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Comodino fai da te

Questo comodino fai da te può essere appoggiato a pavimento o fissato a parete a lato del letto e si realizza con pezzi di scarto o avanzi di laboratorio ben piallati e calibrati; vista la semplicità dell’oggetto, sbizzarriamoci con fresature e incastri, tanto per fare pratica…

Per i designer dell’ultim’ora i materiali di scarto e le forme essenziali sono un imperativo per realizzare oggetti d’arredo, e guai a mascherarne l’aspetto con qualsivoglia finitura: loro però si affidano a costruttori professionisti per concretizzare le idee, noi facciamo tutto in proprio. Visto che non ci vuole molta maestria per costruire un comodino fai da te come questo, complichiamoci un po’ la vita e, dopo aver recuperato il materiale tra gli avanzi, facciamo un po’ di palestra: calibratura dei pezzi, fresatura a banco, ricalibratura dopo le unioni e montaggio finale dei lati, uniti semplicemente per incollaggio: le uniche viti utilizzate sono per fissare le cerniere e la calamita che mantiene chiusa l’anta a ribalta. Il risultato finale si apprezza più per la rusticità estetica del comodino fai da te che per la pura funzionalità; non si tratta certo di un complemento capiente, ma si addice a uno stile informale all’insegna del riciclo.

I materiali

I materiali, dopo piallatura, sono costituiti da: 3 tavolette 15x90x450 mm; 3+6 travetti 60x45x450/350 mm; 4+4 listelli 15x30x450/350 mm; 2 fogli di compensato da 5 mm per fondo e retro; 2 listelli 45x45x450 mm di rinforzo alla base; 2 cerniere a libro, una calamita e una maniglia brunita ad anello con bocchetta.

Comodino fai da te – Particolari unioni

Tempo richiesto: 1 giorno

  1. Applicare una scanalatura in uno dei lati corti dei travetti

    In uno dei lati corti dei travetti, a tutta lunghezza, pratichiamo una scanalatura profonda 12 mm e larga 15 mm con una fresa cilindrica, a distanza costante dai bordi; a questo scopo bisogna bloccare un listello guida a opportuna distanza dalla fresa e fare una prova con un pezzo di scarto, per verificare che la scanalatura risulti perfettamente parallela alla lunghezza. Nei 4 travetti centrali di ogni lato le scanalature devono essere due, contrapposte.

  2. Unire i 3 travetti che compongono ciascun lato

    I lati sono composti da 3 travetti ciascuno, uniti con l’inserimento di due listelli 15×30 mm nelle scanalature e abbondante colla vinilica.

  3. Realizzare un dente per poter unire le tavolette

    Anche per unire le tavolette affiancate si realizza un dente (due per quella centrale) a tutta lunghezza e profondo metà spessore con la stessa fresa, ricalibrando per lo scopo il listello guida.
    comodino fai da te

  4. Serrare tra morsetti

    Ciascun elemento composto e incollato va serrato tra morsetti; seguirà una levigatura (o piallatura) per eliminare eventuali scalini risultanti dall’unione.

  5. Posizionare la cerniera a libro

    Per montare le cerniere a libro che collegano l’anta alla struttura si fissano a uno dei listelli 45×45 mm da porre alla base: si marca la posizione di entrambe alla stessa distanza dai bordi laterali.
    comodino fai da te

  6. Realizzare lo scasso

    Con uno scalpello affilato si realizza lo scasso necessario a incassare a filo l’ala della cerniera, rifinendo poi la sede con raspa e carta vetrata.

  7. Assemblare la “scatola”

    La “scatola” viene assemblata solo per incollaggio: tra i due fianchi viene inserito il top e, alla base, i due listelli 45×45 mm a filo esterno dei fianchi. Questi ultimi chiudono le cornici che fanno da supporto per il fondo e per il retro, entrambi di compensato incollato a esse.
    comodini fai da te

  8. Montare l’anta frontale

    Quando la colla di montaggio per legno ha fatto presa si può montare l’anta frontale e verificare che si inserisca nella luce della scatola senza attriti, ma anche senza far risultare fessure troppo evidenti. Quando l’articolazione risulta efficace, si possono montare le due metà della calamita di chiusura nella parte alta dell’anta e della scatola, al centro.
    comodino fai da te

  9. Forare l’anta

    Sempre al centro dell’anta, a un paio di centimetri dal filo superiore, si pratica il foro passante per l’inserimento del perno filettato a cui fissare la maniglia ad anello.
    costruire un comodino

  10. Fissare la maniglia ad anello

    L’anello è articolato su uno snodo fisso, filettato metrico sulla faccia di appoggio: dopo aver fissato sul lato esterno la bocchetta sagomata, con piccoli chiodini di ottone, si avvita alla maniglia uno spezzone di barra filettata, da tagliare a misura appena sufficiente a bloccare il tutto con un bulloncino e una rondella inseriti dall’interno. In caso di appoggio a pavimento sono sufficienti quattro feltrini applicati sotto la base; il fissaggio a parete può essere fatto con mensole o senza elementi a vista, con le viti dei tasselli, provviste di larghe rondelle, che attraversano il retro. In questo caso, oltre a utilizzare un compensato più spesso, è bene che sia fissato alla struttura con l’aggiunta di viti. Le dimensioni finali del comodino fai da te sono circa 540x355x185 mm.

Borsa di cuoio fai da te

Costruire una borsa di cuoio fai da te non è difficile, infatti consiste in un rettangolo (che compone fondo, fianchi e coperchio) e due elementi laterali uguali più la cinghia; la cucitura ha un ruolo funzionale e decorativo

Questa borsa di cuoio fai da te ha una struttura piuttosto semplice e il risultato estetico finale dipende dalla precisione con cui viene tagliato il cuoio e con cui sono fatte le cuciture ( a tal proporsito consigliamo vivamente la lettura della nostra guida specifica su come lavorare il cuoio).

