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Conosciamo l’inverter fotovoltaico

L’inverter fotovoltaico attua la trasformazione della corrente continua fornita dai moduli in corrente alternata, che viene immessa nella rete pubblica e svolge un importante monitoraggio.

La corrente prodotta dai pannelli fotovoltaici per effetto dell’irraggiamento solare non può essere utilizzata tal quale, dev’essere trasformata. L’inverter fotovoltaico è l’elemento preposto a effettuare questa trasformazione affinché la corrente prodotta dai pannelli possa alimentare le apparecchiature elettriche presenti nelle nostre abitazioni. La corrente alternata in uscita dall’inverter fotovoltaico viene immessa nella rete elettrica: la differenza tra i kW prodotti e quelli prelevati costituisce il consumo dell’abitazione, valore che può essere positivo o negativo a seconda che l’autoproduzione sia inferiore o superiore alle necessità. La corrente immessa deve però “andare a tempo” con quella di rete, cioè avere una determinata frequenza, per cui viene trattenuta da un condensatore, una specie di deposito temporaneo, e inviata a impulsi ad alta frequenza nella rete. Questo compito viene svolto da transistor che generano inserimenti e disinserimenti in rapida successione, cosicché la corrente alternata abbia un’onda sinusoidale perfetta. Il collegamento dei pannelli all’inverter fotovoltaico può avvenire in vari modi, ma un fatto è certo: il percorso dei cavi di corrente continua dev’essere relativamente breve, per garantire la massima efficienza sia in termini economici che di rendimento dell’impianto. L’inverter deve essere posizionato possibilmente in un luogo facilmente accessibile con temperature e gradi di umidità costanti per preservarne la migliore funzionalità nel tempo. Difficile stabilire quale sia l’inverter fotovoltaico più adatto, in quanto ogni impianto fotovoltaico ha proprie caratteristiche, in funzione dell’ubicazione, della zona climatica e dei requisiti richiesti. Il rapporto tra la potenza installata e potenza nominale dell’inverter dovrebbe essere idealmente del 100%. Il sovradimensionamento o sottodimensionamento dell’impianto rispetto all’inverter presuppone un funzionamento non ottimale dello stesso. Questo potrebbe influire negativamente sulla sua durata, già stimata intorno ai 10 anni e, pertanto, ben inferiore a quella media dei pannelli fotovoltaici, aspetto da tenere presente. Valenia offre una gamma di inverter fotovoltaici centrata per le esigenze delle installazioni residenziali e commerciali da 1 kW in su. 

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In uscita dall’inverter c’è un primo contatore dell’energia prodotta e immessa in rete, un secondo contatore rileva la quantità prelevata dalla rete per gli utilizzi.

 Inverter fotovoltaico – Montaggio e avvio

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  1. per poter effettuare il montaggio occorre aprire il guscio laterale che nasconde i collegamenti, rimuovendo una coppia di viti.

  2. questo permette anche di separare la staffa metallica dall’apparecchiatura, rimuovendo la vite di sicurezza che unisce i due elementi. L’inverter può essere sfilato dai binari guida laterali della staffa.

  3. prima di fissare a muro la staffa di supporto, in bolla e a piombo, occorre accertarsi che rimangano almeno 200 mm di spazio libero su entrambi i lati e 50 mm sul lato superiore. Si marcano i fori per i tasselli a espansione attraverso le asole presenti sulla staffa, la si fissa a parete e si reinserisce l’inverter sulle guide, ribloccandolo con la vite di sicurezza tolta in precedenza.

  4. si inserisce il cavo attraverso la boccola pressacavo e si collegano i conduttori alla morsettiera, rispettandone la posizione; si rimonta il guscio.

  5. ora si inseriscono i connettori CC MC4 nelle apposite sedi, chiudendo con tappini quelle inutilizzate.

  6. si porta il dispositivo CC in posizione ON e si fornisce tensione all’appecchiatura.

  7. seguendo le istruzioni, si effettua la messa in funzione impostando i vari parametri.

