Panoramica sulle tipologie di cerniere per vetro presenti in commercio e sul loro utilizzo
Se gli Egiziani, che sembra l’abbiano inventato, vedessero il vetro moderno, trasparentissimo e privo di bolle, resistente agli urti ed al calore e così robusto da poterlo usare direttamente come anta o come parete, senza chiuderlo in un telaio, rimarrebbero incantati ed orgogliosi del cammino percorso dalla loro invenzione. Ad aiutare la diffusione di questo materiale ha contribuito la creazione di tutta una serie di accessori che ne facilitano la messa in opera, sia in posizione fissa, come parete o pannello divisorio sia permettendone il movimento ad anta o scorrevole. Le nuove cerniere per vetro ed i nuovi supporti uniscono facilità di montaggio (relativa, sempre di vetro si tratta), eleganza e sicurezza tanto per le piccole ante di una vetrinetta quanto per la porta tutto vetro di una cabina doccia.
Cerniere per vetro a braccio speciale
Cerniere per vetro a profilo tondo
La diffusione delle pareti tutto vetro ha portato alla creazione di speciali supporti, a pavimento o a muro, snodabili per adattarsi ad ogni angolazione e che permettono di collegare solidamente ed elegantemente fino a quattro lastre, con un solo foro per ogni attacco ed una vite incassata a filo. Lavorazione accurata e materiali appositamente studiati sono alla base dei supporti mobili, come le cerniere per le porte delle cabine doccia, soggette a un forte carico statico e dinamico aggravato dall’umidità. Colcom
Per chi non ama i profili razionalmente squadrati ma cerca anche un tocco di fantasia sono disponibili pure cerniere a farfalla o a disco.
Cerniere a scatto 90°
Le cerniere per vetro a scatto di 90° richiedono solo due fori e possono essere montate con un profilo di PVC che ne aumenta la tenuta all’acqua. Il forte scatto ne migliora la chiusura.
Cerniere a scatto 180°
Dove lo spazio lo consente è possibile ottenere un’apertura a 180° con le cerniere per vetro a scatto, che richiedono solo una tacca nel vetro e sono regolabili per adattarsi anche a pareti fuori piombo o fuori squadra.
La costruzione con materiale di recupero di un sollevatore fai da te a bandiera, da montare stabilmente sul trattore, per caricare e scaricare i tronchi d’albero più pesanti senza troppa fatica
Chi abita in zone montane o collinari utilizza spesso sistemi di riscaldamento a legna e in molti casi provvede in proprio, nel tempo libero, all’abbattimento degli alberi e alla riduzione dei tronchi in ciocchi di dimensioni compatibili con la camera di combustione della propria centrale termica. Dopo aver sfrondato e ridotto in lunghezza i tronchi sul posto li si potrebbe caricare sul trattore per portarli a casa e completare il lavoro con lo spaccalegna idraulico, ma quando si tratta di movimentare pezzi che pesano svariate decine di chili lo sforzo è notevole, anche se si è in due: per questo costruiamo un sollevatore fai da te con movimento a bandiera e provvista di argano, da fissare stabilmente nella parte anteriore del cassone (appena dietro la cabina di guida), che renderebbe meno faticose le operazioni di carico e scarico dei tronchi.
Tutto il materiale utilizzato per il sollevatore fai da te, principalmente tubolare di ferro e piatto di buon spessore, è di recupero: soltanto l’argano manuale è stato acquistato presso una ferramenta. Il braccio girevole si infila facilmente sul piantone, fissato in modo stabile e sicuro al fondo del cassone e alla sponda, ma all’occorrenza smontabile. Nella parte inferiore, il braccio è provvisto di un fermo che limita l’angolo di lavoro e la rotazione è regolata dal fermo stesso che agisce sulla camma saldata al piantone. Questa soluzione è molto utile quando le operazioni di carico si effettuano con il mezzo in pendenza, perché il braccio rimane fermo senza doverlo trattenere manualmente; inoltre, a carico ultimato, lo si può sollevare quanto basta per posizionarlo a fine corsa, per poi togliere il bullone superiore (bloccato da un dado a farfalla) e ripiegare la bandiera nell’aggancio che la blocca per intraprendere il viaggio di rientro.
