Il dossier di questo numero è dedicato ai legni artificiali, ovvero quei pannelli ricavati da scarti di legno, pezzi e fogli tenuti insieme da collanti. La materia è sicuramente interessante e utile, ma ci porta a fare alcune considerazioni legate a un indispensabile ripensamento in favore di minor inquinamento, minore produzione di rifiuti, minori consumi e legate anche all’attività di chi fa da sé. I legni artificiali, introdotti nel corso del ‘900, hanno rivoluzionato totalmente il modo di fare falegnameria per soddisfare la richiesta dell’industria del mobile e la produzione in serie. Tutti sappiamo come si è evoluto il modo di arredare… IKEA docet con le sue soluzioni dal design accattivante, ben ambientate nelle esposizioni… chi non ha mai comprato all’IKEA scagli la prima pietra! Ma questi mobili, che svolgono la loro funzione, realizzati per l’appunto in legni artificiali, bilaminati, MDF etc sono destinati a vita breve; così, senza troppi rimpianti, dopo qualche anno, vengono messi sulla strada per il ritiro “rifiuti ingombranti”.
I mobili di una volta, costruiti artigianalmente in legno massiccio, per modesti che fossero, difficilmente avrebbero potuto fare quella fine per via della cura e delle tecniche con cui venivano costruiti, avendo per giunta la possibilità di essere restaurati, irrobustiti, rifiniti ulteriormente nelle superfici e, infine, arrivati proprio al capolinea, bruciati nel camino. Tutte cose che con un mobile in legno artificiale sono impossibili se non addirittura proibite, parlo di un loro utilizzo come combustibile, perché produrrebbero un notevole inquinamento dell’aria per via delle resine/colle/prodotti chimici che contengono. Ma poi vogliamo paragonare il piacere del contatto con un tavolo in legno massiccio, magari rifinito a cera, con quello di un piano in truciolare nobilitato? O del piacere di aprire un armadio della nonna dove magari le cerniere cigolano, problema facilmente risolvibile, ma che certo non si staccano irrimediabilmente perché si è sbriciolato lo scasso nel truciolare delle ante?
Non nego che certi legni atificiali abbiano valenze notevoli che li rendono preziosi e più idonei per determinati progetti, come i bei lamellari o i compensati marini, resistenti all’acqua. E riconosco l’utilità delle caratteristiche che li contraddistinguono tutti, ovvero la disponibilità in pannelli di varie misure e la proverbiale stabilità. Come esempio di queste note positive cito il tavolo enorme (1,5×3 metri), su ruote, presente nel nostro laboratorio, che utilizziamo per fotografare oggetti. È stato costruito da un nostro tecnico oltre 20 anni fa con struttura portante in multistrato e piano formato da una sola lastra di truciolare bilaminato che, nonostante gli anni e i maltrattamenti, non si è imbarcato e continua a fare egregiamente il suo lavoro. Però, se escludiamo usi “tecnici”, è chiaro che un fardasé difficilmente progetti la costruzione di un mobile con legno artificiale: visto il tempo e l’amore che impiega nella realizzazione della sua opera, pensa di utilizzare un materiale all’altezza del suo impegno per bellezza e durata nel tempo, il legno “naturale”.
Gli esperti far da sé vanno costantemente alla ricerca del miglioramento degli strumenti che utilizzano. Ecco una guida eccellente per realizzare un aggiuntivo tornio fresa combinato
Il tornio per legno è uno strumento che, date le sue caratteristiche e funzionalità, permette una lavorazione molto particolare del legno, difficilmente ottenibile in altro modo. Tuttavia c’è chi non si accontenta e, trovando limitanti le normali funzioni di un comune tornio, grazie a un connubio di creatività e competenza tecnica, si ingegna nel progettare e costruire aggiuntivi che consentano di andare oltre quei limiti. Anche fra i nostri lettori ci sono di questi geni, uno per esempio è Guido Ricci e ce lo dimostra proprio in queste pagine, proponendo la sua recente costruzione di un aggiuntivo tornio fresa combinato: un castello da montare sulle barre longitudinali, che regge una fresatrice, offrendole ben 3 distinte possibilità di regolazione su 3 assi, dando un forte impulso alla versatilità dell’insieme. Prerogative di un aggiuntivo tornio fresa combinato devono essere
robustezza
mancanza di giochi
precisione delle regolazioni
fluidità dei movimenti (almeno di quelli che è possibile effettuare durante la lavorazione).
Per ottenere queste caratteristiche è necessario saper lavorare i metalli con strumenti come il tornio (ecco qui una guida per costruire un tornio fai da te professionale) e la fresa (questa volta per metallo), saper saldare parti in acciaio inox e in alluminio, sapere come si risolvono le tolleranze nei casi di organi in movimento, usando all’occorrenza cuscinetti, boccole, gabbie e sfere.
La costruzione del castello per l’aggiuntivo tornio fresa combinato
I componenti strutturali dell’aggiuntivo tornio fresa combinato sono realizzati in alluminio, usando piastre di spessore elevato, in modo da assicurare la necessaria rigidità e robustezza, ma ottenendo un’insieme di peso decisamente contenuto. Il castello di alluminio è integrato dalle necessarie componenti che assicurano il movimento e i fissaggi; in questi casi i materiali sono diversi, potendosi trovare ancora alluminio, ma anche acciaio e ottone.
Due spesse piastre parallele hanno il compito di sostenere la fresatrice; allo scopo su di esse vengono praticati due fori di misura per ricevere il collare della macchina, nella fattispecie una di quelle con il corpo snello, che risulta più leggera e meno ingombrante per questo particolare utilizzo.
