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Stampo per torrone fai da te | Guida passo-passo + Ricetta

Uno stampo per torrone fai da te è costituito da un reticolo di listelli in cui colare l’impasto per ottenere 30 barrette di ottimo torrone fatto in casa: servono incastri robusti per poter rigirare lo stampo, batterlo ed estrarre le barrette una volta pronte

La vicina di casa del nostro lettore Adriano Albanese, Antonella, fa uno squisito torrone casalingo; qualche tempo fa ha espresso il desiderio di avere uno stampo per torrone fai da te che le permettesse di ottenere un gran numero di barrette calibrate in breve tempo e ha chiesto aiuto al nostro lettore che, assaggiata tale delizia, non ha potuto tirarsi indietro. Nelle foto che ci ha inviato illustra non solo la costruzione dello stampo per torrone fai da te, ma anche il “collaudo”. Lo stampo per torrone presenta 30 celle disposte su 3 file, ciascuna cella misura 150x50x20 mm. Per contenere gli ingombri si fissa la larghezza dei listelli a 16 mm, per cui lo stampo finito misura, con una tolleranza di 1-2 mm, 676×514 mm. Nell’utilizzo c’è però un aspetto da non sottovalutare: quando l’impasto del torrone colato nello stampo si è rappreso, bisogna capovolgerlo per estrarre le barrette e l’insieme ha un certo peso. Per questo Adriano ha voluto ricorrere a incastri robusti e affidabili come quelli a coda di rondine lungo il perimetro e a mezzo legno per la parte interna; due grandi impugnature laterali completano questa semplice (ma non facile) struttura.

Disegno stampo per torrone fai da te

telaio per torrone casalingo

Come costruire uno stampo per torrone

costruzione telaio di legno

  1. Si parte da una tavola di abete piallata da 4 metri, sezione 100×22 mm; da questa, sezionata con la sega circolare, si ottengono tutti i listelli necessari con larghezze 16 e 50 mm.
  2. Le estremità dei listelli che compongono il reticolo interno vanno sagomate per ottenere giunzioni a coda di rondine; di conseguenza, sui listelli della cornice devono essere aperte le sedi con la stessa forma. Tenone e mortasa sono realizzati a tutt’altezza, ma la profondità dei tenoni dev’essere pari a metà spessore dei listelli che compongono la cornice.
  3. Le due “pareti” dell’incastro si tagliano a filo interno della tracciatura con una sega a pettine, incidendo il legno fin quasi alla linea di fondo.
  4. Il distacco del pezzo si completa con uno scalpello affilato, anche in questo caso mantenendo la lama un poco all’interno della tracciatura.
  5. Come si vede, il reticolo interno è composto con incastri a mezzo legno del tipo a croce; si notano alle estremità i tenoni appena descritti che si inseriscono nelle mortase corrispondenti sui listelli perimetrali. Questi, a loro volta, sono uniti con ulteriori tenoni e mortase a coda di rondine ricavati alle loro estremità e ortogonali rispetto a quelli del reticolo. In questa fase si realizza, pezzo per pezzo, un montaggio in bianco per rifinire con raspa e carta vetrata ogni singolo incastro, badando che risulti preciso: essendo un lavoro eseguito esclusivamente con attrezzi manuali, è apprezzabile la pazienza e la precisione che portano al risultato finale.
  6. Quando ogni pezzo combacia, si procede con l’assemblaggio con abbondante colla vinilica 
  7. si mette in morsa.
  8. Al centro dei lati corti dello stampo si fissano due impugnature a forma di mezzaluna spesse 50 mm che assicurano una presa sicura dello stampo al momento di capovolgerlo per estrarre le barrette di torrone.