I compiti dell’inverter fotovoltaico 

inverter fotovoltaico, inverter, fotovoltaico, inverter per fotovoltaicoL’inverter dev’essere in grado di trasformare l’energia prodotta dai moduli in maniera efficiente. L’efficienza dell’inverter è determinata, oltre dal dato tecnico dichiarato dal costruttore, dal corretto dimensionamento dell’impianto tenendo conto di orientamento impianto, inclinazione dei moduli, localizzazione geografica, areazione moduli ecc. Infatti l’intensità d’irraggiamento e la temperatura dei moduli variano continuamente e tra i compiti dell’inverter c’è quello di estrarre dall’impianto la maggior potenza possibile in ogni situazione: deve perciò “inseguire” il punto di funzionamento ottimale, il Maximum Power Point (MPP) e mantenerlo. L’inverter svolge una funzione di monitoraggio dell’impianto e della rete pubblica, intervenendo in caso di anomalie, ad esempio scollegando l’impianto in caso di black out per evitare che, al ripristino, possano verificarsi discordanze di fase, tensione o frequenza rispetto alla rete, fonte possibile di shock per le apparecchiature coinvolte.

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Privacy in poche mosse

Nell’ampia gamma dei rotoli di plastica adesiva tavola&co distribuiti da Sodifer, ce n’è anche uno specifico per l’applicazione sui vetri; nel caso di una stanza da bagno permette di ottenere la necessaria privacy togliendo poco o nulla alla naturale luminosità del locale.

tavola&coPer discrezione e privacy, spesso le finestre dei bagni hanno vetri satinati o lavorati, in modo che nulla sia visibile dall’esterno. Chi si trovasse nella situazione di avere vetri del tutto normali e volesse una volta per tutte provvedere a rendere cieca la finestra per sentirsi più tranquillo e a proprio agio, non deve necessariamente ricorrere alla sostituzione del vetro, intervento piuttosto oneroso soprattutto nel caso di vetri camera.

Una soluzione valida al problema è quella di applicare una pellicola di plastica adesiva sulla superficie interna del vetro, scegliendone una fra quelle dell’ampia gamma tavola&co di Sodifer, azienda leader nelle forniture di utensili manuali ed elettrici, articoli per il fai da te e per la casa.

Della gamma di queste plastiche adesive, prodotte in Europa con i più elevati standard qualitativi, fa parte una serie studiata proprio per l’applicazione sui vetri, con lo scopo di impedire la visione attraverso il cristallo, mantenendo tuttavia un elevato grado di trasmissibilità della luce per non penalizzare la naturale luminosità del locale. Il rotolo utilizzato ha una larghezza di 67,5 cm e una lunghezza di 2 metri.

Privacy in poche mosse – L’applicazione

tavola&co

 

  1. Srotolando la pellicola adesiva si nota che il dorso della carta di protezione riporta stampati disegni, istruzioni in diverse lingue e una moltitudine di elementi grafici che aiutano nelle operazioni di taglio, permettendo di andare diritti, senza sbagliare misure, dato che sono disseminati di misure, scritte e riferimenti.
  2. Presa l’altezza del vetro, si riporta la misura sul retro della pellicola e si taglia lasciando un po’ d’abbondanza. Conviene sempre stare più larghi e praticare il taglio in corrispondenza di una delle frequenti righe. Appena aperta un’incisione sul bordo, le forbici fendono rapide la pellicola anche senza fare l’atto di chiudere le lame.
  3. Prima dell’applicazione bisogna pulire bene il vetro sgrassandolo con un comune prodotto per cristalli, poi, per agevolare l’operazione, si bagna leggermente la superficie irrorandola d’acqua con un nebulizzatore.
  4. La pellicola e la carta protettiva si staccano molto agevolmente. Conviene iniziare da un angolo e separarle solo per un breve tratto su tutto il lato superiore.
  5. Appoggiando le nocche delle dita sulla cornice di legno della finestra, si attacca la pellicola prima in un angolo e poi nell’altro, mantenendola tesa e allineandola contemporaneamente al bordo superiore.
  6. A questo punto si può scendere verso il basso. Bisogna progredire lentamente, pezzo per pezzo, facendo uscire aria e acqua ai lati della pellicola usando una spatola di gomma oppure un rullo, anch’esso di gomma. Mano a mano che si scende si rimuove la carta di protezione; non bisogna toglierne troppa tutta in un colpo perché si rischia che la pellicola si ripieghi su se stessa aderendo fortemente e rovinandosi.
  7. Giunti al bordo inferiore della finestra si insiste bene nel fare aderire la pellicola sino in fondo. La carta di protezione si può togliere del tutto e si ripassa bene l’angolo fra il vetro e la cornice della finestra.
  8. Ciò che cresce va tolto usando un cutter ben affilato, tenendolo inclinato quel tanto da toccare con la punta il vetro, ma nella fessura fra questo e il legno.

