli diritti e per tagli curvi; trapano; levigatrice; avvitatore o cacciaviti; scalpello e mazzuolo (o fresatrice).
Guida illustrata
Le misure date nell’elenco del materiale sono in rapporto a un letto alto 450 mm da terra, calcolate in modo che il vassoio venga a trovarsi a una trentina di centimetri sopra il copriletto, dando spazio alle gambe di chi lo usa. Se il letto cui il mobile va accostato è più o meno alto si rimedia allungando o accorciando gli stanti “C”.
A parte il comodino che fa da base e i nove pezzi di legno necessari alla realizzazione del tavolino, il lavoro prevede soltanto pochi accessori e ferramenta, quali: rotelle, cerniere e viti.Il sistema di montaggio e di fermo del piano, richiede un’elevata precisione di taglio (il multistrato di legno duro non è soggetto né a scheggiarsi sotto la sega, né a smussarsi con l’uso). Se non si dispone di attrezzi adeguatamente precisi è meglio farsi tagliare a squadra i pezzi in segheria, riservandoci solo l’apertura delle sedi delle cerniere e la lavorazione dei montanti che richiede l’uso dell’alternativo o della sega a nastro.Incastrare le due cerniere di lamierino ottonato “a libro” praticando due incavi nel legno in quanto la costola sporgente può causare qualche fastidio nei movimenti di apertura e chiusura. In alternativa si possono utilizzare le cerniere di ottone fresato a libro o “da macchina per cucire”; queste sono più costose, ma molto più resistenti e possono inserirsi a filo piano. Sono ideali, ma di montaggio più complesso, le cerniere cilindriche o “invisibili”.Il comodino non ha incastri; tutte le unioni sono eseguite con viti e colla e, per evitare la noiosa e spesso poco soddisfacente stuccatura delle teste delle viti, queste entrano tutte dall’interno, completamente fuori vista. Nei distanziali G, stretti sui capi della tavola D inferiore si aprono tre fori passanti Ø 4,2 mm. Nei listelli si aprono con la stessa punta anche due fori passanti, a squadra coi primi.Fissare i listelli alle espansioni dei montanti.Sui listelli si avvitano, dal basso, le due tavolette D.Sulle due tavolette, che assieme al listello debbono essere esattamente e specularmente centrate sull’espansione dei montanti, si incolla il mezzo tondo di ramin o faggio che chiude la fessura. La base del mezzo tondo è meglio che sia leggermente abbondante; qualche passata di carta o spugna abrasiva la porterà a filo delle tavolette.A questo punto i tre pezzi necessari sono pronti. Non resta che avvitare alle pareti del comodino, il reggi-piano a U capovolta (sempre dall’interno) ed inserire la ribalta nella sua fessura.Il tavolino comodino è ora pronto per essere utilizzato.
Il vassoio mobile è articolato “a falda”, come le prolunghe di molti tavoli e tavolini. Ma mentre in questi la falda viene tenuta orizzontale allargando a ventaglio una o due gambe o a mezzo di traverse scorrevoli, in questo caso la falda E viene retta a sbalzo, spingendo all’indietro la tavoletta F, sollevandola ed incastrandola nella fessura fra le due assicelle che collegano gli stanti.
Grazie alla praticità del vassoio mobile il comodino può essere riposto nella sua postazione con un ingombro di spazio realmente trascurabile.
Chi non si fidasse della tenuta risultante dall’incastro può aumentarla con due trapezi di multistrato rettangoli, lunghi 200 mm, con una base di 100 incardinata su C e l’altra di 50, mobile. In questo caso la tavoletta D inferiore va ristretta di tanto quanto è lo spessore dei due trapezi.
Altra soluzione, non altrettanto robusta, ma più semplice e che in più aumenta lo spazio a disposizione, è quella di mantenere invariato il sistema di ancoraggio, ma di allargare da 110 a 200 mm le tavolette D e i listelli G e da 140 a 230 mm le teste dei montanti.
Per tutti coloro che vogliono costruire una cassettiera fai da te, utile per mantenere sempre in ordine i propri oggetti o attrezzi di lavoro; ecco come realizzarla
Quale che sia l’attività preferita, dal cucito alla maglia, dal modellismo all’elettronica, dalla meccanica all’ebanisteria, compra oggi una cosa, comprane domani un’altra, fra attrezzi e materiale si finisce con l’avere un mucchio di roba, tutta utile, ma solo se si sa dove mettere le mani per trovarla. Una soluzione perfetta per tenere tutto quanto in ordine? Realizzare una cassettiera fai da te.
