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Cornici in polistirolo o in gesso | Guida Installazione

L’ampia gamma disponibile di cornici in polistirolo o in gesso ci permette di trasformare e nobilitare gli ambienti

profili decorativiLe cornici in polistirolo o in gesso per la decorazione degli ambienti (dette anche greche in polistirolo) hanno la prerogativa di interrompere la monotonia di una parete (o di un soffitto) e ci consentono di eseguire tinteggiature differenziate o altre finiture che rendono più piacevole l’insieme. L’applicazione delle cornici in polistirolo o in gesso sulle pareti è un’attività alla portata di tutti, ma esige una certa precisione, soprattutto nelle giunzioni e negli angoli.

Per questo, dopo aver marcato la loro posizione sulla superficie ed aver rilevato le singole misure, bisogna tagliare le aste per poter effettuare i diversi raccordi. Utilizziamo una cassetta per tagli angolati ed una sega a dorso con lama a denti fini. Per l’applicazione delle cornici in gesso usiamo adesivo acrilico, mentre per le cornici in polistirolo o poliuretano o resina occorre usare l’adesivo raccomandato dal produttore.

Dopo aver ben pulito la parete si applica l’adesivo “a punti” sul retro della decorazione da fissare, senza abbondare. Si effettua quindi il posizionamento a parete premendo per facilitare l’adesione.

Possiamo suddividere le cornici in polistirolo o in gesso in due gruppi:

  • listelli, modanature, rosoni
  • capitelli, nicchie, decori vari

Cosa serve per applicare cornici in polistirolo o in gesso

guida per tagli angolatiGli adesivi adatti per l’applicazione delle cornici in polistirolo o in gesso sono solitamente dispersioni acriliche o poliviniliche in pasta. Ottimo si rivela l’adesivo di montaggio tipo “Millechiodi”. In alcuni casi conviene utilizzare l’adesivo proposto dalla casa produttrice dei decori. Il taglio si effettua con una sega a dorso che non subisce curvature  durante il lavoro, con l’aiuto di una cassetta per tagli angolati che guida la lama e permette di ottenere una notevole precisione negli accostamenti.

Cornici in polistirolo o in gesso tra parete e soffitto

cornice in gesso

cornici in gesso

  1. Per occultare la giunzione tra pareti e soffitto possiamo applicare una cornice angolare che tagliamo nelle misure adeguate, con la sega a lama rigida.
  2. Possiamo trattare la parte a vista della cornice modanata con la medesima tinteggiatura delle pareti o utilizzare una tinta contrastante.
  3. Sul retro stendiamo un cordone di adesivo acrilico a zigzag o a punti senza abbondare troppo.
  4. Collochiamo in posizione la cornice e premiamo per qualche istante attendendo una prima adesione.

Cornici in polistirolo o in gesso a parete

profili decorativi

boiserie

  1. Iniziamo tagliando a 45° le estremità degli elementi da applicare. Aiutiamoci con una guida di taglio che consente di effettuare giunzioni perfette.
  2. Con lo smalto satinato bianco dipingiamo accuratamente la cornice, applicandone due mani e rifinendo bene le parti interessate dai tagli.
  3. Stendiamo sul retro della cornice un cordoncino ondulato di adesivo tenendoci lontani dai bordi.
  4. Posizioniamo il primo spezzone premendolo con le mani per qualche istante. Gli spezzoni successivi vanno collocati facendo combaciare perfettamente i tagli a 45°.

Doppia cornice e decori angolari

specchio incorniciato

installare uno specchio

  1. Se intendiamo applicare uno specchio a parete per poi incorniciarlo, distribuiamo l’adesivo adatto per specchi formando una serie di cordoni verticali distanti 5-6 centimetri uno dall’altro.
  2. Lo specchio va premuto contro la parete e fissato con nastro adesivo per 24 ore, per dare il tempo all’adesivo di polimerizzare ed indurire definitivamente.
  3. Appoggiamo una prima cornice lungo il contorno dello specchio e premiamo su tutta la superficie per farla aderire bene. Puliamo eventuale adesivo fuoriuscito.
  4. Ritocchiamo le giunzioni lungo il perimetro dello specchio con lo stucco o con l’adesivo di tipo acrilico. Utilizziamo una spatolina e poi puliamo con uno straccio.
  5. A 10 cm dalla prima cornice ne realizziamo una seconda con angoli decorati. Ritocchiamo con un pennello le giunzioni.
  6. Tinteggiamo lo spazio compreso tra le due cornici con idropittura bianca. Alla vista sembrerà una cornice unica larga diversi centimetri.

Rosoni in gesso rosoni in polistirolo

I rosoni in gesso, così come i rosoni in polistirolo sono elementi di decoro che hanno conosciuto periodi di successo e di oblio, per ritornare alla carica in questi ultimi anni in cui il desiderio di avere case sempre più decorate, anche nei minimi particolari, è in aumento. Possono essere, appunto, in gesso o in materiale sintetico: si collocano al centro del soffitto a incorniciare il lampadario o anche da soli, come elementi di abbellimento.