Il materiale adatto per realizzare una borsa di cuoio artigianale è il cuoio grasso o vacchetta, o comunque una pelle morbida. Servono anche cartone piuttosto spesso per le dime, alcuni rivetti, una fibbia ed una chiusura per borse. Il modello dell’oggetto, realizzato con sagome di cartone, deve essere basato sulle dimensioni scelte per la borsa: servono alcuni calcoli precisi per considerare il fondo rotondo e i bordi per le cuciture, ma il procedimento per realizzare borse di cuoio fatte a mano è facile e intuitivo. Con le due sagome più la tracolla è possibile sapere le dimensioni del pezzo di cuoio da acquistare.

Scegliamo il pezzo che più si adatta alle misure. Sovrapponendo alla pelle le due sagome e lavorando con un cutter si ottengono i tre pezzi fondamentali che costituiscono la borsa di cuoio fai da te. Per ritagliare la cinghia non è obbligatorio costruire un modello di cartone: basta utilizzare una lunga riga metallica. Dopo il taglio vanno praticati, sui due fianchi e in posizione centrata, i fori per il fissaggio della tracolla.

Lungo le pareti dei bordi dei pezzi, che andranno a combaciare fra loro, vanno praticati i piccoli fori per le cuciture. I fori devono essere di piccole dimensioni, pertanto va utilizzata una lesina oppure una fustella di piccolo diametro. E’ importante, ai fini dell’estetica, che i fori siano equidistanti (da 5 a 8 mm l’uno dall’altro) e che sia uniforme la distanza dal bordo della pelle (5 mm).

Il punto più adatto è il “punto sella”, per il quale occorrono due aghi con cui fare due filze sovrapposte. Finita la cucitura si passa al montaggio della tracolla ai fianchi della borsa, con due rivetti negli appositi fori predisposti. Sulla cinghia vanno praticati con la pinza fustellatrice, ad eguale distanza, alcuni fori di diametro adeguato alla fibbia, da fissare con un rivetto. La nostra borsa di cuoio fai da te è pronta!

E per… imparare a lavorare il cuoio in maniera professionale esiste la straordinaria scuola del cuoio di Firenze!

Creare borse di cuoio, serve un progetto

disegno borsa artigianale

Borsa di cuoio fai da te

borsa di cuoio fai da te
Il taglio va effettuato dalla parte “bella” e tenendo sotto la pelle un pezzo di compensato.

borsa di cuoio fai da te
La cucitura va fatta in modo tale che le parti interne della pelle combacino; i due fianchi della borsa.

Per fissare il maschio della chiusura è necessario fare due piccoli tagli per le alette metalliche da ripiegare.

La mascherina della chiusura si inserisce col martello o con il torchietto.

I fori sulla cinghia vanno fatti con la pinza fustellatrice ad eguali distanze e al centro della striscia, quindi prima di iniziare il lavoro è consigliabile marcare i punti con una piccola incisione.

La fibbia viene fissata con un rivetto da bloccare col martello. Il rivetto è anche usato per fissare ai fianchi della borsa ciascuno dei due capi della cinghia.

Cerchi idee più semplici? Guarda l’articolo sulle borse fai da te di bricoyoung.it

Millechiodi Crystal | Adesivo di montaggio “invisibile”

Millechiodi Crystal fa parte della gamma di adesivi di montaggio con cui affrontare con successo qualsiasi esigenza di fissaggio in qualsiasi situazione. Adatto per l’utilizzo sia in interni sia in esterni, in presenza o meno di umidità, con forte effetto ventosa

Gli adesivi di montaggio hanno come caratteristico punto di forza la tenacia dell’unione di due pezzi, espressa sin dal primo momento, grazie al loro potente effetto ventosa. Tutto questo avviene anche nell’unione di materiali di natura differente, ma nella gamma Millechiodi di Pattex si trova il prodotto ideale per ogni particolare situazione: Millechiodi Crystal, per esempio, è una potente combinazione di una colla per costruzioni e un adesivo sigillante, che incolla tra loro anche superfici lisce. Pertanto è indicato nel fissaggio di vetri e specchi su supporti come piastrelle, metalli anche lucidi o cromati, plastiche, legno smaltato ecc.

Millechiodi Crystal ha come peculiarità la trasparenza cristallina; con la tecnologia FlexTec Polymer, brevettata da Henkel, questa colla multiuso assicura un fissaggio flessibile e al contempo potente con risultati eccezionalmente trasparenti. Può essere usata su materiali assorbenti e non assorbenti, come ceramica, cemento, cartone, cartongesso, compensato, pietra, MDF, legno, metallo, PVC-U, vetro.

Alcuni esempi di applicazione sono il fissaggio di specchi alle mattonelle, maniglie alle ante delle docce, paraschizzi in cucina, numeri civici ecc. È adatta per l’utilizzo in interni e in esterni; è senza solventi, molto potente, altamente elastica, resistente ai raggi UV, impermeabile, non restringe, quindi perfetta per riempire le fughe. Resiste a temperature dai -30 °C ai + 70 °C. È disponibile in blister da 90 g e in tubo per pistola a estrusione da 290 g.

Tutto fatto in pochi minuti

Abbiamo usato Millechiodi Crystal per fissare uno specchio senza cornice a una parete piastrellata del bagno. Per la preparazione delle superfici, non dobbiamo fare altro che detergerle entrambe con alcol per rimuovere eventuali residui grassi e oleosi.

Tempo richiesto: 10 minuti

 

  1. Tagliare il beccuccio conico

    Con un cutter tagliamo il beccuccio conico di erogazione per consentire la formazione di un cordone adeguato all’utilizzo.

  2. Rimuovere il sigillo

    Sempre col cutter rimuoviamo il sigillo che mantiene integro il tubo di adesivo di montaggio.

