Cerasa, presente sul mercato dal 1983, è da sempre tra i protagonisti del settore, punto di riferimento progettuale, tecnologico e qualitativo di una realtà che ha fatto dell’arredobagno la propria vocazione.
Protagonista di un’avventura imprenditoriale di grande successo, l’azienda ha contribuito alla trasformazione del concetto di “stanza da bagno”, oggi espressione della bellezza e del benessere, offrendo collezioni innovative, personalizzate ed emozionanti. Dal 2001 la sede si trova a Godega di Sant’Urbano (tv), nel cuore del nord-est, dove l’economia ha saputo svilupparsi e trasformarsi. Nel 2011 è stata completamente ristrutturata ed ampliata. I 65 addetti negli attuali 10.000 mq di superficie industriale sanno caratterizzare l’evoluzione dei prodotti, nel rigore e nell’innovazione, nella ricerca, nella funzionalità e nel design. Conquistare e soddisfare il consumatore con prodotti sempre nuovi ed un servizio accurato sono i principi su cui si basa la mission dell’azienda.
La filosofia produttiva
Per garantire la qualità, la sicurezza e la durata nel tempo di un mobile, sono necessari una serie di collaudi che testino adeguatamente tutti materiali e gli elementi che compongono un arredamento bagno. In particolare sono fondamentali la resistenza all’umidità e alle sollecitazioni che normalmente si verificano durante la vita del prodotto. Cerasa si avvale, per i test sui materiali impiegati, del centro di ricerca e sviluppo indipendente Catas, il quale opera in ottemperanza alle normative previste dall’ottenuta certificazione UNI EN ISO 9001:2008, rispettando il criterio delle severe procedure organizzative e produttive rispondenti agli standard qualitativi di un mercato sempre più esigente e che Cerasa soddisfa da tempo. I prodotti godono della garanzia biennale su difetti e vizi di produzione, a dimostrazione dell’elevato standard qualitativo con cui sono sviluppati e costruiti.
A tutela del consumatore e dell’ambiente vengono adottati materiali e cicli produttivi che non creano squilibri ambientali e rispettano le normative che minimizzano l’emissione di sostanze nocive.
Cerasa punta ad offrire ai propri clienti non solo progetti dalle linee esclusive e ricercate, ma anche prodotti destinati a durare nel tempo perché costruiti con materiali di comprovata affidabilità.
Bagni – Arredo bagno – Mobili bagno
www.youtube.com/watch?v=uRPlzvd4YGY
Maestri Artigiani Italiani
www.youtube.com/watch?v=USLiyf2drNs
Certificazioni
Cerasa ha ottenuto la certificazione ISO 9001 che attesta la professionalità e la qualità dell’intero processo produttivo. Tutti i componenti ed accessori elettrici sono conformi alle direttive europee in materia di sicurezza elettrica (2006/95/CE) e compatibilità elettromagnetica (2004/108/CE). I mobili Cerasa sono sottoposti a prove di qualità e sicurezza secondo norme UNI presso il CATAS (laboratorio prove, centro ricerche e sviluppo settore legno e arredo).
Nobile, naturale ed eterno, il marmo è adatto a qualsiasi ambiente, ma la sua superficie, talvolta, necessita di cure. Vediamo insieme come pulire il marmo.
Il marmo è un materiale naturale, bellissimo per la varietà dei colori e delle venature: duro, solido, pesante, ma anche molto delicato: basta osservare il piano del tavolo della cucina, o l’antico lavello, per rendersi conto della facilità con cui queste superfici si coprono di macchie di sporco e di piccoli graffi. La superficie del marmo, anche se lucidata, rimane tuttavia porosa e tende ad assorbire le sostanze liquide che vi si posano: gli acidi, in particolare, tendono a sciogliere i sali di calcio di cui il marmo è composto e possono provocare seri danni.
Non tutte le macchie sul marmo si trattano allo stesso modo
In generale è il tipo di sporco che determina qual è il migliore sistema per la sua rimozione: ad esempio l’alcol scioglie l’inchiostro, quindi è indicato per pulire il marmo da questa sostanza. In alcuni casi è necessario usare un abrasivo delicato per rimuovere le tracce di un liquido assorbito dal marmo nel suo strato più superficiale. Per riparare scheggiature, spaccature e fessurazioni del marmo ( a tal proposito leggi la nostra guida su come riparare il marmo) sono indicate le resine epossidiche, magari mescolate a polvere di marmo: una volta indurite si prestano alla carteggiatura.
