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Macchinina in legno: costruzione

Vediamo come costruire uno dei giochi più tipici della tradizione popolare: la macchinina in legno. Questa che proponiamo ha un motore ad elastico.

L’attività del laboratorio artigianale Lo Spassatempo è cominciata con lo scopo di riscoprire e diffondere i giochi della tradizione popolare. Tutti i giochi di Davide Malacarne, che opera al suo interno, sono costruiti a mano, partendo dal pezzo di legno grezzo per arrivare al giocattolo finito senza trattamenti tossici e preservando la naturalezza del materiale. La macchinina che proponiamo è costruita con una struttura di estrema semplicità, ma nasconde sotto lo chassis un potente motore ad elastico, agganciato a una vite inserita nell’assale posteriore, capace di lanciarla in folli corse quando la si carica facendola indietreggiare.

COSA OCCORRE

  • Multistrato da 15 mm: 1 pezzo da 150×80 mm
  • Tavola di faggio da 10 mm: 4 dischi Ø 50 mm
  • Tondino di legno Ø 8 mm: 2 pezzi lunghi 100 mm
  • Blocchetto di faggio: 1 pezzo da 80x80x60 mm
  • Anelli di gomma: 4 pezzi diametro 50 mm
  • Elastico: 1 pezzo lungo 300 mm

COSTRUZIONE

macchinina-1Partendo da una dima conservata nell’archivio del negozio si disegna lo chassis della macchinina su di un pezzo di multistrato da 15 mm. Con un seghetto da traforo elettrico si ritaglia la sagoma lungo le linee.

 

macchinina-2Si fora il telaio con una punta da 9 mm per far passare gli assi delle ruote fatti con due pezzi di tondino di legno Ø 8 mm. Un minimo di gioco è necessario per consentire la libera rotazione dell’asse.

 

macchinina-3Il disco della ruota viene forato al centro con una punta da 8 mm in modo che l’asse si possa far entrare, ma di stretta misura.

 

macchinina-4Il disco è montato sul tornio, sorretto da un perno che si impegna nel mandrino. Con un’utensile affilato si pareggia la circonferenza e si incide anche una scanalatura per ospitare un anello di gomma.

 

macchinina-5Si monta l’anello (un grosso O-ring) sulla ruota facendolo entrare nella scanalatura. Lo scopo dell’anello è di acquisire il necessario “grip” rispetto alle superfici su cui la macchinina deve lanciarsi.

 

macchinina-6Costruito un blocchetto di legno con la forma dell’abitacolo, lo si fissa allo chassis con un paio di viti autofilettanti messe dalla parte inferiore del telaio.

 

macchinina-7Ora si mettono insieme i perni e le ruote bloccandoli con una goccia di colla vinilica, evitando attentamente di sporcare anche il foro nel telaio.

 

macchinina-8Il motore del giocattolo è un lungo elastico, messo doppio, con i due capi fissati sotto la cabina; un pezzetto aggiunto di cordicella permette di agguantarlo nella parte libera e tirarlo sino ad agganciarsi alla vite sull’asse posteriore. Mettendo la macchinina su un piano e tirandola indietro, l’elastico si carica abbastanza per farle compiere una bella corsa.

Levigatrice per muri Einhell TC-DW 225 – Guida all’utilizzo

Carteggiare grandi superfici come pareti e soffitti non comporta disagi e fatica se si utilizza una levigatrice per muri con platorello di grande diametro, con un sistema di aspirazione molto efficace e un manico prolungabile ed ergonomico