  3. Avvitare il beccuccio

    Avvitiamo a fondo il beccuccio sul tubo di adesivo.
    Millechiodi Crystal

  4. Inserire la cartuccia nella pistola

    Inseriamo la cartuccia nella pistola a estrusione e premiamo la leva per riempire il beccuccio di adesivo. Quando sta per uscire dalla punta, sganciamo la leva posteriormente, per fermare immediatamente la spinta.

La gamma millechiodi

La famiglia Millechiodi propone un ventaglio di adesivi di montaggio ideali per fissare all’esterno la cassetta della posta o gli zoccolini in pietra, per incollaggi interni come per componenti da bagno, cassette elettriche, battiscopa ecc.

Si differenziano tra:

  • GAMMA FORTE&RAPIDO (Millechiodi FORTE&RAPIDO e Millechiodi TRASPARENTE), per incollaggi tra superfici di cui almeno una sia porosa (legno su muratura, sughero su boiserie).
  • GAMMA POLIMERICA UNIVERSALE (Millechiodi CRYSTAL, ESTERNI E INTERNI, EXTREME, REMOVIBILE e Click&Fix) per incollaggi su tutti i materiali anche su superfici non porose, quali vetri, specchi, marmi, su superfici metalliche anche verniciate.

Costruire una zampogna fai da te | Guida dettagliata

Costruire una zampogna… L’autocostruzione dello strumento musicale popolare, diffuso in passato soprattutto tra i pastori, ma realizzata in versione “sintetica” partendo da una camera d’aria: gli unici elementi naturali sono le canne di canto, il bordone e i supporti delle ance

 

Costruire una zampogna non è prettamente una cosa che ci passa per la testa tutti i giorni, ma non è mai troppo tardi per avere pensieri insoliti…Non ci è possibile valutare la qualità del suono emesso dalla zampogna realizzata dal nostro lettore Giuseppe Trentin, ma abbiamo ragione di pensare che gli permetta di improvvisarsi zampognaro a livello dilettantistico, intonando melodie per piacere suo e dei familiari. Anche se in origine si trattava di uno strumento “povero”, le zampogne di attuale produzione hanno prezzi che partono dai 400 euro in su, se si escludono le imitazioni (inaffidabili) di fattura pakistana.

Di questo strumento esistono diverse interpretazioni, a seconda delle origini nelle diverse zone del centro e del sud Italia (le cornamuse nordiche sono un’altra cosa ancora), ma ci pare di capire che si tratta della cosiddetta “zampogna zoppa” tipica dell’area laziale-molisana, in quanto ha un solo bordone, ma potrebbe averne anche due, e due canne di canto, di cui una più lunga dell’altra, presumibilmente quella di sinistra. Per costruire una zampogna occorre capire bene come è gatta: La caratteristica della zampogna è quella di emettere una melodia continua, senza le interruzioni dovute all’inspirazione che caratterizza gli altri strumenti a fiato.

La sacca, infatti, serve da riserva d’aria e permette al suonatore di riprendere fiato. Affinché questo sia possibile, la sacca dev’essere a tenuta ermetica e il tubo insufflatore deve essere provvisto di una valvola di non ritorno; l’aria viene poi convogliata alle canne dello strumento dalla pressione del braccio che comprime la sacca. Il nostro lettore ha reinterpretato la zampogna fai da te partendo da una camera d’aria di camion e per realizzare le varie parti ha utilizzato diversi pezzi di materiale plastico (tubi per idraulica, bottiglia da bibita, scodella usa e getta, guaina passacavi), legati tra se stessi e alla sacca con filo di ferro e nastro adesivo di carta, più canne di bambù per le parti propriamente sonore. Già così la zampogna poteva funzionare, ma non poteva mancare un rivestimento di lana d’agnello sintetica per renderla somigliante a quelle artigianali.

Nella tradizione, la sacca che ha la funzione di “serbatoio” dell’aria è realizzata con una pelle di pecora o di capra in un unico pezzo: questa è una versione un po’ più “animalista” e l’otre in cui viene immessa l’aria è ricavato da una camera d’aria da camion, successivamente rivestita con una pelle d’agnello sintetica per conformità estetica. Soltanto due delle tre canne (che possono essere anche 4 o 5) hanno il compito di modulare il suono alternando la chiusura dei fori, l’altra o le altre emettono una nota fissa e si chiamano bordoni: per costruire una zampogna sono state utilizzate canne di bambù del diametro di 15 mm, una lunga 600 mm e due lunghe 400 mm, queste ultime riportanti 4 fori distanziati di 25 mm ciascuno, alle quali sono state inserite a pressione le ance che determinano il tipico suono della zampogna con le loro vibrazioni.

Realizzare il sacco e lo scarico

 

La camera d’aria va ritagliata nelle dimensioni necessarie a ottenere una sacca Ø 300×800 mm, incollandone i lembi con colla cianoacrilica. Nella parte superiore deve rimanere un’apertura in cui inserire il ceppo con le canne di canto; a circa 200 mm da questo occorre praticare il foro per il tubo di insufflaggio.

Alla base della sacca, spostato lateralmente, si deve predisporre lo scarico della condensa, in quanto questa può rovinare le ance: si pratica un’apertura opportuna per inserirvi il collo di una bottiglia di plastica.

Il pezzo, tagliato circa 50 mm sotto il tappo, si fa entrare nella sacca con il collo filettato all’esterno e si blocca con qualche giro di filo di ferro.

La legatura si nasconde incollandovi attorno una striscia di gomma, ritagliata da un avanzo di camera d’aria. Lo smaltimento della condensa è affidato a uno spezzone di tubo corrugato lungo 650 mm, da collegare al tubo di insufflaggio tramite un portagomma, nascosto all’interno della sacca.

Calibrare le ance di bambù

 

Le ance sono ottenute da canne di bambù di piccolo diametro da cui si ricavano spezzoni lunghi circa 70 mm, chiusi a un’estremità. A 10 mm dall’estremità chiusa si pratica un intaglio.