Come procedere per applicare i rosoni
La messa in opera è semplice e non richiede particolari attrezzature. Il fissaggio si effettua per mezzo di adesivo acrilico da distribuire con la pistola da estrusione. Per un lavoro ancora più rapido scegliamo un rosone in materiale sintetico perché più leggero e praticamente non abbisogna di essere sostenuto. Se, invece, è più pesante lo manteniamo a contatto del soffitto con un’asta sufficientemente lunga o con un paio di nastri adesivi di carta. I rosoni in gessoo o in poliuretano si acquistano presso i centri di bricolage o nei colorifici più forniti. Disponibili in un’ampia gamma di fregi e misure: si va da 16 cm fino a 80 cm di diametro. I Prezzi sono a partire da euro 7,50. Un grande assortimento di rosoni è disponibile dalla Bovelacci.

rosone in gesso

rosoni in gesso

  1. Dopo aver forato il soffitto in prossimità della guaina con i conduttori elettrici, inseriamo il tassello ad ancoretta che ruotiamo fino a bloccarlo saldamente al suo gancio appenderemo il lampadario, dopo aver applicato il rosone al soffitto.
  2. Con una punta da trapano con diametro adatto foriamo il centro del rosone facendo attenzione a non scheggiarne la superficie. Il gesso si scalfisce molto facilmente.
  3. E’ bene regolarizzare il foro con una raspa a denti fini o una lima. Si può rifinire anche con la carta vetrata a grana fine. E’ bene lavorare su un piano protetto perché si produce molta polvere.
  4. Sulla parte di rosone che va a contatto col soffitto stendiamo abbondanti cordoni di adesivo acrilico con l’apposita pistola. Una buona quantità di colla  consente un ottimo fissaggio.
  5. Se il rosone è di tipo sintetico (es. poliuretano) rimane da subito aderente al soffitto. Se invece è in gesso è necessario collocare un elemento di sostegno per qualche ora. Per una applicazione perfetta è necessario dotarci di alcuni attrezzi  con cui eseguire le varie rifiniture. Servono: spatoline di dimensioni diverse per applicare gesso lungo il bordo del rosone quando questo non aderisce perfettamente al soffitto; una spugna per pulire sia il rosone sia la parete; un pennello per ritocchi alla tinteggiatura

Come lavorare il ferro battuto

Consigli pratici per imparare a lavorare il ferro battuto

ferro battuto, come lavorare il ferro battuto, ferro battuto fai da te, fai da te, lavorare il ferro, lavorare ferro battuto, realizzazioni in ferro battutoIl ferro battuto può essere, entro certi limiti, lavorato a freddo, ma per ottenere particolari sagomature è necessario lavorarlo a caldo tra 650-900 °C. A temperature più basse il metallo si “crepa” sotto l’effetto della martellatura, a temperature superiori c’è il rischio di inizi di fusione o di bruciature. In questo arco di temperatura il ferro assume un colore rosso-bianco e può essere battuto con il martello sull’incudine, appiattito e sagomato in vario modo. I pezzi, così elaborati, possono essere uniti per saldatura (elettrica o a gas) oppure assemblati con sistemi tradizionali quali fascette, perni ribattuti o altro, ottenendo manufatti in ferro battuto.

Cosa bisogna sapere circa il ferro battuto:

  • La forgia è l’attrezzo base per eseguire lavorazioni con il ferro battuto in quanto consente di accendere il carbone e mantenere un fuoco vivace che raggiunge alte temperature. Il carbone si colloca su un piano leggermente sagomato a tramoggia. Al centro c’è la bocca di un condotto da cui esce l’aria inviata da una ventola ad alette, azionata a mano o elettrificata. L’aria alimenta in continuo le braci di carbone in cui viene inserito, per il tempo necessario, il pezzo di ferro da lavorare.

Cosa serve per lavorare il ferro battuto:

Come lavorare il ferro battuto

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  1. Manteniamo il pezzo di ferro di cui va riscaldata un’estremità per poterla lavorare, immerso nella brace della forgia. Muoviamo il ferro in modo che il calore lo raggiunga da ogni parte.
  2. Battiamo l’estremità del pezzo sull’incudine appena lo togliamo dalla forgia, in modo da appiattirlo, curvarlo e sagomarlo. Non battiamo troppo forte per non spaccare il metallo ancora tenero.
  3. Le piattine che devono assumere una determinata curvatura le lavoriamo a freddo, bloccandole nella scanalatura di un elemento cilindrico e piegandole con le mani grazie a elementi di riscontro.
  4. I riccioli sui tondini li eseguiamo a freddo piegando il ferro entro una cavità praticata in un blocchetto di ferro. A seconda della spinta esercitata possiamo ottenere curvature di raggio diverso.
  5. Le parti appiattite con il martello le possiamo ulteriormente elaborare e sagomare con la lima, per conferire una curvatura costante ed eliminare eventuali bordi taglienti che possono essersi formati.
  6. La torcitura dei quadrelli si realizza a caldo. Estratto il pezzo dalla forgia lo inseriamo in un tubolare quadro e lo torciamo con una chiave a forchetta. Se si raffredda, lo riscaldiamo nuovamente.