Come pulire il marmo – La pulizia
Per pulire e riaparare il marmo dalle comuni macchie di grasso si eliminano con ammoniaca, stesa e strofinata con una spazzola di saggina; lavoriamo nel locale ben aerato e risciacquiamo subito la superficie trattata.
In alcuni casi risulta efficace anche l’acqua ossigenata a 20 volumi, che è sufficiente versare abbondantemente sulla macchia; si attende che la macchia sbianchi e si strofina con un panno umido.
Alcune sostanze che aggrediscono il marmo si eliminano facilmente con l’uso di alcol ed un abrasivo leggero come la pasta dentifricia. Applichiamo l’impasto con un panno morbido ed insistiamo con movimenti rotatori.
La cera solida ha la capacità di colmare alcune piccole fessure e porosità evidenti della superficie del marmo. Per farla penetrare e aderire meglio va ammorbidita con un asciugacapelli; poi si lucida con un panno morbido.
Eseguire eventuali riparazioni
Su una piastrella di scarto uniamo la resina epossidica con la giusta quantità del suo catalizzatore e, se occorre, aggiungiamo anche una percentuale di polvere di marmo della stessa colorazione di quello da riparare.
Stendiamo la pasta ottenuta con la spatola sulla parte danneggiata tirandola bene e senza lasciarne in eccesso.
Ad essiccazione avvenuta levighiamo la resina con carta abrasiva fine ed infine lucidiamo con pomice in polvere.
Tappo adatto al sistema Plug n'Clean delle idropulitrici
Rimuove efficacemente la patina da smog, lo sporco stradale, il muschio e i licheni che si formano sulle facciate delle case e sulle superfici in pietra; forma uno protettivo che riduce l'impatto che vento ed intemperie hanno sulla superficie
Realizziamo bellissimi e simpatici oggetti in fimo per decorare e abbellire la nostra casa
L’argilla polimerica è una pasta sintetica molto duttile da lavorare che, per le sue peculiarità, dà subito grandi soddisfazioni. Ne esistono di varie marche (Fimo, Cernit e altre), dai colori sgargianti; il grosso vantaggio è che induriscono solo con cottura in forno restando così morbide e malleabili fino a quando non si è completamente soddisfatti del lavoro.
Gli oggetti in fimo possono essere decorati a piacimento e sono una “palestra” ideale per lavorazioni più “complesse” come, ad esempio, gli oggetti realizzati in argilla.
Materiali: mattonelle di pasta sintetica (Fimo) in colori assortiti, cutter, punzone, colla e vernice lucida.
Oggetti in fimo – Quadretto country
Prepariamo tre striscioline di pasta colore marrone (ottenuta unendo le paste gialla, rossa e blu) e disponiamole su di un vetro.Incidiamo i dischetti ottenuti simulando così le nervature delle foglie e arricciamone un’estremità.
Prepariamo un cilindretto di pasta verde che “affettiamo” con il cutter per ricavare tante foglioline.Ogni fogliolina va appoggiata sui rametti con una leggera pressione. Per farle aderire meglio si usa un velo di vaselina.
Oggetti in fimo – il bocciolo
Per creare le rose occorre prima preparare i vari petali ovvero una serie di rondelle di pasta rosa che schiacciamo bene con le mani per renderle abbastanza sottili.Uniamo i vari petali usando quelli più piccoli per il centro e via via inserendo petali più grandi che inarchiamo verso l’esterno.Con il cutter o con il coltello tagliamo la parte in eccesso della rosa che si è formata comprimendo insieme i petali.Appoggiamo i boccioli sui rametti esercitando una lieve pressione per farli aderire perfettamente. Eventualmente con un punzone ritocchiamo l’inclinazione dei petali.
Oggetti in fimo – La cottura in forno
Gli oggetti in fimo induriscono definitivamente con una cottura in forno elettrico tra 100 e 130°C dai 10 ai 30 minuti. L’indurimento si ottiene anche immergendo gli oggetti in acqua bollente per circa 10 minuti. L’argilla polimerica non è tossica, ma si raccomanda comunque di non metterla a contatto con gli utensili o i contenitori che usiamo per gli alimenti.Il rametto di rose, ormai indurito, va incollato su un cartoncino facendo attenzione alle parti più piccole per evitare che si frantumino.Per proteggere la nostra realizzazione e renderla allo stesso tempo lucida utilizziamo una vernice trasparente che diamo in abbondanza. Ad asciugatura ultimata il quadretto è quasi pronto, non resta che incorniciarlo con una bella cornice in stile vintage.
