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Legno, naturalmente re dell’innovativa economia circolare

Editoriale tratto da “Far da sé n.461 Maggio 2016”

Autore: Nicla de Carolis

Negli ultimi 60 anni siamo andati avanti, innegabilmente progredendo, secondo un modello di economia lineare ovvero produzione di un bene, utilizzo e abbandono dello stesso; un modello che potrebbe funzionare solo se le risorse fossero infinite e a basso costo di smaltimento. Ormai è chiaro che questo modo di agire, oltre a essere insostenibile, sta originando un danno rilevante al nostro pianeta che si rifletterà soprattutto sul futuro di chi ci seguirà. Quindi è già un po’ che si auspica un’evoluzione dell’economia da lineare a circolare. L’economia circolare, con i suoi capisaldi di riuso, riciclo, recupero di materia e di energia, quindi abbandono di alcune pratiche incivili tipiche del consumismo selvaggio, oltre a essere un valore aggiunto per l’ambiente, dà nuove opportunità di crescita, di lavoro e possibilità di risparmio per le imprese. Sembra un ritorno al modello deriso della passata vita contadina, non supportato da studi di economisti, ma solo dal buon senso delle persone, esempio perfetto di economia circolare, dove nulla si sprecava e tutto veniva recuperato; modello che, arricchito dalle innovazioni tecnologiche di oggi, porterebbe addirittura a “catturare” e riutizzare il biogas che emettono gli animali … sic, una della prime forme di inquinamento dell’aria, trasformandolo in metano! Il discorso dell’economia circolare ci offre lo spunto per parlare di un materiale amato perché bello, duttile, naturale e alla base della maggior parte dei progetti dei far da sé, ovvero il legno. Pensiamo a un mobile fatto di legno massello, bello o brutto che sia: difficilmente si penserebbe di portarlo alla discarica, come minimo si cercherebbe di smontarlo e di riutilizzare le tavole oppure di modificarlo e decorarlo per adeguarlo alle nuove esigenze e, in ultimissima analisi, si potrebbe bruciare per scaldarsi. Ma la cosa più interessante, emersa in maniera chiara da un video realizzato in Austria, è il convincente esempio di economia circolare legata al legno che genera risultati soprendenti in termini sia economici sia di sostenibilità. Il principio di partenza è quello di oltre 300 anni fa: l’utilizzo a lungo termine delle foreste si può realizzare solo se il volume del legno tagliato non supera quello del legno in accrescimento, quindi tante piante si tagliano e altrettante si piantano. Del tronco, oltre alle tavole dritte, alle parti destinate all’industria del pannelli e della carta o alla produzione di combustibile per riscaldamento, ci sono ancora scarti che vengono utilizzati per produrre energia: cippato, pellet. Nel filmato si dice (e non c’è motivo di non crederci vista la serietà degli Austriaci) che una casa costruita e arredata in legno si può riscaldare con gli scarti prodotti nella fase costruttiva per ben 70 anni, così la casa nell’arco del suo ciclo di vita limita le emissioni di CO2 in quantità pari a quella che emette un’auto in 50 anni! Incredibili anche i rapporti che emergono dall’analisi dei consumi per il riscaldamento di una cittadina austriaca tra utilizzo di combustibili derivati dal legno e prodotti petroliferi, in termini di maggiori posti di lavoro sul territorio (31 contro 4) e di minor spesa (1 milione di euro contro 7). Insomma, una scoperta davvero entusiasmante che, vedendo il filmato, potrete approfondire nei dettagli, un motivo in più per apprezzare e valorizzare il legno, materiale che ha tutti i requisiti per entrare a pieno diritto in un modello di innovativa economia circolare.