Questa cassettiera è realizzata con un cassone di lamellare da 18 mm, chiuso a tergo da un fondo di compensato da 10 mm e diviso orizzontalmente da due ripiani di lamellare da 18 mm sui quali scorrono i cassetti; questi sono scatole di compensato da 10 mm con un contro-frontale di lamellare da 18 mm. Il tutto è montato su rotelle piroettanti con attacco a piastra.
Nell’elenco del materiale che segue si fa riferimento alle misure del modello illustrato, ma va da sé che a seconda dell’uso a cui la cassettiera fai da te è destinata si possono costruire cassetti più bassi, inserendo altri ripiani, o più larghi o più stretti, diminuendo o aumentando il numero delle guide.
Di seguito vedremo come costruire una cassettiera di legno e i suoi cassetti.
Materiali
Misure in mm
Lamellare di abete da 18: un tetto e una base 1220×390; 2 pareti 504×390; 2 ripiani interni 1184×360; 6 controfrontali cassetti fila superiore 193×120; 5 controfrontali cassetti fila centrale 232×161; 4 controfrontali cassetti fila inferiore 291×203; 36 guide cassetto 360×20; 1 montante vano superiore 80×20; 2 montanti vano centrale 108×20; 1 montante vano inferiore 160×20 (guide e montanti anche in listello preferibilmente di legno duro sezione 18×20).
Compensato da 10: un retro cassettiera 1208×527; 12 pareti cassetti 1ª fila 350×102; 10 pareti cassetti 2ª fila 350×130; 8 pareti cassetti 3ª fila 350×183; 12 fronte e retro cassetti 1ª fila 152×102; 10 fronte e retro cassetti 2ª fila 190×130; 8 fronte e retro cassetti 3ª fila 248×183; 6 fondi cassetto 1ª fila 350×172; 5 fondi cassetto 2ª fila 350×210; 4 fondi cassetto 3ª fila 350×268.
60 angolari (plastica o alluminio, spessore 1) 330x20x20; 4 (o più secondo il carico) rotelle piroettanti Ø 50 mm, altezza 70 mm con attacco a piastra; 15 maniglie uguali fra loro; tasselli piatti, n° 20; viti 4×25 mm; gruppini da 20 e 25; colla vinilica; nastro biadesivo; materiale di finitura.
Costruire cassettiera di legno
In mancanza della radiale che permette di impostare volta per volta la larghezza delle serie di pezzi uguali, la circolare portatile richiede l’uso di un’affidabile guida parallela.
Si preparano le sedi dei tasselli piatti n° 20, ai lati dei pannelli di base, top, pareti laterali e ripiani interni.
La sede dei lamelli si realizza con precisione e rapidità tramite l’aggiuntivo per smerigliatrice angolare.
Nel bordo posteriore delle pareti, del tetto e della base va aperta (con due tagli di circolare o con la fresatrice) la battuta profonda 10 mm per l’inserimento del fondo di compensato.
Un pannello ben squadrato, con un lato di 530 mm e l’altro di 270, ci aiuta a montare le guide per i cassetti della fila inferiore. Accorciandolo prima a 212 e poi a 174 serve per quelli delle altre due file.
Una volta fissati tutti i listelli di guida con colla e gruppini da 35 mm, si utilizza un adesivo strutturale per fissare gli angolari di scorrimento.
Il montaggio della cassettiera comincia dal fissaggio, in verticale, dei ripiani intermedi fra le pareti, aiutandoci col tetto o con la base per tenerli in quadro.
Quando la colla è asciutta si unisce il gruppo sulla base e sul tutto si fissa il tetto. L’inserimento del fondo irrigidisce e tiene in squadra la cassettiera.
I quattro montanti visibili al centro evitano l’imbarcamento dei ripiani sotto il peso dei cassetti. Se si prevedono carichi molto pesanti sarà opportuno aumentarne il numero.
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Come costruire cassetti in legno fai da te
Costruire un cassetto in legno è abbastanza semplice, basta seguire i consigli che seguono.