Fascette e perni in ferro battuto

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Le unioni di elementi in ferro battuto possono essere realizzate a freddo. Una piattina nervata viene saldamente avvolta intorno ai pezzi da collegare e stretta in posizione con una chiave a pappagallo. Qualche colpo di martello rifinisce l’unione rendendola ben salda (1). Un altro sistema tradizionale consiste nel forare i due pezzi e inserire un perno di ferro le cui teste vengono ribattute sull’incudine (2).

Tife decorative fai da te

Un’esplosione cromatica in casa con un vaso pieno di spighe di tife decorative fai da te dall’insolito colore

La Tifa (Typha latifolia) è una pianta forte e invasiva che cresce lungo i corsi d’acqua. Una volta raccolta, la sua caratteristica infiorescenza sfiorisce presto: trattiamola e coloriamola per fissare perennemente  tutto il suo splendore.

Cosa serve per realizzare Tife decorative fai da te:

  • tife
  • fondo coprente all’acqua bianco
  • pennello
  • bombolette spray colorate
  • nastri colorati di rafia

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Tife decorative fai da te

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  1. Raccogliamo le tife lungo le rive di un fiume o di un corso d’acqua e tagliamole della lunghezza desiderata. Trattiamo le spighe con un generoso strato di fondo bianco, il quale viene completamente assorbito dalla spiga preservandone definitivamente la forma.
  2. Coloriamo ogni spiga con colori diversi usando le bombolette spray in qualità acrilica e lasciamo asciugare bene.
  3. Avvolgiamo gli steli delle spighe con alcuni giri di rafia opaca colorata, avendo cura di associare ad ogni tifa il medesimo colore di nastro.

Far da sé compie 40 anni

Da 40 anni ci piace fare

Pensiero far da sé di Nicla de Carolis Novembre 2014

Quando nel 1973 Massimo Casolaro, fondatore di FAR DA SÉ, allora dirigente alla Fratelli Fabbri editori, propose di realizzare una rivista di bricolage (in Italia non ne esistevano) la risposta fu no. Il pensiero dominante allora era quello di affrancarsi totalmente dalla manualità, dai lavori che la prevedessero; poter dire “… non sono capace di piantare un chiodo…” era il vanto di chi aveva studiato, come se lo studio fosse incompatibile con qualsiasi altra attività manuale. Con il passare del tempo questa mentalità si è andata ancora più radicando ed è degenerata fino al punto di far credere di poter sostituire al lavoro, sia pure dietro a una scrivania, la finanza, ossia poter vivere di rendita finanziaria, denaro che genera denaro. Questa crisi ci sta facendo tornare con i piedi per terra e si comincia a sentire un’inversione di tendenza, ci sono giovani laureati che si dedicano alla coltivazione della terra, che fanno il vino o che realizzano oggetti di arredo, unendo la teoria alle capacità pratiche del FARE con grande entusiasmo e con ottimi risultati. Forse anche i nostri governanti si sono resi conto che il lavoro si crea anche puntando sull’artigianalità delle eccellenze italiane, quindi orientando i giovani a scuole che, accanto alle indispensabili nozioni, insegnano a costruire, realizzare, senza aver paura di usare le mani. “Non saper far niente non è più l’aristocratica insegna dell’intellettuale moderno, ma il marchio di una sudditanza patita, di una servitù che dura, di una libertà non riconquistata”. Così scrive oggi il professor Cesare De Michelis, un intellettuale, splendido editore che con la sua Marsilio pubblica solo le perle più rare nell’inutilmente vasto panorama editoriale che affolla le nostre librerie. Alla luce dei fatti, la materia e il pensiero divulgati nella nostra rivista sono stati nel tempo caparbiamente controcorrente e lungimirantemente anticipatori. Nelle pagine di FAR DA SÉ abbiamo sempre sostenuto con forza la valenza della manualità; ci siamo entusiasmati costruendo e smontando per proporvi realizzazioni in cui nulla è lasciato al caso; ci siamo entusiasmati analizzando i vostri progetti unici, ingegnosi, intelligenti, stupefacenti; ci entusiasmiamo ogni giorno per le scoperte, per le migliorie tecniche ed estetiche che riusciamo a ottenere e siamo ansiosi di condividerle con voi. E grazie a tutti voi che ci seguite con affetto e partecipazione, giunti alla tappa dei 40 anni, portiamo avanti con immutata gioia e soddisfazione il credo del sapere FARE.

In occasione dei 40 anni di FAR DA SE’ potrete scaricare gratis il libro pensiero far da sé in versione digitale

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La squadra di Far da sé

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A partire da sinistra vedete le nostre facce, leggete i nostri nomi, le mansioni e l’anno dal quale abbiamo iniziato a lavorare per FAR DA SÉ

  • Foto 1 (da sinistra)Piergiorgio Magrassi, architetto, disegnatore (1981); Claudia Cazzulo, segretaria di redazione (2001); Valerio Poggi, redattore capo (1979); Emanuele Bottino, redattore capo (2007); Patrizia Ferrari, segretaria di redazione (1987); Francesco Poggi, redattore web (2012);
    Nicla de Carolis, direttore editoriale (1992)
  • Foto 2 (da sinistra): Carlo De Benedetti, direttore esecutivo (1986); Laila de Carolis, coordinatore grafico (2005); Dino Ferretti, fotografo (1978); Clara De Benedetti, responsabile ufficio spedizioni (1995); Marco Carlini, direttore vendite (1986); Ilaria Beretta, responsabile progetto Manualità (2011); Mauro Balbi, redattore tecnico (2005) …e tanti altri collaboratori esterni che non erano presenti quando abbiamo scattato la foto.