Realizziamo un pratico tavolo a scomparsa, utilizzando pannelli di MDF e ruote piroettanti
Con pochi elementi di MDF e qualche scaffale libreria (ad esempio quelle che possiamo trovare da Ikea), la parete attorno alla finestra si trasforma in uno studio ben illuminato con tavolo a scomparsa fai da te. La scrivania, posta di fronte alla finestra, è costituita da una parte fissa (formata da un piano e due sostegni, ancorata alle fiancate delle librerie adiacenti) e da una mobile costituita da un piano, due fiancate e due rinforzi che assicurano la tenuta in squadra. Fornita di quattro ruote, è inserita sotto la prima e può spostarsi avanti e indietro come un cassetto. Il tutto va costruito con un’altezza che tenga conto dei livelli del davanzale e del calorifero nonché dell’ingombro delle ruote e dello spessore dei piani. I piani da scrittoio vanno situati a un’altezza da terra fra 720 e 780 mm.
Tavolo a scomparsa – Il progetto
Realizzazione passo-passo
I pezzi che compongono il tavolo a scomparsa sono uniti per semplice incollaggio, usando un pezzo di scarto tagliato ben in squadra per controllare l’angolatura.
Per una migliore solidità il sulle fiancate mentre, per esigenze estetiche, i rinforzi non sono disposti a filo, ma in posizione rientrata di venti millimetri.
Le coste dell’MDF assorbono molto la pittura, quindi vanno levigate con cura utilizzando la levigatrice a nastro ed eventualmente stuccate.
Il piano fisso è reso solidale con le librerie per mezzo di viti autofilettanti avvitate, alla giusta altezza, con l’avvitatore a batteria.
Per fissare le ruote ben allineate a filo, bastano due tavolette di scarto strette provvisoriamente sporgenti dai fianchi. Le ruote piroettanti si fissano con viti autofilettanti per legno.
Un piano e quattro ruote per cibo sempre in “movimento”… ecco come realizzare dei bellissimi carrelli portavivande
Vivande in movimento? É possibile, se realizziamo carrelli portavivande dotati di rotelle piroettanti su cui collocare ciò che desideriamo e li spostiamo per la casa secondo il gusto del momento. Il ripiano può essere realizzato in materiali vari e con diverse soluzioni estetiche, in funzione anche degli oggetti che deve sostenere. Le ruote piroettanti, disponibili in materiali differenti (metallo, plastica, ecc.) vanno fissate al piano tramite la piastra quadrata provvista di quattro fori in cui inseriamo le viti, oppure mediante un perno filettato con dado e controdado, da inserire in un foro praticato sotto al ripiano.
Carrelli portavivande: modello con piano a specchio
Il carrello a specchio è realizzato con un pannello in multistrato da 500×850 mm dello spessore di 20 mm contornato da un listello in ramin (7x23mm) che funge da cornice di riscontro allo specchio spesso 6 mm, posato sopra al piano e fissato con alcuni punti di adesivo siliconico.
Le ruote piroettanti si fissano al pannello in multistrato tracciando la giusta posizione con una matita e praticando il foro d’invito con un succhiello.
Avvitiamo le ruote al pannello con 4 viti autofilettanti della lunghezza di 15 mm.
Carrelli portavivande con reticella leggera
Ricaviamo da un foglio di lamiera di ferro traforata la base per il tavolino industrial-chic. Il foglio di lamiera può avere i fori circolari o esagonali: scegliamo quella che più ci piace. Per realizzare i tagli utilizziamo un paio di cesoie adatte usando un paio di guanti per proteggere le mani. Le dimensioni finali sono di 300×700 mm, ma la lamiera deve essere più larga di 60 mm per lato in modo da poterla piegare lungo i bordi formando l’indispensabile irrigidimento. Le ruote piroettanti, con attacco a piastra, sono avvitate in quattro blocchetti di legno inseriti nei risvolti della lamiera ai quattro angoli.
Prima di piegare i bordi tagliamo da ognuno dei 4 spigoli un quadrato di 30×30 mm. Per ricavare la piega aiutiamoci con lo spigolo di un tavolo o con un angolare 30×30 mm di lunghezza pari al lato lungo della lamiera.
Piaciuta l’idea? Ecco allora altre proposte per carrelli cucine.