levigatrice-per-pareti

Più nessuna fatica! Quando si affrontano anche i più leggeri lavori di ristrutturazione, come minimo si rivedono le superfici delle pareti e dei soffitti, stuccando fessurazioni, crepe eventuali e i frequentissimi fori per le installazioni precedenti. In presenza di carte da parati da rimuovere, anche usando i prodotti specifici, spesso restano zone resistenti sulle quali si deve intervenire meccanicamente. Tutto questo si traduce in ampie aree da carteggiare e farlo a mano richiede tanto olio di gomito. La levigatrice per muri Einhell TC-DW 225 è la macchina ideale in questi frangenti, perché è studiata per rispondere alle tipiche criticità del lavoro continuativo su pareti e soffitti. Innanzi tutto la levigatrice per muri ha un platorello di proporzioni adeguate alle grandi superfici che, grazie al diametro di 225 mm, agevola anche la perfetta livellatura dei punti in rilievo e delle asperità. Fa da corollario al platorello una cuffia collegata direttamente al sistema di aspirazione che permette di catturare gran parte della polvere prodotta durante la levigatura. Oltre al comfort, dato anche dall’attacco snodato del platorello, c’è la riduzione drastica della fatica mediante l’utilizzo delle impugnature ergonomiche e del manico allungabile sino a 1650 mm, con l’attacco del tubo di aspirazione all’estremità.  Leggi la scheda tecnica della carteggiatrice per pareti Einhell

Caratteristiche e utilizzo della levigatrice per pareti

Levigatrice per muri
Il tubo di alluminio della levigatrice si snoda al centro e si piega in due per riporre la macchina nella valigetta.
aggiuntivo per carteggiatrice
L’estensione aggiuntiva di tubo, regolabile in modo da ottenere un’estensione totale da 1100 a 1650 mm, si inserisce nel manico principale.
Il blocco in posizione si ottiene stringendo la ghiera.
Il blocco in posizione si ottiene stringendo la ghiera.
Il tubo flessibile dell’aspiratore si inserisce nel raccordo presente all’estremità di entrambi i manici
Il tubo flessibile dell’aspiratore si inserisce nel raccordo presente all’estremità di entrambi i manici
 Il platorello da 225 mm ha attacco per carta abrasiva con velcro; per ottenere la necessaria aspirazione, è importante montare la carta in modo che i fori coincidano con quelli presenti nella piastra.
Il platorello da 225 mm ha attacco per carta abrasiva con velcro; per ottenere la necessaria aspirazione, è importante montare la carta in modo che i fori coincidano con quelli presenti nella piastra.
Per permettere la massima libertà, si può bloccare in posizione acceso il pulsante di avviamento.
Per permettere la massima libertà, si può bloccare in posizione acceso il pulsante di avviamento.
Perfetto è l’abbinamento della TC-DW 225 con l’aspiratore Einhell TH-VC 1930 SA, che ha una presa utensile: l’avvio e lo spegnimento della levigatrice pilotano automaticamente l’aspiratore.
Perfetto è l’abbinamento della TC-DW 225 con l’aspiratore Einhell TH-VC 1930 SA, che ha una presa utensile: l’avvio e lo spegnimento della levigatrice pilotano automaticamente l’aspiratore.
Un raccordo metallico unisce i due tubi flessibili.
Un raccordo metallico unisce i due tubi flessibili.

Sticker per rinnovare la cucina

Una volta li chiamavano “adesivi”. Si tratta sticker, generalmente di materiale plastificato e quindi resistente, che riproducono figure diverse: oggetti, fiori, animali, utensili ed altro

Con questi fogli, di rapida e facile applicazione fai da te, possiamo cambiare volto a pensili e basi, magari andando a coprire piccoli difetti come parti scolorite o scheggiate. Le possibilità sono praticamente infinite: unico limite, la nostra fantasia.

APPLICARE GLI STICKERS

  1. La superficie su cui intendiamo applicare gli adesivi deve essere perfettamente sgrassata. Possiamo passare un panno inumidito con benzina rettificata o con trielina (se effettuiamo l’applicazione su laminato).
  2. Studiamo la disposizione delle figure che intendiamo applicare disponendole nei punti desiderati e fermandole provvisoriamente con pezzetti di nastro per mascheratura, in modo da controllare l’effetto visivo dell’insieme.
  3. Stacchiamo lo sticker dal foglio protettivo e lo disponiamo sulla superficie, facendolo aderire per bene. Eventualmente ne tagliamo i bordi lungo il mobiletto o il pensile.
  4. Con un panno asciutto passiamo più volte sullo sticker procedendo dal centro verso l’esterno, in modo da eliminare eventuali bolle d’aria o grinze.