Visita il sito Sodifer 

Masselli autobloccanti

Vialetti, marciapiedi e piazzole che arricchiscono il giardino si possono realizzare velocemente con i masselli autobloccanti

Quotidianamente vediamo cortili, vialetti e marciapiedi pavimentati con masselli autobloccanti  in cemento che creano interessanti geometrie ed hanno anche un aspetto gradevole, soprattutto quando sono arricchiti con inserti in pietra. Possiamo anche posarli in proprio, con l’opportuna procedura. La base della pavimentazione dev’essere ferma e livellata, ma la semplice posa a terra degli autobloccanti non impedisce che, con l’uso, i blocchetti in prossimità del bordo si distanzino uno dall’altro. Se non c’è un bordo di contenimento preesistente (muro della casa, muretto di recinzione) dobbiamo costruirlo noi, di tipo permanente. Se ne possono realizzare di diversi tipi: con blocchi di cemento che si acquistano già pronti e si fissano su una piccola gettata di cemento lungo il perimetro, oppure posando mattoni “in costa”, anch’essi su una gettata di calcestruzzo. Una volta livellato e compattato il terreno di fondo e sistemati i bordi di contenimento, possiamo preparare il letto di posa utilizzando la sabbia. Allarghiamola uniformemente sul fondo, all’interno dei bordi e con uno spessore di 5-6 cm, utilizzando un rastrello, quindi livelliamo la superficie con una staggia lunga quanto la larghezza della pavimenta­zione.

La posa dei masselli autobloccanti
Cominciamo la posa contro il bordo di contenimento, ad un’estremità della zona da pavimentare. Ogni blocchetto dev’essere appoggiato a quelli più vicini senza lasciare spazi. Man mano che l’area pavimentata aumenta, dobbiamo lavorare appoggiandoci su una tavola posata di traverso sui blocchetti già posti in opera, allo scopo di distribuire il nostro peso. Mettiamo alcune tavole anche per consentire il passaggio della carriola. In generale, per dare a tutto il pavimento la massima robustezza, è opportuno usare blocchetti interi, ma non è improbabile doverne tagliare a misura alcuni se, all’interno dell’area da pavimentare, vi sono ostacoli, come un pozzetto di ispezione o un drenaggio, e nei punti in cui la pavimentazione incontra il bordo di contenimento. È possibile marcare i blocchetti a misura e tagliarli usando un martello e uno scalpello da muratura. In alternativa possiamo usare la smerigliatrice con disco “da pietra”. In tal caso facciamo attenzione perché si tratta di un’operazione non priva di qualche pericolo. Una volta posata una superficie abbastanza ampia di blocchetti di calce­struzzo è necessario fare in modo che penetrino saldamente nel letto di sabbia. Per questo lavoro l’ideale è impiegare un vibratore a piastra con una suola di gomma (che si può noleggiare). La macchina stabilizza i blocchetti nel letto di sabbia e forza la sabbia dentro i giunti senza danneggiare la pavimentazione. Infine versiamo della sabbia asciutta sulla pavimentazione compattata e, con una scopa, allarghiamola sul pavimento per facilitarne la penetrazione nelle commessure tra i singoli elementi. Dopo alcune settimane controlliamo la superficie per vedere se, in qualche punto, si sono verificati cedimenti. Le zone eventualmente fuori livello possono essere sistemate sollevando i blocchetti interes­sati e aggiungendo sabbia sotto di essi. La verifica va fatta specialmente dopo forti piogge, soprattutto se l’area coperta ha una certa pendenza, in quanto lo scorrere dell’acqua può aver dilavato la sabbia e scalzato dei blocchetti. In ogni caso versiamo ancora sabbia e allarghiamola come all’atto della posa.

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Gli autobloccanti (1) sono blocchetti di calcestruzzo di dimensione limi­tata che possono essere posati (in esterno) in combinazioni molto diverse. Ogni elemento viene bloccato per mutuo contrasto di forze con quelli adiacenti. Le pietre da pavimentazione (2) sono reperibili sotto forma di blocchetti e lastre in varie dimensioni. Ideali sono il porfido, il granito, la luserna ed il serizzo in quanto molto resistenti.

Masselli autobloccanti – Preparazione e livellamento del terreno

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  1. la zona che decidiamo di pavimentare va liberata dal manto erboso (ove questo ci fosse) e scavata per una profondità tale da poter accogliere un eventuale riempimento di ghiaione, per costituire un sottofondo solido.

  2. sul fondo in ghiaione versiamo 5-6 centimetri di sabbia asciutta che allarghiamo e livelliamo con il rastrello.

  3. la sabbia va accuratamente livellata passando su di essa una staggia di alluminio. Una leggera compattatura con il vibratore serve per la spianatura finale.

