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Come sostituire il filtro dell’aria

Sostituire il filtro dell’aria dell’auto, è un’operazione che va fatta regolarmente. Vediamo come.

Cambiare o pulire spesso il filtro dell’aria permette al motore di funzionare meglio e inoltre fa consumare all’automobile meno carburante a parità di condizioni.
filtri-aria-autoIl filtro andrebbe sostituito ogni due anni al massimo, a prescindere dai chilometri percorsi, perché residui di polline, smog, polvere si accumulano anche se l’auto viene lasciata a riposo. Chi abita in zone agricole dove pollini e polvere di terra abbondano, dovrebbe sostituirlo ogni anno. Per acquistare il filtro adatto conviene portarsi il libretto di manutenzione per facilitarne l’individuazione.

I filtri di carta (sono i più diffusi) non possono essere puliti in alcun modo e vanno sostituiti con un tipo identico. Cerchiamo di procurarci il tipo di filtro consigliato dalla casa automobilistica, per essere certi di qualità ed efficacia.

 

Se il filtro dell’aria si intasa sono guai!

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Il filtro impedisce alla polvere di penetrare nel condotto di aspirazione del sistema di alimentazione del motore.  Se il filtro è sporco oppure ostruito,  vi è un eccessivo consumo di carburante oppure una regolazione incerta della miscela aria/carburante.
Il mo­to­re ten­de a spe­gner­si al mi­ni­mo, an­che a mo­to­re cal­do e inol­tre, du­ran­te le ac­ce­le­ra­zio­ni, presenta delle discontinuità perché al car­bu­ra­to­re ar­ri­va po­ca aria e quin­di la mi­sce­la con la ben­zi­na è trop­po ric­ca.

Come sostituire il filtro

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  1. Per accedere al filtro dell’aria dobbiamo allentare le viti o le mollette che bloccano il coperchio del contenitore e, talvolta, scollegare questo dal tubo di aspirazione allentando le relative fascette.
  2. Estraiamo dalla sede con attenzione il filtro da sostituire. Prima di inserire quello nuovo puliamo il contenitore con uno straccio imbevuto di gasolio. Mettiamo il filtro e richiudiamo.
  3. Alcune auto, ma soprattutto le moto, sono dotate di filtro in schiuma di poliuretano, che estraiamo allentando le relative viti. Se è compromesso lo si sostituisce, altrimenti è possibile pulirlo.
  4. Il filtro, preventivamente sbattuto per ridurre la polvere, va immerso in una bacinella con petrolio raffinato o gasolio. Lo lasciamo a bagno per una decina di minuti in modo che i residui grassi si sciolgano.
  5. Togliamo il filtro dalla bacinella e lo strizziamo per bene. Possiamo immergerlo in acqua con detersivo per piatti per eliminare le residue tracce di sporco e grasso non completamente sciolte.
  6. Prima di rimontare il filtro è indispensabile asciugarlo perfettamente. Il metodo migliore è sottoporlo al soffio di aria compressa che elimina acqua e residui. Poi lo rimontiamo in sede.

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Tavolo di recupero con tubi delle stufe

Un tavolo di recupero costruito con tubi della stufa e un piano di vetro di recupero.

I tubi utilizzati per espellere i fumi di scarico delle stufe possono sembrare elementi insoliti per realizzare complementi d’arredo; eppure, grazie alla loro componibilità, ben si prestano a ottenere strutture alternative come, per esempio, il supporto per un tavolino di vetro temprato. La sua forma si ottiene mediante l’inserimento dei tubi in quattro gomiti fissati per mezzo di rivetti. Quattro ruote piroettanti consentono, inoltre, di spostare agevolmente il tavolino per collocarlo dove più ci aggrada. Il piano in doppio vetro (anche di recupero)
è poggiato sulla struttura e protetto nei punti di contatto grazie a quattro feltrini adesivi.

materiali tavolo di recuperoCosa serve per realizzare questo tavolo di recupero

✓ 4 tubi per stufa ø 150 mm
✓ 4 curve ø 150 mm
✓ Profilato di alluminio a “L” da 20×20 mm
✓ Lastra di doppio vetro 1000×1000 mm spessa 18 mm
✓ Ruote piroettanti ø 40 mm
✓ Viti per metallo, chiave a brugola
✓ 8 rivetti, 4 feltrini
✓ Smerigliatrice angolare, trapano, pinza rivettatrice
✓ Adesivo di montaggio trasparente

