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Contenitori da parete | Come si installano quelli di Ikea

Tutto in ordine e a portata di mano con barre e contenitori da parete

Sfruttando le speciali aste Grundtal Ikea (euro 9,90) alle quali possiamo sospendere tutti gli accessori coordinati (scolapiatti, triplo ripiano, porta carta assorbente, porta coltelli e forchette), siamo in grado di organizzare in brevissimo tempo un angolo cucina completo di tutto ciò che serve con i contenitori da parete.

Il nostro intervento fai da te consiste unicamente nell’applicare a muro le due aste metalliche tramite tasselli ad espansione a cui poter poi appendere contenitori da parete. Poniamo particolare attenzione mentre prendiamo le misure per la realizzazione dei fori: le aste devono essere fissate perfettamente orizzontali.
Tutti gli accessori si appendono alle aste tramite comodi ganci in alluminio.

I PASSAGGI

  1.  Utilizzando il trapano, munito dell’accessorio per l’aspirazione delle polveri, eseguiamo i fori nel muro, solo dopo aver misurato e segnato l’esatta posizione.
  2. Inseriamo i tasselli nei fori spingendoli a filo della superficie.
  3. Mettiamo in posizione le aste metalliche controllandone l’orizzontalità con la livella a bolla.Avvitiamo le viti nei tasselli in modo da bloccare le aste al muro.

Lampada fai da te con fiori di rame

Dagli scarti di rame è possibile realizzare eleganti complementi d’arredo o applique

L’inconfondibile colore rossastro e la lucentezza che può assumere sono due caratteristiche del rame apprezzate nell’oggettistica di design. Domenico Chioetto, idraulico, nel tempo libero realizza complementi d’arredo e monili utilizzando ogni piccolo scarto di questo metallo: tubi di varia sezione, fili robusti, lamine piane sottili o più spesse e preformate.

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Per ottenere la corolla di un fiore basta un quadrato di lamiera da 0,6 mm da 30×30 mm, ma bisogna prima riscaldarlo e immergerlo in acqua per facilitarne la lavorazione. L’oggetto può diventare un semplice complemento d’arredo oppure, con l’aggiunta di un elementare impianto elettrico, diventare un’applique o una lampada da tavolo, previa lucidatura ed eliminazione della patina e delle scorie prodotte dalla saldatura dei vari pezzi. Il portalampada, con corpo metallico (ottone), può essere unito al tubo di rame tramite un tige filettato oppure lo si può rivestire con un foglio di lamina curvato a cilindro e poi saldato lungo la linea di unione, dopo averlo serrato attorno al portalampada con le pinze.

 

REALIZZARE UN BOUQUET DI ORO ROSSO

 

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Un tipo di fiore a 4 petali si ricava da un pezzo quadrato di lamina, smussato agli angoli e inciso con tagli curvi senza arrivare al centro.

 

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I petali si ripiegano verso l’interno “a correre”: da un lato il petalo sormonta quello successivo, dall’altro va sottoposto al precedente, ottenendo una forma concava. Uno spezzone di filo di rame viene dapprima appiattito e poi sagomato a mano, in modo da ottenere una sorta di pistillo da porre al centro della corolla.

 

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Sempre con filo di rame, questa volta in spezzoni più lunghi e non appiattiti, si ricavano gli steli da saldare sotto le corolle con un poco di stagno o di argentana.

 

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Il surriscaldamento forma una patina scura sulla superficie, già di per sé leggermente ossidata: con una moletta montata sul minitrapano si rende lucente il rame cercando di arrivare anche nelle zone più nascoste.

 

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Il “vaso” è un pezzo di lamiera più grande, simile a un trapezio isoscele con i lati obliqui arrotondati, che va arrotolato a formare una sorta di cartoccio di forma conica e a bocca larga. Realizzato un numero sufficiente di fiori con diverse corolle si saldano gli steli all’interno del vaso, arricchendo la composizione con altri particolari.

Restaurare una sedia

Restaurare una sedia vecchia ridando solidità allo schienale o a una giunzione lasca sostituendo con un paio di spine e incollando di nuovo il tutto…vediamo i passaggi

Nei casi più semplici, la struttura è ancora perfettamente valida, solo che la colla ha perso il suo potere di presa.
Allora basta separare i pezzi, ripulire accuratamente le superfici di contatto con carta vetrata, spalmarle di colla, ricongiungere i pezzi e mettere il tutto in morsa per qualche ora.