Tra le due piastre è inserito il sistema di fissaggio della fresatrice che fa affidamento su un sistema a vite, con manopola di bachelite che, avvitandola, attua una pressione laterale e ferma saldamente la macchina nella sua posizione. Si nota che le piastre a sostegno della fresatrice sono fissate a una flangia rotonda (sempre di alluminio).
Questa è, a sua volta, accoppiata a una seconda flangia di identiche dimensioni. Quella che porta la fresatrice può ruotare su quella sottostante di 90° offrendo la possibilità alla macchina di assumere una tale inclinazione di lavoro sul pezzo. Le staffe circolari sono solidali con un sistema di scorrimento longitudinale su binario che permette di traslare la fresatrice, ma, per sostenere il forte sbalzo, dato dalla lunghezza delle piastre di sostegno della stessa, e impedire ogni possibilità di flessione, l’estremità delle piastre si incerniera con una barra liscia parallela al binario, con sistema di blocco della posizione.
Il castello che regge la fresatrice è sorretto da una base mobile formata da una piastra d’alluminio e dai componenti che ne permettono lo scorrimento sulla base fissa sottostante. Lo scorrimento è di 40 mm ed è assicurato da due barre, mentre la regolazione è affidata a una vite senza fine centrale con molla di spinta che riduce anche l’effetto del minimo gioco del filetto. La vite senza fine è comandata da un volantino. La base fissa è dotata di un sistema di attacco alle barre principali del tornio.
Operatività anche a tornio fermo
Facendo riferimento anche ai disegni soprastanti, si nota come il castello dell’aggiuntivo tornio fresa combinato, che regge la fresatrice, renda possibile la regolazione continua dell’inclinazione dell’utensile da 0 a 90° e, contemporaneamente, lo spostamento dal basso verso l’alto della macchina, lungo la coppia binario-barra laterale. Mentre la regolazione dell’inclinazione è da effettuarsi a motori fermi, allentando e poi serrando un bullone che libera e rende solidali le due flange rotonde, il controllo dello scorrimento in altezza è affidato a una manovella posta in testa a una vite senza fine e ovviamente deve essere effettuato durante la lavorazione.
Prerogativa dell’aggiuntivo tornio fresa combinato con fresatrice è quella di poter azionare anche soltanto quest’ultima e non il motore del tornio; questo permette la rimozione di materiale pilotando a mano la rotazione del pezzo sul mandrino del tornio e limitando la lavorazione a determinati settori per ottenere così pezzi del tutto speciali e/o asimmetrici.
La realizzazione di un foro cieco a un pezzo in lavorazione diventa operazione semplice e soprattutto molto precisa, potendo contare sulla calibrazione al millimetro della profondità di azione della fresa, senza correre il rischio di assottigliare troppo il fondo ed eventualmente la parete del manufatto.
Tre scatole in legno di pino, di uguale larghezza e di altezza scalare, con fronte e retro in lastra semitrasparente di plexiglas, appoggiate sul banco di lavoro della cucina sono utili per conservare pasta secca, aromi e accessori da avere a portata di mano; il coperchio scorrevole rende facile accedere al contenuto
Questi contenitori in legno fai da te vengono proposti in tre formati per arredare il piano di lavoro della cucina oppure per la camera dei ragazzi o in bagno per contenere creme e profumi: il metodo di costruzione è replicabile nelle misure e nelle finiture che più ci piacciono e ne possono essere realizzati in numero a piacere. Ogni contenitore è formato da due fianchi uguali, uniti in battuta al fondo che corrisponde alle dimensioni in pianta; a questi elementi viene incollata e avvitata una cornice di listelli con scanalatura utile per alloggiare due lastre di plexiglas (una per lato), trasparente o brunito, che chiudono le due facce laterali del contenitore e consentono di vedere cosa c’è dentro.
Sul lato superiore del contenitore si fissano ancora due listelli scanalati, a tutta larghezza, sistemati nei fianchi in modo che il lato inferiore della scanalatura resti a filo dei fianchi stessi: così facendo il coperchio in sottile compensato scorre nelle due guide e chiude perfettamente la scatola.
La costruzione in sé è semplice, ma richiede una grande precisione nella fase di taglio dei pezzi, nel praticare la scanalatura nei listelli, nell’assemblare le cornici e l’intera costruzione; gli utensili a batteria Bosch si rivelano preziosi in ogni fase della realizzazione. I contenitori possono essere completati con una finitura a olio naturale per legno (ideale è il KK 1500 di Linea Blu Vernici – Sayerlack, con certificazione per il contatto con alimenti) nel caso si usino i box in cucina; oppure con una finitura con impregnante colorato o anche con smalto colorato se li abbiamo pensati per un utilizzo di tipo diverso. Una targhetta applicata sul fianco indica il contenuto del box.
Cosa serve
Utensili: trapano battente avvitatore a batteria AdvancedImpact 18V, utensile multifunzione a batteria AdvancedMulti 18V, microsega a batteria AdvancedCut 18V inclusa lama Wood Basic 50, levigatrice a batteria PSM 18V Li incluso foglio abrasivo con grana 120, batteria PBA 18V-2,5Ah, 1 punta per legno da 3 mm, 1 svasatore, set bit adatto. Materiali: 1 tavola di pino da 80x13x2000 mm, 3 listelli scanalati di pino da 12x12x1000 mm (scanalatura di 4×4 mm), 1 pannello di compensato di pino spesso 4 mm da 100×200 mm, 2 lastre di plexiglas (colorazione scura) da 156x3x246 mm, 2 da 156x3x196 mmm e 2 da 156x3x156 mm, 24 viti da legno 3,5 x 30 mm. Varie: 2 morsetti a vite, 1 targhetta per nome + 2 viti, colla, nastro adesivo in carta crespata, matita, squadra triangolare, occhiali protettivi, protezione per l‘udito, mascherina respiratoria.