Siamo un gruppo di persone che lavorano in un posto splendido in mezzo ai boschi, con i caprioli e gli scoiattoli che si avvicinano alle finestre della redazione e le lucertoline che, quando ci sono le porte aperte, si intrufolano tra i nostri piedi. Infatti la nostra redazione è a Gavi, un paesino circondato dalla campagna, in provincia di Alessandria. Abitiamo tutti in zona e non “perdiamo” tempo in macchina come i cittadini per raggiungere la redazione o il laboratorio. Il nostro è un gruppo affiatato composto da redattori che hanno partecipato alla “costruzione” dei primi numeri di FAR DA SÉ e da giovani che hanno saputo apprezzare e portare avanti il passato arricchendolo delle innovazioni tecniche ed estetiche. Siamo in pochi per gestire una rivista mensile, FAR DA SÉ appunto, e tre riviste bimestrali (Rifare Casa, In Giardino, Fai da te OBI), un portale, i libri, i filmati,e tanto altro: dal nostro lavoro escono ogni anno oltre 4.000 pagine, dal nostro laboratorio migliaia di fotografie, centinaia di nuove costruzioni, decine di filmati, migliaia di articoli su internet. Questo grazie anche a consolidate collaborazioni esterne la cui produzione viene però sempre vagliata e dalla redazione. In questo numero speciale che celebra l’inizio del quarantesimo anno di vita di FAR DA SÉ vorremmo far rivivere a tutti il clima pioneristico dei primi anni di questa longeva rivista, un clima semplice, pulito, ruspante, generoso, un clima che, insieme all’entusiasmo per il lavoro, fa parte del nostro DNA oggi come allora. La nostra vocazione è divulgare, quindi non potevamo non farlo anche attraverso internet, con un sito che è, non solo nel nome, ma anche nella sostanza, il portale italiano del bricolage: il bricoportale.it che, grazie ai suoi contenuti unici, da cui conseguono un numero importante di visite quotidiane, è salito rapidamente nelle prime posizioni su Google. E poi c’è “Manualità, un gioco da ragazzi” il progetto che ha lo scopo di far conoscere ai bambini la bellezza di certi antichi lavori manuali spinti in un angolo dall’avanzare del moderno e di far provare l’emozione di realizzare qualcosa con le proprie mani. Qui, dopo aver aperto e attrezzato decine e decine di laboratori in tutta Italia, l’obiettivo è quello di entrare nelle scuole per diffondere la consapevolezza che la manualità della tradizione italiana, apprezzata in tutto il mondo, unita alle innovazioni tecnologiche, può tradursi in lavoro gratificante e remunerativo per tanti giovani del nostro Paese.

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Come installare un pluviale

Ecco come installare un pluviale che scarica direttamente nello scarico delle acque bianche

Piccole falde di tetto, specialmente se basse e sporgenti sul giardino, non vengono di solito raccordate con lo scarico delle acque piovane, ma vengono applicati alla grondaia terminali brevi, come le cosiddette teste di serpente, rivolti sul prato su cui riversano l’acqua raccolta. Talvolta l’acqua cade in una zona di passaggio, schizza muri e marciapiede, tant’è che si usano catenelle che rallentano la caduta dell’acqua. È molto meglio capire come installare un pluviale. La testa di serpente va rimossa e si chiude il foro che rimane nella gronda; il nuovo pluviale farà il percorso più idoneo a intercettare la rete di raccolta delle acque bianche che passa nelle vicinanze. Il problema maggiore è la rottura del marciapiede per far passare il primo tratto della tubazione interrata. La parte sottotraccia di conduttura è realizzata con tubo di PVC per scarichi, steso con una pendenza di circa 1 cm al metro.

Come installare un pluviale – Il materiale necessario

  • Tubo rame Ø 80 mm: 2 curve 60°, 2 segmenti rettilinei lunghi 2000 mm, 2 fascette fermatubo
  • Tubo scarico PVC Ø 80 mm: segmenti rettilinei e curve calcolate sul percorso
  • Pezzi speciali di PVC: 1 segmento di raccordo Ø 80 mm a 120 mm, 1 braga Ø 120 mm, 1 giunzione Ø 120 mm
  • 1 scarto di foglio di rame, colla per PVC, silicone per lattoneria.