La bandiera del sollevatore può essere sganciata dal piantone per poterla abbassare e assicurarla al telaio sovrasponda, in modo che non sporga dalla cabina di guida e permetta di entrare e uscire dal garage. La “pinza” che avvolge il tronco da sollevare è frutto di una precedente autocostruzione.Il piantone del sollevatore è fissato al fondo del cassone con quattro bulloni che attraversano una robusta piastra, prolungata nella parte posteriore per poter saldare una saetta di rinforzo a essa e al piantone.Per il fissaggio alla sponda si utilizzano due piastre piane all’interno e due sagomate a omega attorno al rinforzo del rollbar del trattore all’esterno.
Tornitura, sagomatura e saldatura
Tempo richiesto: 2 giorni
Tagliare i tubolari
Il taglio dei tubolari nelle lunghezze richieste dal progetto si effettua con la segatrice a nastro; qui nello specifico viene effettuato il taglio del canotto al quale va flangiata la bandiera.
Effettuare la foratura passante sul perno di testa del canotto
Dopo aver tornito il perno di testa del canotto si capovolge il pezzo e si effettua la foratura passante.
Realizzare la boccola
Un altro pezzo fondamentale da ricavare per tornitura è la boccola da interporre tra il canotto e il piantone per consentire la rotazione della bandiera.
Preparare le piastre di fissaggio e aprire i fori
Preparate le piastre di fissaggio della gru al cassone e alla sponda anteriore si aprono con il trapano a colonna i fori passanti per i bulloni.
Saldare al telaio un’altra piastra per fissare l’argano
Per fissare l’argano, si salda al telaio della bandiera un’ulteriore piastra, più sottile, sulla quale occorre aprire tre fori e successivamente filettarli. Uno dei lati corti va inoltre sagomato con una concavità che permetta alla piastra di conformarsi attorno al montante della bandiera.
Procedere con la saldatura
Si preparano anche gli elementi necessari al collegamento della bandiera al canotto e la flangia per la puleggia in testa, forati allo scopo, e si procede con la saldatura.
Decapare e verniciare
Bandiera e canotto sono pronti per essere decapati e verniciati. Partendo da sinistra, in testa alla bandiera è stato saldato un terminale di chiusura, mentre a un’ala della flangia per la puleggia, previa opportuna foratura, è stato saldato un dado; questo pezzo va ancora saldato, tramite una piastra, all’elemento di unione dei due tubolari. A destra, alle estremità dei tubolari stessi, sono saldati i giunti quadri utili a collegare con bulloni le estremità del canotto, alle quali sono saldati opportuni collari. Lungo il canotto, poco sotto il collare superiore, sono inseriti e saldati i tubolari che hanno funzione di timone per manovrare la bandiera.
I tre elementi torniti che permettono la rotazione del canotto rispetto al piantone.Alcuni pezzi che concorrono al fissaggio e all’irrigidimento del piantone.
Con il termine tecnobarocco Mario Tozzi, divulgatore scientifico, oltre a tanto altro, intende quella parte della tecnologia eccessiva, barocca, appunto, e del tutto inutile, che ha come costante quella di cercare benessere e comodità a discapito dell’ambiente e dei modi di vivere preesistenti (Tecnobarocco, Tecnologie inutili e altri disastri /2015 – Passaggi Einaudi). Questa ipertecnologia ci ha fatto perdere competenze che prima avevamo: nell’apprendimento, per esempio l’avere a disposizione materiale e informazioni infinite circa un argomento, contenuti che possiamo copiare e archiviare sul nostro computer, ci impedisce di allenare la memoria, prendendo appunti, selezionando e quindi archiviando nel posto giusto, ovvero la memoria di ciascuno di noi, nozioni e ragionamenti che in questo modo entrano a far parte del nostro bagaglio di conoscenze. L’invenzione del GPS, poi, avvenuta nel 1994, ha consentito grandi vantaggi, per esempio per soccorsi più rapidi e precisi, ma d’altra parte ha anche contribuito a una disabitudine nell’arte dell’orientamento. Ho un ricordo preciso di un viaggio memorabile, anche perché pur essendo luglio ha sempre piovuto, fatto in moto almeno 25 anni fa, dalla Toscana a Copenaghen, con due amici motociclisti, attraversando diverse capitali europee, senza prenotazioni di hotel e senza navigatore, solo con una cartina e la conoscenza di un po’ di inglese per chiedere informazioni; ero io la “guida” del piccolo gruppo e me la sono cavata bene, oggi, viziata dalla tecnologia, non so se saprei fare altrettanto. La cosa più divertente citata da Mario Tozzi come esempio limite è un’osservazione che, pur conoscendo la materia, non avevo mai considerato: riguarda il WC supertecnologico, nato in Giappone, oggi diffuso anche da noi, che ha una tastiera per azionare la musica, la doccetta per lavarsi, l’emissione di fragranza, la connessione per essere comandato da uno smartphone… dimenticavo: c’è anche il tasto per far scaricare l’acqua ed eliminare il “contenuto” del WC. Ebbene, Tozzi ha fatto notare che quest’ultima funzione primaria, in tutti i sensi, come tutte le altre del resto, ma decisamente secondarie, non può essere svolta se manca l’elettricità. Un bel guaio, se si considera che il meccanismo perfetto, creato con una semplice vaschetta d’acqua e una catenella o un pulsante è da tempo stato inventato. Un meccanismo che costa poco e funziona sempre; il massimo degli inconvenienti può essere il galleggiante bloccato, assai facile da risolvere per un fardasé. Queste e tante altre sono le analisi del libro che fanno riflettere e ancora una volta ci confermano, pur affascinati e fruitori di certe meraviglie della tecnologia, quale sia la concreta valenza del saper fare
Costruzione passo-passo di un pozzo finto per il giardino, sfruttabile in diversi modi
Quello che presentiamo in questo articolo è un pozzo finto fai da te, da utilizzare per compiti ben diversi. Facile da costruire, in mezzo al prato o al cortile fa la sua bella figura.