STICKER

 

Mobiletto per il bagno fai da te

Costruiamo un mobiletto per il bagno fai da te sullo stile Ikea Hacker

L’esiguo spazio disponibile dei bagni moderni ci motiva a trovare soluzioni fai da te pratiche ed economiche, come questo mobiletto per il bagno realizzato con moduli per scarpe Ikea e dei pannelli di MDF.

Mobiletto per il bagno

Le salviette utilizzate durante la settimana possono essere riposte, in attesa di “fare” la lavatrice, in un pratico mobiletto per il bagno che utilizza scarpiere a ribalta Ikea come box salvaspazio. Le scarpiere sono disposte a colonna una sull’altra e solidali ad una struttura di MDF smaltato e pannelli di truciolare bilaminato.
Nella parte superiore del mobiletto per il bagno viene ricavato un comodo vano munito di ripiani in cui alloggiare altri oggetti utili in bagno.
Il mobiletto salvaspazio è fissato a parete in posizione sospesa con un tassello a gancio, che ci permette di poterlo togliere facilmente quando lo desideriamo, per agevolare le pulizie del bagno.

I moduli Trones sono ideali
Le scarpiere a ribalta Trones di Ikea sono l’ideale per questa realizzazione di bricolage. Sono in plastica propilenica e misurano 510x180x160 mm e sono disponibili in diversi colori (bianco, nero, verde, blu. Il rosso in foto è fuori produzione). Costano 19,95 (2 pezzi).

disegno-mobiletto-bagno

Struttura di MDF e laminato del mobiletto per il bagno

  1. Da un pannello di MDF dello spessore di 20 mm ricaviamo una sagoma ad U rovesciata. Per questa operazione utilizziamo il seghetto alternativo.
  2. Trattiamo tutti i bordi del pannello con un leggero strato di stucco e levighiamo, in modo che il colore possa aderire anche nelle zone più porose.
  3. I pannelli di truciolare bilaminato che verranno collegati tra loro e al pannello di MDF devono essere forati per l’inserimento delle spine di legno.
  4. Per riportare l’esatta posizione dei fori sul pannello di MDF si inseriscono nei fori i cappellotti marcatori che, realizzando un provvisorio accoppiamento, grazie alla loro punta, evidenziano chiaramente i punti esatti in cui eseguire i fori sul pannello di MDF.
  5. Rivestiamo i bordi dei pannelli di truciolare bilaminato con bordino melaminico, da applicare a caldo utilizzando il ferro da stiro.
  6. Prima di trattare il pannello di MDF con primer e smalto copriamo la zona in cui andranno fissati i pannelli di truciolare bilaminato con nastro per mascheratura, per non compromettere l’adesione della colla vinilica (è sconsigliabile applicarla direttamente su una superficie smaltata).

Finitura e montaggio

  1. Realizziamo una guida di foratura, da utilizzare come dima per praticare i fori sul pannello di MDF in cui andranno inseriti i perni di sostegno dei ripiani di truciolare bilaminato.
  2. Trattiamo il pannello di MDF con primer universale, in modo da preparare la superficie alla successiva fase di smaltatura, da effettuarsi con smalto all’acqua in una tonalità a piacimento.
  3. A smalto asciutto asportiamo il nastro per mascheratura precedentemente applicato in prossimità del bordo per scoprire l’MDF. Stendiamo un leggero strato di colla vinilica lungo il bordo dei pannelli di truciolare e fissiamo quest’ultimi inserendo le spine di legno nei fori sul pannello di MDF.
  4. Fissiamo le scarpiere Trones alla struttura di MDF utilizzando viti autofilettanti, che devono essere avvitate in un foro eseguito lungo il bordo di plastica delle scarpiere. Durante l’operazione di foratura è opportuno morsettare le scarpiere al pannello di MDF.

