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Garage per robot tagliaerba fai da te

Realizziamo un garage per robot tagliaerba fai da te al fine di tenere al riparo dalle intemperie il robottino quando rientra per ricaricare le batterie

Il robot rasaerba è una bella comodità per chi possiede un giardino costituito prevalentemente da un tappeto erboso e privo di asperità: può essere programmato e si avvia da solo all’orario prestabilito per mantenere l’erba a una determinata altezza, senza uscire dal perimetro che è stato delineato a monte, tramite un apposito filo predisposto ai margini del prato. Funziona a batteria e, al termine del lavoro o quando la batteria si sta esaurendo, ritorna alla stazione di ricarica senza bisogno di alcun intervento umano. Acquistare (o realizzare) un garage per robot tagliaerba è fondamentale per proteggerlo da pioggia o irrigatori mentre svolge la sua attività di carica.

Il robot si muove a bassa velocità, tuttavia è bene rivestire la parte bassa di vasi, lampioncini, tronchi di arbusti e tutto ciò che affiora dal terreno con gomma o PVC, a seconda dei casi, con il duplice risultato di salvaguardare dagli urti sia gli ostacoli sia la scocca del robottino.

La struttura di questo garage per robot tagliaerba fai da te è molto semplice, ma è robusta e in grado di resistere in esterno molto meglio di quelle in materiale plastico, essendo realizzata in acciaio inox e alluminio; misura 1000x600x330 mm, è aperta da ambedue i lati corti ed è chiusa da un coperchio ribaltabile all’indietro, provvisto di una serratura e rinforzato sul lato inferiore con due tubolari di alluminio da 15x30x1,5 mm. L’impianto di alimentazione elettrica si predispone collegandosi a un pozzetto esterno e facendo correre il cavo elettrico all’interno di una canalina Ø 20 mm fissata a muro fino al punto stabilito, terminando in una presa elettrica per esterni (IP65) comandata da un interruttore; a questa si collega il trasformatore che eroga la corrente alla tensione idonea alla ricarica della batteria.

Realizziamo il nostro garage fai da te

Tempo richiesto: 1 giorno

  1. Ricavare le quattro piastrine di fissaggio

    Da una striscia di piatto in acciaio inox 3x30x280 mm si ricavano quattro piastrine per il fissaggio del telaio al pavimento esterno.

  2. Saldare tutti i pezzi del telaio

    Il telaio del garage per robot tagliaerba fai da te è realizzato con tubolare inox di sezione 20×40 mm e spesso 2 mm; ne occorrono circa 4,5 metri. I pezzi vengono saldati e le ali delle piastrine di fissaggio a terra vengono rivolte verso l’interno, parallele ai lati lunghi per nasconderle meglio.garage per robot tagliaerba fai da te

  3. Fissare una cerniera a metro per l’articolazione del coperchio

    Per l’articolazione del coperchio in lamiera mandorlata di alluminio si fissa da sotto con viti a testa svasata, lungo il lato rivolto a muro, una cerniera a metro da 1,5×30 mm, anche questa inox.

  4. Forare per l’inserimento di una serratura a quadrello

    Sul lato opposto, al centro, si pratica il foro passante per l’inserimento di una serratura a quadrello, tipo quelle delle cassette che racchiudono i contatori del gas.garage per robot tagliaerba fai da te

  5. Fissare il telaio al pavimento

    Utilizzando il foro delle piastre come maschera, si buca la piastrella e il sottofondo in cemento per inserire i tasselli.

  6. Chiudere i fianchi

    Per chiudere i fianchi del garage per robot tagliaerba fai da te si utilizza invece una lamiera liscia in inox.

  7. Alimentare la base di ricarica

    Per alimentare la base si predispone una presa per esterni con interruttore a cui si collega l’alimentatore della stazione di ricarica, in posizione ben riparata e rialzato un metro da terra per giusta precauzione.

Progetto di Leonardo Telesca

Un cappotto per tutte le stagioni

Tratto da “Far da sé n.515 – Maggio 2021″

Autore: Nicla de Carolis

La nostra redazione ha sede in un edificio su due piani, costruito negli anni ‘70 in mezzo a una pineta dal fondatore della casa editrice, Massimo Casolaro, uomo attivo, maestro divulgatore del fardasé, sempre attento e aperto alle innovazioni. Qualche anno fa, creando uno scasso in una parete perimetrale della redazione per aprire una finestra, con stupore abbiamo visto che dall’intercapedine, tra la doppia fila di mattoni, uscivano delle palline di polistirolo. Una cosa assolutamente nuova per quei tempi; la principale tecnica di realizzazione delle tamponature degli edifici all’epoca prevedeva la posa di due paretine in laterizio separate da un’intercapedine d’aria che si credeva facesse da isolante. Solo più avanti ci si è resi conto che l’aria può rappresentare un buon isolante, ma in altre condizioni, soprattutto se sta ferma in spazi limitati (2-3 cm); quando è libera di muoversi, come nelle intercapedini delle case dell’epoca, si attivano dei veri e propri moti convettivi che contribuiscono a disperdere il calore delle superfici non coibentate.