Cosa serve per costruire un pozzo finto:
Tavole di pino, abete rosso o larice sezione 40×70 mm: 88 “mattoni” 355 mm, 8 elementi anello di chiusura 360 mm, 4 volpi 360 mm, 2 basi timpani 1030 mm, 4 spioventi 690 mm, 6 traverse tetto 1170 mm
Legname impregnato a caldo e sottovuoto: 2 pali 90x90x1820 mm,1 asse mangano Ø 90×800 mm.
Tondo ramin Ø 25 mm: 1+1+1 assi mangano e impugnatura 150, 200 e 150 mm
Legno duro: 1 corpo manovella 40x50x250 mm
Colla per esterni, spine, viti
2 mq di copertura in legno,
2 mq di carta catramata,
2 mq di tegole canadesi.
Materiale di finitura: impregnante, eventuale vernice da legno, vernice bituminosa.
Dimensioni del pozzo finto fai da te in legno
Qui lo descriviamo con un’apertura di circa 810 mm. Volendo costruire un pozzo finto in legno più grande basta solo tagliare più lunghi i “mattoni” e aumentare in proporzione gli elementi del tetto e l’asse della catena. Le tavole usate per l’esempio hanno sezione 40×70 mm (la seconda misura dipende dall’altezza di taglio della troncatrice usata).
Come costruire un pozzo finto
Le dimensioni della vera dipendono dalla lunghezza degli elementi delle pareti. La misura del lato dell’ottagono si ottiene dividendo per 2,4142 la distanza tra il centro di due facce opposte. L’ottagono si disegna facilmente con squadra e compasso.
Tagliando a 45° i capi dei listelli e accostando i pezzi a correre, cioè col taglio sbieco di un pezzo contro la faccia interna del successivo, si ottiene un perfetto ottagono di cui, grazie all’abbondante zona di contatto, è facile unire con colla e viti gli elementi.
Otto barre filettate che attraversano i capi dei mattoni, una fila sì e una no, formano l’armatura del pozzo. Fila per fila, gli elementi vengono incollati di punta fra loro e di costa alla sottostante. Viti di sbieco dall’interno assicurano la resistenza.
Nei due pezzi, in alto e in basso, che ospitano i capi delle barre filettate, il foro va allargato e approfondito quanto basti per inserirvi dado e rondella più la bocca della relativa chiave. I dadi vanno stretti progressivamente nella sequenza 1°-5°, 3°-7°, 2°-6° e 4°-8°, così da evitare torsioni della struttura.
Tetto a due spioventi
Sia per difenderlo da pioggia e neve, sia per rifinirlo a regola d’arte, il pozzo è coperto da un tetto a due falde, di facile realizzazione anche con un’attrezzatura limitata. Per garantire una protezione efficace, il tetto deve sporgere abbondantemente sul pozzo e qui misura, in pianta, 1200×1200 mm. La sua struttura è costituita da due timpani triangolari di tavole sezione 40×70 mm con gli angoli bisellati in modo da ottenere al vertice un angolo di 110° e alla base due di 35° (nulla vieta di farlo più a punta dove cade molta neve, o più appiattito dove non fiocca mai). I timpani vengono collegati, al colmo, alla base e a metà dei lati spioventi, da sei tavole 40x70x1200 mm. Dato che quelle di colmo vanno poi coperte, non occorre che ne vengano piallati di sbieco i bordi concorrenti. Sulle sei tavole si fissa la copertura di base, in perline o in multistrato marino, da rivestire con una guaina impermeabile e coprire come meglio si crede (comunque materiale leggero come stuoie, tegole canadesi, scandole e simili). Il tetto poi si monta sui pilastri con viti 8×90 mm al centro della base dei timpani. L’unione si rinforza con volpi sezione 40×70 mm dai capi bisellati a 45° da fissare con viti di sbieco ai lati dei pilastri e sotto la base dei timpani.