La struttura è fissata a parete mediante un tassello a gancio, fissato al muro ed inserito in un foro appositamente realizzato (con la sega a tazza) nel pannello posteriore di truciolare bilaminato.

Contenitori da parete | Come si installano quelli di Ikea

Tutto in ordine e a portata di mano con barre e contenitori da parete

Sfruttando le speciali aste Grundtal Ikea (euro 9,90) alle quali possiamo sospendere tutti gli accessori coordinati (scolapiatti, triplo ripiano, porta carta assorbente, porta coltelli e forchette), siamo in grado di organizzare in brevissimo tempo un angolo cucina completo di tutto ciò che serve con i contenitori da parete.

Il nostro intervento fai da te consiste unicamente nell’applicare a muro le due aste metalliche tramite tasselli ad espansione a cui poter poi appendere contenitori da parete. Poniamo particolare attenzione mentre prendiamo le misure per la realizzazione dei fori: le aste devono essere fissate perfettamente orizzontali.
Tutti gli accessori si appendono alle aste tramite comodi ganci in alluminio.

I PASSAGGI

  1.  Utilizzando il trapano, munito dell’accessorio per l’aspirazione delle polveri, eseguiamo i fori nel muro, solo dopo aver misurato e segnato l’esatta posizione.
  2. Inseriamo i tasselli nei fori spingendoli a filo della superficie.
  3. Mettiamo in posizione le aste metalliche controllandone l’orizzontalità con la livella a bolla.Avvitiamo le viti nei tasselli in modo da bloccare le aste al muro.

Lampada fai da te con fiori di rame

Dagli scarti di rame è possibile realizzare eleganti complementi d’arredo o applique

L’inconfondibile colore rossastro e la lucentezza che può assumere sono due caratteristiche del rame apprezzate nell’oggettistica di design. Domenico Chioetto, idraulico, nel tempo libero realizza complementi d’arredo e monili utilizzando ogni piccolo scarto di questo metallo: tubi di varia sezione, fili robusti, lamine piane sottili o più spesse e preformate.

applique-rame

Per ottenere la corolla di un fiore basta un quadrato di lamiera da 0,6 mm da 30×30 mm, ma bisogna prima riscaldarlo e immergerlo in acqua per facilitarne la lavorazione. L’oggetto può diventare un semplice complemento d’arredo oppure, con l’aggiunta di un elementare impianto elettrico, diventare un’applique o una lampada da tavolo, previa lucidatura ed eliminazione della patina e delle scorie prodotte dalla saldatura dei vari pezzi. Il portalampada, con corpo metallico (ottone), può essere unito al tubo di rame tramite un tige filettato oppure lo si può rivestire con un foglio di lamina curvato a cilindro e poi saldato lungo la linea di unione, dopo averlo serrato attorno al portalampada con le pinze.

 

REALIZZARE UN BOUQUET DI ORO ROSSO

 

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Un tipo di fiore a 4 petali si ricava da un pezzo quadrato di lamina, smussato agli angoli e inciso con tagli curvi senza arrivare al centro.

 

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I petali si ripiegano verso l’interno “a correre”: da un lato il petalo sormonta quello successivo, dall’altro va sottoposto al precedente, ottenendo una forma concava. Uno spezzone di filo di rame viene dapprima appiattito e poi sagomato a mano, in modo da ottenere una sorta di pistillo da porre al centro della corolla.

 

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Sempre con filo di rame, questa volta in spezzoni più lunghi e non appiattiti, si ricavano gli steli da saldare sotto le corolle con un poco di stagno o di argentana.

 

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Il surriscaldamento forma una patina scura sulla superficie, già di per sé leggermente ossidata: con una moletta montata sul minitrapano si rende lucente il rame cercando di arrivare anche nelle zone più nascoste.

 

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Il “vaso” è un pezzo di lamiera più grande, simile a un trapezio isoscele con i lati obliqui arrotondati, che va arrotolato a formare una sorta di cartoccio di forma conica e a bocca larga. Realizzato un numero sufficiente di fiori con diverse corolle si saldano gli steli all’interno del vaso, arricchendo la composizione con altri particolari.