Ricetta torrone fatto in casa

ingredienti torrone fatto in caso

torrone fatto in casa

Ingredienti per fare il torrone in casa:

  • 650 g mandorle sgusciate (o nocciole)
  • 300 g di miele
  • 300 g di zucchero
  • 200 g di scorzette miste (o 50 g di pistacchi pelati)
  • 2 limoni
  • 3 albumi
  • 1 bustina di vaniglina
  • 1 confezione di ostia (reperibile nelle farmacie e nelle pasticcerie)

In una pentola piena per 3/4 di acqua, posta sul fuoco, si pone una seconda pentola con il miele, che va fatto cuocere così per circa 90 minuti, mescolando spesso. Quando è pronto, si mette sul fuoco un’altra pentola con lo zucchero e 100 g di acqua, quindi si fa sciogliere. Le mandorle, ripulite dalle pellicine, vanno scaldate leggermente in forno; si montano gli albumi a neve e si uniscono al miele mescolando bene per 5 minuti, sempre a bagnomaria; si aggiunge lo sciroppo di zucchero senza smettere di mescolare. Dopo qualche minuto il composto inizia a indurire: finché è ancora elastico si aggiungono le mandorle, poi le scorzette di limone e la vaniglina, continuando a mescolare. Il composto va rovesciato nello stampo per torrone, preparato in precedenza con l’ostia sul fondo; gli stampi in metallo vanno unti con pochissimo olio di mandorle. Si livella col dorso di un cucchiaio e si ricopre con un altro strato di ostia, poi si pone sopra una tavola più grande dello stampo e, su questa, un peso. Dopo mezz’ora si può estrarre il torrone. La durezza finale dipende molto dal tempo di cottura del miele: se si preferisce un torrone “morbido” basta dimezzare il tempo di cottura.

I bravi nei lavori manuali saranno la nuova élite?

Editoriale tratto da “Almanacco Far da sé n.459 di Marzo 2016”

Autore: Nicla de Carolis

Le World Skills sono le Olimpiadi mondiali dei mestieri (poco note in Italia) che si svolgono ogni due anni in nazioni diverse e mettono in competizione i migliori giovani artigiani, di età inferiore ai 23 anni, che hanno superato varie eliminatorie. Le specializzazioni vanno dal giardiniere al pasticcere, al falegname, al parrucchiere, ai mestieri più nuovi come quelli legati alla meccatronica. La competizione è nata nel 1950 da un’idea dello spagnolo Anthony Elola Olasoc che per primo, nel 1946, fece un concorso analogo nella sua nazione che ebbe molto successo. Il prossimo appuntamento sarà ad Abu Dhabi-Emirati Arabi nell’ottobre 2017 e sembra che anche qualche regione dell’Italia si stia muovendo per parteciparvi; sì, perché l’importante competizione è stata a lungo snobbata dall’Italia, assente come nazione dal 1959, rappresentata solo dal Sudtirolo, con la provincia di Bolzano (provincia che più volte abbiamo citato come esempio per i suoi bei laboratori di cui tutte le scuole pubbliche sono dotate e per il giusto peso che riconosce ai lavori manuali nella formazione dei giovani). Questo a ulteriore conferma del disprezzo per la cultura manuale che negli ultimi 60 anni ha dominato in Italia. Le scuole tecniche e professionali sono considerate di serie B o C, questo nonostante siano sotto gli occhi di tutti il fenomeno degli studenti sovraqualificati senza lavoro e la difficoltà delle imprese artigiane a reperire giovani che vogliano imparare un mestiere. Per genitori e figli sarà ancora lunga la strada per superare il cliché che giacca e cravatta dietro al computer fa figo mentre tuta e cassetta degli attrezzi fa sfigato. Dal nostro pulpito di fondamentalisti amanti viscerali della manualità, qualità sempre unita a un’intelligenza agile e vivace, e consapevoli delle gratificazioni che con essa si raggiungono, notiamo in alcuni politici e intellettuali la voglia di tornare a dar valore, almeno a parole, alle attività manuali. Segnali di questo tipo arrivano più forti da altre nazioni dove addirittura il presidente degli Stati Uniti, Obama, sollevando un vespaio che lo costrinse a precisare pubblicamente il senso della sua affermazione, disse: “I ragazzi dovrebbero imparare i lavori manuali, vanno incoraggiati in questa direzione, perché pagano bene e spesso sono più utili di una laurea in storia dell’arte”. In Francia, poi, il giornalista Julien Millanvoye, nella sua indagine sui lavori manuali oggi, che racconta nel libro “J’ai un métier” (Globe), arriva alla conclusione che idraulico, falegname, pasticcere ecc. saranno la nuova élite. La nostra speranza è che l’Italia decida di partecipare alle prossime Olimpiadi Mondiali dei mestieri in maniera forte, porti a casa dei buoni risultati, la cui eco contribuisca a creare idoli-bravi artigiani che diventino nuovi modelli culturali da imitare.