Il mangano
La vera del pozzo finto
Anche se teoricamente potrebbe essere rotonda (le botti e i tini lo sono) è assai più comodo e veloce farla, col sistema proposto, ottagonale. Impostando la troncatrice sull’angolo di 45°, tagliamo di coltello le tavole, invertendo l’angolazione da un capo all’altro così che in pianta risulti un trapezio isoscele con una base di 355 mm e l’altra di 275. Accostando i pezzi a correre, con la parte bisellata di ognuno poggiata contro l’estremità della faccia lunga del successivo, si ottiene un perfetto ottagono con i lati di circa 331 mm. Ogni giro di otto “mattoni” forma un anello alto 70 mm; l’altezza della vera sarà quindi un multiplo di 7 centimetri più i 40 mm dell’anello di chiusura. Gli anelli, i cui singoli elementi vanno incollati fra loro, si sovrappongono invertendone il senso di corsa delle punte: se il primo mostra a sinistra la bisellatura e a destra la faccia lunga, il secondo dovrà avere la bisellatura a destra e la faccia lunga a sinistra. L’unione fra gli anelli è data da barre filettate verticali che attraversano le punte dei mattoni. Affinché i fori siano perfettamente allineati, occorre preparare uno scalo da fissare sulla tavola del trapano: due listelli lunghi una dozzina di centimetri, avvitati su una tavoletta a formare una V con angolo al vertice di 45° (basta usare come guida l’angolo di un mattone). La tavoletta si blocca sulla tavola in posizione tale che la punta del trapano scenda esattamente sulla mezzeria del mattone a 40 mm dal vertice. In ogni elemento si apre un solo foro, alternandone la posizione da un corso al successivo: se nel primo si fa nell’estremità destra degli otto elementi, nel secondo andrà fatto nella punta di sinistra. Nel primo corso, inoltre, l’imbocco del foro va allargato per ospitare dado e rondella, lo stesso all’uscita del foro nell’ultimo corso. Via via che gli anelli vengono completati, la punta di ogni elemento si incolla e avvita, dall’interno dell’anello, alla faccia di quello adiacente (non sarebbe male, anche se non previsto nel campione, collegare ogni elemento a quello sovrastante con spine o tasselli piatti).
L’anello di chiusura
Raggiunta l’altezza voluta, stretti bene tutti i dadi ed eventualmente molate le sporgenze delle barre filettate, si imposta la troncatrice sui 22,5° e con tale angolo si tagliano, di piatto, otto tavolette, che si avvitano sull’ultimo corso della vera facendole sporgere verso l’esterno. In due tavolette diametralmente opposte si apre al centro del lato maggiore uno scarico largo 90 mm e profondo tanto quanto la tavoletta sporge rispetto alla vera (il fondo dello scarico deve risultare a filo della parete del pozzo).
Protezione del legno
Un rubinetto alla base del pozzo permette di prelevare l’acqua raccolta nel recipiente interno.
Un catino di dimensioni adeguate al pozzo viene riempito da un tubo incastrato nel pilastro.
La sommità della vera viene bordata con tavole della stessa sezione ma poste di piatto e con gli angoli tagliati a 22,5°.Trattandosi di una costruzione all’aperto è consigliabile usare legno adatto a reggere le intemperie e trattarlo con gli opportuni impregnanti protettivi. L’anello inferiore, da proteggere anche con vernice bituminosa, è meglio che non sia a diretto contatto col terreno ma poggi su qualcosa (pietra o muratura) che eviti la risalita dell’umidità. Un’ulteriore protezione è data dal tetto, che è retto da due pilastri di legno impregnato sotto vuoto, avvitati dall’interno, che si incastrano negli scarichi aperti nell’anello di chiusura. Scanalando la faccia interna di uno dei pilastri si può creare la sede per un tubo invisibile che porti l’acqua dentro al pozzo. Nei pali, all’altezza più comoda, si aprono i fori per l’asse del mangano e, montati provvisoriamente i pilastri, si taglia a misura della distanza fra le loro facce interne il palo orizzontale del mangano.