Arricchiamo le porte di casa con una finitura di finto marmo che sembra proprio realizzata con pietra nobile
Servono: pannelli di MDF spesso 20 mm; listelli modanati; colla vinilica; adesivo di montaggio; tasselli; viti da legno; mensole metalliche; fondo tipo cementite; colori acrilici, vernice trasparente; spugne; stracci; carta vetrata, paglietta d’acciaio; pennelli piccoli e medi.
Nelle chiese italiane si sono cimentate generazioni di decoratori che, in assenza di marmi pregiati, hanno saputo imitare con grande perizia le venature, i colori e le sfumature di questa pietra nobile. Anche noi possiamo intervenire su mensole, mobili, rivestimenti nobilitandoli con lavoro di pittura “imitativa” che solo apparentemente è difficile. Ma possiamo fare di più: realizzare un arredo “ex novo” e decorarlo con finto marmo. È il caso di questo ornamento classico di una porta interna costituito da due colonne quadre laterali, con basi e capitelli e frontone sporgente. Tutta la struttura è realizzata con MDF e listelli modanati ed è applicata a parete con adesivo di montaggio (tipo Millechiodi), mentre il ripiano che funge da frontone è fissato a parete con due mensole a L e relativi tasselli. Si tratta di farsi tagliare in pezzi necessari, all’atto dell’acquisto e quindi assemblare i vari elementi con colla vinilica. Le due colonne laterali sono uguali e sono costituite da due montanti paralleli che supportano la faccia anteriore, decorata. Alla base e alla sommità di questa vengono incollati il piedistallo ed il capitello, assemblati a parte. Si tratta di due pezzi uguali, ma applicati in posizione rovesciata uno rispetto all’altro. Il trattamento decorativo si effettua sui pezzi finiti, prima dell’installazione a parete.
Tutti i pezzi vanno trattati con un paio di mani di fondo livellante (cementite) che, quando è ben asciugato, si spiana con carta vetrata. Si può passare, quindi, alla pittura imitativa del marmo. La tecnica guida è la seguente: si applica dapprima il colore principale di fondo, seguito da una vernice trasparente, poi e le marezzature o le inclusioni e le macchie. A seconda del tipo di marmo che si intende imitare andranno scelti determinati colori. Il bianco è una componente quasi sempre presente, mentre per il marmo di Verona (quello imitato in questa creazione) dovranno essere approntati anche colori beige, rossastri, rossi tenui, marroncini chiari ecc. Per altri tipi di marmo si dovranno valutare quali sono i colori dominanti, quali le tonalità principali di questi colori e quali i colori delle venature. Nel caso del marmo di Verona, dopo la stesura del rosso, si effettuano alcune tamponature irregolari con la spugna imbevuta di un colore rosa beige che rompe l’unformità del rosso. La spugna dev’essere appena inumidita di colore e portata a contatto con la superficie senza premere e con un gesto abbastanza rapido, in modo da non spremere il colore e farlo gocciolare sul piano. La seconda fase consiste nell’applicare spugnature di colore più scuro (in questo caso un rossastro bruno) che, in parte, si sovrappongono alle zone più chiare precedentemente spugnate. A questo punto si interviene con un pennellino sottile intinto in un colore di tonalità chiara. Si tracciano venature irregolari che poi si “velano” con un pennello piatto, passandolo sopra il colore ancora umido, in modo che le venature sfumino verso il colore di fondo. Poi, con un pennellino tondo intinto in un colore scuro, si realizzano venature sovrapposte a quelle chiare con una certa irregolarità in modo che acquistino un realismo maggiore e sembrino delle vere e proprie inclusioni di un elemento in un altro.
STRUTTURA CLASSICA
Si assemblano i capitelli e le colonne collegando i pezzi di MDF da 20 millimetri. I pezzi vanno messi in morsa per 24 ore.
il ripiano che funge da frontone si costruisce avvitando due mensole angolari al pannello di base ed unendo a queste due elementi larghi quanto la distanza tra i supporti delle colonne.
Sul pannello base del frontone si incolla un secondo pannello che aumenta lo spessore dell’insieme. A questo pannello è applicata una cornice, sempre in MDF.
Si appoggia provvisoriamente la struttura alla parete e si applicano le basi e i capitelli. Su questi elementi vanno incollati i bordini modanati che fungono da elementi di rifinitura. Anche questi si fissano con colla vinilica.
FINTO MARMO CON REALISTICHE VENATURE
I pannelli di MDF vanno prima trattati con fondo tipo cementite e poi con un colore acrilico di base. Su questo si stende una mano di vernice trasparente.
Con un pennellino piatto si tracciano alcune venature irregolari, cercando di sfumarne i contorni.