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Nel disegno: vista in sezione dei vari strati che compongono la posa degli autobloccanti.

Masselli autobloccanti – La posa

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  1. la zona da pavimentare con gli autobloccanti va delimitata con un cordone in pietra o in cemento che posiamo su una piccola gettata di calcestruzzo.

  2. Stabiliamo con precisione il livello della pavimentazione con lenze tese su cui facciamo correre una livella a bolla.

  3. Procediamo con la posa poggiando gli elementi ben accostati l’uno all’altro secondo la geometria preferita (lineare, alternata, a spina di pesce, a cortina, ecc).

  4. In presenza di cordoli preesistenti verifichiamo che il livello della pavimentazione non li superi.

Masselli autobloccanti – Taglio e finitura

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  1. quando si necessita di mezzi blocchetti possiamo ottenerli incidendo la linea di taglio con la smerigliatrice e poi utilizzando lo scalpello a punta piatta.

  2. per tagli particolari o sagomati bisogna usare la sega circolare con disco diamantato che si può noleggiare presso i centri di bricolage.

  3. la compattatura finale si effettua col vibratore. Per riempire le commessure si sparge sabbia asciutta e la si scopa ripetutamente. La sabbia stabilizza gli autobloccanti.

Vele ombreggianti

Creiamo un angolo fresco in giardino per dilatare i tempi in cui possiamo godercelo, installando vele ombreggianti. 

Il sole cocente dà fastidio come il freddo intenso e non ci lascia godere del nostro spazio esterno, ma è più facile da contrastare in quanto bastano vele ombreggianti di buona efficienza. La scelta non potrebbe essere più ampia: dal tradizionale ombrellone, oggi ingrandito fino a misure veramente imponenti grazie ai nuovi materiali rigidi e resistenti, si affiancano le tende a vela, anche arrotolabili, e le tende a bracci estensibili, sia da da terrazzo, sia su supporti che possono essere installati in mezzo al giardino. Poi un’infinta varieta di tende fisse a doppia falda, da spostare dove si vuole, e le grandi coperture a pacchetto che si allungano coprendo ampi spazi.

Vele ombreggianti – varie tipologie 

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  1.  l’ombrellone a pacchetto Porticombrellone ripara da sole, pioggia e vento. Installato in semplice appoggio non necessita di alcun fissaggio, né al suolo, né agli edifici adiacenti risultando quindi mobile. L’apertura e la chiusura si effettuano manualmente, in pochi secondi. Il telo, composto da fasce indipendenti, in unico strato oppure doppio con illuminazione centrale, può essere sfilato completamente e velocemente dai traversi scorrevoli per la pulizia, manutenzione o sostituzione. (www.porticombrellone.com)

  2. ombrellone Montecarlo di mogano con palo quadrato completo di base. Copertura acrilica idrorepellente con volants e antivento. Un meccanismo telescopico permette di chiudere l’ombrellone senza dover spostare i mobili sottostanti. (www.halnet.it/fim)

  3. la tenda Thalia è realizzata con doppi gamboni di Iroko da mm 120×120. Grazie al sistema apri-chiudi può essere manuale o motorizzata. Il telo regolabile in acrilico o PVC, una volta chiuso, grazie al sistema rapido di riavvolgimento, è a scomparsa. (www.giardiniveneti.it)

  4. tenda a bracci estensibili con cassonetto integrale ad inclinazione variabile. Minimamente invasivo, protegge telo e meccanismi dalle intemperie. Pratic (www.pratic.it) 5: tenda di grande estensione con bracci telescopici anziché a snodo. (www.stobag.ch)

Come si fa la cartapesta: la coccinella

Come si fa la cartapesta? La tecnica è semplice, bastano giornali e colla vinilica. Vediamo come realizzare con la cartapesta laminata insetti ed altri animali, ma anche fiori ed oggetti vari, stendendo le strisce di carta bagnata nella colla vinilica su un’armatura di filo metallico.