Dai campi fiori belli e gustosi

Editoriale tratto da “In giardino n.55 Aprile-Maggio 2016”

Autore: Nicla de Carolis

Utilizzare i petali dei fiori in cucina è una tendenza che sta prendendo piede ed è proposta anche dai cuochi più quotati che vogliono sempre stupire. Ma l’uso dei fiori edibili, ne esistono circa 50 specie differenti, viene da lontano: i Romani decoravano i loro piatti con violette e petali di rosa e insaporivano carni e insalate con un’originale “vinaigrette” preparata con calendula e aceto; l’imperatore Carlo Magno consumava vino aromatizzato al garofano; i Celti mescolavano al vino la borragine per infondere coraggio ai guerrieri. Nel manuale del cuoco romano Apicio una curiosa ricetta: “prendere delle rose e sfogliarle. Togliere il bianco dei petali, gettarlo in un mortaio, bagnarlo con salsa di pesce e manipolare. Poi aggiungere salsa di pesce e colare il sugo. Prendere quattro cervella. Togliere loro i nervi e tritare il pepe. Bagnare con il sugo e manipolare. Poi rompere otto uova; unire vino passito e un po’ di olio. Quindi ungere bene il tegame, metterlo sulla cenere calda e gettarvi sopra il composto suddetto. Quando sia cotto cospargere di pepe in polvere e servire”… divertente, anche se c’è da dubitare che con tutti questi ingredienti, e dopo tutte queste operazioni, si potesse ancora percepire la fragranza e la delicatezza dei petali di rosa. Un fiore particolarmente raffinato, profumato, bello e buono da mangiare candito o, meglio, cristallizzato, è la violetta spontanea di cui una delle principali estimatrici fu Maria Luigia d’Austria, moglie di Napoleone e Granduchessa di Parma (che governò con saggezza, diffondendo la passione per il bello dal 1814 al 1847) che ne amava l’essenza, la forma e il gusto. Da allora questo fiore identifica la duchessa, come identifica la città di Parma stessa. Per la preparazione di questo prelibato e bellissimo dolcetto, che è in sé piuttosto semplice, l’importante è raccogliere nei prati fiori freschi (in primavera, ma per un periodo molto limitato) con petali robusti, preferibilmente nelle prime ore del mattino, ai quali si taglia il gambo a circa un centimetro dal fiore. Le violette candite sono una guarnizione molto ricercata per ogni tipo di torta, dessert e per un regalo esclusivo se messe in una scatoletta. Ma si possono cristallizzare anche i petali di rose, primule, bocche di leone, mammole, pansè, borragini, glicine, malva, lavanda, nasturzi, begonie, gerani, dalie, sambuco, magnolia, trifoglio, lillà, zagare. Tante sono ancora le ricette con fiori buoni da mangiare che troverete da pagina 12 per sbizzarrirvi prima nei campi (e mi raccomando, nei campi, non dal fioraio, potrebbero essere tossici!) a raccoglierli e poi in cucina a creare piatti che appaghino l’occhio e il palato.

Come l’ascensore ha cambiato l’architettura

Editoriale tratto da “Rifare Casa n.44 Marzo-Aprile 2016”