Utilizzando un pennello piatto con le setole asciutte, si passa leggermente sulle venature, ancora umide creando una velatura, cioè una sfumatura delle stesse.
Con un pennellino cui abbiamo appuntito le setole tracciamo alcune venature scure che seguono quelle precedentemente effettuate. Anche queste devono essere molto irregolari
GLI ULTIMI PASSAGGI
Con la spugnetta si applicano rade tamponature, appena evidenziate, di un colore bianco o rosa molto chiaro che vada a “rompere” le zone più compatte e regolari risultate dal lavoro. L’ultimo intervento decorativo da compiere consiste nel realizzare puntinature di colore scuro distribuite con “naturale” irregolarità su tutta la superficie. Per farlo si intinge un pennello (meglio tondo) con setole corte in un colore marrone rossastro di tonalità scura. Tenendo questo pennello in verticale con le setole in alto si premono le setole con le dita e si producono degli schizzi molto fitti e irregolari su tutta la superficie. A questo punto è necessario lasciar riposare per un paio di giorni tutto il lavoro in quanto il supporto trattato deve assorbire l’acqua e asciugare prima del trattamento finale.
FINTO MARMO MONTAGGIO FINALE
Fissiamo il frontone alla parete con tasselli e montiamo le colonne centrandole sugli spezzoni verticali c
ollegati alla base del frontone.
Applichiamo i capitelli e le basi delle colonne fissandoli con un paio di viti.
La finitura dev’essere fatta in modo da conferire alla superficie una notevole brillantezza per simulare al meglio l’aspetto del marmo levigato. Questo risultato si ottiene trattando la superficie con più mani di vernice trasparente. Si utilizza preferibilmente la vernice poliuretanica trasparente incolore applicandone una prima mano sulla superficie. Quando questa è asciutta si passa la carta vetrata finissima in modo da eliminare l’eventuale peluria del legno che si fosse rizzata durante la verniciatura. Si stende poi una seconda e una terza mano intervallate da un passaggio di paglietta d’acciaio. Tutti i pezzi possono essere montati a parete. I supporti delle colonne si fissano con tasselli, mentre il frontone con mensole angolari. Il resto si applica con adesivo di montaggio e alcune viti.
Lo sciacquone a zaino è semplice da installare e ci evita lavori di muratura
In bagno il dispositivo che viene azionato con maggiore frequenza, dopo i rubinetti, è il lo scarico della vaschetta del WC. Per questo motivo può essere necessario riparare quest’ultima o, addirittura, sostituirla con uno sciacquone a zaino, che si acquista in kit e che si installa a parete, dietro al WC. Le istruzioni contenute in ogni cassetta a zaino indicano la distanza minima e massima dalla tazza. Spesso (ma non sempre) c’è una placca di sostegno in plastica, provvista di fori asolati e di un indicatore di asse, che deve collimare con l’asse del WC; mediante viti e tasselli si fissa la dima alla parete. La cassetta si appende semplicemente alla dima. Se questa non c’è si monta la vaschetta a parete con i tasselli in dotazione. Il tubo di discesa, di circa 40 mm di diametro, già provvisto di curva, deve essere tagliato a lunghezza da entrambe le estremità, con un seghetto a denti fini: calcoliamo la lunghezza in modo che la parte orizzontale entri per almeno 5 cm nella guarnizione in gomma di ingresso nel WC, e la flangia superiore collimi con la piletta di scarico. Dalla valvola del flusso d’acqua fissata a parete (che facciamo installare a circa 10 cm dalla cassetta), portiamo acqua a questa con un tubetto flessibile, munito di attacco filettato ad un’estremità e di ghiera con guarnizione a quella opposta; si avvita prima l’attacco filettato e poi la ghiera. Passiamo alla sistemazione dei componenti interni. Si tratta di installare la valvola di chiusura dello scarico e collegarla alla leva (o pulsante) di azionamento, poi montiamo il galleggiante che controlla l’alimentazione idrica. Facciamo delle prove per tarare, con l’apposito comando, la lunghezza del braccio del galleggiante. Infine mettiamo il coperchio a scatto.
Gli elementi che costituiscono lo sciacquone a zaino
Lo sciacquone a zaino è il tipo più semplice da installare e di manutenzione molto più agevole. La cassetta, che si acquista con tutti i componenti può essere appesa circa 30 cm sopra il WC, oppure, se la tazza è predisposta, direttamente appoggiata su quest’ultima. Si acquista la cassetta con componenti interni già assemblati e occorre solo effettuare i collegamenti.
