La pialla manuale consente di trasformare il legno da scabro e grezzo in un pezzo squadrato e levigato.
PEZZO BLOCCATO
La pialla manuale in legno deve essere impugnata con due mani: una spinge dal retro, l’altra afferra l’impugnatura e guida l’utensile sul legno. Non bisogna premere con troppa forza ed il pezzo va immorsato in modo fermo e sicuro.
La piallatura serve ad assottigliare o spianare tavole di ogni genere e qualità o a rendere riutilizzabili i pezzetti di legno che un buon fai da te si guarda bene dal buttare. Con la pialla si possono eliminare le sbavature lasciate magari dalla lama di una sega, ripristinare angoli rimasti deformati, oppure conferire soltanto una veste nuova a questi scarti, in attesa di trovare la loro collocazione in un prossimo lavoro di bricolage.
Uno degli errori più comuni che si possono commettere è piallare contro vena. Agire così, vuol dire danneggiare inevitabilmente il piano, perché in questo caso il truciolo rischia di essere strappato.
Individuare la giusta direzione non è difficile. Qualsiasi tipo di legno, purché non sia stato pennellato di vernice, porta sulla superficie dei peli finissimi. Basta accarezzarlo e se si procede dalla parte sbagliata, questi si rizzano anche su tavole già ben levigate. È altresì importante saper sistemare la lama nel ceppo: non deve mai sporgere eccessivamente. Se viene data “troppa lama”, anziché avere uno scarto uniforme, risultato di un taglio pulito e scorrevole, se ne ottiene uno irregolare e ci si ritrova ad avere sulla tavola scanalature diseguali.
IL PIALLETTO DI FERRO
La pialla di ferro rappresenta l’evoluzione moderna del tipo in legno. In essa il ferro tagliente è regolabile con assoluta precisione grazie ad una serie di meccanismi di aggiustamento.
ATTENZIONE ALLE PASSATE
Le passate vanno date con calma, senza lasciarsi prendere dalla foga. È noto, infatti, che a fine corsa la pressione esercitata dalle mani sulla pialla tende a diminuire e con essa diminuisce per conseguenza anche la profondità della passata; perciò al centro del piano rimangono dei solchi più accentuati. La pialla ha misure che variano dai pochi centimetri al mezzo metro. Proprio a seconda delle sue dimensioni, si ha una determinata larghezza d’asportazione del legno. Se si ha a che fare con tavole grezze, che richiedono un notevole sgrossamento, occorre prendere confidenza con il cosiddetto piallone. Fra questi strumenti manuali è il più grosso e robusto della famiglia, ma è poco usato nel bricolage. Lungo una settantina di centimetri circa, è dotato di una lama leggermente arrotondata ai bordi, per scavare senza scheggiare il legno e più in profondità. Muovendolo sul piano, bisogna premere verso il basso con decisione, facendo avanzare anche il busto dietro al suo peso, altrimenti non viene impressa all’azione sufficiente energia. Al contrario, se il pezzo è prossimo al montaggio e va rifinito, si usa il piallino. Data la necessità di avere spigolature perfettamente in squadra, è indispensabile che abbia un filo ben tagliente. Il piallino è manovrabile con una sola mano, quindi diventa insostituibile per trattare le superfici strette, i bordi, le curvature, le coste e le teste delle tavole.
Analogo strumento, ricavato da un ceppo molto verticalizzato, è la sponderuola: viene sostanzialmente adoperata nella levigatura in costa, nella rifinitura degli spigoli e di superfici limitate, per lasciare angolature perfette.
REGOLAZIONE DELLA LAMA
La regolazione della pialla è molto importante per la buona riuscita di questo intervento.
La lama deve essere perfettamente affilata ed asportare un truciolo senza strappare il legno. Un buon fai da te fa pratica e acquisisce una tecnica perfetta!
Incollaggi ed avvitature nel bricolage sono spesso insufficienti per ottenere una struttura in legno robusta ed affidabile. La cosa giusta, quindi, è far penetrare le parti che la compongono le une dentro le altre, con diversi sistemi di incastro. Tra i diversi tipi l’incastro a mezzo legno é il più semplice, ideale per chi ha bisogno di acquisire pratica nel fai da te e precisione nelle costruzioni in legno. Rispetto ad altre soluzioni non ha grandi doti di robustezza e resistenza alle sollecitazioni se realizzato di testa; l’incollaggio va quasi sempre rinforzato con viti o spine.
DIVERSE POSSIBILITA´ Il mezzo legno classico consiste nell’asportare all’estremità di un listello una porzione larga quanto il listello concorrente e profonda metà spessore.