Come utilizzare un pozzo finto
Inserendo dentro la vera, opportunamente isolata con materiale refrattario, un braciere a carbonella, il mangano può servire a reggervi sopra una griglia: così il pozzo si trasforma in barbecue.
Sostituito il mangano con una traversa munita di ganci, il pozzo può anche servire da comoda rastrelliera per gli attrezzi del giardino.
Un coperchio di tavole e un catino abbastanza profondo permettono di usare il pozzo come ripostiglio asciutto e protetto per materassini e cuscini da sdraio.
Una bordatura esterna di assi portavasi e l’eventuale inserimento di una fioriera all’interno del pozzo permettono agli amanti del verde di creare un variopinto punto di richiamo.
La storica azienda di Vignola, da oltre 40 anni player di riferimento nel settore delle attrezzature professionali e dei prodotti per il mercato MRO (Maintenance, Repair and Operations) propone in catalogo anche un sistema di cassetti componibili, adattabile a tutti gli spazi.
Quando si tratta di utensileria meccanica e di accessori per i lavori di manutenzione e assemblaggio, un ambiente di lavoro ben organizzato aiuta a reperire con precisione i componenti necessari e a riporre in sicurezza le attrezzature. A questa esigenza FERVI risponde con una gamma completa di 7 differenti modelli di cassettiera in robusto materiale plastico che hanno la caratteristica di avere tutte la medesima dimensione esterna e dunque una completa modularità, idonea per gli ambienti professionali e per il fai da te.
I singoli componenti infatti possono essere impilati sia in verticale sia in orizzontale, utilizzando le apposite “slitte” a scorrimento, per un allestimento omogeneo e coordinato per quanto riguarda colori e dimensioni, componibile in infinite combinazioni. I singoli contenitori, di colore nero (con cornice esterna in blu-FERVI), possono montare cassetti e vassoi di forma differente, in base al tipo di utensile che deve essere riposto, con la possibilità di avere per ogni singolo contenitore cassetti trasparenti o vassoi “a vista” in diverse dimensioni: da 1 fino a 12 cassettini per la minuteria, e fino a 4 vassoi.
Tutti i cassetti sono anche dotati di sistema di bloccaggio per evitare la caduta accidentale del contenuto in fase di apertura e di fori di fissaggio posteriori per l’aggancio al muro. Anche la linea di cassettiere, come tutti i loro prodotti in catalogo, propone un favorevole rapporto qualità/prezzo apprezzato dagli operatori, sia in ambito professionale sia nel mondo del bricolage. Sul sito di FERVI è sempre disponibile il catalogo completo dei prodotti, e nella sezione “Dove acquistare” è possibile trovare tutti i rivenditori sul territorio a cui rivolgersi per l’acquisto.
Senza il vincolo di un cavo elettrico di alimentazione, Einhell Varrito diviene ancor più pratico e funzionale; con batterie piccole si ha la massima leggerezza, con le grandi un’autonomia veramente elevata
La caratteristica modalità di lavoro, con l’andamento oscillatorio laterale dell’albero, sta alla base della capacità di questo elettroutensile di effettuare diverse lavorazioni, da cui l’appellativo di multifunzione. Einhell Varrito è uno strumento adatto a intervenire nei casi in cui gli elettroutensili canonici faticano o neppure possono. Cambiando l’accessorio applicato, può tagliare metallo, legno, plastica e materiali lapidei; può raschiare e levigare. Tutto questo, spesso, eseguito in situazioni non convenzionali: un esempio per tutti, i tagli a filo piano. Lo strumento, quindi, è fatto per risolvere in casi particolari ma, grazie alla maneggevolezza e alla sicurezza, capita di usarlo anche nel terreno in cui è meno a suo agio, il lavoro intensivo.
Il multifunzione Einhell Varrito risponde a tutte le richieste: oltre a potenza (giri regolabili da 11000 a 20000/min e angolo di oscillazione di 3,2°), leggerezza (peso 1 kg), massima libertà di movimento data dall’alimentazione con batteria litio 18 V della famiglia Power X-Change (200 elettroutensili compatibili), c’è anche la durata, montando le batterie più capienti (5,2 Ah), che consentono di affrontare senza esitazioni i lavori più impegnativi. Einhell Varrito, in versione Solo, ha un prezzo consigliato al pubblico di euro 79,95.