Listello scanalato per lo scorrimento del coperchio: ne servono due lunghi 200 mm per ogni contenitore.
Listello scanalato per fare da cornice superiore e inferiore alla lastra di plexiglas: ne servono 4 lunghi 174 mm per ogni contenitore.
Listello scanalato per fare da cornice verticale alla lastra di plexiglas: ne servono 4 lunghi 151 mm per il contenitore piccolo, 4 lunghi 191 mm per il contenitore medio, 4 lunghi 241 mm per il contenitore grande.
Lastra di plexiglas che chiude sul frontale e sul retro i contenitori: ne servono 2 da 156×156 mm per il contenitore piccolo, 2 da 156×196 mm per il contenitore medio, 2 da 156×246 mm per il contenitore grande.
Coperchio di chiusura che scorre nei listelli scanalati: ne serve uno in compensato da 200x60x4 mm per ogni contenitore.
Fondo: ne serve uno da 200x80x13 mm per ogni contenitore.
Fianchi: sono in tavola di pino sezione 80×13 mm e ne servono 2 lunghi 179 mm per il contenitore piccolo, 2 lunghi 219 mm per il contenitore medio, 2 lunghi 269 mm per il contenitore grande.
Costruzione passo-passo
Si taglia con la sega a batteria la tavola in legno di pino sezione 80×13 mm nelle lunghezze che servono per costruire i due fianchi e il fondo dei tre contenitori; lunghezze diverse nel caso dei fianchi, tutti uguali i fondi.
Si forano nei pannelli di fondo e nei listelli scanalati le sedi per le viti che permetteranno poi di assemblare i contenitori; le sedi vanno svasate in modo che la testa delle viti possa entrare totalmente nel legno senza sporgere.
Su entrambi i lati dei fianchi, nella parte superiore, devono essere praticati due incavi larghi 12 mm e profondi 4 mm per creare la sede dei listelli scanalati che fanno da guida per il coperchio; in questo modo il coperchio scorre a filo e chiude perfettamente il contenitore.
Tutti i pezzi vengono uniti con colla vinilica e, quando questa è essiccata, con viti che rendono stabile la giunzione; la lastra di plexiglas è già stata inserita nei listelli scanalati verticali e il frontale viene chiuso con il listello superiore che si incastra nell’incavo.
Tutti i bordi di ogni contenitore vengono accuratamente ripassati con la levigatrice palmare che elimina ogni imperfezione o piccolo disallineamento; gli spigoli vengono smussati leggermente per dare alla costruzione un tocco di eleganza in più. Eventuali piccole fessure possono essere chiuse con colla mischiata a polvere di levigatura.
Un grazioso ripostiglio fai da te per esterni allestito su un rialzo della terrazza che dà sul giardino; utile per riporre gli arredi per esterno e gli attrezzi da lavoro
La nuova terrazza, costruita in posizione leggermente rilevata rispetto al giardino, risulta su due livelli di quota; un gradino di una decina di centimetri separa il rialzo di una ristretta zona d’angolo fra la casa e il muro perimetrale della proprietà. Il nostro lettore Ludovico Durante ha ritenuto che proprio questa zona, delimitata da due pareti, fosse di dimensioni ideali per erigere un ripostiglio fai da te di legno per ricoverare gli arredi per esterno nelle brutte giornate, nonché attrezzi, vasi e altri materiali da giardino, per avere tutto perfettamente in ordine.
Come costruire il ripostiglio
La costruzione del ripostiglio fai da te è interamente di legno: travetti di sezione quadrata di identica misura per la realizzazione della struttura di sostegno e tavole maschiate per il rivestimento esterno, incluso il tavolato della copertura. Dopo il montaggio del ripostiglio per esterni viene stesa, dentro e fuori, una finitura a smalto bianco ad acqua, tranne sulla parte sopra in cui si provvede a un’adeguata impermeabilizzazione.
La stesura di una striscia di nastro maschera sul pavimento permette di avere una migliore percezione degli ingombri, facilita la precisione nelle misurazioni e gli allineamenti nel montaggio.
I travetti della struttura portante del ripostiglio fai da te hanno sezione quadrata e si tagliano per ricavare, prima di tutto, i montanti angolari del telaio, seguendo le misure stabilite da progetto.
Un paio di montanti vanno applicati contro il muro dell’abitazione alla base del quale c’è uno zoccolo da compensare con spessori.
A metà e all’estremità alta di ogni montante, si applicano tacchi di legno e alcune strisce di spesso biadesivo. Attraverso tacchi e travetti vanno fatti fori passanti per l’inserimento del tassello di fissaggio a parete. Una volta messi i montanti in bolla nella giusta posizione, gli stessi fori servono anche come guida per la punta da muro del trapano, per forare la parete.
Si completa con i travetti tutto il telaio strutturale
…e poi si applica su questo il rivestimento con perline maschiate.
Per la copertura si montano altri travetti con una posizione calcolata di leggera pendenza, orientata lateralmente verso il giardino, sui quali si inchiodano altre perline maschiate.