Da una scodella monouso di plastica si ritagliano le striscioline da fissare alle cannucce.

Le striscioline di plastica si bloccano alle cannucce con carta adesiva lasciando libera la parte che va a ricoprire il foro realizzato in precedenza: in questo modo l’aria mette in vibrazione la striscia di plastica.

Le ance vanno poi inserite a pressione in un foro praticato alle estremità del bordone e delle canne di melodia che vanno all’interno della sacca.

Fissaggio del ceppo e delle canne

Il ceppo è costituito da 3 tubi di plastica rigidi Ø 18×200 mm che devono essere uniti a formare una sorta di cono: da un lato sono tenuti ravvicinati con filo di ferro, mentre all’estremità opposta, per divaricarli, si riempie la parte centrale con carta adesiva o materiale simile.

Si rifascia esternamente il ceppo, sempre con carta adesiva, poi si riempiono gli interstizi con silicone badando di non farlo penetrare all’interno dei tubi.

Si inseriscono le canne nel ceppo e questo nell’apertura superiore della sacca, bloccandolo a essa con filo di ferro e con diversi giri di carta adesiva,

poi ricoprendo con una striscia di gomma come si è fatto per lo scarico della condensa.

All’estremità del portagomma che rimane all’esterno della sacca va inserito il tubicino per l’insufflaggio dell’aria;

al suo interno va collocata una valvolina di non ritorno per evitare l’uscita indesiderata dell’aria insufflata. Un dischetto di gomma rifinisce la zona di collegamento tra portagomma e sacca.

L’intera sacca e il tubo d’insufflaggio vengono rivestiti con la pelle di finto agnello tagliata a misura, cucita a macchina e rifinita con alcuni punti a mano. Nei punti cruciali va stretta con alcuni lacci colorati che completano il rivestimento.

 

 

Consigli per l’acquisto di una zampogna con cui imparare a suonare

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Panca fai da te su ruote con oasi di verde benessere

Quattro pannelli di multistrato di betulla, uniti tra loro con colla e robuste staffe metalliche, compongono una panca fai da te con una seduta per una sola persona, perché i due spazi laterali sono aperti per fare posto a due grandi piante verdi. Quattro ruote di grande diametro permettono di spostare l’oasi verde

Se amiamo portare un po’ di natura tra le mura di casa, la costruzione di questa panca fai da te dalla linea semplicissima risponde bene allo scopo: può servire per un momento di relax in terrazzo, per cambiarsi o mettere le scarpe, in cui molto spazio alle estremità è dedicato all’alloggiamento di due grossi vasi con piante verdi. Quattro ruote di grande diametro (150 mm) portano alla giusta altezza la seduta e rendono mobile la panca fai da te che quindi può stare, come in questo caso, fuori dalla stanza da bagno, ma può essere facilmente e velocemente spostata in qualsiasi altro punto dell’abitazione, anche al di fuori.

Con una dotazione completa di elettroutensili Bosch a batteria la costruzione risulta alla portata di tutti: si tratta di unire con colla e staffe metalliche quattro pannelli di legno multistrato e di avvitare a quello inferiore le quattro ruote. I pannelli di legno sono stati lasciati grezzi senza alcun trattamento di finitura; ancora più importante, quindi, che tutti i bordi vengano accuratamente levigati e leggermente smussati per eliminare ogni asperità o imperfezione lasciata dal taglio. A chi in casa si occupa del verde resta il compito di preservare dall’umidità il pannello inferiore su cui appoggiano i vasi, collocandoli, com’è peraltro consuetudine, su adeguati sottovasi.

Cosa occorre

Utensili: trapano battente e avvitatore a batteria AdvancedImpact 18, levigatrice a batteria PSM 18 Li con foglio abrasivo con grana 120, microsega a batteria AdvancedCut 18 con lama Wood Basic 50, sega circolare a batteria PKS 18 Li, batteria PBA 18V 2,5 Ah, 2 strettoi, 4 morsetti d’angolo/morsetti a morsa, set di punte e trapani adatti.

Ferramenta: 16 rondelle 4,3×12 mm, 4 ruote girevoli diametro 150 mm, 12 staffe a L da 50×50 mm, 80 viti per legno da 3,5×16 mm.

Legno: 2 pannelli multistrato di betulla da 1200x15x380 mm, 2 pannelli multistrato di betulla da 1200x15x280 mm.

Varie: colla, matita, metro pieghevole, occhiali di sicurezza, protezioni per le orecchie, maschera per le vie respiratorie.

Realizzazione della panca fai da te su ruote

Tempo richiesto: 8 ore

  1. Segnare le rientranze sul pannello superiore e tagliare

    Sul pannello superiore da 1200×380 mm si segnano le rientranze desiderate (in questo caso 150×350 mm) per le piante e si taglia l’incavo usando la microsega a batteria AdvancedCut 18.
    panca fai da te

  2. Tagliare i bordi lunghi con un angolo di 45°

    I bordi lunghi di tutti e quattro i pannelli di multistrato vengono tagliati con un angolo di 45° con la sega circolare a batteria PKS 18 Li. Per ottenere tagli puliti e diritti, si fissa una lunga tavola di legno dritta con due morsetti in modo che funga da guida per la sega circolare.

  3. Unire i pannelli

    I pannelli si uniscono stendendo un velo di adesivo vinilico sulla faccia di contatto e applicando alle estremità i morsetti angolari. Quindi si aggiungono tre staffe a L, distribuite lungo la linea di giunzione, fissandole ognuna con 4 viti da legno. Per riuscire a mettere comodamente le ultime viti delle staffe, anche quando la “scatola” si chiude con il 4° pannello, bisogna lasciare per ultimo uno dei due pannelli stretti e aver già fissato le staffe a L sui lati dei due pannelli grandi sui quali il 4° va fissato.
    panca fai da te su ruote

  4. Levigare bordi e spigoli

    Si levigano i bordi e gli spigoli con la levigatrice palmare PSM 18 Li e un foglio abrasivo di grana 120. Se tra i singoli elementi in legno si è creata qualche fessura, si applica un po’ di colla: la polvere di levigatura si mescola alla colla e riempie gli spazi.