Einhell Varrito: strumento facile e completo
Agendo sul pulsante di accensione l’elettronica a bordo avvia il motore gradualmente, senza alcun contraccolpo o rotazione improvvisa.Una rotella permette di regolare nel modo più opportuno la velocità del motore per adattarla al materiale in lavorazione.Forma, dimensioni e inserti dell’impugnatura consentono di usare il multifunzione con una sola mano in piena sicurezza.
Il contenuto della confezione comprende accessori per il taglio di diversi materiali e per la levigatura. Sono inclusi nove fogli di carta abrasiva di numero crescente: tre con grana 60 (fortemente abrasiva), tre a grana 80 (molto abrasiva), tre a grana 120 (mediamente abrasiva).
Accessorio per taglio metalli
L’accessorio per taglio metalli ha denti fini ed è realizzato in acciaio rapido, per meglio resistere alle sollecitazioni e al surriscaldamento.
Accessorio per raschiare
L’accessorio per raschiare ha una lama ampia, con un profilo frontale liscio e affilato.
Accessorio per plastica e legno
È simile a quello per i metalli, ma non è da confondere, perché questo è indicato per plastica e legno. La seghettatura fine permette di produrre tagli con bordi molto precisi.
Lama per tagliare il legno
La lama a ventaglio adatta per tagliare il legno, è fatta con acciaio duro, quindi può lavorare anche su alluminio.
Lama per materiali lapidei
Un’altra lama a ventaglio, invece, è specifica per l’utilizzo su materiali lapidei.
Platorello triangolare
Il platorello triangolare con supporto gommoso è l’accessorio su cui si applica la carta abrasiva con fissaggio al velcro.
Bloccaggio degli accessori
La speciale testina che blocca gli accessori all’asse oscillante della macchina si predispone all’inserimento spostando la leva d’ingaggio dalla posizione di riposo.
Applicare gli accessori
La leva, spinta a fondo corsa, rimane aperta, quindi si applica l’accessorio sulla testina magnetica che blocca l’utensile e si richiude la leva.
Applicare la carta abrasiva
La forma del platorello permette di ruotare più volte la carta abrasiva, che sulla punta si consuma prima.
Uno schienale imbottito fa diventare comoda anche una panca di legno
Una panca di legno può presentare una seduta e uno schienale rigido. L’imbottitura risolve il problema.
Perché dovremmo realizzare una panca imbottita fai da te? Se la moderna poltrona (o sedia) in tutto legno, presenta un certa durezza al contatto con il corpo, possiamo intervenire realizzando un’imbottitura dello schienale o della seduta. Le soluzioni da adottare sono diverse, in funzione della forma e della tipologia della panca da imbottire: si può predisporre un’imbottitura fissa applicando materiali morbidi, opportunamente rivestiti con tessuti di copertura, o addirittura, sostituire un componente con un altro, adeguatamente imbottito.
I materiali da utilizzare per la panca imbottita
schiuma morbida di poliuretano (gommapiuma),
tessuti di foderatura e rivestimento, eventuale passamaneria.
graffatrice che ci consente di fissare, ben tesi, i tessuti di rivestimento
Imbottire lo schienale
1 Fissiamo un foglio di gommapiuma da 30 mm al nuovo schienale di multistrato da 20 mm utilizzando un adesivo spray (Scopri come tagliare e incollare la gommapiuma).
2 Avvolgiamo il frontale dello schienale e la gommapiuma con un foglio di tessuto-non-tessuto, fissandolo con la graffatrice.
3 Infine rivestiamo lo schienale con tessuto o con finta pelle fissandolo, anch’esso, con punti metallici sul retro.
Il rivestimento finale
1 In prossimità degli angoli ripieghiamo il tessuto su se stesso facendo attenzione a non formare grinze.
2 Sovrapponiamo la parte piegata su quella fissata precedentemente stendendo accuratamente il rivestimento.
3 Blocchiamo il tessuto con punti metallici, in modo da intercettare anche la porzione sottostante.
4 Due punti metallici applicati in prossimità della piega d’angolo assicurano ottima tenuta nel tempo.
Quando lo schienale è terminato, possiamo collegarlo ai montanti della panca, dopo aver asportato quello preesistente, utilizzando le medesime viti che erano installate sull’originale.
Rotolo poggiaschiena in alternativa all’imbottitura
Per rendere più confortevole uno schienale rigido, anziché l’imbottitura, possiamo utilizzare un “salsicciotto” di neoprene, da fissare con tre strisce dello stesso materiale fermate con viti sul retro. In sostituzione dei cuscini possiamo utilizzare fogli, sempre di neoprene, da fissare alla seduta con strisce di Velcro.