Dopo la stesura sul tavolato di una mano di catrame liquido….
Nella parte superiore della porta, un’ampia finestratura è chiusa con vetro acrilico (plexiglas) su cui si applica una pellicola semitrasparente decorativa. Per eliminare ogni pericolo, nonostante il minimo dislivello, sul limite della terrazza si monta una balaustra di protezione con una sola piccola apertura di passaggio.
La porta d’ingresso è costituita da un telaio di listelli disposti sul contorno. Su questi si distribuiscono orizzontalmente le perline maschiate usate anche per il rivestimento della casetta. Nella parte superiore viene lasciata un’ampia finestra; sulle misure del suo contorno si realizzano due cornici, una da fissare nello spessore come battuta per il vetro.
La finitura è a smalto all’acqua bianco, come per il resto della casetta. Ovviamente, si applica prima di mettere il vetro.
La porta, messa in battuta sul controtelaio della casetta, è appoggiata su due spessori che la sollevano di pochi millimetri, necessari per il libero scorrimento, ed è puntellata con una tavola: così è possibile fissare correttamente le viti delle cerniere.
Staccionata di protezione
Per il fissaggio dei montanti della balaustra si usano robuste staffe a U di acciaio zincato. Dopo averne tracciato l’allineamento sulla pavimentazione, si marcano e si eseguono i fori per i tasselli di fissaggio a espansione.
I dislivelli sensibili dati dalla pendenza del terrazzo vanno considerati nello sviluppo dei montanti, tagliandoli di misura opportuna. Va tenuto conto comunque che gli attacchi a pavimento consentono un buon margine di compensazione per ottenere allineamenti perfetti.
La balaustra si compone di tre tavole in costa, avvitate sul fianco dei montanti e di una piana al top, avvitata direttamente in testa ai montanti. Nell’angolo quest’ultima è tagliata a 45°.
Ravvivare plastiche scooter usurate è indispensabile dopo anni di raggi solari e di intemperie
Per ravvivareplastiche scooter usurate non sono necessari interventi invasivi. Lo scooter del nostro lettore Sergio Mosca appare abbastanza ben conservato, nonostante i suoi 10 anni: non era così prima che sperimentasse un trattamento per ridare un aspetto decoroso alle plastiche non verniciate, letteralmente “cotte” dal sole. Per ravvivare plastiche scooter l’intervento per si basa sull’utilizzo di una vernice antichizzante in gel, nei colori grigio e nero antracite, applicata a tampone come nei restauri dei mobili con gommalacca. Non potendo prevedere il risultato e, soprattutto, la resistenza o la trasformazione a distanza di tempo, lo scorso anno ha scelto di testare la tecnica con una sola mano stesa sul tunnel centrale e sul coperchio del vano portaoggetti. Visto l’esito positivo, quest’anno per rinnovare le parti in plastica dello scooter ha smontato le altre parti per completare il trattamento di rinnovo, in due mani.
Plastica usurata
Come ravvivare plastiche scooter usurate
I pezzi che compongono il grosso carter laterale, come pure il cruscotto e altre parti, vengono smontati per poter effettuare più a fondo il rinnovo delle superfici.
Dove non è possibile o risulta sconveniente lo smontaggio, occorre proteggere le parti verniciate della carrozzeria o i materiali diversi dalle plastiche deteriorate con carta gommata, giornali, teli e nastro di carta.
Il tampone ideale per l’applicazione della vernice è costituito da un fazzoletto di cotone riempito con ovatta, carta asciugamani e ritagli di stoffa.
l prodotto si applica in due mani intervallate da un breve tempo di asciugatura. Già dopo la prima mano, stesa con passate leggere di pochissimo prodotto, distribuito con movimenti circolari e veloci, si ottiene un buon risultato: la vernice viene assorbita rapidamente dalla superficie porosa e cristallizzata.
La foto si riferisce al primo tentativo effettuato l’anno scorso sulle parti maggiormente degradate, senza rimuoverle dalla loro collocazione: visto il successo e la durevolezza del trattamento, il rinnovo è stato successivamente esteso agli altri componenti non verniciati, previo smontaggio.
Il bauletto moto montato sullo scooter o, appunto, sulla moto, estende e migliora la fruibilità del mezzo
Il bauletto moto indispensabile a chi effettua lunghi viaggi, si rivela utilissimo anche per i brevi spostamenti di chi, per esempio, lavora e compie il tragitto in moto. Il montaggio si avvale dell’utilizzo di semplici kit che permettono di fissare il bauletto moto al portapacchi, quando questo è presente. Se il portapacchi non c’é bisogna installarlo preventivamente utilizzando altri kit, solitamente offerti dalle singole case costruttrici di motoveicoli, mentre il bauletto moto ha un montaggio di tipo universale. In pratica si tratta di fissare una piastra di sostegno sulla quale l’accessorio va incastrato, anche se rimane sempre facilmente asportabile.
Cosa serve
Bauletto moto (o valigia) completo di kit di installazione
Chiave a brugola
Cacciavite
Come installare i bauletti per moto
La piastra di ancoraggio deve essere compatibile con la forma del portapacchi (altrimenti bisogna trovare una soluzione per adattarla). Valutiamo, all’acquisto, che la piastra non tocchi il sedile o altre parti.
La piastra presenta numerosi fori al cui interno inseriamo i bulloni dotati di rondella sagomata che avvitiamo con chiave a brugola sui dadi, sempre con rondella, posti sotto il portapacchi.