Massimo Casolaro già 50 anni fa, anticipando anche in questa occasione i tempi, era ricorso a una tecnica di isolamento di cui ancor oggi noi possiamo beneficiare, che potrebbe essere risolutiva per risanare in maniera poco invasiva e rapida gli oltre 7 milioni di edifici costruiti con intercapedine vuota nel dopoguerra, semplicemente insufflando palline di EPS. Oggi la consapevolezza dettata dall’esigenza di fare scelte volte a un risparmio energetico porta tutti a considerare l’importanza dell’isolamento degli spazi dove si vive e si lavora. A ciò si aggiunge l’allettante discorso del bonus 110% che, sulla carta (sì perché l’iter burocratico per accedere a questo beneficio non è certo una passeggiata), lo Stato riconosce per questi lavori di riqualificazione.

Di sicuro il comfort e il benessere dato dal soggiornare in ambienti ben isolati vale la spesa di intraprendere l’intervento di coibentazione. È inutile in inverno spingere sul riscaldamento per avere una temperatura dell’aria di 20 gradi, se poi le pareti sono di parecchi gradi inferiori: le temperature all’interno di una stanza non dovrebbero mai variare più di 2-3 °C fra superfici perimetrali e l’aria. Lo stesso discorso, ovviamente, vale per il caldo estivo. Ottenere questo effetto “nido avvolgente”, come vedrete nel dossier da pagina 39, è possibile, oltre che insufflando materiale isolante, intervenendo dall’esterno con un classico cappotto o rivestendo le pareti interne con innovativi materiali isolanti. Particolarmente interessanti e adatte a una posa fardasé sono le nuove lastre accoppiate isolante più cartongesso che, grazie a uno spessore davvero ridotto, non sottraggono spazio agli ambienti.

Come riparare la macchina per la pasta Imperia

La macchina per la pasta Imperia, indispensabile in cucina, si conserva immutata da decenni e, per la sua solidità, vale la pena ripararla per preservarne le funzionalità

Anche le robuste impastatrici a manovella hanno parti soggette ad usura; l’utilizzo intensivo della macchina per la pasta Imperia e la costante rotazione dei due cilindri possono rendere il suo impiego scattoso fino a rendere impossibile l’utilizzo della macchina. In tali casi, l’ispezione alle ruote dentate appare l’unica via percorribile, del resto le operazioni di smontaggio, per la verifica, sembrano molto semplici, essendo fissate con una sola vite per lato le due protezioni laterali in lamiera sagomata.

In realtà non c’è traccia di ingranaggi né sul lato della manovella né su quello del pomello che regola lo spessore della sfoglia. Le ruote dentate che si cerca di mettere in luce sono nascoste da un piccolo carter all’interno delle fiancate, per cui si è obbligati a smontare completamente anche il cuore della macchina per la pasta, la mitica Imperia, con i suoi raschiatori, che premono nella parte inferiore dei cilindri per evitare che la pasta rimanga appiccicata durante le operazioni di assottigliamento.

Finalmente scoperti, gli ingranaggi di movimentazione dei rulli si rilevano danneggiati: la superficie dei denti a contatto è seriamente abrasa e una delle ruote è addirittura rotta a metà, non c’è modo di ripararla a meno di essere provetti saldatori. In questo caso è stata usata una ruota dentata presa in un’altra macchina già dismessa, adattandola alla nostra, ma l’Imperia è sostanzialmente la stessa da decenni, quindi non è impossibile trovare i ricambi originali. Nel rimontaggio, dato che si sfruttano ingranaggi in parte usurati, per ottenere nuovamente uno scorrimento ottimale, si montano le ruote “sottosopra” in modo da usare le superfici dei denti che non erano a contatto, lubrificando il tutto con un poco di grasso di vaselina.

Controllare la situazione degli ingranaggi

Si inizia con lo smontare il pomello della regolazione dello spessore della pasta trattenuto da una vite a croce.

L’unione tra pomello e albero è realizzata con un fine millerighe incastrato solidamente, per cui può essere necessario adoperare un cacciavite a taglio e fare leva tra il carter e il bordo del pomello per poterlo estrarre. È opportuno segnare con un bulino la posizione reciproca dei due pezzi per facilitare il rimontaggio.

I due carter che coprono la fiancata sono trattenuti da una vite autofilettante ciascuno. Sotto si scoprono tre dadi M6 avvitati su altrettante aste che terminano con una “testa da chiodo” sull’altro lato della macchina.