FATTO A MANO
Nell’unione angolare di tavole, dove occorre ottenere l’incastro, scavando il legno nella larghezza è fondamentale la perpendicolarità delle pareti interessate all’incastro.
Si pratica una serie di tagli paralleli, ravvicinati e profondi circa metà spessore, asportando poi il legno con uno scalpello.
Il fondo dell’incastro viene rifinito con la raspa fino a che i maschi risultino a filo del montante.
Per unioni portanti l’incollaggio può necessitare di spine o viti di rinforzo.
UN GRIGLIATO FAI DA TE
L’utilizzo più classico dell’incastro a mezzo legno si ha nella costruzione di telai a reticolo con una superficie omogenea; i listelli si possono affiancare bloccandoli con nastro adesivo per tagliarne diversi in una sola passata, ottenendo incastri equidistanti ed esattamente in asse.
L´INCASTRO MULTIPLO
Per ottenere una struttura composta da più tavole sovrapposte di costa bisogna realizzare l’incastro a mezzo legno su entrambi i lati.
Il “mezzo legno” si divide così in “due quarti” contrapposti, larghi quanto lo spessore della tavola e profondi un quarto della sua larghezza. Tutti i pezzi possono essere montati incrociandoli uno con l’altro, a patto che siano modulari.
COMBINATA, CHE PIACERE!
La guida parallela si blocca per avere un appoggio e mantenere costante la larghezza dell’incastro, l’altezza della lama va regolata in modo da incidere metà dello spessore dei travetti, facendo scorrere in avanti il carrello.
Se dopo aver praticato l’incisione perpendicolare alla precedente la porzione di legno da asportare rimane chiusa nell’angolo interno, basta divaricare il taglio di testa con uno scalpello e squadrare successivamente l’angolo.
Le lime-raspe Surform si usano come un piallino e sono molto utili per la rifinitura in alternativa alle comuni raspe; sulla suola sono riportate diverse lame taglienti, distribuite con varia intensità. L’accoppiamento risulta perfetto.
PIANO ROBUSTO FAI DA TE
Un pratico sistema per ottenere una vasta superficie in legno massello partendo da tavole o listoni consiste nel realizzare una serie di doghe.
Affiancando le tavole contrapposte e con un buon incollaggio si realizza un piano molto più stabile rispetto ad una semplice unione a filo piano.
Alle estremità longitudinali si applica un listone ad L per impacchettare il tutto e si levigano i lati perpendicolari per eliminare le diseguaglianze tra le tavole.
Un vecchio espositore girevole trasformato in uno stagionatore per salumi, per una stagionatura protetta ma arieggiata
Nulla è paragonabile alla bontà di un cibo nostrano lavorato con passione così da rendere la materia prima un vero e proprio manufatto prelibato; soprattutto se è prodotto solo con i propri mezzi! Come fare? realizzando uno stagionatore per salumi fai da te
Anche oggi giorno, specialmente in alcune regioni del nostro Paese, ci sono persone che si dedicano alla stagionatura casalinga dei salumi, ma per ottenere ottimi risultati è necessario essere forniti di spazi adeguati, nonché di avere attenzione e cura per il prodotto.
I salumi sono molto delicati durante la fase di stagionatura che normalmente viene effettuata in ambienti freschi e ventilati. Sovente si tratta di cantine o ripostigli con finestre esterne che consentono la ventilazione del locale nei periodi più freschi e asciutti dell’anno.
Purtroppo tali luoghi sono spesso frequentati da animaletti indesiderati, quali insetti, ragni ecc. Per garantire uno spazio protetto da dedicare alla stagionatura e alla conservazione degli insaccati prodotti in casa, abbiamo pensato di reimpiegare un espositore girevole recuperato in un negozio di prodotti per il giardinaggio.
Questo oggetto in origine esibiva bustine di sementi ma, a seguito di un’accurata rielaborazione con alcune semplici modifiche, è stato trasformato in un armadio contenitore per la stagionatura degli insaccati.
La trasformazione dell’oggetto, già a forma di gabbia con rete elettrosaldata e verniciata, riguarda la realizzazione della porta su uno dei quattro lati, la chiusura del fondo e del tetto con un pannello quadrato di legno e l’applicazione di una zanzariera metallica che chiuda tutto il perimetro per scongiurare visite indesiderate.
Una volta realizzato il progetto dell’armadietto vengono aggiunti all’interno i tipici ganci a S da macellaio in acciaio inox.
È a questo punto che inizia la fase di stagionatura dei salumi e delle salsicce, che possono essere stoccati in tutta sicurezza, senza contaminazione esterna: non resta che attendere con impazienza di poter gustare l’appetitoso contenuto.