 

tavolino-ghisa

  1. Per tracciare la linea di taglio  aiutiamoci con una guida costituita da un listello di legno alla cui estremità è fissato un pennarello. Seguendo la traccia tagliamo il tubo utilizzando la smerigliatrice.
  2. Segniamo, sulle quattro curve, in posizione centrale, i punti da forare per potervi fissare le ruote piroettanti. In corrispondenza dei segni pratichiamo i fori per l’inserimento delle viti.
  3. Collochiamo in posizione le ruote piroettanti e fissiamole serrando le quattro viti a brugola nei rispettivi dadi. Non esercitiamo una forza eccessiva, per evitare di deformare la curva di alluminio.
  4. Lungo il tratto d’unione tra tubi e curve pratichiamo due fori che ci permettono di inserire i rivetti e bloccare la struttura. Serriamo i rivetti nei fori con la pinza rivettatrice che li deforma e li trancia.
  5. Proteggiamo i punti di contatto tra la struttura di alluminio e il vetro utilizzando piccoli feltri adesivi di forma rotonda. In commercio possiamo trovarli di differenti grandezze (almeno 2 cm di diametro).
  6. Tagliamo a misura i profili di alluminio con cui rivestire lo spessore del vetro e incolliamoli  al vetro utilizzando un adesivo di montaggio trasparente che garantisce presa immediata.

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Costruzione tavolo di recupero

Alpina Italia

Alpina Italia è il marchio del Gruppo DAW dedicato al consumatore faidate, ed è presente nel settore delle pitture da oltre un secolo. Il marchio Alpina è leader di mercato in Germania, Svizzera e Austria ed è riconosciuto per la continua tendenza verso la qualità e la sostenibilità.

A partire dal 2012 Alpina Italia, Divisione di DAW Italia GmbH & Co KG, opera sul mercato italiano del DIY con prodotti di alta qualità, eco-sostenibili e sicuri per la salute, che rendono più sane e protette le abitazioni. L’offerta comprende idropitture classiche e speciali per interni ed esterni, impregnanti e vernici per la cura e la decorazione del legno e del metallo, finiture colorate sviluppate secondo concept creativi che consentono di scegliere i migliori abbinamenti cromatici e decorativi per ogni tipo di ambiente.

Una gamma prodotti con packaging innovativo e accattivante, in continua evoluzione in base alle tendenze del mercato, per soddisfare tutte le richieste di performance e le esigenze estetiche del consumatore fai-da-te. L’azienda sviluppa inoltre strumenti innovativi di comunicazione e merchandising per i punti vendita e, attraverso la DAW Akademie, organizza corsi teorico-pratici di formazione tecnica dedicati a tutti gli operatori del settore fai-da-te, dalle rivendite indipendenti ai minibrico, fino alle catene della grande distribuzione specializzata. Un’offerta ampia e innovativa di prodotti e servizi, studiati e personalizzati appositamente per il mercato italiano.

Costruiamo una poltrona da una bobina

Realizziamo una curiosa e robusta poltrona da giardino utilizzando un rocchetto-bobina per cavi dell’alta tensione.

La parte più importante della realizzazione di questa poltrona-bobina è la costruzione dello schienale della seduta. Il trucco consiste nel tagliare due archi di cerchio dai fianchi del rocchetto per ottenere i due pezzi che vanno accostati e uniti per ottenere lo schienale. Il supporto dello schienale viene realizzato avvitando un listellone di buona sezione tra i due fianchi circolari: su di esso si fissa lo schienale.
La giusta posizione del listellone va determinata collocando il rocchetto sul piano, appoggiato sulle due parti tagliate che offrono un sicuro appoggio a terra senza il rischio di ribaltamento.