Il posizionamento dei bulloni va stabilito in funzione delle aperture nel portapacchi, ma deve sempre essere simmetrico. Fissata la piastra, copriamo la griglia della piastra con un coperchio.
Alcune vitine fissano saldamente il coperchio alla piastra. Lo scopo del coperchio (che non sempre è presente) è di rendere più difficile l’accesso alle teste dei bulloni, offrendo maggiore sicurezza.
Il bauletto può essere collocato in posizione incastrandolo sul risalto posteriore mentre i due piedini anteriori si incastrano in due aperture ricavate nella parte anteriore della piastra.
Il bauletto rimane bloccato in posizione, ma volendolo asportare, si agisce sul pulsante, sbloccato dalla chiave che lo libera dal risalto della piastra. Ruotandolo si estrae con facilità.
Bauletti laterali moto
Le borse laterali completano e arricchiscono la capacità di trasporto di un motoveicolo. Il montaggio delle borse si effettua su appositi supporti tubolari da installare sul telaio del mezzo tramite imbullonatura, nei punti d’attacco previsti. Solitamente questi supporti sono forniti come accessorio dalle singole case costruttrici. L’inserimento delle borse si effettua agganciandole al supporto e fissandole con elementi di chiusura. Anche le borse, come il bauletto, sono sempre agevolmente asportabili.
Bauletti moto prezzi
I prezzi dei bauletti moto sono molto variabili, ad esempio il prezzo di un bauletto givi (uno dei più diffusi e richiesti) può variare dai 40 agli oltre 250 euro per i modelli in alluminio. Un bauletto moto Kappa (www.kappamoto.com/Bauletti) può costare anch’esso dai 40 agli oltre 300. Un bauletto moto usato, in buone condizioni, è possibile traovarlo in un range di prezzo che va dai 15 ai 100 euro.
Bauletti moto BMW
I bauletti BMW sono un discorso a parte… fatti e studiati appositamente per le moto della casa tedesca, hanno una qualità impeccabile. Diffusissimi in italia sopratutto per gli amanti della GS 1200.
Allo stesso modo dei musicisti più raffinati per i quali ha costruito tanti strumenti musicali, Mario Brachero ha voluto costruire un mandolino particolare
I liutai sono una categoria di artigiani che non solo costruisce oggetti artistici, ma dà anche loro una voce e un’anima. Infatti, solo con anni di esperienza alle spalle si può costruire un mandolino davvero sonoro. Mario Brachero si è potuto dedicare a tempo pieno a questa attività solo dopo essere andato in pensione, approfondendo la conoscenza della materia seguendo anche corsi di liuteria a Cremona.
Ha costruito strumenti a corda e ad arco per più di 20 anni e tra le sue numerose realizzazioni c’è anche un originalissimo mandolino la cui cassa armonica è stata ottenuta, anziché da molte sottili doghe, da un solo pezzo. Anche se la forma è quella tradizionalmente tondeggiante, il materiale di cui è fatta non è legno, ma la scorza di una zucca, conosciuta come zucca-bottiglia, che una volta secca diventa eccezionalmente dura e rigida.
Le qualità sonore dello strumento derivano in gran parte dalla tavola armonica, quella su cui appoggiano, tramite il ponticello mobile, le otto corde del mandolino; si tratta di abete rosso di alta qualità, proveniente dalla val di Fiemme, levigato e assottigliato con pazienza, fino ad ottenere la bombatura e il giusto spessore, e rinforzato con una serie di catene, cioè sottili strisce di abete incollate sotto la tavola armonica.
Scegliere la zucca
La zucca scelta per diventare la cassa armonica del mandolino è una zucca-bottiglia (Lagenaria Siceraria) dalle forme perfettamente simmetriche. Diffusa in tutto il mondo e un tempo comunissima nelle nostre campagne, veniva essiccata a lungo e poi usata come contenitore di liquidi o come utensile.
La superficie della zucca viene levigata a lungo con carta abrasiva avvolta su un tampone di legno fino ad ottenere una superficie liscia e senza difetti.
La zucca viene divisa in due con un seghetto per metalli. La polpa si è trasformata in una parete legnosa spessa pochi millimetri, ma estremamente robusta. I semi e i residui fibrosi che restano all’interno si eliminano con facilità raschiando la parete interna con un coltello.
La cassa di risonanza del mandolino
Una volta ripulita e levigata anche la parte interna, si incollano due tasselli di legno (zocchetti) ai capi opposti della mezza zucca. Gli zocchetti vengono arrotondati ed aggiustati a lungo finché non aderiscono perfettamente alla curvatura della cassa di risonanza. Questi elementi servono per l’ancoraggio delle corde e per l’appoggio del manico.
Partendo da listelli grezzi si scolpiscono e si aggiustano sulla levigatrice a tamburo i particolari interni: le catene, cioè i listelli che si incollano sotto la tavola armonica per renderla più rigida e sonora, e le controfasce, che sono una serie di blocchetti incollati lungo il margine della zucca per irrobustirla.
Usando la colla vinilica e una serie di strettoi a molla si incollano i blocchetti della controfascia all’interno della mezza zucca. Ciascuno è stato rastremato fino ad avere una sezione trapezoidale. Questo per avere una miglior aderenza tra i pezzi.
Da una tavola di noce si ricava il manico tracciando la mezzeria per ottenere una forma perfettamente simmetrica. Con la sega a telaio si dà forma alla paletta, alla rastrematura e agli incastri che servono per raccordare il dorso con il collo della zucca.