  5. Avvitare le quattro ruote

    Si avvitano le quattro ruote per mobili alla base del corpo, a 20 mm di distanza da ogni bordo, con viti e rondelle.
    Panca fai da te su ruote

Portavasi fai da te in ferro a base dodecagonale

Quattro anelli a forma di dodecagono collegano dodici montanti, piegati e curvati per comporre un robusto e slanciato portavasi fai da te: la costruzione si può realizzare anche senza dover ricorrere alla saldatura

Sistemato in ingresso o in un angolo del soggiorno è un portavasi fai da te davvero imponente che si costruisce interamente con piattina di ferro spessa 3 mm e larga 20 mm: con questo materiale si realizzano i dodici montanti e i quattro anelli dodecagonali che bloccano in posizione i montanti. Il primo anello blocca i montanti alla base con un diametro di circa 267 mm; con lo stesso diametro il terzo anello li blocca prima che inizi il ricciolo. Il secondo anello ha un diametro di 210 mm circa e viene posizionato appena sopra la piega a zeta centrale; il quarto anello, il più grande, con un diametro di 372 mm, ferma i riccioli che sporgono esternamente al vaso.

Tutti gli anelli vengono forati al centro di ogni vertice per ricevere i bulloni e i dadi che li legano ai montanti.
L’unico punto in cui potrebbe servire la saldatrice è al momento di unire le estremità dei quattro anelli per chiuderle, ma si può ovviare lasciandoli più lunghi di 25 mm, molandoli di sbieco a becco di flauto, sovrapponendoli in modo che non facciano spessore, incollandoli con adesivo epossidico e rinforzando la giunzione con un ribattino.

Se l’assemblaggio del portavasi fai da te risulta abbastanza semplice, richiedono un maggiore impegno costruttivo le dime e le controforme in ferro che sono indispensabili per piegare i montanti a zeta al centro, per dare loro la morbida curvatura che contraddistingue la parte inferiore e per realizzare i dodici riccioli con cui terminano.

Il modello di questo portavasi fai da te in ferro curvato può essere trasformato in un portaombrelli: basta aggiungere sul fondo un piattino di lamiera su cui appoggino e sgocciolino gli ombrelli. Facendo più lunghi i pezzi verticali e aggiungendo altri due anelli che ne irrobustiscano la struttura lo si può trasformare in un appendiabiti da ingresso.

Cosa occorre per realizzare il portavasi fai da te in ferro

  • 15 metri di ferro piatto 3×20 mm;
  • 60 bulloncini M5x10 mm
  • 60 dadi di ottone a cupola.

Per le controforme:

  • 2 pezzi di ferro a T da 80x80x10 mm lunghi 400 e 150 mm;
  • un metro di quadrello 12×12 mm;
  • mezzo metro di tubo quadro 30x30x3 mm;
  • un pezzo cilindrico Ø 48×30 mm.
Componenti del portavasi fai da te
Il ferro piatto si taglia più facilmente e con più precisione mettendolo in morsa orizzontale e non verticale. Servono dodici montanti lunghi 800 mm, due pezzi da 840 mm, uno da 660 mm e uno da 1170 mm per gli anelli orizzontali.
Tagliati a misura tutti i pezzi vi si traccia prima la mezzeria e poi, su questa, si punzonano gli inviti per i vari fori, rispettando le distanze che, nei montanti, sono, a partire da un capo, a 10, 145, 375, 475 e 790 mm.
Praticati con punta Ø 5,5 mm i fori in tutti e sedici i pezzi, si curvano sulla dima le estremità dei montanti a formare i riccioli.
Se non si ha una piegalamiere, la piega a Z a mezz’altezza dei montanti si fa sulla morsa a martellate, curando la squadratura della piega stessa. Per ogni montante abbiamo la prima piega a 410, la seconda a 460 e la terza a 770 mm: conviene segnarle con una punta a tracciare.
La piega del montante fa da appoggio sulla “rotaia” della controforma di curvatura contro la quale va stretta la piattina di ferro fino a ottenere la curvatura voluta.
Se i fori non sono fatti prima di piegare e curvare i pezzi può diventare problematico tenere i pezzi in posizione sotto la rotazione della punta del trapano.

Ferro da riccioli con dime

Una striscia 3×20 mm si piega facilmente anche a mano libera ma, per ottenere curve e pieghe tutte uguali, è assai più comodo servirsi di una controforma da montare nella morsa. L’ideale sarebbe una macchina piegaferri con tutti i suoi begli accessori per ogni tipo di piega e di voluta, ma per fare solo questo lavoro non è il caso di procurarsela. La dima per fare i riccioli finali dei montanti del vaso può essere fatta saldando un pezzo di tubo quadro e uno di tondo su un supporto che può essere un segmento di tubo quadro; l’importante è che fra i due pezzi saldati sopra resti uno spazio di 4 mm.

Per la curva morbida alla base dei montanti, la dima è costituita da un supporto a T con una piastra spessa 6 mm, larga 80 e lunga circa 500 mm, sulla quale si saldano due spezzoni di quadrello 12×12 mm: uno da 85 mm che fa da spalla e uno di circa 400 mm, curvato nella morsa con l’aiuto di cagna da muratore e mazzetta fino a che, posandolo sulla suola del ferro a T, i capi ne sfiorino un bordo e la pancia arrivi a 10 mm dal bordo opposto. La curva non è esattamente simmetrica: il primo tratto di un ramo, da fissare parallelo alla spalla, è infatti diritto. Anche qui fra spalla e appoggio resta un corridoio largo 4 mm.