Restaurare una sedia

Restaurare una sedia vecchia ridando solidità allo schienale o a una giunzione lasca sostituendo con un paio di spine e incollando di nuovo il tutto…vediamo i passaggi

Nei casi più semplici, la struttura è ancora perfettamente valida, solo che la colla ha perso il suo potere di presa.
Allora basta separare i pezzi, ripulire accuratamente le superfici di contatto con carta vetrata, spalmarle di colla, ricongiungere i pezzi e mettere il tutto in morsa per qualche ora.

A volte, però, può capitare che i maschi dell’incastro non siano più solidi. In tal caso occorre sostituirli, sfilandoli se vengono via, oppure segandoli a filo. Le spine destinate a sostituirli non possono, ovviamente, avere un diametro inferiore, altrimenti l’incastro risulta lasco.
Che il maschio originale facesse tutt’uno con il telaio della sedia o fosse, come le spine, un elemento separato, aggiunto, non cambia praticamente nulla: nel primo caso si apre un foro nel legno sano della struttura, in corrispondenza con il pezzo da unire, nel secondo si consuma il moncone rimasto nel telaio, lavorando di trapano allo stesso identico modo che nel legno compatto.

Una difficoltà maggiore può esserci solo nel caso in cui la giunzione fosse ottenuta con un tenone vero e proprio o con un cilindretto di grande diametro: allora per sostituirlo non basta una spina, che non riempirebbe per intero la mortasa, ma occorre un pezzo preparato appositamente (per lo più con attrezzi manuali sempre presenti nel laboratorio fai da te) che ricalchi perfettamente la sagoma di quello danneggiato.

Una volta colmati eventuali buchi si può procedere con la spinatura del legno, aprendo i fori necessari nelle due sedi appena ripristinate.
Per ottenere una spinatura cieca in cui i pezzi combacino alla perfezione e l’incastro non offra particolari resistenze, è veniente lavorare o con una guida di foratura (che, però, può non essere adatta su pezzi dal profilo curvilineo) oppure, meglio, con i marcatori (tutti accessori reperibili nei centri bricolage).

Ripristinato l’incastro, nell’attesa che la colla faccia presa, occorre mettere il tutto in morsa con l’ausilio di una cinghia di tensione oppure di semplice spago, teso con una strozzatura o con una forzatura del percorso.
Per tendere lo spago gli si fa deviare il percorso o lo si attorciglia, bloccandolo con listelli contro i montanti.

SMONTARE CON MOLTA CURA L´INCASTRO

  1. Anche se l’incastro è lasco, non è detto che i due pezzi possano essere staccati con le sole mani nude. Per fare leva senza rovinare le superfici, l’ideale è la lama acuminata e a cuneo di uno scalpello. Per non danneggiare incastri ancora validi, bisogna intervenire alternativamente sull’uno e sull’altro.
  2. Dopo aver ripulito le superfici di contatto ed aver eliminato spine o tenoni non più validi, si preparano le sedi per le nuove spine di giunzione, curando che i fori combacino e risultino in linea.

RICOSTRUIRE LA GIUNZIONE CON SPINE E COLLA

  1. E’ più facile spremere la colla vinilica necessaria nei fori che spalmarla sulle spine.
  2. Se il foro ha diametro adeguato, la nuova spina deve entrarci a forza, sotto i colpi (di moderata intensità) del martello.
  3. Non appena rimontato il pezzo dello schienale, la colla in eccesso che fuoriesce dalla sede delle spine va tolta, prima che secchi, con uno straccetto leggermente inumidito.
UTENSILI
Guida di foratura, trapano, marcatori, segaccio, carta vetrata, scalpello, martello

Resilienti ovvero più felici?

Editoriale tratto da “Far da sé n.466 Ottobre 2016”

Autore: Nicla de Carolis

Confesso che ho sempre utilizzato la parola resiliente solo per definire pavimenti in gomma, PVC, linoleum, moquette oppure quelli di Tartan, posati su piste e pedane, anche detto antitrauma, che grazie alle sue caratteristiche altamente resilienti agevola la prestazione sportiva restituendo la potenza che gli atleti scaricano a terra.