Tutti gli elementi dei cassetti si ricavano da un solo foglio di compensato da 10 mm tagliato in strisce orizzontali (meglio farlo fare in segheria) da cui poi si ricavano i singoli pezzi. Indispensabile la massima precisione.
Successivamente realizzare i cassetti di diversa misura
I montanti si inseriscono fra le coppie di guide, semplicemente incollandoli. Si montano solo anteriormente in quanto il bordo posteriore dei ripiani è saldamente retto da viti (o chiodi o spine) che attraversano il fondo.
Fronte e retro dei cassetti vengono chiusi fra le pareti, fissandoli con colla e gruppini o con spine da 6 mm, a vista. Lo stesso per il fondo.
Per il montaggio dei contro-frontali si comincia dalla fila inferiore. I cassetti vanno poggiati su uno spessore su cui va poggiato il contro-frontale, centrandolo con la massima precisione e bloccandolo con un pezzo di nastro biadesivo.
Il fissaggio definitivo del contro-frontale è affidato a viti 4x20mm inserite dall’interno.
Le maniglie col porta-etichetta permettono di individuare a colpo d’occhio il contenuto dei vari cassetti. Oltre al modello illustrato ne esistono molte varietà più o meno ornamentali. Per centrare ed allineare esattamente le maniglie occorre un semplice scalo a gradino fatto con due pezzi di scarto, da appoggiare al bordo del contro-frontale.
La finitura degli elementi in lamellare si realizza con un impregnante a protezione totale (in questo caso incolore), che secondo la modalità di applicazione dà un effetto satinato o lucido.
Inoltre i cassetti possono essere rifiniti anche all’interno, foderandoli con apposita carta.
Le coperture ondulate opache e trasparenti Elyplast sono facile da installare, vediamo come procedere nel dettaglio
Per tettoie, casette e costruzioni tecniche anche di grandi dimensioni ideali sono le lastre in vetroresina (fibra di vetro) Elyplast, disponibili opache oppure onduline trasparenti, in varie colorazioni e in diversi formati per meglio andare incontro alle esigenze del caso.
Lastra elyonda ondulata opaca o ELYPLAST trasparente
Si tratta di lastre in vetroresina e opache ondulate e grecate realizzate in resina poliestere rinforzata con fibra di vetro e caricate con allumina. La produzione Elyonda di pannelli vetroresina viene effettuata utilizzando esclusivamente gel-coat isoftalico anti-UV applicato sulla superficie esposta agli agenti atmosferici, che conferisce ai laminati un’elevata resistenza all’abrasione. Le lastre Elyonda sono leggere, resistenti e durature.
Le lastre in vetroresina Elyonda sono in grado di soddisfare qualsiasi esigenza per coperture verticali e controsoffittature, permettendo la più ampia libertà di progettazione, sia che si operi su strutture nuove, sia che si prendano in esame ristrutturazioni parziali o totali. Le lastre in vetroresina opache Elyonda possono essere alternate con quelle traslucide Elyplast per la creazione di punti luce fai da te ove necessario. Disponibili nei colori rosso mattone e grigio chiaro e, su richiesta, rosso corallo, verde svizzero, blu e grigio fumo.
L’installazione delle lastre in vetroresina passo-passo
Sulla base delle dimensioni del tetto da coprire, si scelgono le lastre ondulate della misura più idonea.Gli adeguamenti in lunghezza e larghezza, se necessari, si eseguono con la smerigliatrice angolare.La posa inizia dal basso, da sinistra o da destra. La prima fila di lastre deve sporgere dalla struttura di sostegno di 10 cm circa.Per il fissaggio si usano tirafondi (sul legno) o viti (su metallo); per l’applicazione si eseguono fori sulla lastra in corrispondenza della parte superiore dell’onda (o greca), alternate una sì e una no.Il diametro del foro deve essere di 3 mm maggiore di quello del tirafondo o vite, per far fronte alle normali dilatazioni. Il fissaggio si inserisce nel foro con la necessaria guarnizione per la tenuta all’acqua: con le lastre opache si usano i cappellotti in tinta uguale alla lastra, ma sono utilizzabili anche le guarnizioni BAZ, ideali per le lastre trasparenti.In caso di sormonto laterale di mezza onda è consigliabile la sigillatura con silicone della copertura ondulata.La guarnizione BAZ potrebbe essere considerata una guarnizione universale: rotonda e piccola, risulta meno visibile, quindi più indicata per l’utilizzo sulle lastre trasparenti, ma la sua perfetta tenuta all’acqua la rende ugualmente utilizzabile anche sulle lastre opache.Prosegue la posa delle lastre, con foratura e applicazione dei fissaggi , sino al completamento della prima fila.La posa della seconda fila inizia dal lato di attacco della prima e prevede un sormonto di testa: la lastra che si mette in posizione sormonta quella della fila precedente. Con una pendenza della tettoia maggiore di 6°, l’entità del sormonto è di 20 cm.Sulla base della larghezza totale della copertura, si calcola il numero delle lastre necessarie per coprire una fila. Dai disegni si può comprendere bene qual è la resa effettiva delle lastre, considerando le due possibili entità di sormonto laterale.