Bobina

Cosa occorre per costruire la poltrona-bobina

✓ Rocchetto per cavi alta tensione
✓ Sega circolare
✓ Trapano avvitatore
✓ Levigatrice orbitale (o a delta)
✓ Viti autofilettanti
✓ Carta vetrata
✓ Pennello e smalto acrilico
✓ Bordino di gomma (quello che si usa nei soffitti con finte travi per occultare le giunzioni tra pezzi adiacenti)

La costruzione passo passo

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  1. Tagliamo ognuna delle due ali del rocchetto alla base, in modo da ottenere due pezzi che, uniti, formano lo schienale della poltrona.  Per l’unione utilizziamo due tavolette fissate all’estremità con viti.
  2. Per tenere in posizione la robusta traversa su cui va appoggiato lo schienale, servono quattro lunghe viti che attraversano l’intero spessore delle ali. Aumentiamo la coppia dell’avvitatore se necessario.
  3. Due viti, avvitate anche sul davanti dello schienale, lo assicurano in modo definitivo al traverso posteriore. Il nostro rocchetto è ora trasformato in un’originale poltrona, molto stabile.

    costruzioni-bobina

  4. Con carta vetrata media (n° 140) carteggiamo il sedile per prepararlo alla successiva mano di finitura. L’operazione di carteggiatura va raffinata utilizzando carta abrasiva più fine (n° 280).
  5. Trattiamo tutta la poltrona, a esclusione del sedile cilindrico, con smalto acrilico, da scegliere in un colore a piacere. Se necessario applichiamone due mani, intervallate di 24 ore l’una dall’altra.
  6. Un nastro di gomma nera con finte borchie, incollato con adesivo tenace sul bordo delle ali del rocchetto, dona un sapore medioevale alla poltrona che assume sempre più l’aspetto del trono.

disegnopoltrona

Misure precauzionali stufa a pellet

Una serie di utili indicazioni per far funzionare la stufa a pellet in totale efficienza e sicurezza.

Buona parte delle misure precauzionali da prendere per l’installazione di una stufa a pellet sono le stesse delle stufe a legna: lo scarico dei fumi non può essere fatto all’interno di una canna fumaria già utilizzata per altre apparecchiature; se il pavimento è potenzialmente infiammabile, occorre predisporre uno strato di separazione tra questo e la stufa (ad esempio una lamiera). Per la collocazione va tenuto conto che è necessario un passaggio all’esterno per il prelievo di aria, in modo che la stufa non sottragga ossigeno all’ambiente chiuso. Bisogna anche accertarsi che la posizione consenta di effettuare con facilità gli interventi di manutenzione. L’installazione delle stufe a pellet va effettuata vicino a una presa elettrica, già esistente o predisposta allo scopo. Se non si dispone di una canna fumaria libera, bisogna praticare un foro nel muro per il tubo di uscita dei fumi: occorre pertanto verificare che la zona da demolire non sia attraversata da impianti sottotraccia, poi si può praticare l’apertura. 

Stufa a pellet – Apertura per la canna fumaria

stufa-a-pellet, stufe a pellet palazzetti, pellet

 

 L’operazione può essere effettuata manualmente, come mostra la sequenza fotografica, ma spesso gli installatori utilizzano potenti trapani con sistema di aspirazione, in grado di far avanzare grosse frese a tazza con riporti diamantati che lasciano un foro pulito e calibrato, da sigillare con cura dopo l’inserimento del tubo. Tutta la procedura di installazione, il collaudo e le successive manutenzioni vanno effettuate da personale qualificato

Stufa a pellet – Installazione sul Parquet con acciaio brunito

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Se il locale in cui installare la stufa ha il pavimento di legno, non si può appoggiarla direttamente su di esso: oltre alla deformazione termica, il rischio di danneggiamenti e bruciature è elevato e bisogna interporre tra stufa e pavimento un appoggio che protegga la superficie di legno e, al tempo stesso, possa apparire come un elemento integrante della stufa piuttosto che un adattamento alla situazione. Pur non essendo il massimo dell’eleganza, una piastra di acciaio brunito che delimiti una zona più ampia rispetto all’effettivo ingombro della stufa può essere una valida soluzione. La verniciatura deve riprendere la tonalità della struttura della stufa e gli angoli a vista vanno ampiamente smussati. Lo spessore consigliabile è 10/10 o 15/10.