Autore: Nicla de Carolis

Già Vitruvio, padre dell’architettura del I secolo a.C. parla di sistemi per sollevare da un piano all’altro cose e persone realizzati da Archimede di Siracusa. Esempi di rudimentali ascensori sono quelli che esistevano nel Foro romano, coprivano 4 metri di corsa e venivano mossi, ciascuno, da un argano ad asse verticale azionato da quattro uomini. Anche nel Colosseo, per sollevare al piano dell’arena i gladiatori, gli animali e le apparecchiature sceniche per gli spettacoli, erano stati costruiti ben 32 montacarichi. Nel XVIII secolo, alla reggia di Versailles, Luigi XV, per consentire le mosse furtive dell’amante, la Duchessa di Chateauroux, nel suo appartamento fece realizzare una “sedia volante”. Anche in Russia, a San Pietroburgo nel mitico Ermitage, nel XVIII secolo, fu installato uno speciale divano elevatore per due persone che funzionò fino a quando il meccanismo all’improvviso si bloccò e la poltrona rimase sospesa tra i piani con i familiari dell’imperatore Paolo I a bordo. Per farli scendere si dovette ricorrere a una scala appoggiata al balcone e fu così che l’elevatore fu distrutto. Nel corso dei secoli si sono studiati e sviluppati i sistemi più disparati, ma la storia dell’ascensore, modernamente inteso, inizia nell’800 con l’applicazione a esso di motori a vapore o idraulici per poi passare a quelli elettrici. Inizialmente, con lo sviluppo di stabilimenti industriali su più piani, si erano andati diffondendo dei montacarichi che avevano requisiti simili ai moderni elevatori. Ma l’evento più significativo si ebbe nel 1854 quando Elisha Otis, imprenditore americano, brevettò il primo ascensore dotato di un dispositivo automatico di sicurezza, in grado di bloccare la cabina nel caso di rottura della fune di sollevamento. Nel 1857, sempre a New York, fu inaugurato il primo ascensore per trasporto di persone. A metà dell’800, l’improvviso aumento di concentrazione degli abitanti nei grandi agglomerati urbani della costa orientale degli USA determinò un’impennata dei costi dei terreni edificabili e vi fu quindi la necessità di realizzare costruzioni sempre più alte. Tutto ciò rese gli ascensori indispensabili e determinò un cambio radicale dell’architettura cittadina, basti pensare all’affascinante Skyline di Manhattan e alle case basse in mattoni rossi tipiche di certe zone vecchie della città. Senza l’ascensore non potrebbero esistere le città moderne, sarebbero megalopoli in continuo sviluppo orizzontale, con tutto ciò che questo comporterebbe in termini di spostamenti. In Italia i condomini nuovi hanno ovviamente tutti l’ascensore, ma c’è ancora una realtà di belle case d’epoca che ne sono sprovviste e hanno poco spazio per installarlo; da pagina 30 abbiamo analizzato le più innovative soluzioni speciali su misura in grado di soddisfare tutte le esigenze.

Una sana dipendenza

Editoriale tratto da “Far da sé n.460 di Aprile 2016”

Autore: Nicla de Carolis

Caterina II la Grande, imperatrice della Russia dal 1762 al 1796, fu un personaggio controverso; la Zarina aveva notevoli capacità intellettuali e di governo, era aperta nei confronti della cultura, in particolare della neonata illuminista e fece importanti riforme che lasciarono però le condizioni dei più poveri sempre sottoposte alla prepotenza dei nobili e dei ricchi; nonostante ciò dopo 34 anni di regno, alla sua morte, il popolo la pianse. Parallelamente a questa monarchia illuminata i suoi comportamenti nell’ambito familiare furono, a dir poco, disdicevoli; sorvolando sulla schiera di amanti, forse giustificabili visto che il matrimonio non fu consumato per impossibilità da parte del marito, tre dei quali padri dei suoi figli, il primo, il Granduca Paolo, destinato alla successione al trono, concepito con un cortigiano, la Zarina fu la promotrice della congiura per detronizzare, arrestare quindi uccidere il marito, lo Zar Pietro III, uomo peraltro dedito a tutti i vizi e indegno del suo rango, di cui prese il posto per governare. La Zarina era quindi una persona molto intraprendente, ma anche piena di interessi. E qui arriviamo a un lato originale e condivisibile del suo carattere, soprattutto per una donna e di quei tempi. “Costruire dà quasi dipendenza, come l’alcool…” diceva l’imperatrice di Russia. Infatti l’architettura in Russia, dopo la sua ascesa al trono, si sviluppò in maniera importante in numerose città, prima fra tutte San Pietroburgo che durante il regno di Caterina II si trasformò in una moderna capitale. La Zarina volle arricchire e abbellire San Pietroburgo continuando l’opera di Pietro il Grande (questo omone – alto 2 metri – oltre alla passione per edificare aveva quella di lavorare il legno che gli valeva il soprannome di Zar carpentiere… una famiglia davvero amante del fare!) lo Zar che ai primi del 1700 ne fece iniziare i lavori avendo già la visione di una città vera e propria, bella e imponente, nonostante la zona disabitata e paludosa scelta. L’esigenza di ampliare edifici esistenti e costruirne di nuovi fu dettata anche dalla passione di Caterina per l’arte, perché divenne in breve la più grande collezionista del suo tempo. Fu così che prese forma un museo, detto l’Hermitage, oggi il più grande Museo del mondo, con 2 milioni e 800mila opere in mostra. Questo solo per citare l’esempio più importante, frutto della mania del mattone della monarca. La dipendenza per il costruire di Caterina ha prodotto quindi cose che ci lasciano senza fiato, destinate a stupire ancora generazioni e generazioni. E questa dipendenza sembra molto simile a quella del far da sé che non può stare senza realizzare il mobile che serve in casa, senza riparare ciò che non funziona, migliorare e abbellire ciò che lo circonda ed è anche lui vittima della sana dipendenza per il fare.