Con una chiave a bussola da 8 mm si tolgono le viti che trattengono una delle fiancate per poter estrarre tutta la meccanica che si riduce a due cilindri, tre tiranti filettati di cui due inseriti in un tubetto di riscontro, due raschiatori con le due aste che li tengono premuti sui cilindri e le ruote dentate nascoste in un piccolo carter.

I due cilindri calandratori sono in polipropilene rivestito di alluminio lucidato e terminano su un lato con un mozzo esagonale su cui sono calettate le due ruote dentate. Sul lato opposto troviamo l’incastro per l’inserimento della manovella e l’albero eccentrico su cui agisce il pomello di regolazione dello spessore.

Ecco la ragione del malfunzionamento: le ruote hanno i denti seriamente consumati e una si è spezzata bloccando il movimento dei cilindri. Scopriamo che i denti potevano essere lubrificati attraverso un forellino, presente nella fiancata, che comunica con l’interno del carterino degli ingranaggi; è consigliabile utilizzare solo lubrificanti per usi alimentari.

Montare i nuovi ingranaggi

Dall’esploso si intuisce la relativa semplicità della macchina: fatta di sole 38 parti è in grado di calandrare uno spessore di pasta regolabile da 0,2 a 2 mm. Il segreto è nel perno eccentrico del cilindro posteriore che viene ruotato col pomello di regolazione a sei posizioni. Due ruote dentate a profilo modificato permettono di trasmettere il movimento tra i cilindri comunque siano regolati.

L’estremità dei due cilindri calandratori in polipropilene.

Il mozzo a sezione esagonale accoglie il supporto e su di esso sono calettate le due ruote dentate.

Le ruote dentate vanno riposizionate sui mozzi esagonali, ungendo la dentatura con grasso di vaselina.

Assemblare tutti i pezzi della macchina per la pasta Imperia

Tempo richiesto: 2 ore

  1. Collegare la base a una fiancata

    Si approfitta del fatto che la macchina sia stata smontata in tutti i suoi 38 pezzi per pulire accuratamente ogni elemento nei minimi particolari. Il montaggio inizia collegando la base a una delle due fiancate.

  2. Inserire i perni che bloccano le fiancate

    Nei fori in alto si inseriscono due dei tre lunghi perni che bloccano insieme le due fiancate della macchina; il terzo trova la sua collocazione in basso poco sopra la base.

  3. Inserire carter, cilindri e aste filettate

    Tenendo i cilindri accoppiati si reinseriscono il carter, i cilindri e le aste filettate nei rispettivi alloggiamenti della fiancata.

  4. Servirsi dei due tubetti da utilizzare sui perni superiori

    I due lunghi perni (o aste) superiori, filettati alle estremità, vengono dotati di due tubetti che tengono esattamente distanziati i cilindri dalle fiancate.

  5. Incastrare le tre lamiere sagomate

    Prima di serrare completamente i dadi sulla fiancata e sul fondo si incastrano le tre lamiere sagomate, accanto ai cilindri e alla base, che danno la ben nota forma alla nostra macchina.

  6. Serrare i dadi

    Con pazienza, o facendosi aiutare da un assistente, si fanno uscire dalla seconda fiancata le aste filettate con i tubetti distanziatori (sono solo due in alto) e i cilindri. Si imboccano e si avvitano di un solo giro i piccoli dadi in modo che tengano insieme il tutto; il serraggio completo si effettua dopo aver incastrato al loro posto le lamiere sagomate accanto ai cilindri e sulla base.

Raschiatori, aste di blocco e pomello

I raschiatori possono essere muniti di un’asta sporgente o essere appoggiati su un arresto ricavato nella fiancata (come in questo caso). Per riposizionarli è sufficiente incastrarli su un lato, sotto il dente che sporge dalla fiancata, e abbassarli sul lato opposto fino a che una delle due ondulazioni non si trovi in corrispondenza di un foro presente sul lato.

Tenendo premuto il raschiatore sul cilindro si inserisce nel foro una delle aste appuntite fino a farla scorrere in una delle ondulazioni del raschiatore. Utilizzando un martello si introduce completamente l’asta fino al corrispondente foro sulla fiancata opposta. Si ripetono le operazioni per il secondo raschiatore e solo a quel punto si possono rimontare le due lamiere di copertura laterale.

Si rimonta il pomello che regola lo spessore della sfoglia di pasta.

FERVI torna in pista con Aruba.it Racing – Ducati

FERVI torna in gara sulle due ruote superbike, affiancando per il terzo anno consecutivo il proprio marchio allo storico brand di Borgo Panigale nelle competizioni del WorldSBK 2021.