Stufa a pellet – Installazione sul Parquet con piastrelloni

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In questo caso si tratta di asportare una porzione di parquet la cui superficie deve tenere conto delle dimensioni dei piastrelloni e di quelle delle fughe, da lasciare anche lungo il perimetro. Il sistema migliore per effettuare questa operazione in modo preciso e senza danneggiare la superficie, se il parquet è incollato, è l’utilizzo di una fresatrice portatile munita di guida. Terminata la rimozione e ripulita la zona da colla e residui, si incollano le piastrelle utilizzando un listello da 10 mm per mantenerle equamente distanziate dal legno e garantire la compensazione di eventuali dilatazioni. Terminato l’incollaggio, si realizza una cornice di profili sagomati, del tipo utilizzato normalmente per raccordare pavimentazioni di diversa natura o il cui livello non è esattamente coincidente. Viene bloccata tramite perni inseriti sulla faccia inferiore dei profili e fatti penetrare in fori praticati allo scopo nel massetto.

Stufa a pellet – Installazione sul Parquet con cristallo termico

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Un cristallo con il profilo frontale stondato, con un raggio simile a quello della stufa (in questo caso), non interrompe la continuità del pavimento. Per evitare lo scalino dato dallo spessore del cristallo, si può riportare la sagoma a pavimento, asportare con precisione la porzione di parquet dalla zona interessata e, se non basta eliminare lo strato di feltro (o di colla), piallarne la faccia inferiore per poi riposizionarle senza alcun fissaggio a pavimento, poggiandovi sopra il cristallo.

 

Palazzetti Ecofire – La gamma

La gamma di stufe a pellet Palazzetti Ecofire racchiude modelli capaci di rispondere alle diverse necessità imposte dagli spazi abitativi e dalle abitudini delle persone, con tutto il piacere della fiamma a vista e la certezza di essere in perfetto equilibrio con la natura.

Scegliere una stufa a pellet come forma di riscaldamento esclusivo o integrativo per la propria casa vuol dire assicurarsi un comfort naturale e facile da gestire: per la sua installazione occorrono soltanto una presa d’aria esterna, un tubo di uscita fumi Ø 80 o 100 mm, che per legge deve arrivare a tetto, e il collegamento a una presa elettrica. Le stufe Palazzetti Ecofire hanno rendimenti altissimi (in alcuni casi superiori al 96%) e sono completamente automatiche e programmabili: il sistema di caricamento dei pellet, l’accensione, lo spegnimento e la gestione del calore negli ambienti vengono gestiti in modo autonomo dalla stufa. Come tipologia di riscaldamento, si può scegliere tra i modelli Aria o Idro: i primi possono riscaldare la casa per irraggiamento, per convezione naturale oppure, tramite apposite canalizzazioni, portare l’aria in altre stanze; i modelli Idro, invece, possono scaldare l’acqua per tutte le necessità domestiche, sia per i termosifoni sia per uso sanitario. Il tutto racchiuso in un’estetica ricercata che ne fa non soltanto un elemento funzionale, ma un componente integrabile in qualsiasi tipi di arredamento. Ci sono poi da tenere in considerazione le diverse esigenze dell’utilizzatore in termini di spazio per l’installazione, dei volumi da riscaldare, della silenziosità: per scegliere il modello giusto occorre valutare questi aspetti e gli eventuali vincoli per l’installazione.

Palazzetti ecofire – Sabina

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Il rivestimento di legno (teak, wengè, laccato bianco o nero) della stufa Sabina la rende un complemento d’arredo adatto sia agli ambienti classici sia a quelli moderni e contemporanei. A partire da euro 4.280 + iva.

Palazzetti ecofire – Denise

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Denise è ideale per piccoli spazi o corridoi: installabile a filo muro, garantisce altissimi rendimenti e minimi consumi. Ha una portina estetica in vetro a specchio che, a focolare spento, rende invisibile il braciere. A partire da euro 2.380 + iva.

Palazzetti ecofire – Lola

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La ventola di Lola può funzionare solo per scaldare la casa velocemente, poi può essere esclusa e la stufa riscalda solo per convezione naturale, in modo totalmente silenzioso. Ideale per riscaldare nelle ore notturne. Euro 3.280 + iva.