A volte, però, può capitare che i maschi dell’incastro non siano più solidi. In tal caso occorre sostituirli, sfilandoli se vengono via, oppure segandoli a filo. Le spine destinate a sostituirli non possono, ovviamente, avere un diametro inferiore, altrimenti l’incastro risulta lasco.
Che il maschio originale facesse tutt’uno con il telaio della sedia o fosse, come le spine, un elemento separato, aggiunto, non cambia praticamente nulla: nel primo caso si apre un foro nel legno sano della struttura, in corrispondenza con il pezzo da unire, nel secondo si consuma il moncone rimasto nel telaio, lavorando di trapano allo stesso identico modo che nel legno compatto.

Una difficoltà maggiore può esserci solo nel caso in cui la giunzione fosse ottenuta con un tenone vero e proprio o con un cilindretto di grande diametro: allora per sostituirlo non basta una spina, che non riempirebbe per intero la mortasa, ma occorre un pezzo preparato appositamente (per lo più con attrezzi manuali sempre presenti nel laboratorio fai da te) che ricalchi perfettamente la sagoma di quello danneggiato.

Una volta colmati eventuali buchi si può procedere con la spinatura del legno, aprendo i fori necessari nelle due sedi appena ripristinate.
Per ottenere una spinatura cieca in cui i pezzi combacino alla perfezione e l’incastro non offra particolari resistenze, è veniente lavorare o con una guida di foratura (che, però, può non essere adatta su pezzi dal profilo curvilineo) oppure, meglio, con i marcatori (tutti accessori reperibili nei centri bricolage).

Ripristinato l’incastro, nell’attesa che la colla faccia presa, occorre mettere il tutto in morsa con l’ausilio di una cinghia di tensione oppure di semplice spago, teso con una strozzatura o con una forzatura del percorso.
Per tendere lo spago gli si fa deviare il percorso o lo si attorciglia, bloccandolo con listelli contro i montanti.

SMONTARE CON MOLTA CURA L´INCASTRO

  1. Anche se l’incastro è lasco, non è detto che i due pezzi possano essere staccati con le sole mani nude. Per fare leva senza rovinare le superfici, l’ideale è la lama acuminata e a cuneo di uno scalpello. Per non danneggiare incastri ancora validi, bisogna intervenire alternativamente sull’uno e sull’altro.
  2. Dopo aver ripulito le superfici di contatto ed aver eliminato spine o tenoni non più validi, si preparano le sedi per le nuove spine di giunzione, curando che i fori combacino e risultino in linea.

RICOSTRUIRE LA GIUNZIONE CON SPINE E COLLA

  1. E’ più facile spremere la colla vinilica necessaria nei fori che spalmarla sulle spine.
  2. Se il foro ha diametro adeguato, la nuova spina deve entrarci a forza, sotto i colpi (di moderata intensità) del martello.
  3. Non appena rimontato il pezzo dello schienale, la colla in eccesso che fuoriesce dalla sede delle spine va tolta, prima che secchi, con uno straccetto leggermente inumidito.
UTENSILI
Guida di foratura, trapano, marcatori, segaccio, carta vetrata, scalpello, martello

Resilienti ovvero più felici?

Editoriale tratto da “Far da sé n.466 Ottobre 2016”

Autore: Nicla de Carolis

Confesso che ho sempre utilizzato la parola resiliente solo per definire pavimenti in gomma, PVC, linoleum, moquette oppure quelli di Tartan, posati su piste e pedane, anche detto antitrauma, che grazie alle sue caratteristiche altamente resilienti agevola la prestazione sportiva restituendo la potenza che gli atleti scaricano a terra.

La parola resilienza viene dal latino resilire, ovvero rimbalzare; in fisica la resilienza è la proprietà di un materiale di ritornare alla sua forma originaria dopo aver subito un duro colpo, come ad esempio uno schiacciamento o una deformazione.

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La resilienza è la capacità di un fiore o di una pianta di crescere, vivere e fiorire tra le crepe dell’asfalto.