Come trattare gli arredi e pavimenti esterni in legno

Riprende a pieno ritmo l’utilizzo degli spazi esterni: è il momento di mettere mano agli arredi e ai complementi in legno per giardino

Sebbene gli arredi in legno siano ricoverati in luoghi riparati durante l’inverno, si trovano spesso le superfici ingrigite oppure intaccate da muschi o altri vegetativi, per bene che vada sono ricoperte da un deposito di sporcizia che non è facile rimuovere senza infliggere ulteriori colorazioni all’essenza. Tutto ciò rende estremamente sgradevole il loro utilizzo. Per ovviare per quanto possibile a questi problemi i manufatti di legno vengono trattati al momento della costruzione; in seguito dipende da noi riprendere la manutenzione con cure ricorrenti, la cui frequenza dipendente anche dalla qualità dei prodotti utilizzati. Oltre ai protettivi per legno in senso stretto, esiste una categoria di prodotti studiati appositamente per risanare del tutto le superfici quando queste abbiano già subito l’azione degli agenti atmosferici; per rientrare in questa categoria i prodotti devono possedere qualità elettive per svolgere un’azione specifica: ora detergere il legno senza effetti collaterali, ora eliminare lo strato ingrigito del supporto, ora rimuovere muschio e strati vegetativi, in tutti i casi riportando la superficie alla sua originale colorazione e bellezza.

Per meglio orientarsi in queste attività, consigliamo di leggere le approfondite Guide fai da te Koppa, in particolar modo quelle dedicate a:

All’interno di queste guide fai da te Koppa possiamo trovare, illustrati nei minimi dettagli, tutti i consigli per trattare il legno in esterno come dei veri professionisti. L’indicazione chiara dei prodotti da utilizzare e i video illustrativi rappresentano un forte valore aggiunto per l’utente.

I video, in modo particolare, sono chiari e ben illustrati, li riportiamo di seguito:

Come rinnovare la terrazza in legno con prodotti GORI

Come rinnovare e schiarire la terrazza in legno con prodotti GORI

Come oliare la terrazza in legno con prodotti BONDEX

Come oliare i mobili da giardino in legno

PER INFORMAZIONI
Koppa srl
Via Innsbruck 29D
I – 39100 Bolzano
Tel: 0471/506798
E-Mail: info@koppa.it
sito www.koppa.it
A disposizione da lunedì a venerdì (8.00 – 12.00 e 14.00 – 18.00)

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Lampada fioriera fai da te

Le lampade del giardino sono inglobate in strutture traslucide che sorreggono vasi di fiori

Le lampade del giardino possono diventare l’anima di spettacolari fioriere luminescenti, creando un oggetto che potremmo definire lampada fioriera. La chiave di tutto sta nell’intelligente utilizzo del “vetro artificiale”, il crilex, metacrilato di metile o plexiglas (si scrive con una s non con due!) che dir si voglia. Si tratta, infatti, di realizzare dei prismi con questo materiale, privi delle due facce minori, da appoggiare al terreno inglobando le lampade a fungo dell’impianto. Questi elementi sono forniti, al loro interno e in prossimità dell’apertura superiore, di un quadrato in listelli da 40×40 mm d sezione che funge da appoggio per un vaso (meglio quadrato, ma va bene anche rotondo). La luce della lampada fioriera fai da te attraversa il crilex e crea, nell’oscurità, un interessante effetto visivo, oltre a svolgere la sua naturale funzione di illuminare il giardino.