Elyplast rotoli e lastre per vari utilizzi
Ideali per tettoie, pergole, verande, giardinaggio e hobbistica, soddisfano ogni esigenza di copertura e tamponamento anche verticale. Molti i vantaggi: protezione dalla luce diretta, particolare economicità in riferimento alle prestazioni, leggerezza e flessibilità, facile manovrabilità e messa in opera, resistenza a tutte le condizioni climatiche, ottima stabilità dimensionale, resistenza agli agenti chimici.
Rotoli ondulati ELYPLAST, per rivestimenti continui
Rotoli piani e ondulati (passo 76/18 onda lamiera) in vetroresina, utilizzati per copertura, tamponamenti verticali, recinzioni, pensiline ecc. Le differenti dimensioni in altezza e lunghezza dei rotoli permettono, nella maggior parte delle applicazioni, di realizzare soluzioni continue, evitando eventuali sormonti laterali. Particolarmente adatti per tamponature verticali. Opportunamente intelaiati permettono di realizzare portoni, finestrature e chiusure verticali in genere, dove la prerogativa dell’infrangibilità garantisce sicurezza contro rotture e incidenti. I laminati sono prodotti con resina standard in vari spessori e differenti dimensioni in altezza e lunghezza. Il peso è a partire da 1 kg per metro quadrato, per un’altezza che varia da 1 a 2,5 metri (per altezza 3 metri, la lunghezza massima del rotolo è 30 metri). I colori disponibili sono: neutro e verde traslucido; altri colori quali giallo, bianco latte e blu, su richiesta.
Elyforma metal
Lastre in acciaio preverniciato, accoppiate all’intradosso con un particolare tessuto non-tessuto anticondensa e antirombo, riproducono la forma delle tegole con il vantaggio della lunga durata e pressoché assenza di manutenzione. Disponibili in finiture simil tegola portoghese, marsigliese e belga e nelle varianti colore rosso tegola o rosso anticato, sono corredate da una serie di accessori a completamento dell’installazione. Massima semplicità di posa: facile montaggio, tempo di installazione ridotto fino al 50%. Sistema completo: ideale per essere utilizzate in abbinamento con il sistema Isotec e Isotec Linea, realizzando un pacchetto completo di copertura.
Il riscaldamento geotermico consiste nell’utilizzo dell’energia che viene dal sottosuolo per riscaldare d’inverno e rinfrescare d’estate: analizziamo insieme come è strutturato un impianto geotermico
Un impianto geotermico è costituito due elementi: una sonda geotermica ed una termopompa. Il calore geotermico fa parte delle energie rinnovabili ed è sfruttabile a diverse profondità del sottosuolo. Già a 20 metri sottoterra si trovano temperature costanti che non subiscono l’influenza delle variazioni climatiche di superficie; da qui, la temperatura sale di circa 1°C ogni 33 metri. A 100 metri di profondità si ha una temperatura superiore ai 12°C.
Il calore dalla terra
Su questi presupposti si fonda il principio di funzionamento di un impianto geotermico – sia di quello verticale (SGV), che lavora in profondità andando a recuperare la più alta temperatura possibile, sia del geotermico orizzontale (SGO) che lavora a bassa profondità ed essendo condizionato dalle escursioni termiche stagionali, sopperisce al minor differenziale termico con una molto più estesa superficie di scambio.
Il primo sistema si attua con perforazioni verticali comprese tra i 50 e i 150 metri di profondità, ma si può andare oltre in funzione dell’energia termica richiesta; nel foro vengono inserite le sonde geotermiche, tubi in polietilene che formano un circuito chiuso nel quale scorre un liquido che cattura il calore del sottosuolo.