Dal sogno di Capri al giardino Prêt-à-porter

Editoriale tratto da “Almanacco In giardino n.54 di Febbraio-Marzo 2016”

Autore: Nicla de Carolis

Per chi abita al Nord, non vicino ai laghi che creano microclimi speciali, i giardini mediterranei sono sempre uno stupore: la varietà di piante che in essi prospera è grande, colorata, rigogliosa e sembra cresca spontanea, senza bisogno di particolari cure e attenzioni. Oleandri, pitosfori, mirti, pale di fichi d’india, gelsomini, bougainville, palme, corbezzoli, agrumi, tamerici, pini marittimi e poi le miracolose varietà di piante grasse, infestanti e striscianti, punteggiate di fiorellini colorati che creano, anche per le strade, cuscini bombati e perfetti: insomma un godere quando si è sul posto ma anche un’invidia! Sensazioni bellissime per la vista e per l’olfatto lasciano le passeggiate nell’isola di Capri, uno dei posti che meglio rappresenta questa realtà di prorompente vegetazione mediterranea. Si rimane rapiti, soprattuto la sera, dai profumi intensi di fiori e piante, primo fra tutti quello della bella di notte, così chiamata perché sprigiona la sua fragranza all’imbrunire: i fiori si schiudono al calar del sole e si chiudono all’alba al fine di attirare gli impollinatori notturni. La sua fioritura abbondante e continua rinnova lo spettacolo per tutte le sere d’estate, da giugno a settembre. Ma se lo scenario non è proprio quello da favola che si può trovare nelle regioni del Sud o di una parte del centro Italia e si è quindi limitati anche nella scelta delle piante per via del clima e per di più si dispone solo di un terrazzo in città, non ci si deve scoraggiare: il progetto studiato dal garden designer Carlo Contesso, professore del corso di design all’Accademia delle Belle Arti di Perugia, propone una soluzione per avere un giardino… anche se si ha solo un terrazzo. Si tratta di quattro giardini definiti “prêt-à-porter” e pensati in relazione alle esposizioni Nord, Sud, Est e Ovest, agli stili, con consigli sulle piante da scegliere e sul come posizionarle. Nella terrazza con esposizione Est, ad esempio, “sono consigliabili fiori bianchi, ortensie, gardenie e annuali; un limone a spalliera e piante dal fogliame verde-verde/giallo come nephrolepis cordata (è una felce), filodendro e poi vasi in terracotta fatti a mano, decorati con festoni con un pavimento chiaro color travertino…”. Lavoro originale, quello del professor Contesso, che può essere utile a soddisfare l’aspirazione molto comune di tanti che vivono in città e vedono una terrazza con un po’ di verde, sia pur con l’inevitabile scarsa vivibilità causata dal troppo caldo, dai rumori e dallo smog, come un miraggio. Sicuramente non ci si potrà inebriare di colori e di profumi come passeggiando per Capri, ma si sa, nella vita non si può avere tutto!

Cocooning: primo passo isolare

Editoriale tratto da “Rifare Casa n.43 di Gennaio-Febbraio 2016”