Montaggio di anelli e montanti

  1. Creare gli anelli dodecagonali

    Per fare gli anelli dodecagonali si usa la dima a V. La piattina è già forata e la piega deve ricadere in corrispondenza di ogni foro. Quindi si mette il pezzo nella dima con il foro centrato sull’apertura della V formata dai quadrelli.
    Portavasi fai da te

  2. Chiudere l’anello

    Per chiudere l’anello se ne saldano le estremità oppure si incollano con adesivo epossidico, rinforzando l’unione con un ribattino.

  3. Montare gli anelli

    Montato l’anello di base si prosegue con gli altri.
    Portavasi fai da te

  4. Inserire i bulloncini di fissaggio

    Per inserire i bulloncini di fissaggio senza difficoltà, basta mettere la lama di un cacciavite nei due fori e stringere i pezzi con una pinza poligrip.

La controforma usata per piegare la piattina per fare i dodecagoni, si usa anche per rendere verticale l’estremità inferiore dei montanti. È realizzata su un supporto a T fatto con piatto largo 80 mm e spesso 6 mm. Sulla suola sono saldati 3 pezzi di quadrello 12×12 lunghi 50 mm, due sono paralleli con uno spazio fra loro di 4 mm; il terzo è messo a formare una V molto larga, con angolo di 145° rispetto al quadrello con cui è in contatto con uno spigolo. Il dodecagono ha angoli interni di 150°, la dima si fa con un angolo più stretto, per il lieve “ritorno” del ferro.

Idropulitrice DHS Series 2.A | Annovi Reverberi

Grazie alla presenza di due pompe è possibile usare l’idropulitrice DHS Series 2.A in modalità nebulizzazione o lavaggio ad alta pressione

Una pompa a bassa pressione (Spraying Pump) collegata a una lancia per la nebulizzazione e una pompa ad alta pressione (Washing Pump) collegata a una lancia per il lavaggio: 2 strumenti in uno con cui, per passare da una modalità di lavoro all’altra, è sufficiente ruotare un interruttore e cambiare lancia. Stiamo parlando della DHS Series 2.A, l’innovativa idropulitrice ad alta pressione di Annovi Reverberi, che può essere adoperata per la nebulizzazione di prodotti (detergenti, disinfestanti, sanificanti) e per il lavaggio forte o delicato sulle superfici in esterni. Il tutto senza complicate operazioni: bastano pochi secondi per sostituire la lancia. La macchina, infatti, è provvista di 2 lance, una per la nebulizzazione e una per il lavaggio. A quella per il lavaggio può essere collegata la testina a getto rotante, in grado di rimuovere lo sporco più ostinato, oppure la testina a getto regolabile, per una pulizia più delicata.

La modalità nebulizzazione (Spraying Mode) è perfetta per sanificare aree e oggetti esterni, disinfestare il giardino dalle zanzare, distribuire prodotti fitosanitari sulle piante oppure effettuare il prelavaggio di superfici particolarmente sporche, come l’automobile.
Modalità lavaggio (Washing Mode): la funzionalità tradizionale presente in ogni idropulitrice ed è necessaria per rimuovere lo sporco più ostinato o risciacquare in modo rapido il detergente.

Detergenti ma non solo

Il serbatoio situato nel retro è utilizzabile con tutte le funzioni della macchina. I detergenti possono essere usati con la pompa ad alta pressione per le parti più sporche dell’autovettura, ma anche con quella a bassa pressione per il lavaggio del motore o di complementi per esterni delicati. In alternativa, prodotti sanificanti, fitosanitari o disinfestanti, vanno assolutamente utilizzati con la pompa a bassa pressione.

Filtro, lance e tubi ad alta pressione

  • Applicazione del filtro

    Si avvita alla presa di alimentazione dell’acqua il filtro, trasparente e ispezionabile, in grado di bloccare le impurità che altrimenti entrerebbero nel corpo macchina.

  • Collocamento di un’estremità del tubo sulla pistola

    Un’estremità del tubo ad alta pressione si innesta sotto l’impugnatura della pistola. Per il distacco bisogna premere il pulsante di sblocco.

  • Inserimento del tubo per nebulizzare nella sua sede

    Il tubo per nebulizzare si inserisce a scatto nella sede della pompa a bassa pressione.

  • Collocazione del serbatoio

    Grazie al serbatoio integrato, posto sul retro dell’idropulitrice DHS Series 2.A, l’utilizzo del detergente (oppure del sanificante o diserbante) è agevole.

  • Possibilità di bloccare la posizione della lancia nebulizzante

    La lancia nebulizzante può essere bloccata in posizione di apertura tramite una levetta.

  • Maneggevolezza del tubo

    Il tubo ad alta pressione, lungo 6 metri, è molto morbido e si riesce a sistemare con facilità nell’avvolgitubo statico dotato di manovella.

  • Possibilità di raccogliere il cavo di alimentazione

    Sul fianco della macchina c’è una fibbia per tenere raccolto il cavo di alimentazione.

  • Alloggiamento della lancia

    Sul retro c’è la sede per la testina e una nicchia in cui trova alloggiamento la lancia con contenitore detergente.

  • Innesto del tubo ad alta pressione

    Il tubo ad alta pressione si innesta nel raccordo frontale dell’idropulitrice DHS Series 2.A.

The Playful Home al Fuorisalone: una vera abitazione con soluzioni d’arredo pensate per le famiglie del terzo millennio

Il Fuorisalone, l’evento spontaneo diffuso che, come consuetudine, si svolgerà a Milano dal 5 al 10 settembre 2021 in concomitanza con il Salone del Mobile, vedrà il ritorno di The Playful Home, una casa ricreata in un loft da 220 metri quadrati realizzato nell’ex cappellificio di via Savona 33 che il pubblico potrà esplorare per conoscere i nuovi modi di abitare gli spazi domestici.