Vediamo intanto come si fa la cartapesta e che cos’è. La cartapesta è una pasta modellabile che si ottiene facendo macerare in acqua e colla vinilica la carta da giornale strappata (non tagliata) in tante striscioline; quando è ben inzuppata si impasta il tutto, si strizza l’acqua in eccesso e si usa per modellare oggetti a tutto tondo. Qui usiamo invece la tecnica della cartapesta laminata: le strisce di carta strappate e impregnate di colla vengono disposte in modo incrociato su un’armatura metallica.

come si fa la cartapesta
Whisky il ragnetto in cartapesta

I materiali per fare la cartapesta:

Filo metallico, carta da giornale, colla vinilica, cementite e colori vari.
Anche gli attrezzi che servono sono veramente comuni: cutter, pinze, tronchesini e pennelli.

materiali-cartapesta

Prepariamo la struttura di una coccinella in cartapesta

struttura cartapesta filo metallico

  •  Con il filo di ferro creiamo la sagoma del corpo della coccinella, un tondo grande ed uno piccolo.
  • Realizziamo il volume del corpo e della testa  incrociando dei fili di ferro di lunghezza opportuna sui due tondi e fissandoli con filo più sottile.

cartapesta-come-si-fa

  • Le strisce di carta, lasciate per qualche minuto a mollo in colla diluita, si stendono sovrapposte ed incrociate sull’armatura fino a ricoprirla.
  • Spennelliamo di colla vinilica tra uno strato e l’altro per rinforzare l’unione della carta.

cartapesta-incollaggio

  • Rivestiamo corti spezzoni di filo metallico con strisce di carta per realizzare le zampine.
  • Infiliamo il fil di ferro nel corpo di carta e saldiamo con qualche striscia di carta e qualche pennellata di colla

colorare-la-cartapesta

  • Essendo la ricostruzione della coccinella molto stilizzata il colore acquista particolare importanza per l’identificazione dell’animale.
    Cominciamo da una mano di cementite che uniforma la superficie e copre i caratteri di stampa della carta. Stendiamo una mano di rosso vivo su tutto il corpo.
  • Con il nero coloriamo le zampette, la testa, la spina dorsale e i vari putni; sul musetto bianco tracciamo occhi e gote di fantasia.

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  • Sostituisce la tradizionale cartapesta
  • Facile da lavorare una volta inumidita e impastata
  • L'oggetto realizzato può essere decorato con tempere e pennarelli multisuperficie
  • Ideale per oggetti voluminosi e leggeri
  • Non contiene glutine
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  • Contenuto: 200 grammi (2 x 100 grammi)
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  • Pertanto la composizione mista dà 800 ml di volume
  • Asciugatura all'aria
  • In forma di fiocco
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Costruzioni innovative al top… con legno e paglia

Editoriale tratto da “Rifare Casa n.33 Maggio-Giugno 2014”

Autore: Nicla de Carolis (Direttore Editoriale)

«…Non ho mai capito perché i Tedeschi, che possiedono tanti boschi, si ostinino a costruire case in pietra. Oggi, però, sapendo quante stazioni termali antireumatiche esistono in questo Paese, capisco perché debbano abitare in case umide e fredde. Dove potrebbero altrimenti prendersi i reumatismi, senza i quali le loro stazioni termali sarebbero veramente in soprannumero?» Così diceva Mark Twain, lo scrittore, umorista, aforista e docente statunitense vissuto nel XIX secolo. A quanto pare, questa sua affermazione è stata presa in considerazione dai Tedeschi che sono oggi in Europa tra i migliori costruttori di case in legno. Ma i pregiudizi circa le case di legno sono ancora tanti, soprattutto qui in Italia, dove la casa di legno è guardata ancora da molti con grande sospetto e considerata più o meno come una baracca, assimilabile alle orrende villette degli Americani che abbiamo imparato a conoscere nei film e nelle serie televisive dove, per ristrutturare, si demoliscono pareti e pavimenti in tavole di legno marce… Ma al di là di questo luogo comune la realtà è che le costruzioni in legno hanno raggiunto standard di prestazioni elevatissimi, fino a superare quelli della muratura.

Premesso che sarebbe auspicabile dire stop al consumo del suolo, ipotizzando nuove costruzioni solo in sostituzione di altre da demolire o per sopraelevazioni, l’evoluzione delle tecniche costruttive, per lo più in legno, merita un approfondimento che ci porta alla scoperta di una materia incredibilmente ricca di novità, come potrete vedere nello speciale di questo numero. La differenza rispetto a una casa in muratura si percepisce in maniera istintiva, basti pensare alla sensazione di benessere che si prova quando si entra in un vecchio chalet di montagna o in uno dei nuovissimi, magnifici resort alpini dove si viene avvolti dal profumo del legno trattato a olio e rapiti dal piacere per la vista e per il tatto che questo materiale suscita.
Con i sistemi di pareti sandwich la casa di legno non è più solo la casetta che sta bene in montagna, la sua estetica si può uniformare alle case in muratura e ai progetti di architettura più audaci realizzati dalle archistar. Ci sono poi i vantaggi pratici che vanno dai costi di realizzazione fissi con un eccellente rapporto qualità prezzo, dall’isolamento termico che consente un consistente risparmio energetico, all’assenza di umidità (…proprio quella già citata da Mark Twain). In più oggi, grazie al nuovo sistema di accoppiamento di tavole, l’X-LAM, si possono realizzare edifici su più piani che rispondono particolarmente bene in caso di sismi.