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Perfetta come integrazione di un impianto esistente senza interventi murari, Rossella diffonde l’aria calda tramite un ventilatore, velocemente e in modo omogeneo; ideale per scaldare un unico ambiente o più ambienti in relazione tra loro. A partire da euro 1.830 + iva

Maggiori informazioni sul sito Palazzetti www.palazzetti.it

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I valori che producono talento

Editoriale tratto da “Far da sé n.439 Giugno 2014”

Autore: Carlo De Benedetti

Traiamo alcune frasi dall’intervista che Gian Luca Sghedoni (47 anni, amministratore delegato del gruppo Kerakoll, fondato dal padre Romano nel 1968 e leader mondiale nei prodotti per l’edilizia sostenibile, il restauro storico e l’interior design) ha rilasciato il 26 marzo scorso a Panorama. “Io cerco quelli che nessuno vuole: neolaureati in economia privi di esperienza, ma ricchi di talento, under 26 con perfetta conoscenza dell’inglese”. “In 25 anni di lavoro ho fatto più di 3.000 colloqui e penso che il tempo dedicato alla ricerca dei talenti sia quello speso meglio”. “Ho parlato con tantissimi ragazzi che lavorano per mantenersi e per studiare, con grande determinazione e cercano solo una chance per costruirsi un futuro”. “Per me i valori sono fondamentali. Il talento senza i valori non funziona”. Sono parole forti e inconsuete in un Paese come il nostro in cui la disoccupazione giovanile ha toccato livelli record molto vicini al 50% e in cui ogni tanto qualcuno sente il bisogno di descrivere i giovani come una massa di pelandroni che si fanno mantenere dai genitori. Certo ci sono quelli che, mantenuti nella bambagia dalla famiglia, si laureano oltre i 30 anni e poi aspettano che il “posto di lavoro” piova dal cielo, ma non sono la maggioranza. Molti affrontano lo studio con impegno (anche se la scuola molto spesso ha col mondo reale rapporti poco concreti), cercano o si inventano una professione, sono pronti a esperienze forti come andare all’estero, sono consapevoli che ci vuole costanza e inventiva. Ma alla base di tutto ci stanno i valori: perché se la famiglia e la scuola hanno saputo inculcare nei giovani i valori dell’umiltà, della pazienza, dell’ingegnosità, dell’onestà, della fatica (qualcuno ha scritto che solo nel dizionario successo viene prima di sudore), della collaborazione, della capacità di fare gruppo, allora anche al problema del lavoro si trova soluzione. Se invece, magari per avere talento, si pensa che tutto sia dovuto, che l’unico obiettivo sia un robusto stipendio e un lungo periodo di ferie, che si debba passare sugli altri per fare carriera, che la grinta supplisca allo studio e all’esperienza, allora è facile incorrere in successi momentanei che alla lunga non si consolidano. Meglio dunque, anche per un’azienda, investire su giovani ricchi di valori e aiutarli a farsi l’esperienza in un ambiente sano dove il talento trova il giusto habitat per sbocciare!

Gian Luca Sghedoni posa davanti al GreenBuilding Campus dove Kerakoll organizza corsi professionali e seminari. www.kerakoll.com
Gian Luca Sghedoni posa davanti al GreenBuilding Campus dove Kerakoll organizza corsi professionali e seminari. www.kerakoll.com

Lampade Tiffany

Impariamo la tecnica del Tiffany per creare oggetti ricercati per la nostra casa, come queste lampade Tiffany in vetro soffiato, realizzate con una modesta attrezzatura di base

Le lampade Tiffany sono senza dubbio tra gli oggetti che meglio si prestano ad essere realizzati in vetro con la tecnica Tiffany. Si tratta di lavorazioni che spesso risultano più semplici di quanto potrebbe sembrare a prima vista; ciò che occorre è la capacità di seguire scrupolosamente le indicazioni e, per ottenere un piacevole effetto estetico, il gusto di scegliere la decorazione giusta.
In primo luogo bisogna tracciare, su robusto cartoncino, la sagoma delle varie parti, in scala 1:1 e con tutte le suddivisioni interne; ogni tessera del mosaico va ritagliata con precisione con un cutter ben affilato e poi riportata sul vetro, dove serve da guida per il tagliavetro.
Per meglio scegliere gli accostamenti è opportuno colorare nelle tinte volute le diverse zone da ritagliare, contrassegnando anche i vari pezzi con un numero.
Il taglio del vetro richiede un minimo di manualità e, almeno all’inizio, evitiamo linee troppo tortuose e complesse; piccole modifiche si ottengnono molando le tessere.