In senso figurato, però, la parola può essere usata correttamente anche per parlar d’altro; lo stupore però è tanto quando si scopre che la resilienza è un metodo per imparare a essere felici. Il tutto è nato in una scuola elementare in Inghilterra dove quattro fratellini inseriti in classi diverse perdono improvvisamente la mamma; per riuscire a superare questo lutto, che colpisce non solo loro, ma l’intera comunità, la dirigente della scuola decide di farsi aiutare da una psicologa positiva che crea un Happiness Lab (laboratorio della felicità). “Canzoni gioiose, giochi di gratitudine, corsi di autostima, danza liberatoria e meditazione sono gli strumenti per coinvolgere i bambini e spingerli a scaricare le tensioni”. L’ora della felicità viene inserita nel programma scolastico di questa scuola inglese e più nessuno dei bambini vuole rinunciarvi. Dietro tutto ciò c’è un’unica parola chiave, resilienza, ovvero la capacità di imparare a resistere senza uscire “ammaccati”, non dagli urti meccanici, ma dagli urti delle cose negative e dolorose che ciascuno deve immancabilmente affrontare nella vita. Resilienza, dunque, intesa come capacità di rispondere positivamente ai traumi ed è questa la risorsa che il laboratorio inglese, pioniere nell’insegnamento del metodo per essere felici, vuole trasmettere ai più piccoli, sin dai primi anni della scuola, quando tutto si assorbe più facilmente, un metodo per rendere più facile la vita anche da adulti.

Osservando i bambini che si impegnano a realizzare qualcosa nel laboratorio dei genitori o dei nonni vedo nei loro occhi coinvolgimento totale e felicità per la gratificazione di essere riusciti in qualcosa di concreto (guardate che faccino furbo e gioioso ha Emanuele mentre costruisce cavallini per sé e per il fratellino a pagina 54). Quindi, alle cinque cose fondamentali da fare ogni giorno per provare a essere felici, aggiungerei la manualità creativa e credo che molti di voi su questo punto mi daranno ragione. Le altre sono: sorridere, essere gentili, abbracciare, fare dei complimenti sinceri, fidarsi; certo il metodo non è tutto qui, ma si può provare, male di sicuro non fa, anche se nel mondo di oggi comportamenti simili susciterebbero grande stupore.

Convertitore antiruggine Hammerite

Con un solo prodotto bricolage smaltiamo e combattiamo la ruggine per anni

Con Hammerite servono due mani (non troppo tirate) di prodotto per ottenere uno spessore secco finale di 100 micron che assicura il livello massimo di protezione.
Con un solo prodotto (senza dover usare convertitore, minio e smalto) si rende il manufatto assolutamente resistente ai raggi UV ed a tutti gli agenti atmosferici.

Hammerite è disponibile in 3 finiture: liscio-brillante, martellato e ferromicaceo.
Ognuna di esse è proposta in numerose colorazioni che vanno dal nero al giallo, all’oro e ad una vasta sfumatura di grigi.
Con 1 litro di prodotto si tratta una superficie di 8-10 mq.
Hammerite è a basso contenuto di C.O.V., già conforme ai valori europei per il 2010.
Ringhiere, inferriate, corrimano, lampioni, portavasi, sono davvero tanti i manufatti di ferro che richiedono la nostra attenzione per evitare che la ruggine li rovini; in esterno e in ambiente marino il rischio è ancora più forte.

Ma oggi non dobbiamo più ricorrere al ciclo tradizionale che prevede 1 mano di antiruggine e 2 mani di finitura.
Hammerite è uno smalto protettivo decorativo che, applicato direttamente sulla ruggine senza mano di fondo, garantisce eccezionali prestazioni.
Infatti la struttura lamellare di Hammerite crea una perfetta corazza antiruggine che resiste a urti e torsioni, respinge i raggi UV lasciando inalterate le tinte nel tempo, è idrorepellente.
Hammerite si applica rapidamente: la seconda mano può essere già stesa dopo 4 ore e senza limiti di tempo.
Se applicato correttamente, la protezione dalla ruggine è garantita per ben 8 anni.

 

Elogio dell’architetto

Editoriale tratto da “Rifare Casa n.47 Settembre-Ottobre 2016”

Autore: Nicla de Carolis

In passato ho spesso pensato che affidarsi a un architetto nella ristrutturazione di una casa equivalesse a rinunciare alla cosa più bella di questa operazione, ovvero il piacere delle scoperte e delle scelte fatte man mano, per arrivare a un risultato che calzasse a pennello, una casa cucita addosso. Con il tempo mi sono resa conto dell’importanza che un architetto bravo, rispettoso dei desideri dei committenti, ma anche con un carisma tale da far accettare i suoi no, possa avere nello studio di un buon progetto e della sua esecuzione.