I prismi sono assemblati con colla cianoacrilica che ha un ottima presa sul vetro artificiale e sono rinforzati, internamente, da triangoli incollati negli angoli. All’esterno, in corrispondenza dei listelli che sorreggono il vaso, sono applicate quattro piattine in alluminio, fissate ai listelli con viti distanziate dal corpo della lampada fioriera con alcuni spezzoni di tubetto. Il compito delle piattine non è solo ornamentale, in quanto servono anche come impugnature quando le fiorire devono essere spostate.

Come progettare una lampada fioriera fai da te

lampada fioriera fai da te 7

Assemblaggio con colla

lampada fioriera fai da te 2

  1. dopo aver tagliato a misura il plexiglass tutti pezzi ed aver carteggiato i bordi, stendiamo un cordone di adesivo cianoacrilico lungo il bordo del primo pezzo da incollare.
  2. l’incollaggio va messo in morsa utilizzando alcuni cunei di legno e mantenendo i pezzi in perfetta squadra.
  3. utilizzando un listello ben squadrato si procede incollando i quattro spigoli della struttura.
  4. all’interno degli angoli si incollano i rinforzi triangolari, uno in alto ed uno in basso.

La cornice in alluminio

lampada fioriera fai da te 3

  1. tagliamo la piattina di alluminio che verrà montata sulla struttura in crilex. La lunghezza è uguale a quella della larghezza delle facce. Il taglio si esegue utilizzando una guida tagliacornici.
  2. su ogni piattina pratichiamo 5 fori ø 4 mm. Quindi, utilizzando una fresa conica, svasiamo i fori in modo che le teste delle viti affondino fino a filo della superficie.
  3. con carta abrasiva asportiamo eventuali asperità provocate dalla foratura o dalla svasatura dell’alluminio.
  4. utilizziamo le piattine come dime per marcare e forare le pareti della struttura. Un listello di legno bloccato con morsetti garantisce la precisione del lavoro.

Montaggio con distanziali

lampada fioriera fai da te 4

lampada fioriera fai da te 6

  1. in corrispondenza dei fori incolliamo sulle facce interne della struttura quattro listelli 40×40 mm la cui funzione è quella di ricevere le viti che sostengono la piattina in alluminio diventando, al contempo, elementi di irrigidimento della struttura e base d’appoggio per i vasi.
  2. nei listelli vanno creati i fori di invito per le viti. Per farli inseriamo una punta ø 2 mm attraverso i fori precedentemente praticati nel crilex.
  3. utilizzando la guida tagliacornici, tagliamo degli spezzoni di tubo di alluminio ø 15 mm lunghi 25 mm.
  4. montiamo le quattro piattine interponendo i distanziali a tubetto ed affondando le viti nei listelli interni.

La luce a palla

lampada fioriera fai da te 5

All’interno dei prismi in crilex alloggiamo una lampada a palla di tipo per esterno (quindi sigllata), dotata di un basso supporto. Questo tipo di corpo illuminante è il più adatto a diffondere la luce uniformemente in modo che tutta la struttura che circonda la palla venga illuminata adeguatamente.

Cesto portabiancheria fai da te

Riponiamo i nostri vestiti sporchi in un cesto portabiancheria fai da te più “attraente”

Riporre i panni sporchi in un cesto portabiancheria fai da te, prima del lavaggio in lavatrice, è pratico e igienico. Nella maggior parte dei casi si utilizzano cesti portabiancheria in plastica o vimini che sono economici, ma anche anonimi da un punto di vista estetico. Vediamo allora come rendere più gradevole alla vista il nostro cestone rivestendolo con una elegante struttura che ne migliora la funzionalità. Si tratta di realizzare un contenitore in legno, dotato di coperchio e con pareti in grigliato di striscioline di legno, che possiamo lasciare “libere” oppure chiudere sul retro con pannelli bianchi di faesite. Sotto la base si montano quattro ruotine che consentono di muovere il contenitore con facilità anche quando il cestone è pieno di indumenti. Il telaio va assemblato tramite spinatura, viti e colla vinilica, mentre il grigliato si compone intrecciando stecche per tende alla veneziana che si bloccano per avvitatura ai montanti del telaio. Volendo possiamo rendere non visibile il Cesto portabiancheria avvitando i pannelli di faesite all’interno delle pareti. Il telaio in legno va quindi trattato con primer e con smalto, mentre il coperchio va dotato di cerniere ad alette e di maniglia per l’apertura e la chiusura.