Con la pialla si rifinisce il manico fino ad ottenere un piano allineato con la paletta. Il manico viene rifinito con una tavoletta di legno duro, palissandro in questo caso, su cui sono incastrati i tasti fatti con sottili strisce di ottone.
Tavola armonica americana
La tavola armonica si ricava da una tavola di abete rosso molto stagionato, tagliata a metà e reincollata lungo la costa in modo che le fibre risultino simmetriche. Con la matita si scontorna la tavola usando la zucca come dima.
Nel frattempo si incolla il manico, con la solita colla vinilica, nell’incavo del collo della zucca usando un morsetto a vite. Il manico deve incastrarsi nel cavo dello zocchetto anteriore in modo da formare un tutt’uno con la cassa armonica e resistere alla tensione delle otto corde.
Aiutandosi con una dima, costruita appositamente per le meccaniche a quattro piroli, si segnano le posizioni dei fori nella paletta rispettando con precisione la mezzeria già tracciata sul legno del manico.
Nella paletta sono praticati otto fori, quattro per lato e a distanza fissa, entro cui si alloggiano le meccaniche dei piroli su cui si fissano le corde.
Con il seghetto da traforo si ritaglia la tavola armonica e si praticano le due buche a “f”necessarie per la propagazione del suono. A differenza del mandolino napoletano, che ha una buca ovale, il nostro si ispira ai modelli sviluppati all’inizio del ‘900 da Gibson e Loar, con la tavola armonica più simile a quella di un violino.
Tutta la cassa viene spianata e levigata accuratamente insieme alla parte terminale del manico in modo da allineare la tavola armonica con l’impugnatura. Al termine si fissa la tavola armonica con altra colla.
Tastiera e piroli
Le meccaniche con quattro piroli vengono inserite nei fori preparati sulla paletta e ancorate con cinque piccole viti per lato.
La tastiera di palissandro, tagliata sulla misura del manico, deve essere tracciata con estrema precisione, dato che dalla posizione dei tasti dipende la precisione nell’accordatura. Usando un seghetto si incidono, perfettamente perpendicolari all’asse della tastiera, nonché tutti della medesima profondità, i 17 intagli entro cui si incollano altrettante listine di ottone.
Si incolla la tastiera di palissandro sul manico e parzialmente sulla tavola armonica misurando con precisione la distanza tra il capotasto, posto all’estremità della tastiera, e il ponticello sulla tavola armonica, che deve risultare il doppio della distanza tra il capotasto e il dodicesimo tasto. Ogni scanalatura viene riempita con adesivo a contatto usando una sottile lama.
In precedenza sono stati tagliati da una striscia di ottone di sezione opportuna, una serie di tasti di lunghezza decrescente, adatta alla larghezza della tastiera nel punto in cui vanno. U na dopo l’altra vengono affondati nelle cavità ed incollati allineando con precisione le estremità alla tastiera.
Col martello si assestano i tasti nelle rispettive scanalature controllando con un righello metallico che tutti risultino sul medesimo piano. Questo allineamento è molto importante per garantire la loro distanza progressiva delle corde, fondamentale quando vengono premute suonando lo strumento. Importante è anche la levigatura delle estremità dei tasti di ottone, che non devono sporgere lateralmente, ma assecondare perfettamente la smussatura della tastiera.
Il tocco finale è rappresentato dalla verniciatura: il metodo classico usato in liuteria prevede alcune mani di colla animale a caldo molto diluita con la quale si ottiene uno strato turapori trasparente. In seguito si stendono molte mani, anche una decina, di resina (composta da miscele “segrete” di coppale, gommalacca, sandracca e vari coformulanti che ciascun liutaio conserva gelosamente) disciolta in olio di lino o alcool etilico puro. I coloranti sono aggiunti solo negli strati più esterni. Gli strumenti moderni invece sono verniciati con resine poliuretaniche molto più rapide nell’essiccamento e più resistenti ai graffi e alle abrasioni.
Consigli per l’acquisto di un mandolino con cui iniziare a suonare
Dagli affreschi bizantini alle cornici del ‘700 la doratura a missione con foglia d’oro (o argento) è la regina delle rifiniture di pregio. Impariamo ad applicarla con una tecnica antica ed affascinante
La decorazione, e quindi il restauro, con doratura a missione a foglia d’oro si perde nell’antichità. Già centinaia d’anni fa si era in grado di battere l’oro (con i “battiloro”) fino a fargli assumere uno spessore di 0,001 mm, per poi applicarlo su tavole ed affreschi. Oggi la foglia d’oro viene utilizzata praticamente solo per il restauro. La sua applicazione non è semplicissima in quanto la sua estrema sottigliezza la rende difficile da maneggiare e da applicare, per cui è necessario impadronirsi della tecnica di esecuzione. La foglia d’oro viene confezionata in libretti formati da bustine che contengono le singole foglie. Un libretto con 25 foglie da 8×8 cm costa 18,50 euro. I materiali e gli attrezzi necessari per effettuare al doratura a missione non sono molti, ma indispensabili:
colla animale (di pesce o di coniglio), serve per far aderire la foglia;
bolo, impasto molto fine di argilla particolare con colla di coniglio. È una pasta fluida che si stende sulla parte da dorare come sottofondo alla foglia d’oro. Il suo colore è rosso scuro;
cuscino, coltello, pennello di martora da doratore per lavorare, tagliare ed applicare la foglia;
pietra d’agata per premere la foglia e rifinire la doratura, rendendola più brillante.