Il ciclo termico si chiude con il recupero di questo potenziale termico da parte di una pompa di calore che, con un limitato consumo energetico, riesce ad “amplificarlo”, restituendo circa 4 kW termici per 1 kW di energia elettrica spesa. All’interno poi, per ottimizzare la resa, bisogna installare un impianto radiante a pavimento che necessita di temperature molto più basse rispetto ai sistemi tradizionali.
Impianto geotermico – ideale per il riscaldamento radiante
Il funzionamento di una pompa geotermica è simile a quella di un frigorifero che sottrae calore agli alimenti cedendo l’energia all’ambiente circostante. Il calore estratto dal sottosuolo viene “pompato” a temperature più elevate per il riscaldamento e la produzione di acqua calda: considerato che questo comporta un consumo di energia elettrica, occorre un corretto dimensionamento in fase di progettazione. Fondamentale per questo calcolo è il valore della temperatura di mandata massima, quella in uscita, che non dovrebbe superare i 45°C: per questo è preferibile utilizzare sistemi di riscaldamento a bassa temperatura, come quelli a pavimento o a parete, per i quali è sufficiente una temperatura in uscita di 35°C. Gli impianti esistenti a radiatori necessitano di una temperatura più alta, per questo non consentono quasi mai l’impiego di pompe di calore. Nel disegno: schema di un impianto geotermico con sonda in pozzo profondo, per la produzione di acqua a temperatura più alta di quella di superficie, che entra nel circuito di produzione di acqua calda sanitaria e dell’impianto di riscaldamento, tramite una caldaia tradizionale. Naturalmente il circuito può essere integrato con l’apporto di collettori solari.
Gli elementi dell’impianto
Una trivella di circa 15 centimetri di diametro scava un buco profondo mediamente un centinaio di metri in poche ore ed in terreni di qualsiasi composizione, da rocciosa a sabbiosa. Nel foro praticato si introduce una sonda SGV (sonda geotermica verticale) che consiste in una tubazione a circuito chiuso contenente acqua e antigelo. La sonda ha funzione di scambiatore di calore con il sottosuolo dove, da una profondità di 20 m circa, sono garantite temperature costanti estate e inverno (in Italia mediamente dai 10° ai 14° C), e da quella quota aumenta di 1°C ogni 33 metri in più di profondità.
Il boiler la cui acqua viene riscaldata dalla caldaia e dalla sonda geotermica.
Impiantistica di collegamento tra sonda e pompa di calore.
Sistema di controllo della pressione e della temperatura.
Pompa di calore che riceve il fluido dalla sonda e riscalda l’acqua del boiler.
Impianto in superficie
In presenza di un terreno sufficientemente ampio, i due circuiti orizzontali SGO vengono posizionati sotto terra a bassa profondità. Hanno a disposizione meno quantità di calore e di conseguenza devono estendersi in superficie: si stimano dai 25 ai 50 mq di ingombro per kW di potenza termica ottenibile. La resa della SGO (sonda geotermica orizzontale) è più bassa perché la temperatura dello strato poco profondo (5-6°C circa) varia con le condizioni atmosferiche, a differenza delle SGV che lavorano, inverno ed estate, in ambiente a temperatura costante. La scelta dei due tipi di sonda non è facile e deve essere fatta consultando un esperto. Il suo giudizio finale determina quale tipo è il più vantaggioso, in base al fabbisogno ed alle caratteristiche geologiche del luogo.
In un filmato su internet si scopre che una mortasatrice portatile fai da te si può autocostruire; questo è sufficiente per fare un progetto e procurarsi il materiale necessario. La particolarità è che è quasi interamente fatta di multistrato di betulla
Curiosando su internet alla ricerca di alcune informazioni, il nostro esperto lettore Marco Pierandrei si è imbattuto in un video in inglese in cui un fai da te d’oltreoceano illustra con dovizia di particolari l’autocostruzione di una strana mortasatrice portatile, funzionante con una fresatrice.