Ma il top in fatto di innovazione costruttiva è senz’altro la casa con struttura portante in legno, pareti e isolamento delle coperture in balle di paglia pressate, intonaco esterno in calce e interno in terracruda… sembra una favola, ma è realtà!

Questo edifico dall’estetica modernissima, realizzato dall’Atelier Werner Schmidt in Svizzera, ha struttura portante in jumbo balle di paglia, disposte a forma di U e pannelli in legno multistrato a strati incrociati. Come si vede dai disegni sia il pavimento del piano terra sia il soffitto dell’ultimo piano sono coibentati con paglia in balle di elevato spessore per un notevole isolamento termico. https://archieco.eu/?p=269
Questo edifico dall’estetica modernissima, realizzato dall’Atelier Werner Schmidt in Svizzera, ha struttura portante in jumbo balle di paglia, disposte a forma di U e pannelli in legno multistrato a strati incrociati.
Come si vede dai disegni sia il pavimento del piano terra sia il soffitto dell’ultimo piano sono coibentati con paglia in balle di elevato spessore per un notevole isolamento termico.

Le scuole ci salvano

Editoriale tratto da “Far da sé n.438 Maggio 2014”

Autore: Carlo De Benedetti

“Al governo dobbiamo guardare allo spread e ai mercati, ma poi i Paesi si salvano solo se le scuole funzionano”: con queste semplici parole il premier Matteo Renzi ha concluso la sua visita nelle scuole di Treviso, a pochi giorni dal suo insediamento a Palazzo Chigi. Sembra, a giudicare dall’insistenza con cui il tema viene riproposto nelle interviste e nei discorsi ufficiali, dal calore con cui i temi delle strutture, dell’educazione, dell’innovazione e della ricerca vengono argomentati, che qualcosa di nuovo ci sia finalmente sotto il sole della politica italiana. Ora, abituati come siamo a essere delusi nelle nostre più legittime aspettative, staremo a vedere se la volontà di cambiamento sia reale o solo di facciata, ma, indubbiamente, va riconosciuta come nuova e promettente la forza con cui si dice che i nostri figli hanno diritto a studiare in strutture degne della loro funzione, che l’educazione deve essere finalizzata alla crescita globale dell’individuo, che devono essere promosse le competenze collegate al nostro straoprdinario patrimonio culturale e artigianale, che va fermata l’emigrazione dei giovani che portano le straordinarie potenzialità dei loro cervelli all’estero. Vorremmo mettere a servizio di questa politica buona quello che in questi anni, nel nostro piccolo, abbiamo fatto e che i nostri far da sé apprezzano e appoggiano. “Colora e ama la tua scuola” ci ha permesso di suscitare la collaborazione di insegnanti, genitori e ragazzi intorno a tante latte di colore, a pennelli e a rulli con cui trasformare l’aspetto di aule e palestre ormai vecchie e dai muri screpolati e ammuffiti. Con “Manualità, un gioco da ragazzi” abbiamo aperto, grazie alla disponibilità di 180 animatori volontari, oltre 60 laboratori gratuiti in tutta Italia in cui bambini e ragazzi hanno imparato a progettare e realizzare concretamente oggetti di legno e di altri materiali, a riparare, a decorare, a fare esperimenti scientifici, a vivere alcune ore di scuola in modo divertente e stimolante. E non finisce qui il nostro impegno verso i più giovani affinché conoscano ciò che fa grande il made in Italy e provino a inserirsi in quel fiume di ingegnosità e creatività che può dare prospettive reali al loro futuro: siamo più che mai convinti che “i Paesi si salvano se le scuole funzionano” e questo vuol dire che le scuole devono dare ai giovani un ambiente sano in cui crescere, delle informazioni che ne facciano dei professionisti, dei valori forti che li rendano cittadini del mondo.