Quanto si è detto è valido anche per la foglia d’argento, di cui riportiamo una applicazione.
Gli strumenti necessari per praticare la doratura a missione
A: cuscino da doratore: è una tavoletta rivestita con materiale morbido per posarvi e sezionare la foglia, un riparo di carta difende la foglia da spifferi d’aria che la farebbero volare via.
B: pennello di martora per applicare la foglia.
C: libretto con bustine portafoglie.
D: coltello per prelevare e sezionare la foglia
Questi utensili si posso traovare ed acquistare su Antichitàbelsito
Sulla parte da rivestire, dopo l’applicazione e l’asciugatura del bolo fluido, si stende un sottile strato di colla di coniglio liquida
Con il coltello si preleva la foglia e la si seziona poggiandola sul cuscino. Agire con attenzione e delicatezza per non danneggiare il foglio sottile.
Prelevata la foglia con il pennello di martora la si colloca delicatamente sulla parte da rivestire. Si agisce con lentezza e precisione.
Con l’attrezzo fornito di pietra d’agata si preme delicatamente la foglia per farla aderire, spianare eventuali pieghe e donarle maggiore lucentezza.
Sin dall’introduzione del primo Soudal Fix ALL, 25 anni or sono, l’azienda ha investito costantemente sviluppando nuove formule di sigillanti e adesivi polimeri; la gamma si è così differenziata offrendo soluzioni ideali per ogni tipo di applicazione
I prodotti della gamma Soudal Fix ALL sono perfetti per qualsiasi esigenza di sigillatura, incollaggio e riempimento, in interni e in esterni; sono elastici, hanno un potentissimo effetto ventosa iniziale, non contengono solventi, sono verniciabili, antimuffa, resistenti ai raggi UV e agiscono fortemente su qualsiasi materiale liscio o poroso, anche su superfici umide, esclusi solo PE, PP e PTFE. Problemi di incollaggio? All you need is Fix ALL!
Forza e velocità
Soudal Fix ALL Turbo, nell’ambito della gamma, si presenta come un adesivo rapido e con eccezionale forza finale: in soli 20 minuti raggiunge il massimo della presa e in 3 ore si ottiene la forza di tenuta definitiva. È ideale per lavori di montaggio in presenza dei vari materiali da costruzione su superfici porose, non porose e anche umide. Ha prestazioni stabili in qualsiasi situazione ambientale e con temperature da -40 a 90 °C.
Il cordolo che delimita la piattaforma sotto la pergola è fatto con elementi rettilinei e curvi. Alcuni vanno adattati per favorire l’appoggio sui plinti che reggono i montanti della struttura.
Stendere l’adesivo
Si stendono alcuni cordoni di adesivo Soudal Fix ALL Turbo sulle superfici di contatto fra elemento del cordolo e plinto.
Applicare l’elemento di giunzione
Si applica l’elemento del cordolo modificato per la giunzione, mettendolo in posizione; piccoli spessori, messi nel letto d’appoggio, servono per rendere stabile la sua collocazione.
Stendere nuovamente il corodone di silicone
Il tempo di preparare la sede del pezzo successivo e si può già procedere con la stesura del cordone di silicone fra il primo segmento di cordolo e il successivo.
Fissare il nuovo pezzo
L’operazione di posizionamento della curva può avvenire in piena tranquillità perché il pezzo precedente è saldamente fissato.
Effetto ventosa e potenza estrema
Due prodotti simili per l’elevatissima potenza di incollaggio finale, ma che si differenziano in due importanti aspetti: High Tack alza decisamente l’asticella per quel che riguarda l’effetto ventosa iniziale, potendo sostenere un carico di ben 320 kg per 10 cm2. Inoltre è indicato anche per l’utilizzo come sigillante, anche se, strettamente per quell’utilizzo, ci sono prodotti della gamma, più idonei. È disponibile in diverse confezioni.
Per l’incollaggio di lastre di copertura su un muretto si usa l’adesivo HIGH TACK, approfittando della sua elevatissima presa iniziale, che permette di procedere in modo continuo nella stesura dei pezzi, senza alcun tempo di attesa fra l’uno e l’altro.
X-Treme Power Express ha un “tack” iniziale di 400 kg per m2, leggermente inferiore al primo, ma risulta superiore per tenacia finale (in questo senso è il più potente dell’intera gamma) e per rapidità di essiccazione. Non è indicato per la mera sigillatura ed è disponibile soltanto in cartuccia da 280 ml.
Il longherone è tenuto sollevato, mentre si applica un cordone di adesivo X-Treme Power Express sulla faccia superiore del montante.Con una spatola si distribuisce l’adesivo sull’intera superficie, rimuovendo eventualmente un eccesso di spessore. Il nastro maschera impedisce di sporcare il fianco del montante con il seppur minimo esubero di adesivo.Dopo i due longheroni, si continua subito col montaggio dei pali al traverso.
Trasparenza
Soudal Fix ALL Crystal è la versione trasparente nella gamma; sigillante ideale, vanta un’ottima capacità di adesione iniziale e definitiva. Molto elastico, si usa in interni e in esterni.
Ideale per i mille incollaggi in cui è richiesta trasparenza nell’allestimento di un bagno o una cucina, Crystal si rende prezioso anche per il montaggio di suppellettili e complementi d’arredo, per esempio l’incollaggio di supporti direttamente su vetro e piastrelle.Per le applicazioni che non richiedono ingenti quantità di adesivo, anzi, è importante che sia dosato con la massima attenzione, si usano confezioni in tubo, che offrono un beccuccio molto appuntito e si possono manovrare accuratamente, mentre si estrude il prodotto.