Autore: Nicla de Carolis

Il cocooning (letteralmente proteggere come in un bozzolo) è la tendenza a trasformare la propria abitazione in un ambiente rilassante, confortevole e protettivo, concentrandovi la maggior parte delle attività del tempo libero: vivere di più in casa rispetto al passato recente, anche grazie o forse a causa delle nuove tecnologie, che consentono di fare da casa lo shopping, le operazioni bancarie, le attività di intrattenimento, per non parlare della possibilità di socializzare sui social, appunto. “Le persone di oggi, circondate da un mondo virtuale, quando chiedono di realizzare un progetto di casa, vogliono un progetto sensibile che tenga conto delle esigenze emotive e introduca elementi umani, di memoria, arredi di recupero che ricordino le proprie radici, la propria storia. Un progetto che inserisca elementi tattili, olfattivi, uditivi in grado di emozionare attaverso i cinque sensi e, nello stesso tempo, preveda gli indispensabili elementi tecnologici diffusi, ma celati, e non più predominanti”. Così dice Antonio Perrone, architetto illuminato e collaboratore della nostra rivista. Quindi questa voglia di casa-nido, accogliente e rassicurante, che ci ritempra e ci difende da un mondo troppo veloce, di cui facciamo fatica a capire certe dinamiche, è un desiderio diffuso che viaggia di pari passo con la stressante vita impostaci, o quanto meno difficilmente contenibile, dalla tecnologia. Gli argomenti pratici, che la nostra rivista tratta abitualmente, sono di primaria importanza per poter avere un’abitazione-nido; infatti, il primo passo che bisogna fare per andare in questa direzione è considerare il comfort climatico e acustico dell’edificio, determinato da un efficace isolamento della casa attraverso pavimenti, pareti e tetto, che ci protegga dal caldo e dal freddo, dall’umidità e dall’eccessiva secchezza dell’aria e dai rumori. Questo è un tema che ci appassiona molto perché nel nostro Paese il patrimonio architettonico da recuperare, in gran parte di pregio, è imponente e l’industria di settore mette sul mercato ogni anno prodotti innovativi che offrono prestazioni fino a pochi anni fa inimmaginabili. In questo numero, che esce in concomitanza con le date dell’interessante Klimahouse, la fiera di riferimento a livello nazionale per le tematiche del risparmio energetico in edilizia, dedichiamo uno speciale sull’isolamento TERRA/TETTO dove potrete trovare soluzioni ottime nella direzione di un obiettivo cocooning .

Stuccare cartongesso per ottenere superfici lisce

Le lastre di cartongesso permettono di ottenere superfici planari e lisce, ma la fase critica è la stuccatura dei giunti e delle teste delle viti, talvolta seguita da una rasatura superficiale per consentire l’applicazione di finiture di pregio: occorrono prodotti in grado di garantire una stesura omogenea e diversi livelli qualitativi in base alle esigenze, ma anche di facile applicazione.

Stuccare il cartongesso è un passaggio fondamentale nella preparazione delle superfici realizzate con sistemi a secco, tant’è che il livello qualitativo che si può raggiungere con i prodotti del caso viene identificato da quattro classi, dalla Q1 alla Q4.

Knauf ha dedicato alla fase finale della posa, stuccare il cartongesso appunto, una famiglia di prodotti grazie ai quali è possibile soddisfare tutti gli standard qualitativi. Il primo livello è riferito a una stuccatura del cartongesso su superfici non soggette a esigenze decorative, dove è sufficiente ricoprire le fessure e le viti e sono ammesse imperfezioni finali.

Stuccatura del cartongesso con livello Q2

Il livello Q2 richiede, in più, l’eliminazione di queste imperfezioni per avere un buon risultato nell’applicazione di successivi rivestimenti a grana fine e pitture opache a consistenza fine, situazioni tipiche per pareti e controsoffitti in genere.

Stuccare cartongesso con livello Q3

Per avere una superficie con livello qualitativo Q3 occorre predisporre sul giunto una fascia di stuccatura più larga e un sottile velo di rasatura su tutta la superfice per chiudere i pori della carta e uniformare l’assorbimento, al fine di poter applicare pitture e rivestimenti a grana finissima.