Il principio di funzionamento
Quando lo sciacquone è pieno d’acqua il galleggiante viene sollevato verso l’alto e l’erogazione viene interrotta. Il comando di scarico fa alzare un tappo di gomma che, alla fine dello svuotamento, si richiude e occlude il foro di uscita. Nel frattempo il galleggiante è sceso e ha riaperto l’alimentazione di acqua . Un terzo tubo funge da “troppo pieno” e scarica l’acqua che dovesse entrare in eccesso nello sciacquone a causa di un guasto del rubinetto di entrata. Il galleggiante può essere in rame, in plastica o in polistirolo.
Il montaggio
Serriamo la ghiera che collega il tubo di discesa alla piletta filettata della cassetta; tra la flangia del tubo e la piletta si inserisce una guarnizione rigida.
Procediamo montando i componenti interni dello sciacquone, seguendo le istruzioni di montaggio.
Inseriamo e fissiamo il galleggiante che, sollevandosi all’ingresso dell’acqua, chiude il tubo di alimentazione
Quando tutti i componenti sono montati apriamo la valvola dell’acqua ed eseguiamo alcune prove. Infine chiudiamo lo sciacquone a zaino inserendo il coperchio a scatto.
Rivisitiamo vecchi mobiletti di recupero trasformandoli in originali credenze moderne.
A vederli bene, certi mobili non sembrano avere i requisiti da suggerirci un restyling ma, con qualche piccolo accorgimento, anche il mobile più anonimo può acquisire quel “quid” che lo rende subito un pezzo di modernariato. Si tratta di semplici interventi di smaltatura e rivestimento eseguiti adottando piccole astuzie dei decoratori per ottenere credenze moderne.
Le semplici credenze anni ‘50, sono pronte per essere pulite, lavate, private delle ante scorrevoli (che poi riposizioneremo) e accuratamente levigate.
Tre smalti acrilici un po’ “aggressivi” e dai colori moderni (giallo limone per l’interno, viola melanzana e viola più carico per le parti esterne) sono i materiali che caratterizzano il ritocco per la trasformazione in credenze moderne.
L’elemento decorativo per le credenze moderne è costituito da una serie di bande verticali, di uguale larghezza, presenti sulle ante scorrevoli: la loro caratteri-stica è che vengono usati due smalti del medesimo colore ma uno è satinato e l’altro brillante. L’accostamento dei due tipi crea un piacevole effetto visivo.
Gli smalti acrilici all’acqua si stendono con un piccolo rullo effettuando più passate se necessario. Rifiniamo i particolari con un pennello piccolo. Liberando la fantasia possiamo creare credenze moderne con decorazioni di ogni tipo!
Credenze moderne passo-passo
Con la levigatrice orbitale levighiamo il mobile, comprese le ante, asportando scaglie di pittura e spianando la superficie.Sulle ante applichiamo una serie di strisce di adesivo per pacchi distanti quanto la larghezza del nastro stesso.Stendiamo, con il rullo, una prima mano di smalto acrilico all’acqua color viola chiaro che funge da fondo coprente.Trattiamo quindi la superficie con uno smalto acrilico dello stesso colore del satinato ma di tipo extra brillante.Ricopriamo la superficie con una seconda mano di smalto acrilico di tipo satinato in una tonalità più scura.Quando lo smalto è perfettamente essiccato asportiamo con delicatezza il nastro adesivo: rimarranno bande satinate e lucide.