La mortasatrice fai da te ha fatto colpo sul nostro lettore perché era proprio quello che da tempo cercava senza successo sui cataloghi delle varie aziende, ovvero una mortasatrice portatile di dimensioni molto contenute, in modo da poterla trasportare in qualunque posto, oltre al fatto che, una piccola stazionaria di questo genere, può trovare facilmente posto dove lo spazio manca sempre. Guardando e riguardando il filmato, Marco è riuscito a identificare tutti gli elementi necessari per fare i disegni, ragionare sugli aspetti più spinosi e fare un calcolo del materiale necessario.
La costruzione, a parte la ferramenta utilizzata, è interamente di legno multistrato di betulla spesso 15 mm; dove si richiedono spessori maggiori, si uniscono due pezzi abbinandoli col dorso e incollandoli. Le giunzioni sono realizzate con biscotti, spine e, dove necessario, viti da legno di misura 4×20 mm e 4×30 mm. La cavatrice di mortase fai da te si compone sostanzialmente di 4 parti:
il piano dove appoggia il pezzo da lavorare,
il piano inclinato,
l’insieme con i due pianetti di spostamento
la struttura di supporto.
Il piano dove appoggia il pezzo si muove, ma solo per regolare l’altezza di lavoro della punta; spostandolo avanti o indietro, scivola su un piano inclinato e quindi si alza o si abbassa rispetto alla punta che, invece, non si muove verticalmente.
Quest’ultima, al contrario delle mortasatrici delle combinate, dove le punte non traslano, si muove lateralmente e avanti/indietro perché ad azionarla è una fresatrice portatile vincolata a due pianetti che scorrono su guide per cassetti. La cavatrice di mortase portatile così architettata è efficace e precisa, occupa pochissimo spazio e, per lavorare, può essere immobilizzata su qualsiasi banco.
La mortasatrice portatile fai da te ha tutto ciò che serve
Il premi-pezzo è incernierato con un blocchetto di multistrato fatto con due pezzi affiancati; da questo parte verticalmente un tondino di legno che si innesta nel braccio orizzontale, costituito nuovamente da doppio multistrato da 15 mm; all’estremità, infine, si incerniera una barra filettata grazie all’inserimento nel legno di una boccola con filetto interno a passo metrico.
Come in ogni mortasatrice portatile di questo genere, deve esserci una nutrita serie di asole di regolazione, che in questo caso, però, sono realizzate usando il multistrato. La scelta della misura da 15 mm è frutto di un calcolo volto a ottenere la dovuta rigidità, necessaria per garantire robustezza e precisione non solo per quel che riguarda i piani, ma anche per i piccoli pezzi tecnici.
Sul pannello frontale, che fronteggia la fresatrice, si realizza un’asola che in pratica rappresenta l’escursione possibile del pianetto fresante, quindi le dimensioni laterali massime, che la punta può scavare (la profondità massima, invece, dipende dalla lunghezza della fresa).
Nella parte posteriore della guida, in corrispondenza dell’asola, vi è uno scasso maggiore che ne riprende la forma; questo è eseguito per poter fare spazio al mandrino della fresatrice e poter avanzare al massimo con il pianetto, guadagnando un buon centimetro di escursione in profondità della fresa. Si nota anche la rotaia su cui scorre lateralmente il pianetto, che in realtà è una guida di metallo per cassetti; la scelta è dovuta alla necessità di libero scorrimento. Sopra, il sistema di bloccaggio della fresatrice, con fascette autoserranti, che si affida a due supporti fatti con più pezzi di multistrato affiancati.
Cosa serve per costruire una mortasatrice portatile fai da te:
Multistrato di betulla spessore 15 mm;
profilato d’alluminio 20×10 mm;
Molle a trazione lunghezza 100 mm;
2 pomelli di serraggio a vite passante;
1 pomello di legno;
2 viti con quadro sottotesta 5×50 mm;
2 viti con quadro sottotesta 6×60 mm;
3 dadi a galletto di cui 1 maschio;
3 boccole doppio filetto da 6 mm;
1 pomello (per sistema bloccaggio pezzo);
viti per legno 4×30 mm e 4×20 mm;
spina d’acciaio da 2 mm
I principali dettagli costruttivi
Prima di tagliare i pannelli laterali a, per dar loro la forma prevista, si provvede alla realizzazione della sede per la guida di scorrimento facendo uno scasso rettilineo con la fresatrice. In questo caso la mortasatrice portatile va montata su un banchetto per fresare; regolata la profondità di lavoro e la distanza dalla guida laterale, si passano entrambi i pannelli da trattare.