Livello Q4

Con un’attenzione ancora maggiore si arriva al livello Q4, che fornisce una superficie perfettamente liscia, uniforme e priva di qualsiasi difetto. È la situazione richiesta per l’applicazione di rivestimenti lisci e lucidi, spugnati, vernici a media lucentezza, finiture decorative speciali. Grazie ai nuovi stucchi in pasta, con differenti composizioni e caratteristiche, si può scegliere il prodotto giusto in base al livello di qualità richiesto dalle successive applicazioni.

prodotti knauf per la stuccatura del cartongesso

Sheetrock All Purpose è ideale per la finitura dei giunti (Q2) e per la rasatura a piena superficie (Q3, Q4); è un premiscelato a base di dolomite, mica, talco, attapulgite (minerale argilloso) ed etilene, alleggerito del 25% rispetto agli stucchi tradizionali per una maggiore scorrevolezza e un’eccellente lavorabilità. Sheetrock Finitura garantisce una superficie liscia (Q3, Q4) e una forte adesione su lastre di gesso rivestito, intonaco, calcestruzzo e muratura, con un basso assorbimento di pittura. F2F-Filler to Finish soddisfa tutte le quattro classi di finitura del cartongesso, specialmente nella stuccatura a macchina (con diluizione) o, comunque, a superficie piena; è a base di materiale sintetico arricchito con una miscela di agenti di fissaggio con carbonato di calcio.

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Ombrelli di lusso, costruzione passo-passo

Vi raccontiamo una bella storia imprenditoriale che parte negli anni Trenta con un uomo che si guadagnava il pane aggiustando ombrelli; il suo lavoro è stato ripreso dal nipote che ha deciso di trasformare semplici oggetti funzionali della vita quotidiana in ombrelli di lusso

ombrello di alta gammaCerto gli ombrelli di lusso non sono oggetti comuni, anche perché  può contrastare l’idea di utilizzare qualcosa di lussuoso come mezzo di protezione. Qui però non c’è solo il lusso in questione… dietro a questi ombrelli di alta qualità c’è una sapienza e un’abilità artigiana elevatissima,che vale la pena raccontare e illustrare passo-passo.

Ombrelli di lusso…4000 anni di storia

Malgrado sia conosciuto da 4000 anni, come si rileva dalle citazioni nell’arte egizia e cinese, l’ombrello era usato solo per proteggersi dal sole, tanto che il suo nome deriva dalla radice latina “umbra”, ombra. In occidente l’ombrello è diventato popolare solo dopo il 16° secolo, specie nella piovosa Inghilterra: infatti il primo negozio aprì nel 1830 a Londra, dove è situato ancora adesso. Ai nostri tempi, anche se i prezzi della produzione di massa sono calati fino a diventare irrisori, c’è chi ancora costruisce ombrelli di lusso qui in Italia. Per esempio l’ombrellificio “Il Marchesato”, dove si fabbricano ombrelli di lusso di alta qualità impiegando i migliori componenti (montature in acciaio, in fiberglass e legni naturali), ma anche curando nei dettagli la scelta dei disegni e dei tessuti dell’alta moda italiana. Di particolare risalto sono gli ornamenti e le finizioni con elementi Swarovski ricamati direttamente sul tessuto o incastonati in anelli e impugnature trasformando l’ombrello in un vero gioiello. A conferma della considerazione nella quale è tenuta la moda italiana nel mondo, buona parte degli ombrelli de “Il Marchesato” viene distribuita all’estero.