Oggi è senz’altro da sfatare lo stereotipo dell’architetto, professionista originale ed estroso, che vuole imporre ai suoi committenti appartamenti che soddisfino solo la sua vena creativa e non tengano conto delle esigenze pratiche, delle abitudini, dei gusti di chi ci andrà ad abitare. Sempre di più oggi gli architetti si allontanano da questo modello e fanno apprezzare le loro competenze e la loro esperienza con progetti che rispondono a canoni estetici e pratici ai massimi livelli.

Innanzi tutto un bravo architetto è sensibile allo stile originario della casa e sarà sempre restio a “radere al suolo” tutto il passato, anche perché, cosa che un occhio profano non sa, riesce a immaginare gli spazi prima che siano finiti.

Inoltre l’architetto cerca sempre di realizzare un progetto organico che tenga conto di tutto, compresi i pezzi di arredamento vecchi che si devono inserire tra le cose nuove, gli spazi, la struttura, l’ubicazione della casa. Capita spesso di vedere case ristrutturate e arredate di fresco che non hanno né capo né coda, si rivelano un’accozzaglia di cose e di scelte che singolarmente sono piaciute ai padroni casa ma che, messe insieme a tutto il resto, creano ambienti disordinati e di cattivo gusto. D’altra parte realizzare bene una casa in stile eclettico (un mix ma ben armonizzato) con i suoi accostamenti di tinte tenui e forti, di pezzi di antiquariato ed elementi essenziali, di mobili vintage ed etnici, è una delle cose più difficili.

L’aiuto che l’architetto dà nella scelta dei materiali è fondamentale: pensate cosa può significare sfogliare solo qualche catalogo di radiatori, mediamente di 300 pagine l’uno, per scegliere quello giusto; stessa cosa per i rubinetti, i sanitari le porte, i pavimenti e via dicendo. L’architetto, grazie alla sua esperienza, dopo aver sentito i vostri gusti e fatto le sue valutazioni di prezzo, tempi di realizzazione, analisi dell’insieme, vi proporrà una piccola selezione di pezzi giusti per decidere senza cadere in confusione e perdere un mucchio di tempo. Ma la cosa indispensabile, compito dell’architetto, oltre a fornire i progetti esecutivi all’impresa, è la soluzione degli intoppi che si verificano immancabilmente in corso d’opera in cantiere, intoppi che, se non gestiti correttamente, possono creare danni in immediato e anche futuri.

La via maestra, dunque, quella da seguire per una ristrutturazione, è quella dettata da un architetto e l’investimento per la sua consulenza (le tariffe variano dal 7 al 10 % sull’importo complessivo della ristrutturazione) sono sicuramente soldi ben spesi.

Come sfruttare lo spazio dietro la porta

Come sfruttare lo spazio che rimane dietro una porta? Con una scaffalatura alta e stretta, con vari ripiani da usare come ripostiglio per il contatore della luce, il telefono fisso e per oggetti di piccole dimensioni.

Dato che il mobile risulta incassato tra le pareti, rivestiamo lo scheletro con una pannellatura solo sulle superfici a vista.
Il mobile è a soffitto, per utilizzare pienamente lo spazio in altezza; quattro montanti che reggono la struttura sono gli elementi portanti. Li realizziamo in legno di abete, quattro listelli da 19×43 mm  lunghi 2520 mm; effettuiamo le giunzioni tra i montanti e le traverse con colla e spine oppure, all’interno, con viti autofilettanti. Tutti i materiali sono reperibili nei centri bricolage.

I RIPIANI
Sono costituiti da fogli di MDF spesso 19 mm da 600×280 mm, tagliati a misura e sagomati negli angoli per essere inseriti a filo dei montanti.
Il primo ripiano, quello che fa da fondo del mobile, viene posato su due traverse laterali che lo alzano da terra di almeno 65 mm. Fissiamo le traverse ai montanti con due viti autofilettanti per ogni montante. Si fissano i ripiani all’altezza desiderata. Una cornice esterna applicata con viti autofilettanti costituisce elemento di rifinitura, che nasconde la testa delle traverse. Gli sportelli sono di vetro smerigliato per far trasparire la luce installata negli scaffali: sono montati con cerniere a molla incassate nello spessore del legno. Ogni sportello è formato da un telaio di legno, assemblato con colla e spine e dotato di una battuta interna in cui inseriamo il vetro; per ottenere la battuta possiamo usare una fresatrice portatile oppure due listelli di diversa sezione, incollati tra loro in modo da formare una L.
Se preferiamo l’accensione automatica dei faretti all’apertura dello sportello è sufficiente predisporre un interruttore a microshift, avvitandolo ad un montante in corrispondenza dello sportello.