Cassettiera colorata in stile moderno, con 12 cassetti. Ideale per il soggiorno o la camera da letto, si adatta perfettamente ad ogni ambiente della vostra casa, di design e funzionale. Dara' un tocco di originalita' alle vostre stanze
Misure: H 100 cm x L 95 cm x P 40 cm
Colore: Bianco, Multicolore
Montaggio: parzialmente assemblato. Montare i piedi
SPECIFICHE: Misure: H 64 cm x L 100 cm x P 35,5 cm - Misure cassetti (4): H 11 cm x L 35,5 cm x P 34,5 cm - Misure anta: H 46 cm x L 29 cm - Colore: Marrone chiaro, Bianco, Grigio, Beige - Cod. RE4925
STILE MODERNO DAI RICHIAMI SCANDINAVI: Il mobiletto Rebecca è un must per coloro che amano le linee scandinave mescolate al design moderno. I colori freddi dei cassettini e delle ante si alternano rendendo il mobile adatto come cassettiera moderna per camera da letto. Ideale anche come armadietto per cucina scandinava o come mobile da ingresso colorato
UTILIZZO DI MATERIALI NATURALI ED ECOLOGICI: La cassettiera Rebecca è interamente costruita in legno di Paulownia. La Paulonia è una pianta che cresce rapidamente e ad alta resa. Ciò permette di ridurre gli sprechi ed aiutare l'ambiente
KIT DI MONTAGGIO E ISTRUZIONI COMPRESI: Il mobiletto credenza Rebecca ti verrà consegnato comprensivo di istruzioni di montaggio e kit per l'assemblaggio. Segui le istruzioni grafiche. Basteranno pochi minuti per montarla
ADATTO PER DIVERSI USI: L'abbinamento di cassetti ed anta ti permettono di utilizzare il mobiletto Rebecca in diversi modi. Puoi sfruttarla come cassettiera bagno. Nell'anta puoi gli asciugamani, mentre nei cassettini puoi riporre piccola biancheria intima o accessori quali pinza, pettini, trucchi e fermacapelli. Ideale come cassettiera colorata x camera da letto, mobile da ingresso, credenza moderna
Colori vivaci: credenza dai colori naturali in legno di mango e anta scorrevole colorata - strisce blu, nera, verde, marrone, rosso, rosa, bianco e arancio - icona di stile per il vostro arredo
Fatto a mano: prodotto a mano in India - ogni esemplare è un pezzo unico - ecologico con materiali naturali in parte riciclati - HxLxP: 75 x 160 x 45 cm ca.
Versatile: ideale come elemento singolo isolato, in composizione lineare, comò originale o divisorio - elegante, classico ed affascinante - eccezionale anche sul retro
Talento versatile: a seconda dei gusti la madia può essere combinata in un tipo di arredamento country o moderno - un ponte tra tradizione e modernità
Tanto spazio: due grandi scomparti con porta scorrevole ciascuno e due cassetti interni offrono tanto spazio - ideale per soggiorno, camera da letto e speciale highlight nella sala da pranzo
L’affilatura è un’operazione di pazienza e precisione: conosciamo le pietre ed i metodi per avere attrezzi da taglio sempre efficienti
Chi ha passato l’infanzia in campagna ricorderà di aver visto almeno una volta tagliare l’erba con la falce o il falcetto manuale. Colui che faceva questo lavoro aveva, agganciato alla cintola, un contenitore a corno con dentro un po’ d’acqua ed una strana pietra (la cote) di forma piatta ed oblunga: di tanto in tanto la estraeva e la passava sul filo della lama, per ripristinarne l’efficacia.
Una figura simile era quella dell’arrotino, che azionava, con un sistema identico alle macchine per cucire, una mola che pescava in un contenitore d’acqua per affilare forbici e coltelli.
Tutti gli utensili da taglio, comprese le punte da trapano, con l’utilizzo perdono il filo e per ripristinarlo si utilizzano pietre per lo più artificiali, prodotte amalgamando polveri di corindone, silicio, ceramica e diamante, in relazione al tipo di metallo da riaffilare. Anche la grana ha diverse gradazioni a seconda della finitura che si vuole ottenere.
La mola elettrica si utilizza solo per operazioni grossolane e bisogna stare attenti a non surriscaldare la lama durante l’abrasione: questo comporterebbe la perdita della tempra e ridurrebbe la durata dell’utensile.
Per ripristinare il filo di molti attrezzi è sufficiente far scorrere la lama avanti e indietro su una pietra stazionaria per 15-20 volte, con un’inclinazione di 20° e con tutta la superficie del tagliente a contatto dell’abrasivo; l’operazione va ripetuta da un lato e dall’altro, eventualmente utilizzando più pietre a grana via via più fine per eliminare tutti i segni.
Cosa serve per effettuare l’affilatura manuale degli utensili da taglio?
Le pietre per affilatura manualenon vanno utilizzate a secco, ma unitamente ad olio o acqua, altrimenti i loro pori si ostruiscono con il materiale risultante dall’abrasione. Tutto sommato l’acqua è da preferire all’olio, in quanto questo è di tipo minerale e dannoso per la pelle; la scelta del tipo di pietra è fondamentale anche in questo caso, in quanto la natura della pietra determina il lubrificante da usare. La grana delle pietre per affilatura fa riferimento ad una scala molto diversa da quella delle carte abrasive: quelle da sgrosso hanno grana 800-1200, quelle da finitura arrivano a 8000. Ci sono poi pietre bifacciali che hanno da un lato la grana da sgrosso e dall’altro quella di finitura.