 

FERVI è sponsor ufficiale dell’ Aruba.it Racing – Ducati team  a supporto di una stagione che parte il prossimo 23 maggio dal circuito spagnolo di Aragòn, per proseguire all’insegna dell’adrenalina in giro per il mondo e con un’attesissima tappa a Misano Adriatico (RN) il prossimo 13 giugno.

L’accordo di sponsorizzazione prevede la presenza del logo FERVI sulla livrea della moto Ducati Panigale V4R in tutte le gare del circuito Superbike 2021 ma, soprattutto, la presenza del marchio e delle attrezzature FERVI nel garage di scuderia, entrando quindi nel novero dei partner tecnici a sostegno di un’avventura all’insegna della velocità, della performance e della competizione internazionale.
Oltre alla visibilità in pista e a quella nei box, rinforzata dal sostegno anche al Team Go Eleven Ducati, e preziosissima per un marchio che promuove utensili, carrelli e arredi da officina, la sponsorizzazione prevede anche la realizzazione di photo shooting mirati con le showbike e l’utilizzo delle immagini ufficiali da gare, prove ed eventi, per la promozione dei prodotti FERVI.

Con grande piacere abbiniamo il nostro marchio al brand del Team Racing più noto nel mondo della Superbike. Le superbike creano infatti un collegamento ideale tra i vertici della ricerca tecnologica e il mondo delle moto omologate da strada. Questa dimensione di ‘ponte’ tra il livello PRO e gli appassionati consumer ci è congeniale, anche per il nostro posizionamento di mercato sia nell’ambito professionale delle gare mondiali, sia per gli hobbisti più esigenti”.  Ermanno Lucci, direttore marketing FERVI.

Siamo lieti di avere Fervi come nostro partner anche nella stagione WorldSBK 2021. Una collaborazione iniziata nel 2019 e che è cresciuta costantemente. Del resto stiamo parlando di una presenza nel nostro garage concreta oltre che fondamentale, dato che attraverso la qualità dei prodotti che Fervi ci mette a disposizione abbiamo la possibilità di intervenire sulle moto con precisione e puntualità, con l’obiettivo di essere sempre più veloci ed ottenere risultati importanti”. Serafino Foti, Team Manager Aruba.it Racing – Ducati

Gioca & vinci Einhell: il nuovo contest per vincere un monopattino a batteria

Parte oggi il nuovo concorso di Einhell che dà la possibilità a tutti gli utenti di vincere, ogni giorno, un premio instant win e partecipare all’estrazione finale di un monopattino a batteria Einhell

Siete pronti per sfidare la fortuna? Da oggi fino al 27 aprile, ogni utente potrà partecipare al contest online organizzato da Einhell, avente in palio un fantastico monopattino a batteria Einhell “Scooter 36 Li”.

Partecipare è semplicissimo: accedendo al sito web dedicato all’iniziativa, raggiungibile su  giocaevinci.einhell.it, l’utente potrà registrarsi e completare il form di partecipazione inserendo tutti i dati anagrafici richiesti.

Dopo la conferma dell’account, ogni utente potrà accedere all’assegnazione randomica giornaliera di un Instant Win e scoprire di aver vinto o meno uno dei tre prodotti Einhell a disposizione: Avvitatore a batteria TE-SD 3.6/1 Li, Forbici a batteria per erba e arbusti GC-CG 3.6 Li WT e Caricabatteria per auto con microprocessore CE-BC 4 M

Appendiabiti fai da te stender | Costruzione passo-passo

Questo appendiabiti fai da te è costruito interamente con legno di recupero, curando, come si conviene, l’aspetto estetico, la correttezza delle geometrie e la precisione dei dettagli, per essere utilizzato in casa

Anche se gli stender appendiabiti sono reperibili in mille fogge e dimensioni, capita che quello giusto per lo spazio di cui si dispone non esista. Ecco il progetto di un appendiabiti fai da te su misura per lo spazio fra un armadio e la parete a fianco. Le dimensioni obbligate sono due, perché deve essere largo tanto da entrare senza difficoltà, ma anche lungo quel tanto da non fuoriuscire dalla sagoma dell’armadio.

Presa la decisione di usare il legno come materiale da costruzione, si individua fra gli scarti di un precedente lavoro una bella tavola di faggio sufficientemente grande per ricavare tutti i listelli necessari; questi servono per realizzare due telai laterali a forma triangolare, che vengono poi uniti mediante tre bastoni ricavati da un lungo manico di rastrello, perfettamente diritto.

Un ripiano con sponde è utilissimo e non solo per riporre oggetti, ma anche per rendere più robusta la struttura portante, essendo fissato in posizione intermedia, fra i montanti. Tutte le giunzioni fra i pezzi sono fatte con colla vinilica e rinforzate da spine di faggio passanti. La finitura è al naturale, con olio. Lo stender si sposta facilmente grazie a quattro rotelle pivotanti, applicate sotto i montanti.