Cosa serve per costruire un cesto portabiancheria:

  • listelli sez.15×43 mm: 8 lunghi 620 mm (A); 4 lunghi 394 mm (B);  4 lunghi 364 mm (C)
  • 1 listello sez. 12×28 mm lungo 480 mm (D);
  • 1 pannello di multistrato spesso 6 mm da 480×480 mm(E);
  • 1 pannello di multistrato spesso 15 mm da 450×450 mm (F);
  • Stecche di tenda veneziana: 40 lunghe 590 mm (verticali) e 44 lunghe 440 mm (orizzontali);
  • 4 ruote piroettanti ø 50 mm con attacco a piastra;
  • viti autofilettanti,
  • spine ø 6 mm;
  • 2 cerniere ad alette 30×60 mm;
  • colla vinilica;
  • primer e smalto
Cesto portabiancheria 3
Il disegno “esploso” mette in evidenza come dev’essere realizzato il telaio, le cui dimensioni possono essere modificate in funzione di quelle del cestone per la biancheria.

 

Costruzione del telaio per il cesto portabiancheria fai da te

Cesto portabiancheria 2

  1. Il telaio viene assemblato mediante spinatura, viti e fissaggio con colla vinilica. Durante le operazioni di montaggio blocchiamo i listelli utilizzando alcuni morsetti.
  2. Utilizziamo spine di legno e viti anche per l’assemblaggio finale delle quattro pareti del telaio. Infine fissiamo quattro ruote piroettanti sotto il pannello di fondo.

Come realizzare il pannello grigliato

Cesto portabiancheria 4

  1. aiutiamoci con  morsetti ed un listello di legno per bloccare le stecche da veneziana, in modo da poterle intrecciare con facilità e realizzare il grigliato.
  2. fissiamo i quattro grigliati ai telaio mediante viti autofilettanti. Utilizziamo l’avvitatore a batteria.
SONGMICS Cesto Portabiancheria, 100 L, Cesta per il Bucato a 2 Scomparti, in Bambù, Coperchio e Maniglie, Pieghevole, Sacchetto Estraibile e Lavabile, Lavanderia, Camera da Letto, Naturale LCB64Y
  • [Coperchio e ampie stecche di bambù] Il coperchio del portabiancheria può essere aperto con una sola mano per evitare gli odori del bucato e per isolare dalla polvere; le doghe in bambù larghe 17 mm sono resistenti e stabili con un carico massimo di 25 kg
  • [Grande capacità di 100 L e 2 scomparti] Il portabiancheria ha una capacità di 100 L e può contenere il bucato di una settimana per tutta la famiglia; i 2 scomparti possono suddividere la biancheria chiara e scura per facilitare il lavaggio e la conservazione
  • [Sacco rimovibile e lavabile in lavatrice] Il sacco interno in poliestere e cotone da 160 g/㎡ è morbido e traspirante, ideale per i capi sporchi, ed è rimovibile per un facile lavaggio in lavatrice, pulito e igienico
  • [Facile da spostare] Il cesto per la biancheria è dotato di manici in corda di cotone su entrambi i lati, in modo da poterlo trasportare facilmente dalla camera da letto alla lavanderia per facilitare il bucato
  • [Pieghevole e facile da montare] Il cesto per il bucato è semplice e facile da assemblare, con istruzioni illustrate; ripiegalo quando non lo utilizzi o quando lo sposti per risparmiare spazio
Dea Home Z439M008 Cesta Portabiancheria Rattan, 60 L, 42x33x58, Bianco
  • Portabiancheria con coperchio
  • Disponibile in 4 diversi colori. Decorazione simil-rattan. Capacità 60L. Resistente a basse temperature
  • Dimensioni cm 42x33x58 altezza