Una struttura in grado di sostenere ripiani di vetro e supporti per gli accessori da bagno
I sanitari hanno una collocazione vincolata dai collegamenti alla rete idrica di adduzione e scarico; talvolta questo impedisce di sfruttare come si vorrebbe lo spazio, se non è molto, per inserire mobili che ingombrano in profondità anche se sono del tipo a giorno; se invece dispongono di ante può risultare complicato accedere al loro interno.
Questo pannello mensola fai da te a parete che supporta ripiani di vetro inseribili lungo il suo sviluppo, è una buona soluzione. Per la costruzione utilizziamo liste di lamellare da 10 mm lastronato, ovvero con un sottile strato di legno pregiato su una base di massello, come le doghe dei parquet. Tra i singoli pannelli viene lasciata una luce che consente di inserire vari ripiani di vetro da 6 mm, mantenuti in posizione da riscontri di legno fissati con viti dietro ogni singolo pannello. Il tutto è tenuto insieme da due lunghi listelli avvitati sul retro. Un bordino di plastica decorativa incollato lungo lo sviluppo laterale completa la struttura. La sospensione a parete è fornita da due squadrette metalliche che si agganciano a tasselli fissati al muro.
Come realizzare un pannello mensola fai da te
Sul retro di ogni singolo pannello fissiamo (a circa 100 mm dalle estremità) due riscontri di legno che servono per mantenere in posizione i ripiani di vetro.
Colleghiamo i pannelli con due listelli per tutta la lunghezza della struttura, avvitandoli sulle liste e in battuta sui riscontri di legno. All’estremità superiore fissiamo inoltre due piattine metalliche ad L, forate per la sospensione a parete.
Applichiamo, con silicone, un bordino di alluminio con sezione a U lungo lo sviluppo laterale dei pannelli.
Parte oggi il concorso di WD-40 rivolto a tutti gli appassionati di fai-da-te che sono invitati a caricare nel sito web dedicato all’iniziativa una fotografia in cui viene “immortalato” il lavoro svolto con un prodotto WD-40
Da oggi fino al 30 novembre ogni appassionato di fai da te, che sia un neofita o un vero bricoleur, potrà tentare la fortuna con il concorso “WD-40 Fai da te e Vinci”, che ogni mese decreta 10 vincitori e al termine del concorso, a fine novembre, i finalisti in assoluto. Partecipare è semplice: ogni utente dovrà accedere al sito dedicato all’iniziativa raggiungibile alle url https://faidateevinci.wd40.it/p/906552 e https://wd40.it/faidateevinci e registrarsi compilando il form di partecipazione con i dati anagrafici richiesti.
I consumatori sono invitati a caricare un proprio contributo fotografico rispettando la tematica richiesta, ossia un’immagine che presenta un lavoro svolto (di riparazione, manutenzione o una nuova creazione realizzata con le proprie mani) utilizzando un prodotto WD-40. Nella fotografia sarà importante evidenziare il più possibile come sia stato utilizzato il prodotto, la tipologia del lavoro svolto e la confezione del prodotto promozionato. Tutte le immagini caricate e pubblicate nella gallery online, saranno giudicate ogni mese da una giuria incaricata che valuterà la capacità di rappresentare l’efficacia del prodotto all’uso selezionato, la riconoscibilità del prodotto nell’immagine e la qualità e l’originalità dell’immagine stessa.
La giuria effettuerà una preselezione di 15 contributi ritenuti coerenti e stilerà una classifica dalla 1a posizione alla 15esima. I premi sono numerosi e davvero imperdibili: un navigatore TomTom per il primo classificato, uno Zaino Dainese per il secondo classificato e un Avvitatore Black+Decker per il terzo vincitore. Dalla 4 posizione alla 15esima i fortunati partecipanti potranno ricevere una Maschera 100%, un Casco MTB, un paio di Guanti Dainese, un paio di Auricolari Sony, un Seghetto Black+Decker, un paio di Pantaloni antipioggia Dainese e una Valigetta di utensili Stanley.