Il contorno delle tessere
Ogni singolo pezzo va contornato con l’apposito nastro autoadesivo di rame ed accostato agli altri: quando tutto è pronto si passa alla saldatura, da eseguire con una lega di stagno e con un saldatore  elettrico. Per ottenere una robustezza a tutta prova dobbiamo evitare le cosiddette saldature “fredde”, che si riconoscono dal fatto che le gocce di metallo fuso, raffreddandosi, rimangono opache: questo significa che il supporto (in pratica il nastro di rame) non aveva ancora raggiunto una temperatura sufficiente quando vi è stata fusa la lega di stagno.
Quando tutti i pezzi sono stati assemblati e formano un insieme solido e privo di punti deboli o malfermi si lava accuratamente l’oggetto con acqua e sapone e lo si asciuga con cura prima con uno straccio pulito e poi con un phon per capelli; l’ultima fase richiede una passata d’acido sulle saldature, da erogare con un pennellino, in modo che lo stagno diventi più scuro e rimanga protetto da eventuali formazioni di ossido.

Realizzazione di Lampade Tiffany

Sagoma tessere lampada tiffany Tagliavetro professionale Pinza a becchi piatti

  • La sagoma delle tessere si riporta sul vetro con un pennarello a punta finissima o con una matita (ma poi bisogna tagliare a mano libera) oppure si utilizza come dima per il tagliavetri.
  • Un tagliavetro professionale rende assai più facile tutto il lavoro; si passa più volte sulla traccia prima di usare le pinze.
  • Incisi i contorni sulla lastra, le varie tessere vanno staccate con una pinza a becchi piatti che forza a cavallo della linea di incisione.

 

  1. La molatura dei bordi consente sia di eliminare le asperità più evidenti, sia di sagomare con maggior precisione i contorni.
  2. Il nastro di rame si modella con facilità e, essendo autoadesivo, aderisce ai contorni delle tessere con la semplice pressione delle dita, ma va posizionato con molta cura.Molatura tessere per Tiffany Nastro di rame 

    Saldatura lampada Lavaggio Soluzione acida

  3. L’assemblaggio delle lampade Tiffany si realizza prima con alcuni punti di saldatura poi con cordoni continui di stagno fuso applicati su tutte le linee di giunzione.
  4. Si lava con acqua e sapone l’oggetto finito, da rifinire con una passata di acido.
  5. Ripassando con una soluzione acida (meglio usare i guanti) i vari punti di saldatura, si ottiene il duplice risultato di scurire lo stagno e proteggere il metallo ad essi adiacente dal processo di ossidazione.

Ecco alcuni esempi di lampade Tiffany.

Lampade Tiffany Lampade Tiffany

 

Sciroppo di rose

Lo sciroppo di rose, legato alla tradizione della Valle Scrivia e delle zone limitrofe, si ottiene dalla lavorazione dei petali delle rose: alcune sono più adatte allo scopo

Rosanna, titolare dell’agriturismo La Traversina di Stazzano (AL), si considera una predestinata dal suo nome, composto da Rosa e Anna. Le talee di rosa, infatti, si effettuano tradizionalmente nel giorno di S. Anna (26 luglio).
Oltre a una coltivazione di rose che conta 250 varietà, un appezzamento con 403 piante e 50 varietà è destinato alla produzione di rose per farne il dolcissimo sciroppo di rose che, oltre ad avere  proprietà dissetanti e rinfrescanti, è anche ottimo come aperitivo (un dito di sciroppo in un bicchiere di vino bianco Cortese), sul gelato, sulla panna cotta, nelle torte; seguiamone passo passo la preparazione, arricchita con qualche consiglio dettato dall’esperienza.

Quali sono le rose più adatte

Rose adatte per lo sciroppo
La specie più idonea in assoluto, per avere uno sciroppo di rose dal profumo intenso e dal colore rosso rubino acceso, è la Madame Isaac Pereire, una specie rampicante e arbustiva che produce grandi fiori. In senso più generale, per lo sciroppo si utilizzano rose muscose, centifolie e damascene.
I fiori vanno raccolti al mattino, poi i petali vanno distesi sopra un piano pulito per effettuarne la cernita e verificare la presenza di insetti o altre impurità.