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Come installare un pluviale

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  1. Rimosse alcune piastre di luserna, andando in profondità con il martelletto demolitore, è possibile scavare una galleria per il passaggio dello scarico, rompendo in superficie solo lo stretto necessario al prolungamento del pluviale.
  2. Partendo da sopra, componiamo la tubazione inizialmente senza incollare gli elementi: un primo tratto verticale, poi la curva a 90° e lo spezzone rettilineo in uscita. Gli spezzoni si tagliano alla giusta lunghezza con un seghetto da ferro.
  3. Tagliati tutti i pezzi, in modo che il tratto verticale sporga appena dalla pavimentazione, incolliamoli in successione con colla specifica per PVC, controllando con la livella il rispetto della pendenza necessaria al corretto scarico.
  4. Terminata la stesura delle tubazioni, iniziamo a ricoprire il tratto che rimane interrato oltre il marciapiede. Dapprima formiamo sul fondo uno strato di sabbia fino a ricoprire il tubo, poi ripristiniamo lo strato di terra e il manto erboso.
  5. Nella zona del marciapiede, dopo aver riempito con sabbia e ghiaia, armiamo la gettata con bacchette di ferro Ø 12 mm. Per una maggior tenuta, leghiamo le bacchette con il filo di ferro doppio da carpenteria.
  6. La gettata di cemento e ghiaia deve riempire bene tutti gli anfratti sottostanti, aiutando la penetrazione con la cazzuola e un bastone. Sopra va portata al livello d’appoggio delle piastre di luserna, spianata e lisciata in modo uniforme.
  7. Un particolare della fase di lavorazione dello scavo in cui il tubo di PVC risulta collegato allo scarico.

Scala a compasso fai da te

Le scale simmetriche a compasso, come quella illustrata, hanno due rampe entrambe munite di gradini che, aperte, formano con il pavimento un triangolo isoscele.  Sono molto stabili e permettono di salire da entrambe le parti.

Scala a compasso fai da te, scala fai da te, fai da te, come costruire una scala, costruire una scala, costruire una scala a compasso, scala in legno fai da te, scaletta fai da teLe scale a compasso sono molto stabili e permettono di salire da entrambe le parti. La costruzione di una scala a compasso fai da te è facilitata dalla disponibilità di specifiche cerniere che, regolate per aprirsi di 30°, permettono di inclinare le rampe dei 60° previsti dalle norme antinfortunistiche e facilitano, usandole come falsa squadra, il taglio delle estremità dei montanti, sia in alto, sia in basso. Questa scala a compasso fai da te, anche se costruita a regola d’arte, non è fatta per sopportare carichi gravosi: serve a raggiungere scaffali alti, la sommità di un armadio per prendere scatole o altro, senza il carico di pesi particolari. Per una maggior robustezza occorrono montanti di larice o faggio di pari sezione o di abete da 30 mm e gradini posti di piatto.

Cosa serve per costruire la scala a compasso fai da te:

  • In abete privo di nodi: 4 montanti 25x70x2000 mm, 12 gradini 20x45x430 mm
  • 4 barre filettate M6x480 mm con dadi a cupola e rondelle
  • 8 viti a testa svasata M5x40 mm con dadi autobloccanti e rondelle
  • 4 occhi a vite Ø 5×35 mm, 2 cerniere da scala, circa 2 m di catenella
  • Vernice trasparente all’acqua

Progetto scala a compasso fai da te

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La scala proposta ha un’altezza di 190 cm. La distanza tra gradino e gradino può variare dai 25 ai 35 cm, eventualmente aumentando i gradini, con dimensioni 2×4,5×43 cm.

Come costruire una scala a compasso fai da te

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  1. Aperte nei quattro montanti le sedi per i gradini, procediamo con l’inserimento di questi dentro le sedi aperte con il trapano e spalmate di colla. Aiutiamoci utilizzando un martello con testa di gomma.
  2. Prima che la colla del primo “pettine” abbia fatto completamente presa, incastriamo gli scalini nelle mortase del secondo montante previamente spalmate di colla. Puliamo eventuali fuoriuscite di adesivo.
  3. Mettiamo in piano la rampa, ricontrolliamo la squadratura dei gradini e mettiamo l’insieme in pressa fra due pezzi di legno di scarto per evitare che le ganasce degli strettoi segnino i montanti.
  4. Dobbiamo aprire, sotto il primo e il quinto gradino, quattro fori passanti nei quali introdurre, dopo aver liberato la rampa dalla pressa, le barre filettate che fungono da rinforzo strutturale.
  5. Fissiamo in testa alle due rampe le due cerniere da scala, in modo da unire insieme le due parti. Periodicamente controlliamo la tenuta delle viti e stendiamo un filo di olio lubrificante nelle giunture.
  6. Indispensabili le catene di arresto fissate ai montanti. Dato che a scala aperta le catene debbono rimanere tese, la posizione dei loro punti di attacco dobbiamo definirla a rampe divaricate.
Vigor 9686007 Casa Scala Colibri, Alluminio, Portata massima 100 kg
  • Scala realizzata in alluminio
  • A 7 gradini
  • Pratica e compatta
  • Prodotto di qualità
Gierre A0050 Scala telescopica in acciaio Acal100 4+5 pioli (Altezza lavoro: 4.28 m)
  • Struttura in acciaio con svasatura alla base;
  • Montanti larghi con profilo stondato per una presa più confortevole;
  • Sistema di articolazioni in acciaio, con manopole dalla comoda impugnatura;
  • Sistema di sicurezza apertura-chiusura semiautomatico;
  • Altezza massima in posizione forbici: 3,44 m/Altezza massima allungata: 4.28 m
Scala telescopica in acciaio Acal100 - 4+4 pioli (Altezza lavoro: 3.76 m)
  • Prodotto certificato ACA1100 ai sensi del decreto legislativo 81/08
  • Solida struttura in acciaio estesa alla base
  • Altezza massima nella posizione della forbice: 191 cm
  • Altezza massima tesa: 376 cm, carico massimo: 100 kg

Impianto di aspirazione

Con un impianto di aspirazione centralizzato possiamo aspirare in tutte le stanze della casa senza dover portare o trascinare pesi. Basta collegare il tubo flessibile alle prese installate in ogni stanza e collegate alla centrale di aspirazione.