Due ragazze alle prese con le decorazioni marine fatte sulle pareti della loro aula presso la Scuola Primaria Cornelio De Simoni di Gavi (AL). www.bricoyoung.it
Due ragazze alle prese con le decorazioni marine fatte sulle pareti della loro aula presso la Scuola Primaria Cornelio De Simoni di Gavi (AL).
www.bricoyoung.it

Bicarbonato di sodio, usi domestici

I mille usi del bicarbonato di sodio, un comune prodotto che tutti abbiamo in casa e che utilizziamo per dolci e nella pulizia delle verdure, ma che forse non conosciamo in tutte le sue potenzialità

Lo chiamiamo tutti (anche i produttori) Bicarbonato di sodio facendo un grossolano errore di terminologia chimica: andrebbe chiamato carbonato acido di sodio. La sua formula è NaHCO3 ed è un vero amico della nostra vita domestica in quanto, sciogliendosi in acqua, crea una reazione basica (Ph 8,1) che funziona come disaggrappante dello sporco ed ha numerosi effetti positivi su materiali organici (alimenti, corpo umano, ecc) e inorganici (metalli, pietre, ecc.). Pulisce, deodora, disattiva gli acidi, combatte le muffe, sbianca, entra nella preparazione dei lieviti e nelle bevande gassate. Infine spegne i piccoli incendi.

Bicarbonato di sodio per pulire l’argento

bicarbonato di sodio su argentoLe posate d’argento che tendono ad annerirsi per l’ossidazione si strofinano con una pezzuola di lino inumidita e cosparsa di bicarbonato. Le posate tornano a brillare senza l’utilizzo di prodotti chimici costosi.

Bicarbonato di sodio per gli scarichi

bicarbonato-scaricoMezza tazza di bicarbonato versata nella piletta del lavello ed irrorata con un filo di acqua calda, combatte le muffe dello scarico e lo deodora in pochi minuti.

Contro il fumo

bicarbonato-sigaretteUno strato di bicarbonato sul fondo del posacenere spegne rapidamente la sigaretta ed impedisce che l’odore si diffonda nella stanza.

Nella lavastoviglie

bicarbonato di sodio in lavastoviglieUna manciata di bicarbonato nella lavastoviglie (ma anche sui piatti) permette una facile asportazione dei residui di cibo e deodora l’elettrodomestico.

Pulizia domestica con il bicarbonato di sodio

bicarbonato di sodio pulizia bicarbonato tappeto

Il tappo del salterello e la corona della piletta del lavabo tornano a splendere se strofinati con un vecchio spazzolino e bicarbonato con acqua calda.
Per pulire e ravvivare i colori di tappeti e moquette si sparge su di essi il bicarbonato lasciandolo agire per qualche minuto. Poi si elimina con l’aspiratore.

Cappotto termico esterno

Il sistema Isotec Parete di Brianza plastica per il cappotto termico esterno.

Un po’ come si è visto per il tetto, la ventilazione di facciata consiste nell’ottenere un’intercapedine “dinamica” tra la muratura, rivestita a cappotto se del caso, e una pannellatura esterna applicata su un’intelaiatura che funge da supporto per il rivestimento della facciata e da distanziatore. Alla base e alla sommità della pannellatura viene lasciata una fessura di comunicazione con l’esterno, in modo che l’aria possa circolare per effetto camino.

La ventilazione di facciata smaltisce il surriscaldamento estivo, impedisce perdite di calore nei mesi freddi, contrasta la formazione di condensa e protegge l’involucro da intemperie e agenti atmosferici, funzione importante specialmente in presenza di un rivestimento a cappotto, in quanto i pannelli sono più sensibili alle sollecitazioni.

Il sistema Isotec Parete di Brianza Plastica è una soluzione tecnica che permette di realizzare, in un’unica posa, un cappotto termico esterno continuo e omogeneo e una struttura di supporto per il rivestimento esterno.

L’elemento principale è un pannello di poliuretano espanso rigido autoestinguente ricoperto da un involucro impermeabilizzante in lamina di alluminio goffrato. Il pannello viene reso portante da un profilo nervato in Aluzinc che costituisce la camera di ventilazione e la struttura di supporto del rivestimento di facciata.

I fori predisposti sul profilo metallico rendono possibile la ventilazione della facciata e hanno anche la funzione di far scorrere e smaltire le eventuali infiltrazioni di acqua. Il pannello è battentato sui lati in modo da realizzare la continuità dei pannelli tramite incastro, eliminando la possibilità di ponti termici.