La bollitura e la macerazione

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  • Le proporzioni per la preparazione dell’infuso prevedono un litro di acqua ogni 400 g di petali.
  • Per questa dose dobbiamo avere a portata di mano due limoni da cui ricavare il succo per spremitura: di uno di essi utilizziamo anche la buccia.petali-di-rosa-per-sciroppo
  • Prendiamo una pentola di capienza adeguata, mettiamo l’acqua necessaria e aggiungiamo delicatamente i petali di rosa.
  • Dopo una prima amalgamazione aggiungiamo le scorze e il succo di limoni: mescoliamo e portiamo a ebollizione il tutto.preparazione sciroppo
  • Dopo la bollitura, la base per lo sciroppo va chiusa ermeticamente e posta in un luogo caldo (chi ha una serra, può utilizzarla allo scopo) dove va lasciata riposare per 24 ore.
  • Si può utilizzare una pentola a pressione, oppure chiudere una pentola normale con un coperchio adatto e rivestire la zona di chiusura con pellicola trasparente.

Spremitura e filtrazione

Preparazione sciroppo di rose

  • Dopo un’intera giornata di riposo, possiamo dedicarci alla preparazione dello sciroppo vero e proprio.
  • I petali vanno estratti e “strizzati” per recuperare tutta l’acqua che hanno assorbito: allo scopo è molto utile uno schiacciapatate.
  • Sia la parte liquida rimasta nella pentola, sia quella recuperata dai petali, vanno filtrate attraverso un colino. Meglio far defluire il liquido direttamente in un contenitore graduato, per verificarne la quantità.
  • Poniamo il liquido in una pentola e, per ogni litro di questo, aggiungiamo un chilo e mezzo di zucchero.
  • Per ottenere lo sciroppo dobbiamo far sobbollire la miscela per una ventina di minuti. Attenzione: il fuoco va regolato in modo da non raggiungere il punto di ebollizione, ma molto vicino a esso.
  • L’imbottigliamento avviene quando lo sciroppo è ancora caldo, poi lo si pone in un luogo fresco e buio in attesa del consumo, per il quale è pronto appena raffreddato. In questo modo la bottiglia integra si conserva a lungo, ma una volta aperta, trattandosi di un prodotto privo di conservanti, va tenuta in frigorifero.

Sciroppo di rose limpido

L’aggiunta di succo di limone all’acqua in cui si mettono a bollire i petali conferisce allo sciroppo il tipico colore rosato e contribuisce a renderlo più limpido.

Realizzazione di Rosanna Varese

Barattoli da cucina

Barattoli da cucina in stile Manhattan ottenuti recuperando varie scatole di latta.

Riutilizziamo le scatole di latta delle caramelle, del caffè o del the per ottenere un pratico e allegro contenitore a scomparti per gli attrezzi da cucina.
Arrediamo con originalità il nostro piano di lavoro della cucina, basta con quei barattoli da cucina comuni e senza personalità. L’idea che vi proponiamo è personalizzabile in base alle proprie esigenze di spazio e di colore. Per dipingere le latte vi consigliamo smalti a solvente in modo da essere facili da pulire e resistere all’acqua.

Barattoli da cucina per riporre posate e utensili

pattex

  1. Ritagliamo da una striscia di gomma, compensato sottile o cuoio alcuni spezzoni che serviranno per portare a contatto i barattoli, compensando lo spessore del bordo in cui si incastra il coperchio.
  2. Su una faccia della striscia applichiamo un cordone di Pattex 100% Colla, l’adesivo universale forte e flessibile, resistente all’acqua e al calore. Formiamo una sorta di onda che ci consenta un’adesione uniforme.
  3. Applichiamo la striscia sul fianco di un barattolo, al di sotto del profilo sporgente.
  4. Stendiamo un secondo cordone di 100% Colla sull’altra faccia della striscia e premiamovi contro un secondo barattolo, di altezza diversa rispetto al precedente.

 

incollare barattoli da cucina

Continuiamo in questo modo con gli altri barattoli: possiamo sfruttare anche gli altri lati e conferire al nostro contenitore a scomparti uno sviluppo più elaborato.