RIPIANI SU TRAVERSINE

  1. I ripiani appoggiano sulle traverse.
  2. Anche il primo ripiano risulta sollevato da terra grazie a due traverse laterali.
  3. Le cerniere a molla sono applicate su tacchi di legno solidali con i montanti.

Come rivestire un gradino

Con il lamellare raccordiamo esteticamente, al pavimento in parquet, i dislivelli in cemento o laterizio rivestendo e vediamo come rivestire un gradino

In questo caso, lo scalino della porta che mette in comunicazione il salone col giardino. E´ un lavoro che richiede precisione ed è alla portata di un buon fai da te.

Abbiamo deciso di eliminare moquette o piastrelle, sostituendole con il legno? La stanza ha una porta che dà sul giardino e c’è un piccolo scalino da superare? Rivestirlo, rendendo completo il lavoro, non comporta affatto un gran dispendio di energie: procurato il materiale, tutto si risolve in meno di un’ora di lavoro.

La pedata necessita di una base solida e piana; se la parte superiore del vecchio gradino presenta sporgenze che non riusciamo a eliminare, è meglio farla appoggiare direttamente sull’alzata e sui fianchi. Per gli elementi verticali scegliamo perciò tavole eccedenti il livello esistente di 1-2 mm.
Per la pedata tagliamo un piano che sporga rispetto ai fianchi e all’alzata; a trarne vantaggio è anche l’aspetto estetico del gradino.
La difficoltà sta nel realizzarlo con sistemi di fissaggio invisibili.
Per le parti verticali, conviene fissare un primo rivestimento di multistrato spesso 15 mm, da ancorare con tasselli ad espansione passanti e ricoprire poi il tutto con sottili tavolette impiallacciate applicate con semplice colla.
Le tavolette vanno tagliate di misura; per mascherarne la costa, o le congiungiamo con un taglio a 45°, o nascondiamo il tutto dietro un angolare.
Per quanto riguarda la pedata, è poco conveniente adottare il sistema utilizzato per l’alzata e i fianchi, in quanto l’impiallacciatura è sempre più delicata del massello.
Per mascherare le teste dei tasselli si fa un foro superficiale più largo, da chiudere con un tappino. Materialio e prodotti sono reperibili nei centri bricolage.

STRUTTURA E MASCHERATURA

  1. La pedata di lamellare poggia su alzata e fianchi in multistrato, avvitati con tasselli ad espansione.
  2. Per mascherare la testa dei tasselli di fissaggio della pedata utilizziamo tappini Ø 15 mm, scegliendoli con una venatura simile a quella adiacente.
  3. Per il rivestimento frontale e laterale dello scalino bastano tavolette impiallacciate di modesto spessore, che si fissano con colla a contatto o con silicone.
  4. La finitura trasparente serve anche a proteggere lo scalino, conferendogli una maggiore durata.

Tasselli in kit fischer

La gamma fischer Ready To Fix comprende i tasselli in kit fai da te per fissare pali tende, lampadari e ventilatori, mensole, appliques, sanitari a pavimento, accessori bagno, TV plasma/LCD, pensili, parabola/ringhiere, battiscopa, inferriate, quadri e specchi, scaldabagno.

La nuovissima gamma di kit in busta di fischer è studiata per le più disparate necessità di fissaggio in casa e nelle attività di bricolage.
La gamma è composta da 13 kit assortiti, ognuno dedicato per una specifica applicazione.
Non si può sbagliare: sul frontespizio di ogni busta è stampata con caratteri cubitali l’applicazione cui è dedicata. Immediatamente sotto, da sinistra a destra, il contenuto della busta (numero, tipo e misure dei tasselli, delle viti, della punta da trapano e del bit di avvitatura inclusi), i carichi consigliati per quell’utilizzo, un disegno riferito all’applicazione in questione.
Dentro le buste, il numero di tasselli è limitato a quello che mediamente serve per il fissaggio; quindi minor costo all’acquisto e limitatissime le rimanenze.
Una confezione contenente non solo tasselli e viti calibrati per un utilizzo, ma anche la corretta punta per il trapano ed eventualmente il bit di avvitatura, permette anche ai far da sé occasionali di effettuare un fissaggio a regola d’arte.