Giunzione con spine passanti

Le spine passanti che rinsaldano la giunzione superiore dei montanti sono molto lunghe; infatti sono ricavate da stecche di tondino di faggio Ø 8 mm, tagliate a filo superficie con una sega giapponese.
Alla base del montante, la spina di faggio passante fissa il listello traverso verso il montante dello stesso lato ma anche il tondino di congiunzione con il montante controlaterale. Sotto è avvitata la rotella pivotante.
Lo smusso degli spigoli è doveroso, visto che il manufatto è soggetto ad essere manovrato agguantandolo nei montanti ed è importante, oltre che per ragioni estetiche, per eliminare la presenza di schegge che possano piantarsi nelle mani.
Il ripiano con spondine è collocato ad altezza giusta per avere spazio nella parte superiore per appendere pantaloni e giacche, ma ancora sufficiente per rendere robusta e solidale la struttura, “legando” i quattro montanti a una distanza intermedia fra base e apice.

Appendiabiti fai da te stender: tutti i pezzi ricavati da una tavola

Tempo richiesto: 1 giorno

  1. Legno come principale materiale di costruzione

    Per gran parte della costruzione dell’appendiabiti fai da te è stata usata una tavola di faggio lunga 2000 mm, larga 250 mm e spessa 30 mm.

  2. Ricavare i quattro listelli

    I quattro listelli ricavati piallandola e tagliandola per lungo sono risultati di sezione 40×25 mm. In seguito, tutti ancora troncati alla lunghezza di 1600 mm.

  3. Tracciare le linee e l’angolo di taglio

    Su un ampio piano di lavoro si stende qualche striscia di nastro maschera, per poter tracciare dei riferimenti circa l’inclinazione ideale dei montanti. Appoggiandoli uno per volta sulle due posizioni stabilite, si riportano alle estremità alte le linee per effettuare il taglio con l’angolo corretto e ottenere un profilo corrispondente alla tracciatura.appendiabiti fai da te in legno

  4. Effettuare i tagli

    I disegni di riferimento sul piano permettono di tracciare l’angolatura corretta dei tagli inclinati che vanno eseguiti alla base dei montanti, in modo che ci sia la planarità d’appoggio sul pavimento, e alle estremità delle due traverse, che uniscono i montanti sullo stesso lato. I tagli si effettuano con una sega giapponese.

  5. Unire le due coppie di montanti e le relative traverse

    Approfittando sempre dell’ampio piano d’appoggio, liscio e regolare, si uniscono le due coppie di montanti e le relative traverse. Si usa colla vinilica, mettendoli in pressione con morsetti a vite. Notare che per premere correttamente le estremità dei montanti sono stati utilizzati gli scarti del taglio effettuato sugli stessi, per dar loro l’inclinazione a V rovesciata; in questo modo i morsetti lavorano in piano ed esercitano pressione senza scivolare via.

  6. Stabilire la dimensione del ripiano centrale

    Con i due telai laterali pronti si può stabilire la dimensione del ripiano e, di conseguenza tagliare il pannello di truciolare nobilitato, spesso 18 mm, e i quattro listelli di faggio, sezione 10×25 mm, che gli vanno applicati, previa troncatura a 45° delle estremità.appendiabiti fai da te riciclo

  7. Incollare le sponde al ripiano

    Per l’incollaggio delle sponde al ripiano si applica una nutrita serie di strettoi a vite, messi nelle due direzioni, per un’azione congiunta.appendiabiti fai da te riciclo

  8. Inserire le spine per una maggiore robustezza

    Oltre alla colla, per ottenere la massima robustezza dell’insieme, nelle zone di giunzione si applicano alcune spine passanti. Due si mettono all’apice dei telai triangolari, dove convergono i montanti. Immobilizzato un telaio sul piano di lavoro, si effettuano due fori con il trapano, montando una punta da legno di diametro 8 mm. Un foro si fa a 50 mm dall’apice e uno a 120 mm. In ogni foro si inserisce un pezzo di tondino di faggio di diametro 8 mm, spalmato di adesivo vinilico e si taglia lasciando un moncone di abbondanza.

  9. Smussare gli angoli

    Si monta sulla fresatrice una fresa per bisellare a 45° e si passano gli spigoli dei due telai triangolari, prima su un lato e poi sull’altro.Appendiabiti fai da te

  10. Marcare il punto dove effettuare il foro del bastone

    Applicando una breve striscia di nastro per mascheratura sul lato interno dei telai, si marca con molta precisione il punto dove effettuare il foro del bastone, tenendo conto che i fori devono essere eseguiti alla stessa distanza dall’estremità. Il nastro di carta serve per poter marcare liberamente il legno, senza tracciare su di esso segni che poi debbano essere cancellati.