La parola resilienza viene dal latino resilire, ovvero rimbalzare; in fisica la resilienza è la proprietà di un materiale di ritornare alla sua forma originaria dopo aver subito un duro colpo, come ad esempio uno schiacciamento o una deformazione.

margherita
La resilienza è la capacità di un fiore o di una pianta di crescere, vivere e fiorire tra le crepe dell’asfalto.

In senso figurato, però, la parola può essere usata correttamente anche per parlar d’altro; lo stupore però è tanto quando si scopre che la resilienza è un metodo per imparare a essere felici. Il tutto è nato in una scuola elementare in Inghilterra dove quattro fratellini inseriti in classi diverse perdono improvvisamente la mamma; per riuscire a superare questo lutto, che colpisce non solo loro, ma l’intera comunità, la dirigente della scuola decide di farsi aiutare da una psicologa positiva che crea un Happiness Lab (laboratorio della felicità). “Canzoni gioiose, giochi di gratitudine, corsi di autostima, danza liberatoria e meditazione sono gli strumenti per coinvolgere i bambini e spingerli a scaricare le tensioni”. L’ora della felicità viene inserita nel programma scolastico di questa scuola inglese e più nessuno dei bambini vuole rinunciarvi. Dietro tutto ciò c’è un’unica parola chiave, resilienza, ovvero la capacità di imparare a resistere senza uscire “ammaccati”, non dagli urti meccanici, ma dagli urti delle cose negative e dolorose che ciascuno deve immancabilmente affrontare nella vita. Resilienza, dunque, intesa come capacità di rispondere positivamente ai traumi ed è questa la risorsa che il laboratorio inglese, pioniere nell’insegnamento del metodo per essere felici, vuole trasmettere ai più piccoli, sin dai primi anni della scuola, quando tutto si assorbe più facilmente, un metodo per rendere più facile la vita anche da adulti.

Osservando i bambini che si impegnano a realizzare qualcosa nel laboratorio dei genitori o dei nonni vedo nei loro occhi coinvolgimento totale e felicità per la gratificazione di essere riusciti in qualcosa di concreto (guardate che faccino furbo e gioioso ha Emanuele mentre costruisce cavallini per sé e per il fratellino a pagina 54). Quindi, alle cinque cose fondamentali da fare ogni giorno per provare a essere felici, aggiungerei la manualità creativa e credo che molti di voi su questo punto mi daranno ragione. Le altre sono: sorridere, essere gentili, abbracciare, fare dei complimenti sinceri, fidarsi; certo il metodo non è tutto qui, ma si può provare, male di sicuro non fa, anche se nel mondo di oggi comportamenti simili susciterebbero grande stupore.

Convertitore antiruggine Hammerite

Con un solo prodotto bricolage smaltiamo e combattiamo la ruggine per anni

Con Hammerite servono due mani (non troppo tirate) di prodotto per ottenere uno spessore secco finale di 100 micron che assicura il livello massimo di protezione.
Con un solo prodotto (senza dover usare convertitore, minio e smalto) si rende il manufatto assolutamente resistente ai raggi UV ed a tutti gli agenti atmosferici.

Hammerite è disponibile in 3 finiture: liscio-brillante, martellato e ferromicaceo.
Ognuna di esse è proposta in numerose colorazioni che vanno dal nero al giallo, all’oro e ad una vasta sfumatura di grigi.
Con 1 litro di prodotto si tratta una superficie di 8-10 mq.
Hammerite è a basso contenuto di C.O.V., già conforme ai valori europei per il 2010.
Ringhiere, inferriate, corrimano, lampioni, portavasi, sono davvero tanti i manufatti di ferro che richiedono la nostra attenzione per evitare che la ruggine li rovini; in esterno e in ambiente marino il rischio è ancora più forte.