Flessibilità
Soudal Fix ALL Flexi è il prodotto elettivo quando serve elasticità, potendo raggiungere il 750% della sua estensione prima di lacerarsi. È adesivo e sigillante; disponibile in colore bianco, marrone, nero e grigio. Cartuccia da 290 ml.
Il fissaggio di elementi di natura differente richiede un adesivo elastico, che mantenga la sua elasticità nel tempo, in modo che possa assecondare i differenti indici di dilatazione. FLEXI si rivela la scelta ottimale per incollare una scossalina in lamiera zincata o verniciata alla muratura. La stesura del cordone di adesivo va fatta sull’elemento in rame, distribuendolo a zig-zag sulla faccia di contatto con la parete e in linea diritta nel lato rivolto al piano sottostante. Non servono tasselli o altri sistemi di supporto, grazie all’elevato effetto ventosa iniziale.
Un faretto solare non richiede collegamenti all’impianto elettrico, quindi non ha costi d’esercizio; la lampadina a led ha un consumo bassissimo e si accende solo al passaggio per il tempo necessario a compiere il percorso: per metterla in funzione bastano 4 viti
Nelle ore notturne, se lo spazio attorno a casa non dispone di un minimo di illuminazione, il transito può diventare causa di inciampo, senza contare che il buio è l’ambiente ideale per eventuali malintenzionati. Fatta eccezione per un certo tipo di giardini, lampioni da giardino che rimangono accese per ore ogni notte assommano un bel consumo nel corso dell’anno; inoltre, se l’impianto elettrico non è stato predisposto allo scopo, bisogna provvedere e accollarsi ulteriori costi.
Tutto sommato, non si tratta di illuminare a giorno l’intera proprietà, possono bastare alcune luci “intelligenti” che si accendono solo al passaggio (nostro, ma anche di terzi) e che si ricaricano con il sole, accumulando durante il giorno energia sufficiente ad alimentare una lampadina a basso consumo. Un faretto solare costa circa 45 euro: non è poco, ma per tutta la vita del faretto solare non dovremo sostenere altre spese e, conoscendo la durata delle lampadine a led, tutto fa pensare a un lungo periodo.
Il corpo principale, quello illuminante, è realizzato in materiale plastico robusto e protetto dalle intemperie (IP44); l’involucro nasconde una batteria al piombo da 6 V che fornisce tensione al faretto solare, costituito da 8 led da 0,5 W. Non è molto, ma la luce emessa è sufficiente a squarciare le tenebre e illuminare il tratto che ci separa dall’ingresso quando scendiamo dall’auto.
Per ottimizzare i consumi, si può regolare la durata dell’accensione in un intervallo tra 10 e 60 secondi, trascorsi i quali è comunque sufficiente compiere un minimo movimento nel raggio di azione del sensore per riaccendere il faretto; anche se abbiamo da scaricare le borse della spesa non corriamo il rischio di ritrovarci al buio, se non per una frazione di secondo. Il pannello solare, che alimenta l’accumulatore, misura 150×200 mm, quindi è una presenza discreta anche se inevitabile; dopo la prima carica con l’interruttore su OFF basta spostarlo su ON e il faretto farà tutto da solo, giorno e notte.
Faretto solare – I componenti
La parabola orientabile in verticale con la lampadina a led incorporata forma un pezzo unico con il supporto e con il sensore di movimento. Il blocco contiene anche l’accumulatore di carica; da questo fuoriesce uno spezzone di cavo che termina con uno spinotto femmina, da innestare sul terminale maschio del cavo collegato al pannello fotovoltaico, decisamente più lungo in modo che il pannello possa essere collegato lontano dal proiettore, in posizione favorevole per catturare i raggi solari. Anche il pannello è provvisto di un supporto snodato; nella confezione sono incluse anche le viti e, se occorrono, i relativi tasselli a espansione.
L’installazione
In questa situazione, dovendo fissare il gruppo illuminante su legno, non utilizziamo tasselli, ma soltanto viti autofilettanti: prima di procedere al fissaggio, verifichiamo che la posizione del proiettore sia tale da non formare coni d’ombra dovuti a ostacoli circostanti e che il sensore possa rilevare il passaggio e attuare l’accensione.
In base alla lunghezza del cavo che fuoriesce dal pannello, individuiamo la zona esposta al sole per più ore della giornata, senza che alberi o strutture possano ombreggiarla, quindi procediamo al fissaggio del pannello e al suo corretto orientamento.
Facciamo passare il cavo in posizione nascosta (possiamo fissarlo con alcuni punti di colla a caldo lungo il suo sviluppo) fino a raggiungere il connettore in uscita dal proiettore: l’innesto maschio/femmina è giustamente forzato, quanto basta ad assicurare un collegamento stabile senza bloccaggi accessori.
Se ben orientato, il rilevatore è in grado di intercettare il passaggio di un corpo in movimento per un raggio di 180° e fino a 12 metri di distanza: può essere calibrato muovendolo destra/sinistra e alto/basso.
I tre cursori alla base del rilevatore permettono di regolare la durata di accensione, la sensibilità di rilevazione del movimento al passaggio e quella della presenza di luce naturale per il funzionamento esclusivamente notturno.
Dopo il montaggio, l’interruttore posto sul corpo del proiettore va posizionato su OFF per consentire all’accumulatore di raggiungere la piena carica: a seconda dell’insolazione, questa fase può durare anche più giorni.