Dopo la fresatura i due rettangoli di multistrato devono essere sagomati sul lato lungo, tagliandone via un pezzo. Dato che la linea di taglio non è rettilinea, nel punto in cui cambia direzione va praticato un foro di diametro superiore alla larghezza della lama della sega a nastro, che si usa per eseguire l’operazione.
Si inizia il taglio da un lato della tracciatura, portando avanti il pezzo lentamente e con la massima precisione; si segue la linea tracciata sino al foro dove, approfittando dello spazio di manovra che questo consente, si fa ruotare il pezzo e si prosegue nella nuova direzione, portando a compimento il taglio.
Sulla guida di scorrimento di metallo, con sezione a U, va fatta una lunga asola dove alla fine scorrerà il perno di una manopola di fissaggio; la stessa asola va riportata sul legno e realizzata con la fresatrice montata sul banchetto, ma questa volta marcando bene il punto di inizio e di fine della passata, da ripetere con la medesima estensione sul pannello a controlaterale. Al termine si fissa la guida metallica nella corretta posizione con due viti a testa svasata.
I due pannelli a appena approntati, sono speculari per quel che riguarda
la posizione dello scasso per la guida metallica di scorrimento; si uniscono al pannello frontale b mediante due viti da legno per parte. Questa struttura rappresenta la guida d’appoggio frontale contro cui il pezzo da mortasare dovrà essere bloccato. Il montaggio di questi pezzi è provvisorio ma utile per determinare l’esatta posizione in altezza dell’asola orizzontale che si deve fare proprio sul pezzo b; è per determinare la sua altezza che bisogna praticamente allestire tutta la macchina, in particolar modo realizzare i sostegni della fresatrice e il pianetto di scorrimento laterale, incluse le necessarie guide di scorrimento, che in questo caso fanno ulteriore spessore.
Per procedere con la costruzione si stabilisce l’esatta posizione dell’insieme c sul piano sottostante sul quale si immobilizza lateralmente, fissando al piano stesso due listelli longitudinali, in posizione d’appoggio ai fianchi interni dic.
Per garantire alla fresatrice il movimento longitudinale e laterale, si applicano due coppie di guide di scorrimento, una coppia per ogni direzione: le prime due si mettono sul pannello che fa da base per tutta la macchina, dove appoggia anche l’insieme c.
Su queste si applica il piano e che può scorrere avanti e indietro senza toccare lateralmente i montanti a. L’altra coppia di guide, quelle per il movimento laterale, si fissa sul piano e e consente il libero movimento al pianetto f, messo sopra.
I due supporti i, sagomati per reggere la fresatrice, sono fissati da sotto al pianetto f che, come si nota è più stretto lateralmente, rispetto allo spazio di cui dispone: quello è lo spazio di manovra che gli è consentito proprio per traslare sulle guide sottostanti.
Le manopole si eseguono usando pezzi di scarto del legno multistrato utilizzato. Partendo dal disegno su carta della manopola, si marcano sul legno le corrispondenze dei fori da fare: uno al centro e 8 sulla circonferenza esterna. Fatti i fori passanti, con un seghetto da traforo si uniscono tutti quelli situati sulla circonferenza, poi si arrotondano un po’ gli spigoli vivi.
Nel foro al centro si avvita un bussolotto con filettatura interna a passo metrico in cui si inseriscono una vite e una rondella distanziale di legno, fatta tagliandola con sega a tazza.
Le manopole servono per le regolazioni della mortasatrice; per esempio, la quota di fresatura (lavoro) si stabilisce facendo scorrere avanti o indietro il pezzo g, che scivolando su h, alza o abbassa il piano di lavoro d su cui il pezzo appoggia.
Guarda il video della mortasatrice fai da te all’opera
La puntatrice elettrica fai da te è una macchina semplice ma funzionale, realizzata con pezzi di recupero di varia provenienza; molti elementi, come i bracci saldanti, sono del tutto autocostruiti
Il nostro lettore Leonardo Telesca ha costruito una puntatrice elettrica fai da te recuperando il trasformatore da una vecchia saldatrice; recupero non facilissimo, visto lo stato del componente: un supporto rotto, con pericolo di cortocircuiti, e i terminali dei connettori molto deteriorati.