Per rispondere alle esigenze di isolamento termico nelle diverse zone climatiche, il pannello è proposto in spessori di 60-80-100-120 mm e si applica sia a nuove costruzioni sia in interventi di recupero e di miglioramento prestazionale di edifici esistenti. Il sistema fornisce il supporto per rivestimenti di varia natura e peso: per esempio, tavelle in cotto, legno, lastre di cemento intonacate, lastre metalliche, fibrocemento. La ventilazione che si ottiene arriva a superare i 200 cm2/metro, si elimina così la dispersione di calore nei mesi invernali e si contiene l’innalzamento termico nel periodo estivo, con un consistente risparmio economico. l Isotec Parete è un prodotto Brianza Plastica (www.brianzaplastica.it).

Cappotto termico esterno – I vantaggi

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  • Isolamento termico. Il poliuretano espanso è tra i migliori isolanti termici esistenti.
  • Ventilazione. La ventilazione indotta nella camera d’aria tra isolante e rivestimento esterno migliora la termoregolazione naturale dell’edificio, sia in estate sia in inverno.
  • Eliminazione di ponti termici.
  • Protezione dall’umidità e dalle infiltrazioni accidentali.
  • Risparmio energetico. La coibentazione completa dell’involucro edilizio, abbinata alla ventilazione di facciata, consente di risparmiare sulle spese di riscaldamento.
  • Rapidità ed economia di installazione. Migliora le tradizionali fasi di posa, rendendole più semplici, sicure ed economiche.

Cappotto termico esterno – Come si utilizza Isotec Parete

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Il pannello viene fissato alla superficie esterna della struttura portante tramite tasselli o viti di ancoraggio passanti attraverso il correntino in Aluzinc, adattandosi con facilità a eventuali imperfezioni delle pareti esistenti. Il sistema così creato costituisce un cappotto isolante dotato di profili orizzontali di supporto per gli elementi di finitura della facciata e consente l’applicazione di differenti tipologie di rivestimento esterno, sia leggere sia pesanti. La creazione di una camera d’aria ventilata continua tra isolante e rivestimento riduce al minimo il surriscaldamento estivo della parete, limitando i rischi di fenomeni di condensazione nel periodo invernale e proteggendo, grazie al rivestimento impermeabile di alluminio, la parete da infiltrazioni accidentali di acqua piovana.
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Ghirlande profumate al sapone e spezie

Gradevoli per la vista e deliziose per l’olfatto, le ghirlande profumate al sapone e spezie miscelano armoniosamente profumi e colori. A seconda delle dimensioni possono essere usate come profumatori per armadi o per interi ambienti

Ghirlande profumate da appendere

Queste ghirlande profumate si realizzano principalmente con sapone naturale e spezie. Le spezie vengono utilizzate sia per profumare sia per abbellire una stanza. Scateniamo la fantasia componendo originali profumatori per l’ambiente da appendere utilizzando quindi cannella, anice stellato, eucalipto e rametti.

 

ingredienti-Ghirlande-profumate

Materiali:
sapone naturale, elementi di poutpourri botanico, legni secchi, carta abrasiva, cera a mordente, spago colorato, trapano a punta fine, seghetto.

 

 

Preparazione delle ghirlande profumate

carteggia-ramo pulisce-ramo
Scegliamo due o più legni di dimensioni adatti alla ghirlanda profumata che vogliamo realizzare; è meglio utilizzare legni “vissuti”, levigati dal mare o da un fiume o comunque ben secchi. Tagliamoli della lunghezza desiderata, puliamoli e carteggiamoli con pazienza.
Con uno straccetto imbevuto di cera a mordente lucidiamo i legni; in alternativa utilizziamo una vernice vetrificante per renderli lucidi e protetti. Foriamoli simmetricamente con il trapano a punta fine, nei punti dove abbiamo deciso di far passare lo spago.

taglia-sapone ghirlande-sapone
Prendiamo un pezzo di sapone naturale artigianale profumato, scegliendo il colore e l’aromatizzazione che preferiamo (eventualmente realizziamoli da noi) e tagliamolo a quadretti con un seghetto.
Con il trapano a punta fine pratichiamo un foro al centro di ogni quadretto di sapone; foriamo anche i vari elementi di poutpourri, selezionati in modo che colori e profumi armonizzino con quelli del sapone.

ghirlande profumate fai da te costruzione ghirlande profumate
Infiliamo i pezzi di sapone e gli elementi di poutpourri in uno spago di colore adatto, alternandoli con gusto e infine infiliamo l’estremità dello spago nel foro del legno. Alle estremità degli spaghi fissiamo con un nodo una piccola conchiglia o un elemento di poutpourrri, in modo che tutto rimanga ben fermo. Creiamo un cappio in alto per appendere le ghirlande profumate.