  11. Forare i due telai

    Il foro per il bastone sommitale si esegue con una punta Forstner montata sul trapano a colonna, fondamentale questo modo di procedere per riuscire a mantenere la perpendicolarità rispetto alla faccia laterale del telaio. Il diametro in questo caso è di 27 mm e corrisponde a quello del bastone che si è deciso di utilizzare.appendiabiti fai da te in legno

  12. Fissare i tre bastoni

    Il fissaggio dei bastoni, tre in tutto, va fatto in contemporanea, spalmando adesivo su entrambe le estremità di ognuno e mettendo in pressione tutto l’insieme. L’accortezza è quella di fare tutto questo con squadre di legno autocostruite che assicurino il mantenimento dello squadro (90°) fra montanti e bastoni, su entrambi i lati.
    appendiabiti fai da te in legno

  13. Applicare le spinde per il ripiano centrale

    Ormai l’appendiabiti fai da te stender sta in piedi da solo. Con due morsetti a molla per parte si tengono in posizione due listelli di legno, messi in bolla all’altezza giusta, in modo che possano sostenere il ripiano intermedio. Si effettuano i fori per applicare le spine passanti, che vanno a prendere nello spessore del ripiano. La finitura del manufatto è fatta con olio di Tung, previo passaggio con carta abrasiva a grana 220. Applicate le quattro ruote pivotanti sotto i montanti, l’appendiabiti è pronto per essere utilizzato.

Progetto di Fabrizio Uliana

Levigatrice palmare Bosch EasyCurvSander 12: ideale per le superfici curve

Dalla carteggiatura dei fianchi arrotondati di un mobile fino alla lucidatura delle scarpe di cuoio sono molti gli interventi che si possono effettuare agevolmente con questa macchina che si impugna con una sola mano

Piccola e maneggevole (pesa solo mezzo chilo) la levigatrice palmare Bosch ­EasyCurvSander 12 è alimentata da una batteria a 12 volt che assicura una rotazione di 800-1500 giri al minuto, preselezionabile su tre diverse velocità per adattare l’azione di levigatura al tipo di superficie e al lavoro da eseguire. Il valore più basso è indicato per la lucidatura; quello intermedio per la rimozione di vernici; il valore più alto per la levigatura del legno. Bisogna scegliere l’abrasivo adatto con grana più o meno grossolana o fine. Il numero dei giri varia anche in base alla pressione esercitata, ma una pressione eccessiva non produce una levigatura più efficace.

Monta tre platorelli da 38 mm, con attacco a velcro, che possono inclinarsi in modo diverso l’uno rispetto all’altro per seguire con efficacia anche superfici curve. Fa parte del programma “Power4All” che permette di alimentare con una sola batteria un’intera gamma di elettroutensili per la casa e il giardino. È dotata del dispositivo Syneon Chip, per il dosaggio automatico e intelligente della potenza e della durata della batteria in funzione del progetto; tre led di colore verde visualizzano la carica disponibile della batteria.

La levigatrice palmare si impugna con una sola mano; la regolazione della velocità è a portata di pollice. Costa euro 89,95 il solo corpo macchina, senza batteria e caricabatteria, euro 129,95 con batteria e caricabatteria.

Tre dischi rotanti indipendenti l’uno dall’altro

La parte attiva di questa macchina è costituita da tre dischi rotanti e mobili; ciascun disco può inclinarsi in modo indipendente dagli altri, permettendo così alla macchina di adattare l’azione abrasiva a qualsiasi superficie curva, arrotondata o piana. In luogo dei comuni dischi per levigatura, utilizza abrasivi a rete caratterizzati da un’elevata capacità di aspirazione e da un alto livello qualitativo di finitura. La dotazione di serie include nove reti abrasive (tre a grana 80, tre a grana 180 e tre a grana 320) e il sistema per l’aspirazione delle polveri.

Quanti usi diversi per la levigatrice palmare Bosch EasyCurvSander 12!

Tempo richiesto: 30 minuti

 

  • Per i punti difficili

    La particolare forma permette di impugnare e muovere la levigatrice senza sforzo, mentre la disposizione dei tre platorelli agevola l’azione: si raggiungono facilmente anche i punti difficili, ma nello stesso tempo si coprono in breve anche le superfici estese.

  • Sulle superfici delicate

    Sulle plastiche o altre superfici molto delicate si riesce bene a dosare l’azione, scegliendo ovviamente una carta abrasiva a grana fine; la presenza dei tre dischi trasmette molta sensibilità al polso e si capisce bene quanto si stia premendo sulle parti più delicate come le nervature e i rilievi, più facili da danneggiare.

  • Quando non si vuole andare per il sottile

    Quando è il momento di non andare per il sottile, si monta carta abrasiva a grana grossa e si procede rapidi nel lavoro.