Sistemati questi aspetti, si verifica l’integrità degli avvolgimenti e il funzionamento del termostato che interrompe il circuito, in caso di surriscaldamento. Dalla vecchia saldatrice si recupera anche il commutatore di potenza, mentre un vecchio ventilatore viene applicato come sistema di raffreddamento da azionare all’accensione.
Per la struttura si usano tubolare di ferro e tondi di varie sezioni, il tutto unito con saldatura a elettrodi. La parte attiva è costituita da due bracci che attuano la puntatura delle lamiere: quello inferiore (negativo) è fisso, mentre quello superiore (positivo) scende a comando di un pedale.
Nel momento in cui i due puntali si toccano, un microinterruttore, in posizione strategica, dà corrente agli elettrodi. Come carter di chiusura della puntatrice elettrica fai da te si usano lamiere forate e alcuni pannelli (fondo, retro e sportello) presi da un forno a microonde.
Guarda il video
Come funziona una puntatrice
La puntatrice elettrica è una macchina per unire lamiere di ferro che non lavora con il principio dell’arco voltaico, bensì con quello della resistenza elettrica che provoca un forte riscaldamento nel punto in cui i due elettrodi sviluppano la loro azione (pressione e passaggio di corrente elettrica).
Nonostante la diversità fra i due sistemi, per il funzionamento della puntatrice va bene anche un trasformatore elettrico come quello presente nella saldatrice a elettrodi.
Questa tecnica è applicabile solo ad acciaio di basso spessore, quindi lamiera, per cui è più ampiamente diffusa nel campo automobilistico e degli elettrodomestici. Il funzionamento è condizionato da fattori fra cui la ridotta superficie in cui si deve sviluppare il calore, la quantità di corrente elettrica che deve attraversare questa superficie e la pressione che gli elettrodi esercitano sul punto di lavoro, per tenere a contatto i lembi.
Gli elettrodi della puntatrice sono di rame, quindi si possono ricavare prendendo comuni ugelli da saldatrice a filo continuo. Da una parte hanno il filetto M6 per il fissaggio, mentre l’altra estremità, per adattarla al diverso utilizzo, va modificata rendendola leggermente più appuntita, usando un tornio per metalli.
Componenti e assemblaggio della punzonatrice elettrica
Il telaio è un tutt’uno con le lunghe gambe che fanno da sostegno a pavimento della puntatrice, i cui componenti elettrici sono pochissimi: il trasformatore, il suo commutatore di potenza, un interruttore da pannello, un microinterruttore e una ventola di raffreddamento. Il resto è costituito da parti meccaniche per i bracci di puntatura e la loro movimentazione, più i vari carter che rivestono la parte alta della macchina.
Al vecchio trasformatore è stato riparato un supporto rotto rinforzandolo con piastrine metalliche, mentre i conduttori sono stati leggermente accorciati per rifare i contatti su metallo buono.
Del trasformatore è stato tenuto e ricollegato adeguatamente il termostato che inibisce il funzionamento in caso di surriscaldamento.
Gli ugelli in rame utilizzati come terminali di puntatura vanno adeguati alla nuova funzione che devono svolgere: basta una veloce passata al tornio, per rendere l’estremità un po’ più appuntita.
I due bracci sono molto robusti e collegati saldamente al telaio, ma sono anche perfettamente isolati mediante boccole di teflon, non sensibili al calore che si propaga.
Sul traformatore incombe una generosa ventola di raffreddamento che si attiva con interruttore.
Ogni parte metallica è collegata a terra per la massima sicurezza.
I bracci vanno montati e regolati in modo che, premendo il pedale, i terminali di puntatura vadano a contatto in perfetto allineamento.
Dettagli costruttivi
Il pedale è formato da un pezzo di tubo da 1/2” arrotondato con la piegatubi, poi saldato al centro a un altro pezzo; questo secondo è unito a 90° con un tondo Ø 12 mm che fa da fulcro di rotazione, innestato alle estremità nei due manicotti da 1/2” fissati con grani.
Posteriormente il leveraggio del pedale è incernierato con il rimando verticale; sotto, una molla garantisce il ritorno in posizione di riposo.
Il cavo di alimentazione è dimensionato a dovere, dato l’assorbimento della macchina. Dal pannello posteriore, ricavato dal forno a microonde, esce attraversando un fermacavi.
Il quadro comandi mostra solo l’interruttore della ventola di raffreddamento e il commutatore a 3 posizioni.