Impianto di aspirazione centralizzato, aspirazione centralizzata, impianto aspirazione centralizzato, aspirapolvere centralizzato, impianti di aspirazione, impianti aspirazioneUn impianto di aspirazione centralizzato permette di pulire la casa in modo semplice, intelligente e senza fare rumore. La centrale aspirante può essere collocata in un locale di servizio o sul balcone. Una rete di tubi posizionata sotto il pavimento, a parete o nel sottotetto, è collegata tramite bocchette ai vari locali dell’abitazione e per effettuare le pulizie basta introdurre il tubo flessibile in dotazione, fornito in diverse lunghezze per raggiungere tutti gli angoli della stanza; l’avviamento può avvenire direttamente dalla centrale fino a fine lavoro o con microinterruttori incorporati in ciascuna presa. Un impianto di aspirazione centralizzato rappresenta un sistema comodo in quanto evita di portarsi in giro un ingombrante e pesante aspirapolvere che urta gli spigoli dei mobili, collegato da un lungo filo che si aggroviglia con il pericolo di inciampare. La salvaguardia dell’igiene è assicurata perché permette di espellere all’esterno le polveri sottili ed i pollini dannosi alla salute con l’aria viziata e maleodorante che esce dai sacchetti dei normali aspiratori. Il tutto si può fare in modo silenzioso perché l’aspiratore è posizionato all’esterno ed è provvisto di silenziatore. Un impianto di aspirazione centralizzato va installato quando la casa è in costruzione o in ristrutturazione, contemporaneamente alla stesura degli altri impianti.

Ogni stanza della casa è collegata all’impianto di aspirazione centralizzato
Le bocchette di aspirazione possono essere di vario tipo, collocabili a parete, allo stesso livello delle prese elettriche, o a pavimento, una in ogni stanza. Importante evitare di posizionarle dietro a porte o su pareti interessate dall’arredamento. La centrale andrebbe collocata possibilmente in una zona di baricentro rispetto all’impianto, in un locale di servizio; se installata molto in alto (es. solaio) può essere necessario sovradimensionarne la potenza.

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Aspirazione centralizzata e tubo corrugato

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Realizzato l’impianto centrale di aspirazione, quello che si usa è un tubo corrugato dotato ad un’estremità di un sistema di aggancio alle bocchette e all’altra di tanti e diversi accessori di pulizia (spazzole, battitappeto, puliscitapparelle, ecc).

Scopri di più sull’aspirazione centralizzata

Trattamento dei pavimenti in cotto

Il periodico trattamento dei pavimento in cotto è un’operazione fondamentale per mantenere bello e nel tempo questo straordinario prodotto.

Il cotto è un eccezionale materiale le cui applicazioni sono arrivate fino a noi, dopo essere state utilizzate per secoli, con la medesima bellezza di un tempo. La tecnologia attuale permette di effettuare un trattamento dei pavimenti in cotto in modo da esaltare le qualità di questo manufatto, anche se la produzione del cotto segue un metodo artigianale vecchio di millenni.

Se per la posa del cotto si utilizzano i comuni materiali e tecniche, i trattamenti cotto che seguono hanno lo scopo di proteggerlo e facilitarne la pulizia, senza alterarne il fascino.

Il cotto, infatti, è un materiale di per sé poroso e come tale può assorbire sostanze e macchiarsi in modo irreparabile: per questo è indispensabile provvedere a renderlo impermeabile. I vecchi sistemi di posa sono stati via via abbandonati per far posto ai collanti, che semplificano il lavoro dei posatori senza alterare il risultato estetico finale.

Esistono diverse tipologie di pavimento in cotto:

  • Cotto Arrotato a crudo – La superficie rustica si ottiene prima della cottura in forno con spazzole d’acciaio.
  • Cotto Satinato – La lavorazione viene eseguita con dischi abrasivi, pertanto la finitura acquista un aspetto vellutato con una rusticità meno evidente rispetto all’arrotatura.
  • Cotto Levigato – Si presenta duro e compatto, bisellato e lucidato mediante mole abrasive.
  • Cotto Smaltato – Si ottiene applicando sulla piastrella cruda uno strato di smalto che viene assorbito in modo disomogeneo, lasciando una superficie volutamente irregolare.
  • Cotto Anticato – Di recente produzione, ma eseguita nel rispetto dei processi artigianali.