  • Sulle zone con curvatura accentuata

    Non rappresentano un problema neppure le zone con una curvatura molto accentuata, grazie all’angolo di snodo e alla flessione che i dischi concedono. Mentre nel caso delle comuni levigatrici la regola che richiede mano leggera sulle curvature è ferrea, nel caso della EasyCurvSander l’azione viene distribuita in modo eccellente.

  • Per levigatura più aggressive ma anche per quelle delicate

    È incredibile come si possa passare dalla più aggressiva alla più delicata azione, sostituendo l’elemento attivo e diminuendone il numero.

Numero civico esterno fai da te | Costruzione passo-passo

Cinque pezzi di compensato tagliati di misura e avvitati tra loro a comporre un contenitore per i fiori con il lato posteriore più alto. Un’idea per indicare il numero civico esterno fai da te o un messaggio di benvenuto

Ecco un’idea valida per personalizzare l’ingresso di casa: un contenitore che potrebbe fungere da numero civico esterno fai da te con anche una piccola fioriera, che può essere adatta anche alle pareti della cucina, dove la superficie scrivibile con il gesso si rende utile per segnare appunti da ricordare. Si tratta di costruire un contenitore basso (in cui mettere a dimora le piantine) con un lato, quello posteriore, molto più alto degli altri: smaltato con la pittura lavagna nera diventa un pannello in cui si può scrivere, cancellare e riscrivere i messaggi.

L’unica difficoltà della costruzione sta nella bisellatura, ovvero il taglio inclinato a 45° dei due pezzi laterali e del frontale che devono unirsi a comporre angoli retti: il seghetto alternativo con tecnologia Nanoblade permette di ottenere un buon risultato. Questo seghetto, al posto della classica lama, ha una minuscola catena a circolazione continua con elementi lunghi 4 mm miniaturizzati che taglia con precisione e in modo assolutamente sicuro, grazie all’avanzamento morbido del tagliente con vibrazioni ridottissime.

Il fondo e il pannello posteriore vengono invece semplicemente avvitati contro i tre pezzi della scatola. Qualche attenzione richiede il rivestimento con telo per impermeabilizzare l’interno della fioriera; la mancanza di un foro centrale per il drenaggio consiglia la messa a dimora di piantine grasse, che richiedono pochissima acqua.

Cosa occorre per costruire il numero civico esterno fai da te

  • 1 foglio di compensato spesso 15 mm da 1200×1000 mm
  • telo impermeabile di rivestimento della fioriera
  • 16 viti da 4×50 mm
  • 2 viti più tasselli adeguati, a seconda del tipo di parete
  • vernice lavagna nera circa 345 ml
  • gesso bianco
  • 5-7 piante grasse adatte alla coltivazione all’aperto
  • terriccio specifico per piante grasse (o miscela di sabbia, terra e ghiaia)

Come attrezzi servono: guanti da lavoro, un agitatore per mescolare la vernice, una mascherina, gli occhiali di sicurezza, un telo di protezione del pavimento, un cutter multiuso, un metro a nastro, un rullo con vassoio, alcuni morsetti a vite, una matita.

Costruzione: unione a 45° con fissaggio avvitato

Tempo richiesto: 2 ore

  1. Tracciare le misure dei vari pezzi

    Tracciamo sulla tavola di legno le misure dei vari pezzi per comporre la fioriera: pannello posteriore 600×600 mm, frontale 600×150 mm, fondo della fioriera 560×150 mm, 2 lati della fioriera 150×150 mm.

  2. Tagliare e unire i pezzi a 45°

    Per un ottimo risultato estetico, abbiamo deciso di unire a 45° il pezzo frontale e i due laterali. Per fare i bordi bisellati ci serviamo della tecnologia Nanoblade del seghetto AdvancedCut 50, che permette un taglio facile e preciso, anche con la piastra inclinata di 45°.Numero civico esterno fai da te

  3. Levigare le parti che andranno a contatto

    Con la levigatrice orbitale rendiamo lisci e regolari tutti i lati che devono andare a contatto in modo che la giunzione risulti precisa.Numero civico esterno fai da te

  4. Stendere lo smalto effetto lavagna

    Sulle facce visibili delle tavolette stendiamo con rullino lo smalto effetto lavagna così da potervi poi scrivere con il gesso il numero civico o un messaggio di benvenuto modificabile.

  5. Praticare dei fori per unire i pezzi

    Per unire il frontale con il fondo e i pannelli laterali, pratichiamo alcuni fori sui bordi del frontale per mettere le viti: ne facciamo 4 per il fondo e 2 per ogni lato.fioriera fai da te

  6. Svasare l’imboccatura di ogni foro

    Prima di mettere le viti svasiamo l’imboccatura di ogni foro, in modo che le teste coniche possano assestarsi a filo del piano. Per evitare la possibilità che facendosi strada le viti finiscano per spaccare il legno, conviene eseguire un preforo nel pannello che le riceve, oppure si possono utilizzare le comodissime viti con la punta autoperforante.