MONTARE L´APPLIQUE

  1. Il contenuto della confezione: 6 tasselli UX Ø 6x 35 mm, 6 viti, 1 punta da muro Ø 6 mm, 1 inserto Pozidrive 2.
  2. Posizionando il telaio di un’applique nella corretta posizione sul muro, si marcano i punti da forare; quindi si monta la punta sul trapano e si fora. La percussione del trapano va inserita in presenza di calcestruzzo, mattoni pieni, pietra; disinserita con mattoni forati, cartongesso, calcestruzzo cellulare, ecc.
  3. Meglio soffiare con aria nei fori per rimuovere i residui lasciati dalla foratura, poi si inseriscono tutti i tasselli, portandoli sino a filo muro.
  4. Si mette in posizione il telaio della lampada, si inseriscono le viti in dotazione e si stringono con un avvitatore, montando il bit incluso nella confezione.

MONTARE LO SCALDABAGNO

  1. Il contenuto della confezione: 2 tasselli PF completi di cancani M 10×81, 1 punta da muro Ø 14 mm.
  2. Marcata con precisione la posizione dei fori, posizionando provvisoriamente il telaio dello scaldabagno alla parete, si fora con la punta in dotazione.
  3. Data la dimensione del foro, i residui di foratura vanno rimossi con cura; il tassello deve affondare sino a filo muro. Nel caso opponesse qualche resistenza ci si può aiutare con un martello di gomma.
  4. Si avvitano direttamente I cancani tirandoli a mano sin che è possibile; completare il serraggio con un paio di pinze. Naturalmente il tipo di aggancio richiede di far rimanere i ganci orientati verso l’alto.

Montare una ringhiera con tassello chimico

Quando bisogna fissare qualcosa, come ad esempio montare una ringhiera, ma la muratura non permette l’impiego di tasselli ad espansione, l’ancorante chimico ci permette di superare l’ostacolo in sicurezza.
Per il fissaggio di questa ringhiera alla pavimentazione, lo stretto cordolo di cemento non consente di utilizzare tasselli tradizionali in grado di assicurare una buona tenuta: l’espansione potrebbe provocare un cedimento laterale del cemento, per la vicinanza dei fori al bordo della muratura.L’ancorante chimico, reperibile nei centri bricolage, diventando tutt’uno con il supporto senza necessità di espansione, evita che si verifichi questo inconveniente.
Il diametro della barra filettata che si può utilizzare è 6 mm, pertanto, dovendo lasciare spazio al chimico, occorre un foro da 8 mm, che però si realizza in due tempi, sempre per evitare sgretolamenti.
L’ancorante chimico è un prodotto bicomponente che si miscela durante l’estrusione grazie ad un beccuccio entro il quale si trova una spirale; la prima parte di prodotto che fuoriesce va scartata in quanto non omogenea.
Dopo il riempimento si inserisce la barra ruotandola, affinché la filettatura si impasti di ancorante. L’eccedenza della barra si taglia a fissaggio stabilizzato.
La ringhiera da montare è realizzata, in perfetto stile fai da te, interamente con materiale di recupero: tubolare in ferro da 25 mm per la struttura, ferro piatto 3×20 mm per il reticolo principale, volute recuperate da altre ringhiere e tondino da 12 mm. I decori sono ricavati da forme in plastica lavorate, forate ed inserite a pressione sui tondini, le sfere sono palline da golf colorate. Dovendo acquistare qualcosa i centri bricolage hanno tutto ciò che ci occorre.

RAPIDI E PRECISI

  1. Si posiziona la ringhiera da montare perpendicolare al muro per tracciare i punti di ancoraggio.
  2. Si riportano i fori di fissaggio a terra mantenendo le piastre al centro del cordolo in cemento.
  3. Con la guida di profondità montata sul trapano si fora prima con una punta da 6 mm, poi da 8 mm.
  4. Per una buona presa dell’ancorante bisogna ripulire i fori eliminando la polvere con l’aspiratore.
  5. Si inserisce l’ancorante chimico e le barre filettate e, prima che l´ancorante faccia presa, si calza la ringhiera.
  6. Ad indurimento avvenuto si può procedere ad inserire rondelle e dadi serrando a fondo.

UTENSILI
Metro, staggia, livella, trapano, tassello, chiave, barra filettata

protezione della ringhiera