Trattamento dei pavimenti in cotto

Le fasi del trattamento dei pavimenti in cotto di dividono essenzialmente in:

  • Stuccatura del cotto
  • Impermeabilizzazione del cotto
  • Finitura a olio pavimento in cotto
  • Finitura a cera pavimento in cotto

Trattamento dei pavimenti in cotto – Stuccatura del pavimento in cotto

La stuccatura del cotto va eseguita con una boiacca di sabbia e cemento, alla quale possono essere aggiunti coloranti (solo per pretrattati); tuttavia ci sono prodotti sintetici già pronti che assicurano colori omogenei.

Impermeabilizzazione del cotto

L’impermeabilizzazione del pavimento in cotto (detta anche idrofobizzazione del pavimento in cotto) si esegue subito dopo la posa, consigliata per pavimenti molto assorbenti: evita la risalita di umidità latente dal sottofondo e costituisce un’ottima base per i trattamenti successivi.

Finitura a olio del pavimento in cotto

La finitura a olio del cotto è un sistema antico che prevede l’applicazione di olio di lino crudo e poi cera d’api. Oggi l’industria mette a disposizione prodotti impregnanti a base di oli vegetali essiccativi e idrorepellenti.

Finitura a cera del pavimento in cotto

La finitura a cera del cotto si esegue con cera neutra, per mantenere il colore originale, o con cera “antica” per scurire la superficie. In funzione del calpestio si applica periodicamente la cera di mantenimento.

Come recuperare un vecchio pavimento in cotto

  1. dopo un abbondante lavaggio con acqua iniziamo a lavare con la monospazzola gettando ogni tanto la soluzione acida. L’operazione va eseguita su non più di 2-3 m2 per volta.
  2. se occorre ripetiamo l’operazione, quindi risciacquiamo la superficie e aspiriamo la porzione di pavimento trattata con un aspiraliquidi lasciando asciugare bene.
  3. trascorsi alcuni giorni, a seconda della temperatura ambiente, per consentire l’asciugatura in profondità, procediamo con il trattamento di ripristino e la successiva finitura della superficie.

Scopri la linea specifica di prodotti Madras per la cura del cotto

 

Libreria rotonda fai da te

Costruzione passo-passo di una libreria rotonda fai da te

Ecco una libreria rotonda fai da te  che porterà in casa una nota di design, si ricava da due pannelli di MDF spessi 10 mm. Da un pannello tagliamo due dischi con diametro 1100 mm. Uno lo lasciamo intero e uno lo dividiamo in tre (due lunette con la base di 1000 mm e una striscia di scarto larga 100 mm). Dall’altro pannello di MDF, ricaviamo quattro lunette di pari diametro con la base di 780 mm.

Le sei lunette, due grandi e quattro piccole, vanno incastrate fra loro a mezzo legno. Le grandi formano una croce sui bracci della quale si incastrano, a formare un quadrato, quelle piccole. Gli incastri devono essere larghi quanto lo spessore dell’MDF e lunghi metà della larghezza delle lunette nei punti di incrocio. Lungo le linee tracciate a tergo del disco di fondo si aprono a una certa distanza dagli incroci i fori per le viti.

Da sapere circa la libreria rotonda fai da te: L’originale che ha ispirato la nostra realizzazione è la libreria di Joe Colombo, progetto del 1965, oggi prodotta da Industrie Carnovali

Cosa serve per realizzare la libreria rotonda fai da te:

  • 3 m2 di MDF spesso 10 mm
  • Viti Ø 4×40 mm
  • Primer di fondo
  • Smalto satinato
  • Avvitatore o cacciavite
  • Seghetto alternativo
  • Trapano elettrico
  • Strettoio a nastro
  • Metro, riga, squadra, matita e pennello

Libreria rotonda fai da te – il progetto

Come realizzare la libreria rotonda fai da te

  1.  L’intaglio degli incastri fra le lunette richiede precisione, sia per le misure (larghezza e lunghezza) sia per la perpendicolarità ai lati diritti. Se l’abbiamo, utiliziamo una guida di taglio.
  2. La libreria è formata da sette pezzi: un fondo, tre lunette “maschio”, con scanalature che partono dalla base dritta, e tre lunette “femmine”, con le scanalature aperte sul margine curvo.
  3. Iniziamo il montaggio mettendo in verticale le lunette con il dorso piano, quindi incastriamovi le altre, cospargendo i profili degli incastri con colla vinilica. Rimuoviamo subito la colla in eccesso.
  4. Serriamo la struttura completa con lo strettoio a nastro, verificando che le lunette siano in linea con la tracciatura. Rovesciamola e colleghiamo fronte e retro inserendo le viti nei fori d’invito aperti in precedenza.
  5. Stendiamo su tutto il legno una mano di primer e, quando è asciutto, carteggiamo leggermente per eliminare il “pelo”. Otteniamo così un supporto che limita l’assorbimento dello smalto e rende estremamente lisce le superfici.

Montaggio a parete della libreria rotonda fai da te

La libreria si fissa alle pareti o direttamente con viti e tasselli (4 per carichi pesanti) o con attaccaglie robuste.