  7. Appendere la fioriera al muro

    La fioriera viene appesa al muro, a fianco della porta d’ingresso, con un paio di tasselli a espansione. Non è detto che le viti dei tasselli debbano per forza attraversare il pannello posteriore della fioriera: si può anche applicare dietro al legno un’attaccaglia robusta, anche incassata nello spessore del multistrato, e applicare ai tasselli viti a gancio di opportune dimensioni. Le innaffiature devono essere veramente ridotte al minimo; poiché le piante grasse crescono rapidamente, ogni due o tre anni dovremo procedere a operazioni di rinvaso riducendo l’affollamento.fioriera fai da te

Interno del tutto impermeabile

Il multistrato normale, non trattato, è particolarmente sensibile all’umidità; per evitare la sua precoce marcescenza, recuperiamo un telo di plastica nero e spesso. Con il cutter ne tagliamo un unico foglio grande abbastanza per rivestire completamente l’interno del contenitore, quindi lo applichiamo ripiegandolo bene negli angoli in cui sicuramente abbonda. Fissiamo il telo soltanto vicino al bordo in alto, usando la graffatrice, ripiegandone i lembi su se stessi, soltanto per una motivazione estetica.

Rinvasare una pianta “succulenta”

Per crescere bene anche le piante grasse hanno bisogno di essere ogni tanto rinvasate; mettiamo sul fondo del vaso piccole pietre che facciano da drenaggio.
Stendiamo un leggero strato di terriccio specifico e allarghiamo le radici districandole tra loro.
Posizioniamo la pianta sul terriccio, aggiungiamone altro con la paletta e compattiamo bene vicino alle radici. Bagniamo con poca acqua.

Fervi presenta la gamma di giraviti di precisione

La storica azienda di Vignola, da oltre 40 anni player di riferimento nel settore delle attrezzature professionali e dei prodotti per il mercato MRO (Maintenance, Repair and Operations), propone in catalogo anche una gamma di giraviti di precisione per il mercato professionale e per il fai da te.

Progettati e realizzati soprattutto per le esigenze in ambito elettrotecnico ed elettronico, i giraviti di precisione FERVI della linea PRO rispondono a standard di utilizzo molto elevati. La linea prevede punte a tagliotorxPhillips ed esagonali, in diverse misure, con la parte in metallo realizzata in cromo-vanadio, robusto e resistente, mentre l’impugnatura bi-componente è realizzata in materiale sintetico con i colori ufficiali del brand FERVI.

Un particolare accorgimento di design prevede che la parte terminale del manico sia libera di ruotare, mantenendo un grip perfetto e agevolando movimenti e controllo da parte dell’operatore. I diversi modelli sono tutti acquistabili separatamente, ma il catalogo prevede anche kit da 6 pezzi raccolti in un comodo astuccio, per avere a disposizione in modo comodo e ordinato i giraviti di precisione di maggior utilizzo. Il kit esiste in due serie, con assortimenti diversi e complementari: una con giraviti a taglio e a croce, l’altro con la serie torx.

Incastro Finger joint | Cosa è e come si realizza

La giunzione a pettine o “Incastro Finger joint” presenta numerosi vantaggi, tra questi c’è sicuramente un’ottima tenuta

L’incastro Finger joint si esegue sempre con una combinata per legno oppure, in produzione, con macchine ancora più potenti ed evolute. Il grande vantaggio di questo incastro è quello di generare un’ampissima superficie di contatto fra i due pezzi e di crearla in modo che le tavole possano essere unite di testa, anzi, proprio così la giunzione sviluppa la sua maggiore tenuta, dato che le fibre di una tavola si uniscono longitudinalmente, a strati, con quelle dell’altra tavola.

  • Solidità della giunzione

    La giunzione è forte anche utilizzando legni differenti, l’importante è che le protuberanze si sviluppino lungo vena.

  • Coltelli a seconda delle necessità

    L’utensile, da montare sull’albero della toupie, può avere un numero variabile di coltelli, che possono essere di varie dimensioni, a seconda delle necessità. I taglienti possono anche essere molto corti e fitti; in tal caso la resistenza alla flessione si riduce proporzionalmente. A seconda delle dimensioni degli elementi da unire, ma anche della modalità in cui il pezzo finale sarà sollecitato, si può orientare diversamente l’incastro.

Nell’esempio l’incastro Finger joint è eseguito verticalmente rispetto alla larghezza della tavola. È evidente che la scelta sia stata fatta perché la tavola che ne deriva debba “lavorare” in costa, fermo restando che anche nell’altra direzione, questo incastro offre comunque una buona tenuta.

Incastro Finger joint