Come nascono gli ombrelli di lusso

manici ombrello

manico d'ombrello con gioielli

  1. La parte più raffinata degli ombrelli de “Il Marchesato” sono i manici. Ci sono manici foderati in pelle, ma anche di metallo, nichelati o dorati. Questi ultimi sono trattati in un bagno galvanico con oro a 24 carati.
  2. Alcuni manici vengono impreziositi da un rivestimento in cristalli Swarowski finemente disposti, a mano, lungo una spirale.
  3. Al posto del tradizionale e anonimo nastro fermaombrello si può avere un originale e prezioso anello metallico guarnito con un grosso cristallo Swarovski tagliato a goccia.
  4. Anche il manico, in una nicchia, può essere decorato con un cristallo molato, come in questo modello particolarmente raffinato, in tinta con la coperta dell’ombrello.
  5. Invece del classico manico curvo possono essere montate impugnature sagomate raffiguranti eleganti soggetti.
tagliare tessuto di nylon
La coperta dell’ombrello è formata da otto spicchi di tessuto pesante di nylon tagliati secondo una forma, diversa per ogni modello, che determina la forma della cupola quando l’ombrello è aperto. In alcuni modelli è necessario tagliare anche la tela per la fodera che riveste l’interno e nasconde le stecche.
assemblaggio stecche ombrello
Le stecche che tendono la stoffa sono ricavate da una striscia di lamiera d’acciaio ripiegata a U. Le stecche lunghe sono fissate alla doppia noce, cioè il cilindro ancorato in prossimità del puntale; per montarle si utilizza un filo metallico che attraversa le crune e si richiude in una scanalatura. Lo stesso sistema è usato per fissare le stecche corte alla canola, la parte mobile che scorre lungo l’asta. In due scanalature praticate sull’asta si sistemano i fermi, cioè le molle di acciaio armonico destinate a bloccare la canola in apertura o in chiusura.
rosette di guarnizione copricanula
Tutte le articolazioni di un ombrello pregiato sono protette da guarniture di tessuto cucite a mano. I riccetti o rosette di guarnizione servono per coprire la canola e la doppia noce mentre le forcelle sono rivestite con un disco di stoffa chiamato calzettina o pezzuola.
fustellare il nylon
Le pezzuole e i riccetti nascono da una pila di scampoli della stessa stoffa usata per la coperta. Se ne ricavano dei dischetti con una grossa fustella dal bordo affilatissimo che affonda nel tessuto con qualche colpo di martello.
stecche e asta ombrello (ragno)
Il complesso delle stecche e dell’asta, detto ragno, è completo e viene provato più volte per assicurarsi della perfetta funzionalità del movimento. In realtà manca ancora il manico, curvo o dritto, per completare la struttura. Viene aggiunto solo al termine in accordo con i desideri dei clienti.
spicchi tela ombrello
Gli otto spicchi di tela si uniscono con velocissime macchine da cucire che lasciano una sottile cresta sotto la coperta, necessaria, tra l’altro, per i collegamenti con la struttura dell’ombrello. Nei modelli da uomo il raggio dell’ombrello, che corrisponde circa all’altezza dello spicchio, parte da circa 60 cm per arrivare fino a 75 cm per i modelli da macchina o da golf.
occhiellatura
La coperta, al termine della cucitura, rimane aperta in corrispondenza del centro. La rifinitura che irrobustisce questo piccolo foro su cui si scaricano le tensioni di tutto l’ombrello, consiste in una occhiellatura eseguita su una piccola pressa.Quando la coperta viene inserita sul puntale, l’occhiello si appoggia sulla doppia noce ed è infine coperto da una rosetta di stoffa e dal piccolo imbuto metallico, la placca, che blocca la tela al suo posto.
fissaggio delle stecche all'ombrello
Una seconda macchina unisce ciascuna cucitura con la rispettiva stecca tramite tre punti ben stretti fatti con più giri di filo in tinta con la coperta. Questo dettaglio apparentemente marginale è quello che impedisce alle stecche di piegarsi lateralmente salvaguardando l’integrità dell’ombrello.
stiratura dell'ombrello
Sulla coperta si cuciono anche i terminali, piccoli puntali a sfera forati che si calzano alle estremità delle stecche. Al termine del montaggio si passa alla stiratura che si esegue con l’ombrello aperto, parte con il ferro parte con un particolare apparecchio fisso che emette un getto di vapore direttamente sulla coperta.
asola fermaombrello
Per tenere chiuso l’ombrello, si cuce sulla coperta un nastro che termina con un’asola da agganciare sul bottone. In questo modello la cupola è decorata con una struzzata di cristalli Swarowsky cuciti a mano uno per uno. Una buona abitudine per conservare un pezzo così pregiato sta nel lasciar asciugare l’ombrello aperto: si evita così di lasciare sulla tela macchie e spiegazzature ostinate.

Pavimento adesivo | Indicazioni utili e video applicazione

Con il pavimento adesivo non servono collanti, è spesso solo 2 mm, si posa rapidamente e senza dover intervenire sulle porte, è igienico e facile da pulire

Siamo stanchi del vecchio pavimento, ma non vogliamo avventurarci in fastidiose e dispendiose ristrutturazioni? Grazie al pavimento adesivo possiamo fare tutto da soli e completare una stanza in giornata, senza disagi, con una spesa irrisoria e con un risultato sorprendente: non occorre neppure rifilare le porte!