Ideata da The Playful Living, una piattaforma di co-progettazioni che pone al centro la famiglia e, in particolare l’approccio alla vita quotidiana da parte del bambino, The Playful Home, la Casa del PresenteFuturo, è un’abitazione da vivere e scoprire, dedicata a una famiglia immaginaria composta dai genitori e tre figli di 1, 4 e 12 anni, nonché a tutti gli amici e parenti che vi gravitano intorno. Presenta una visione dell’abitare flessibile e al tempo stesso concreta, tra arredi, complementi e servizi pensati per una famiglia contemporanea allo scopo di incentivare i rapporti virtuosi che portano a un corretto sviluppo: sostenibilità, benessere, biofilia, creatività e attitudine all’ironia. Infatti, tutto ciò che è racchiuso nello spazio in cui si vive stimola la creatività, il gioco e l’interazione tra le persone, sia nei bambini sia negli adulti.

Lo spazio, insieme ai prodotti di aziende del mondo del design, dei giochi e del verde, sarà animato da talk-show e laboratori aperti a tutte le età: oltre a un calendario di appuntamenti per professionisti e non, su tematiche legate alle famiglie e all’evoluzione degli spazi abitativi, nelle sei giornate di apertura al pubblico ci saranno anche laboratori creativi per bambini. Il progetto The Playful Home, La Casa del PresenteFuturo, è realizzato in collaborazione con il laboratorio di ricerca CILAB (Creative Industries Lab) del Politecnico di Milano e con il Master Internazionale Design for Kids & Toys di Poli.Design.

Partner di progetto: Bosa, Cappellini, Clei, Compo, Dal Negro, Erbesi, Italtrike, Jannelli e Volpi, Little Tikes, Moretti Compact, Mosaico Digitale, My Air Pure, Nuna, Pergo.

Coltivare ortaggi anche in aeroporto

Tratto da “In Giardino n.73 – Luglio/Agosto”

Autore: Nicla de Carolis

Chi vive in città, soprattutto in questo periodo in cui il caldo aumenta a dismisura a causa dei condizionatori, dei motori delle auto, dell’accumulo dell’asfalto e delle pareti esterne degli edifici che non riescono a rinfrescarsi neanche di notte, sa quanto la presenza di un po’ di verde sia una cosa auspicabile per il miglioramento del microclima locale. Tra le tendenze che si stanno sviluppando da tempo ci sono gli orti urbani che nascono anche in luoghi impensabili come il terminal 5 dell’aeroporto JFK, dove è stato realizzato il primo orto aeroportuale, nato grazie al progetto di una compagnia aerea americana, la JetBlue, con la consulenza di un team di esperti giardinieri e botanici di GrowNYC; il rischio di creare un habitat che avrebbe potuto attirare stormi di volatili pericolosi per il traffico aereo è stato risolto non inserendo nella coltivazione tutte quelle piante come pomodori, girasoli e luppolo che attirano gli uccelli.

Gli orti urbani non sono certo una novità: da quando la nostra società è diventata industriale, periodicamente in tempo di crisi, si è fatto ritorno alla terra. Negli Stati Uniti, durante la Grande Depressione, il presidente Franklin Delano Roosevelt rilanciò la coltivazione in ambiente urbano dando in appalto appezzamenti di terra ai disoccupati e alle famiglie povere. Durante la seconda guerra mondiale la pratica divenne assai diffusa in tutta Europa: in Inghilterra comparvero i Victory gardens, giardini dismessi, parchi abbandonati utilizzati per produrre ortaggi per le famiglie urbane. Così anche in Italia ci furono gli orti guerra, nati ovunque anche nel centro delle grandi città, documentati dalle immagini del foro Romano e di piazza Venezia nella capitale trasformati in campi di grano. Oggi la realizzazione di orti urbani ha anche un’altra valenza che si aggiunge al piacere e l’utilità di coltivare, raccogliere e mangiare verdura fresca: questo è un sistema “green” per riqualificare aree urbane degradate, per migliorare la qualità della vita, per promuovere il riciclo dei rifiuti organici poi utilizzabili come concimi. Se anche voi siete amanti di frutta e verdura autoprodotte, su questo numero troverete tutte le dritte per coltivare pomodori, carote, cibi abbronzanti particolarmente indicati in questa stagione o frutti ricercati come il prugnolo.

Tavolo taverna fai da te | Costruzione illustrata passo-passo

Un tavolo taverna fai da te si costruisce con spesse tavole di abete giuntate in costa con spine di faggio, unendo gambe e fascia laterale con quattro piastre di ferro fatte ad hoc

La tavernetta è un luogo conviviale in cui si radunano spesso amici in quantità con cui condividere allegria e “buona tavola”. Proprio in merito a questo, compatibilmente con lo spazio a disposizione, bisogna che tutti trovino posto a sedere e, ovviamente, con una certa comodità. Un tavolo taverna diventa elemento di primaria importanza: deve essere ampio e robusto, spesso va calcolato proprio per le massime dimensioni in lunghezza, lasciando ai due capotavola soltanto il dovuto margine di manovra per chi deve passare e muoversi dietro i loro schienali. Solo per caso si può trovare un tavolo taverna di misura giusta per la propria tavernetta, quindi la soluzione migliore è costruirselo fai da te. Così ha fatto il nostro lettore Nicoletto Marte, che in questo articolo ci illustra i passi salienti della costruzione di un tavolo taverna fai da te. Non sono stati trascurati i principi fondamentali di estensione e robustezza anticipati sopra, ma neppure quello imprescindibile dell’estetica, che deve risultare consona all’ambiente; si è badato al sodo usando legno economico, ma c’è stata molta cura per renderlo rustico e dargli quell’aspetto “vissuto” che merita.