Sale
Kartell Bookworm Mensola da Parete, 11 Reggilibri, PVC, Rosso Vino, 520 x 20 x 19 cm
  • Designer: Ron Arad, 1994
  • Dimensioni: 520 x 19 x 20 cm
  • Peso: 9.8 kg
  • Materiale: PVC colorato in massa e ritardante di fiamma
  • 11 Reggilibri
Kartell 800509 Bookworm libreria a 11 separazioni Nero
  • Dimensioni: 51.2 x 50.2 x 21.2 cm
  • Materiale: PVC ignifugo colorato
  • Designer: Ron Arad, 1994
  • Peso: 10.8 Kg
Kartell Bookworm Mensola da Parete, 7 Reggilibri, PVC, Nero Oro
  • Designer: Ron Arad, 2011
  • Dimensioni: 320 x 19 x 20 cm
  • Materiale: PVC colorato in massa e "flame retardant"
  • Peso: 6.2 kg
  • 7 Reggilibri

 

Contenitori per dolci fai da te

Una forma geometrica classica per questi colorati contenitori per dolci fai da te che rallegrano le feste dei più piccoli

Per realizzare questi simpatici contenitori per dolci fai da te servono:

  • un cartoncino bianco rigido;
  • perline indiane
  • glitter in colori assortiti
  • colla vinilica
  • pennello
  • nastro biadesivo
  • pinza fustellatrice
  • matita
  • forbici

Come realizzare i contenitori per dolci fai da te

  1. Realizziamo un cono con il cartoncino tracciando dapprima una sagoma precisa del suo sviluppo (1/4 di cerchio) con la matita. Tagliamo e fissiamo i lembi con pezzettini di nastro biadesivo che posizioniamo in modo che non risultino visibili.
  2. Con le forbici pareggiamo i bordi del cono in modo da renderlo perfettamente regolare.
  3. Con la fustellatrice pratichiamo sul cono, in prossimità della base, due fori in cui inseriamo un nastrino dorato che ci servirà per appendere il contenitore.
  4. Partendo dalla punta stendiamo la colla vinilica e copriamo una zona alta alcuni centimetri.
  5. Passiamo la punta del cono nelle perline colorate in modo da ricoprirla interamente. Possiamo anche “spolverare” la superficie col glitter brillante molto fine, che rimane aderente alla colla vinilica.
  6. Proseguiamo alternando le strisce di perline in colori diversi. Lasciamo che la colla asciughi bene prima di appendere i coni riempiendoli di caramelle e dolcetti. Realizziamo più coni con strisce di colore diverso.
Britten and James, confezione da 10 barattoli di plastica assortiti per feste, vuoti in plastica trasparente con coperchi decorativi avvitabili stile vittoriano. In plastica PET di grado alimentare, contenitori perfetti per dolci, caramelle, biscotti, integratori, cibo per animali, biscotti per il cane, pasta, riso, lenticchie, frutta secca, decapaggio, marinatura, regali, giocattoli, display, centesimi e monete. Ideali per feste, compleanni, matrimoni, San Valentino, Natale, Pasqua, Halloween, festa della mamma, festa del papà, della nonna e del nonno
  • Confezione da 10 barattoli di plastica assortiti per feste, vuoti in plastica trasparente con coperchi decorativi avvitabili stile vittoriano; i barattoli sono disponibili in 5 diverse dimensioni e un set tipico comprende: 1 barattolo da 4430 ml rettangolare, 2 da 3200 ml sferici, 1 da 2500 ml rotondo, 3 da 650 ml sferici e 3 da 500 ml rotondi, che li rende perfetti per conservare per dolci, caramelle, biscotti e biscotti, integratori, biscotti per cani, prodotti alimentari, regali, giocattoli, centesimi, monete ecc. Ideali per il gioco "indovina quanti dolcetti ci sono nel barattolo?"
  • In plastica PET di grado alimentare, ciò significa che è sicuro per conservare gli alimenti, soprattutto cibi secchi come spaghetti, altri formati di pasta, riso, lenticchie, farina, frutta secca e biscotti. Essi possono contenere liquidi in modo che possano essere utilizzati per decapaggio e marinatura. Possono anche essere usati per conservare oggetti non alimentari come batuffoli di cotone.
  • Grazioso design: le linee semplici e i coperchi decorativi rendono questi barattoli attraenti ovunque con il loro stile da negozio di dolci, soprattutto in cucina o nelle esposizioni. Sono anche il contenitore ideale per regali di Natale, Pasqua, San Valentino, Halloween, compleanni, matrimoni, feste, festa della mamma, festa del papà e, da non dimenticare, la festa della nonna e del nonno.
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Papstar 19988 - 50 Coppette, 4,5 x 4,5 x 5 cm, Transparenti
  • Piccole ciotole eleganti
  • Per le specialità finger food
  • Realizzata in plastica trasparente
Street Stalls, Alzata per Dolci a Forma di Negozio di dolciumi
  • Stile vintage e sacchettini di carta; con adesivo personalizzabile Da riempire con cioccolatini e caramelle
  • Bancarella perfetta per matrimoni e feste
  • Semplicemente adorabile
  • Nella stessa serie: sacchetti di dolci e barattoli da mescolare come preferite
  • 2 ripiani, 12 sacchettini, lettere adesive
Sale
Piatto da portata dolci e torta completo di campana patisserie diametro 32 Cm
  • Basamento realizzato in vetro
  • Altezza con coperchio: 13 cm
  • Diametro: 32 centimetri