La sgrossatura a macchina
Per prima cosa bisogna posizionare la guida a mola ferma, facendo in modo di disporre di un appoggio sicuro. Se ci sono sbeccature o seghettature occorre anzitutto ripristinare una superficie di taglio uniforme e ben dritta.
Badando a non premere troppo e facendo attenzione che il metallo non cambi colore, sintomo di un iniziale arroventamento, si fa scivolare l’attrezzo all’indietro sollevando il manico, per ripristinare l’angolazione del taglio.
Capovolto l’utensile lo si passa con maggior delicatezza sulla mola per asportare la sbavatura, senza farlo appoggiare di punta.
Un contenitore con un po’ d’acqua fa sempre comodo anche se la mola è bagnata, per immergere il ferro e raffreddarlo prima di passare all’affilatura manuale.
Un’ottima mola affilatrice che abbiamo avuto modo di testare più volte è la mola ad acqua Wg 250 Gamma Zinken
Affilatura manuale
La spianatura del retro dell’utensile è un’operazione importante per una buona affilatura: i due lati del tagliente devono convergere perfettamente in ogni punto ed un filo apparentemente planare ed uniforme può invece presentare seghettature o variazioni di spessore.
Una buona sensibilità manuale è indispensabile per mantenere la lama inclinata nel modo corretto e per tutta la durata della passata. La rifinitura si ottiene con il completo distacco del filo di bava che si era formato con la sgrossatura.
Alcune pietre sono sagomate appositamente per seguire la forma concava delle sgorbie, toccando in ugual modo l’intera superficie di taglio. Sulla parte convessa si può invece passare la pietra piana, ma senza far lavorare soltanto la punta dell’utensile.
Editoriale tratto da Rifare Casa n.40 di Luglio-Agosto 2015
Autore: Nicla de Carolis
“Mi trovo così bene nel mio cabanon che sicuramente terminerò la mia vita qui”. Così diceva profeticamente (annegò in seguito ad una crisi cardiaca nell’agosto 1965 nel mare che vedeva dalla sua casetta) uno dei padri dell’urbanistica moderna e dell’architettura del ‘900, Charles-Edouard Jeanneret-Gris, architetto più noto con lo pseudonimo Le Corbusier. In questa capanna in legno (il suo “castello sulla Costa Azzurra”), che progettò in tre quarti d’ora e fece costruire sulla ripida collina di Cap Martin tra Mentone e Monaco a pochi passi dal mare, Le Corbusier ha creato uno spazio finito e autonomo di 336 x 336 x 226 cm in legno di pino per l’esterno e di quercia all’interno, compensato per le pareti e noce per il tavolo. Qui nulla è stato lasciato al caso e sono state previste tutte le esigenze (non c’era la cucina perché Le Corbusier preferiva andare a mangiare nella vicina trattoria Etoile de la mer), pur in dimensioni così ridotte: il letto diventa un armadio, il supporto del lavandino crea un elemento di separazione, la parete si trasforma in un tavolo e in mensole, il soffitto diventa un ripostiglio. La casetta fu prefabbricata in Corsica, trasportata via nave e treno a Cap Martin, e completata nell’agosto del 1952. Risultato della ricerca di una cellula minima, le Cabanon, è diventata un’icona dell’architettura moderna ma la cosa che fa pensare è il fatto che Le Corbusier abbia voluto costruirla in legno, lui che fu pioniere nell’uso del calcestruzzo armato: “Il cemento armato rende libero l’architetto… la stessa pianta libera è resa possibile dalla creazione di uno scheletro portante in cemento armato che elimina la funzione delle murature portanti che “schiavizzavano” la pianta dell’edificio e permettono all’architetto di costruire l’abitazione in tutta libertà, potendo disporre le pareti a piacimento”. Nonostante questa sua teoria che è stata, nel bene e nel male, un caposaldo della sua progettazione, se Le Corbusier fosse ancora vivo, visto l’amore che sul finire della vita aveva manifestato per questo cabanon, sicuramente sarebbe stato un sostenitore delle tecniche costruttive di oggi, realizzate con il legno. Tecniche che strutturalmente, da un punto di vista energetico, di tipologia architettonica e di rapidità di esecuzione non hanno proprio nulla da invidiare alle costruzioni tradizionali. Nello speciale di questo numero potrete apprezzare tutti i vantaggi che offre questo materiale antico, ma innovativo, semplice, completo di tutte le caratteristiche necessarie per edificare al top.