Guarda il video di applicazione del pavimento adesivo

https://www.youtube.com/watch?v=i8WAKwAgzfg

Pavimento adesivo Flexxflors

pavimento autoadesivo

Kimono Flexxfloors è un pavimento adesivo costituito da lame stratificate di PVC vergine ad alta resistenza, rivestito con una pellicola decorativa e un film trasparente protettivo: è concepito per essere posato su superfici lisce e uniformi, sgrassate e fuori polvere. Con questa soluzione possiamo liberare la nostra creatività decidendo il formato, il tipo di posa e scegliere se realizzare un rivestimento uniforme o con una bordatura perimetrale, oppure ricavare un riquadro centrale per delimitare lo spazio del tavolo da pranzo, personalizzando gli ambienti secondo i nostri gusti.

Come si applica il pavimento adesivo

applicazione pavimento adesivo

  1. Prima di iniziare la posa è bene trattare la superficie con un primer specifico che ha il compito di garantire un’adesione ottimale. Si toglie la pellicola protettiva e si inizia a posare le lame, partendo dal centro della stanza.
  2. Ciascuna lama va accostata alle precedenti, secondo lo schema di posa scelto; per effettuare i tagli sono sofficienti una riga e un cutter. Terminata la posa, il nuovo rivestimento è immediatamente calpestabile.

Tipologie di posa del pavimento adesivo

tipi di posa pavimento adesivo

Flexxfloors è proposto sottoforma di lame che riproducono varie essenze legnose, in lame da 914×150 mm, in quadrotte mandorlate o a effetto pietra scura da 457×457 mm o a effetto pietra chiara da 610×305 mm: l’effetto visivo e tattile è molto realistico e si possono realizzare diversi schemi di posa, con bordature e riquadri, giocando con differenti tonalità e formati. Il rivestimento che si ottiene è antistatico, antiscivolo, stabile; la sua naturale resistenza all’umidità lo rende idoneo alla posa in bagni e cucine e utilizzabile anche in presenza di pavimenti radianti.

kimono flexxflors

Il parquet per tutti

Con una gamma composta da oltre 200 diversi pavimenti, è difficile trovare un’offerta più ampia di quella di Kimono: dal prefinito in vero legno Kimfloor al laminato Kronotex, per la posa fai da te con colla o flottante, fino al vinilico per la posa a click o nella versione Flexxflors. Quest’ultimo è una vera rivoluzione per risparmiare tempo e denaro: è infatti provvisto di lame adesive per una posa veloce e pulita e ha uno spessore ridotto a soli 2 mm, ideale anche in presenza di riscaldamento a pavimento. A completamento della gamma c’è la scelta tra centinaia di decorativi, accessori di finitura e posa, tappetini e battiscopa. Un’offerta in grado di soddisfare qualsiasi esigenza e di superare ogni aspettativa, con una posa semplice e un risultato di sicuro effetto per una casa sempre più bella.

Stiga

Costituita in Svezia nel 1934, Stiga vanta più di 80 anni di esperienza in prodotti di consumo innovativi.

Forte della sua tradizione e considerando l’estrema rigidità del clima nordico, tutti i prodotti Stiga hanno una qualità elevata e prestazioni eccellenti. L’innovazione orientata al cliente è stata sempre il valore fondamentale di Stiga. Alla base della nostra missione c’è la fornitura di strumenti eccellenti per il giardino, sviluppati per tutti i diversi tipi di richieste dei consumatori e per tutti i lavori di giardinaggio, durante tutto l’anno. I macchinari e gli attrezzi sono estremamente sicuri, ergonomici ed eco-compatibili.

Per saperne di più sulla storia di Stiga.

Stiga è un marchio della Global Garden Product (GGP), azienda leader nella produzione di rasaerba e di un’ampia gamma di attrezzi motorizzati per il giardinaggio. Per saperne di più su GGP.