Ma non è finito qui: infatti al termine del concorso, dopo aver proclamato i vincitori del mese di novembre, la giuria valuterà tutti i contributi candidati dal primo all’ultimo giorno di concorso seguendo due precisi criteri: l’originalità e creatività nell’utilizzo del prodotto WD-40 e la complessità del progetto o lavoro svolto. Seguendo tali criteri, la giuria stilerà la classifica dei vincitori finali dal 1° al 15° posto che avranno l’opportunità di aggiudicarsi favolosi premi finali come GoPro HERO9 Black, Idropulitrice a pressione Karcher, uno Smartwatch Polar, un Interfono bluetooth Interphone ed un Casco moto AGV. Dalla 16esima posizione alla 25esima i nominativi selezionati saranno considerati di riserva. Al fine di ottenere un’ottima redemption del concorso e raggiungere il più alto numero possibili di consumatori in target, è stata attivata una comunicazione on e offline dedicata e una campagna advertising sui canali social WD-40. Approfittate dell’occasione per mostrare il bricoleur che c’è in voi e sentirvi gratificati grazie ai numerosi premi messi in palio da WD-40. Date il meglio di voi per un Ottimo Lavoro!
La levigatrice orbitale Bosch PSS 250 AE è una macchina funzionale e versatile: regolazione delle oscillazioni, ottime impugnature, sistema di aspirazione e due possibilità di attacco per la carta abrasiva
La levigatrice orbitale Bosch PSS 250 AE è la soluzione ideale per una levigatura fine e un rapido avanzamento della lavorazione; il motore, con una potenza di assorbimento di 250 watt, porta la macchina a un numero di oscillazioni regolabile da 14.000 a 24.000 al minuto, mentre la piastra di levigatura misura 92×182 mm.
Il diametro dell’orbita è di 2 mm e la macchina pesa complessivamente 1,6 kg. Utile la rotella situata sull’impugnatura secondaria con cui è possibile eseguire una preselezione elettronica del numero di oscillazioni per lavorare al meglio, in funzione del tipo di materiale.
Questa levigatrice orbitale Bosch dispone di due sistemi di fissaggio della carta abrasiva: oltre al classico sistema a molla, la superficie inferiore della piastra ha un innovativo sistema a microfissaggioper carta abrasiva a strappo. Nella piastra c’è una serie di otto fori che permettono al sistema di aspirazione di ridurre al minimo le polveri che si sollevano durante la levigatura. Le polveri vengono così canalizzate e, tramite un raccordo, raccolte nel sistema Microfilter in dotazione; il fianco del contenitore è semitrasparente, per poter vedere lo stato di riempimento e provvedere al suo svuotamento.
La PSS 250 AE è una levigatrice orbitale dalle vibrazioni ridotte, fatto che permette di affrontare la lavorazione di superfici di grandi dimensioni; nel caso di impieghi prolungati, infatti, le mani non avvertono quasi alcuna stanchezza, grazie anche agli inserti Softgrip sulle impugnature. La forma ergonomica di queste rende confortevole l’utilizzo della macchina anche usando una sola mano, sia per destrimani sia per mancini.
Per la PSS 250 AE, Bosch mette a catalogo carta abrasiva di due misure, 93×185 mm e 93×230 mm. La prima corrisponde alla misura della piastra, con una leggera abbondanza, ed è da usare con sistema a microfissaggio di cui la piastra stessa è dotata; la seconda è più lunga per essere utilizzata con il fissaggio a molla. La grana disponibile va da G 40 a G 240, con step intermedi su G 60, 80, 120 e 180.
Levigatrice orbitale Bosch – Caratteristiche
La carta abrasiva a strappo è molto rapida da posizionare e sostituire. Nel metterla si deve badare che i fori corrispondano bene con quelli presenti nella piastra, per consentire il regolare funzionamento del sistema di aspirazione.
Con il sistema di fissaggio della carta a molle si può usare la carta abrasiva in rotolo, che risulta più economica. Le molle sono due, una blocca la carta sul lato frontale della piastra, l’altra su quello posteriore. La leva di ogni molla si va ad agganciare sul fianco della piastra. Bosch ha a catalogo un accessorio molto utile che permette di praticare i fori nella carta abrasiva che non li ha (come quella in rotolo), con un’operazione rapida e precisa.
La levigatrice orbitale Bosch dispone della regolazione della velocità delle oscillazioni, con cui si può adattare al meglio l’azione abrasiva, a seconda del tipo di materiale oppure della durezza del legno che ci si accinge a levigare.
Sul retro della levigatrice Bosch c’è il tubo di uscita della raccolta polvere; il tubo è rotondo per potersi raccordare facilmente con i tubi flessibili degli aspiratori. Normalmente, tuttavia, è incastrato nel contenitore sagomato del sistema Microfilter, un cassetto con coperchio apribile che contiene un filtro a carta molto efficace.