Ma oggi non dobbiamo più ricorrere al ciclo tradizionale che prevede 1 mano di antiruggine e 2 mani di finitura.
Hammerite è uno smalto protettivo decorativo che, applicato direttamente sulla ruggine senza mano di fondo, garantisce eccezionali prestazioni.
Infatti la struttura lamellare di Hammerite crea una perfetta corazza antiruggine che resiste a urti e torsioni, respinge i raggi UV lasciando inalterate le tinte nel tempo, è idrorepellente.
Hammerite si applica rapidamente: la seconda mano può essere già stesa dopo 4 ore e senza limiti di tempo.
Se applicato correttamente, la protezione dalla ruggine è garantita per ben 8 anni.

 

Elogio dell’architetto

Editoriale tratto da “Rifare Casa n.47 Settembre-Ottobre 2016”

Autore: Nicla de Carolis

In passato ho spesso pensato che affidarsi a un architetto nella ristrutturazione di una casa equivalesse a rinunciare alla cosa più bella di questa operazione, ovvero il piacere delle scoperte e delle scelte fatte man mano, per arrivare a un risultato che calzasse a pennello, una casa cucita addosso. Con il tempo mi sono resa conto dell’importanza che un architetto bravo, rispettoso dei desideri dei committenti, ma anche con un carisma tale da far accettare i suoi no, possa avere nello studio di un buon progetto e della sua esecuzione.

Oggi è senz’altro da sfatare lo stereotipo dell’architetto, professionista originale ed estroso, che vuole imporre ai suoi committenti appartamenti che soddisfino solo la sua vena creativa e non tengano conto delle esigenze pratiche, delle abitudini, dei gusti di chi ci andrà ad abitare. Sempre di più oggi gli architetti si allontanano da questo modello e fanno apprezzare le loro competenze e la loro esperienza con progetti che rispondono a canoni estetici e pratici ai massimi livelli.

Innanzi tutto un bravo architetto è sensibile allo stile originario della casa e sarà sempre restio a “radere al suolo” tutto il passato, anche perché, cosa che un occhio profano non sa, riesce a immaginare gli spazi prima che siano finiti.

Inoltre l’architetto cerca sempre di realizzare un progetto organico che tenga conto di tutto, compresi i pezzi di arredamento vecchi che si devono inserire tra le cose nuove, gli spazi, la struttura, l’ubicazione della casa. Capita spesso di vedere case ristrutturate e arredate di fresco che non hanno né capo né coda, si rivelano un’accozzaglia di cose e di scelte che singolarmente sono piaciute ai padroni casa ma che, messe insieme a tutto il resto, creano ambienti disordinati e di cattivo gusto. D’altra parte realizzare bene una casa in stile eclettico (un mix ma ben armonizzato) con i suoi accostamenti di tinte tenui e forti, di pezzi di antiquariato ed elementi essenziali, di mobili vintage ed etnici, è una delle cose più difficili.

L’aiuto che l’architetto dà nella scelta dei materiali è fondamentale: pensate cosa può significare sfogliare solo qualche catalogo di radiatori, mediamente di 300 pagine l’uno, per scegliere quello giusto; stessa cosa per i rubinetti, i sanitari le porte, i pavimenti e via dicendo. L’architetto, grazie alla sua esperienza, dopo aver sentito i vostri gusti e fatto le sue valutazioni di prezzo, tempi di realizzazione, analisi dell’insieme, vi proporrà una piccola selezione di pezzi giusti per decidere senza cadere in confusione e perdere un mucchio di tempo. Ma la cosa indispensabile, compito dell’architetto, oltre a fornire i progetti esecutivi all’impresa, è la soluzione degli intoppi che si verificano immancabilmente in corso d’opera in cantiere, intoppi che, se non gestiti correttamente, possono creare danni in immediato e anche futuri.

La via maestra, dunque, quella da seguire per una ristrutturazione, è quella dettata da un architetto e l’investimento per la sua consulenza (le tariffe variano dal 7 al 10 % sull’importo complessivo della ristrutturazione) sono sicuramente soldi ben spesi.