Cosa serve per costruire un tavolo taverna fai da te:

  • Tavole piallate di abete spessore 50 mm: 2 pezzi da 250×1860 mm, 2 pezzi da 125×1860 mm, 1 pezzo da 70×1860 mm, 2 pezzi da 70×2000;
  • tavole piallate di abete spessore 28 mm: 2 pezzi da 1740×120 mm, 2 pezzi da 700×120 mm;
  • travetti sezione 80×80 mm: 4 pezzi lunghi 750 mm;
  • materiali per assemblaggio: spine di faggio Ø 10 mm, colla vinilica D2, viti da legno Ø 5×35 mm testa svasata;
  • materiali per finitura: impregnante all’acqua tinta noce chiaro, vernice trasparente all’acqua satinata

Progetto tavolo taverna fai da te

tavolo taverna
Il tavolo taverna risulta molto ben proporzionato nei suoi elementi: con lunghezza di 2 metri e larghezza circa di 1 metro.

tavolo taverna
Lo spessore del piano d’appoggio di 50 mm è perfetto, soprattutto in considerazione del legno scelto e dello stile attribuito al manufatto.

Stessa considerazione per l’altezza delle fasce laterali di irrobustimento, che vanno in battuta di testa all’estremità alta delle gambe con sezione quadrata 80×80 mm.

Le tavole di abete spesse 50 mm e i pali quadrati 80×80 mm sono acquistati in un grande centro di bricolage dove, essendo gratuito il taglio, sono stati portati a giusta lunghezza seguendo la traccia del progetto.

Le giunzioni delle tavole per comporre il piano del tavolo e quelle delle altre parti sono effettuate con spine di faggio e colla vinilica.

Giunzione delle tavole del piano

Le tavole di abete devono essere di tipo piallato, per poter contare su superfici perfettamente lisce e squadrate, in modo da poterne unire in costa un certo numero per realizzare il piano del tavolo taverna (vedere schema di giunzione nel disegno sopra). Avendo scelto il sistema di giunzione con spine di faggio, si praticano prima i fori per le spine sulla costa di una tavola; per questa operazione la cosa migliore è usare una guida per spinatura che permette di effettuare il foro esattamente nel centro dello spessore della tavola.

Parte importante del risultato stilistico del tavolo è l’aspetto “vissuto” delle singole tavole; in questo caso non interessa ottenere una superficie liscia e continua del piano, anzi si vuole rendere ben marcata e netta la distinzione fra l’una e l’altra. Quindi, prima di eseguire la giunzione con l’incollaggio, si smussa lo spigolo fra l’una e l’altra passando la lama di uno scalpello con un’angolazione di circa 45°. Facendo il lavoro a mano con lo scalpello lo smusso non viene molto regolare e questo è proprio il risultato ricercato.

La stessa manovra va fatta anche sugli spigoli di testa delle tavole, dove il risultato è differente perché si prendono le fibre al traverso e diventa molto più difficile mantenere regolare l’affondo dello scalpello; ma anche in questo caso, l’effetto torna a vantaggio del risultato.

Per effettuare i fori sulla seconda tavola di ogni giunzione si inseriscono i marcatori di rame nei fori effettuati nella prima, si affiancano le tavole appoggiate su un piano regolare e si dà un colpetto con un martello di gomma a una delle due, tenendo ferma l’altra. Fatti i fori, vi si inserisce qualche goccia di colla vinilica e si inseriscono le spine di faggio; si spalma colla anche su una delle due facce di contatto e, completato il piano, lo si mette in pressione laterale in modo da tenere fortemente unite le tavole.

La finitura del tavolo è fatta con la stesura di una mano di impregnante protettivo; una volta essiccato si dà una leggera passata con carta vetrata fine e si stendono un paio di mani di flatting trasparente.

Staffatura delle gambe del tavolo taverna

Per rendere più salde e robuste le giunzioni fra gambe, piano e fasce laterali, se non si trovano staffe già pronte allo scopo, si realizzano quattro piastre sagomate, usando una piattina d’acciaio da 2 mm di spessore tagliata e piegata ad hoc. La costruzione di pezzi di questo genere, tutto sommato, non presenta particolari difficoltà, se non il fatto che mentre si saldano i singoli (qui spieghiamo nel dettaglio come saldare) elementi bisogna che siano perfettamente bloccati a 90° l’uno con l’altro.

La particolare forma delle piastre permette di abbracciare due lati della gamba e nel contempo trovare corrispondenza e dare scontro sia alla fascia laterale, da un lato e dall’altro, sia al piano del tavolo, fornendogli un’ampia superficie di supporto. Nelle piastre va praticata una serie di fori per un adeguato fissaggio con viti da legno; nel settore dove le viti risultano convergenti, i fori sono posizionati in modo asimmetrico per evitare che le viti possano interferire una con l’altra nell’applicazione.

Morsetti fai da te

Altri elementi autocostruiti, ma questa volta si tratta di attrezzi riutilizzabili in altre occasioni, sono i lunghi morsetti fai da te indispensabili per mettere in pressione le assi una volta assemblate con spine e colla per comporre il piano del tavolo. Ogni morsetto è composto da due lunghe barre filettate da 10 mm di diametro di misura maggiore di una quindicina di centimetri rispetto alla larghezza del piano da ottenere.

Per ogni morsetto si tagliano due pezzi di tavola di buono spessore (possono essere ricavati da scarti delle tavole da 50 mm usate per il piano). Poi si praticano due fori con una punta da 10 mm di diametro montata sul trapano a colonna in modo da effettuarli perfettamente perpendicolari.

Le barre si inseriscono nei fori dei due blocchetti di legno; uno rimane a un’estremità e uno all’altra delle barre, che vanno terminate con grosse rondelle e dadi autobloccanti da una parte e normali dall’altra (dove vengono tirati quando in posizione).

I tre morsetti si posizionano ben distanziati nel piano del tavolo da mettere in pressione e si tirano i dadi progressivamente; contestualmente si applicano anche due coppie di travetti di legno di buono spessore con strettoiche impediscono alle tavole di imbarcarsi sotto la pressione dei tre morsetti.