Trasformare un vecchio espositore in stagionatore per salumi
Un utilizzo originale di un oggetto dismesso che altrimenti sarebbe finito in discarica: ecco come trasformare in qualcosa di utile un vecchio espositore di sementi in bustina cambiandone totalmente la funzione.
In origine l’espositore era composto da una base con cinque raggi, terminanti con altrettante ruote pivotanti, e un asse centrale saldato all’incrocio dei raggi sul quale una struttura, a forma di prisma quadrangolare in rete elettrosaldata, reggeva diversi ganci rimovibili. Inoltre la struttura ruotava sull’asse centrale, provvisto di un cuscinetto reggispinta sulla staffa inferiore, per consentire agli acquirenti di verificare tutte le varietà di bustine proposte.
Come primo intervento si rimuovono i ganci mobili (utilizzati per reggere le bustine di semi) senza gettarli perché in seguito saranno riutilizzati. Si elimina provvisoriamente il supporto centrale, mantenendo la crociera di base che tiene in forma il parallelepipedo di rete. Anche il tubolare collegato alla base con le rotelle dev’essere conservato per l’utilizzo successivo.
Con l’aiuto di un Mini Dremel, dotato di una lama a disco, si tagliano su due lati i punti di saldatura sul perimetro della rete per liberarne un pannello che, montato su un telaio di legno, costituisce la porta da ancorare alla struttura con una lunga cerniera a nastro e da chiudere con un chiavistello.
Trasformare un espositore in armadio stagionatura salumi
Con una fresa a tazza si realizza un foro al centro del pannello di base; questo consente il passaggio del tubolare fissato alla base con ruote. Il foro deve essere di poco maggiore rispetto al diametro del tubo, al fine di consentirne il passaggio.
Il pannello di base viene fissato alla gabbia con chiodi a U, perfetti per conferirgli maggiore stabilità.
Con una serie di listelli in legno si realizzano il telaio e il controtelaio della porta. Il secondo va fissato all’interno della gabbia con i pannelli della base e del tetto tramite colla e viti.
Il telaio della porta, dimensionato sul perimetro interno del controtelaio, si realizza con listelli in legno 25×25 mm per i montanti e 25×40 mm per i lati corti e il rinforzo centrale. Per assemblare i listelli si utilizzano colla e chiodi.
Una volta calcolate le misure si procede con il taglio della zanzariera metallica con le cesoie.
La zanzariera metallica che avvolge i tre lati chiusi della gabbia viene fissata dall’esterno. Il fissaggio avviene sui bordi del controtelaio e dei due pannelli con la graffettatrice, avendo cura di porre la zanzariera ben in tensione durante l’operazione.
Con l’aiuto di un avvitatore si fissa il pannello al vertice della costruzione, avvitando gli angoli alle estremità dei listelli verticali che formano il controtelaio della porta.
Con una smerigliatrice si rimuove il supporto centrale in ferro che si trova all’interno dell’espositore perché ostacolerebbe il successivo posizionamento dei salumi.
La zanzariera posizionata in corrispondenza della porta dev’essere fissata con avvitatore sulla cerniera a nastro che regge anche la porta consentendone i movimenti di apertura e chiusura. Si faccia attenzione che la zanzariera sia ben tesa durante l’operazione.
Con uno spezzone di barra filettata (Ø 5 mm) si realizza un archetto che serve come elemento bloccante per il meccanismo di chiusura. Per il fissaggio è necessario praticare due fori sul listello di legno del controtelaio in cui inserire i due capi della barra filettata bloccando saldamente l’archetto con rondelle e bulloni.
La chiusura dell’armadietto si realizza con un piccolo chiavistello che blocca la porta inserendosi nell’archetto appena descritto. La sede fissa del catenaccio viene assicurata tramite quattro viti sul rinforzo centrale del telaio della porta.
I ganci mobili, precedentemente rimossi, vengono riutilizzati raddrizzandone le estremità ricurve e inserendoli all’interno dell’armadietto come sostegni per i ganci a S che hanno il compito di tenere sospesi i salumi.
Inaugurato il 1 Agosto 2019 il primo corner dedicato al fai da te all’interno dell’Ipermercato Coop del Centro Sarca a Milano
Brico io Selection è il primo corner in Italia di settore: in una superficie di circa 400 mq all’interno dell’Ipercoop del Centro Sarca di Milano i clienti trovano una selezione di oltre 3.000 articoli nei reparti Giardinaggio, Sistemazione casa (armadi in plastica e scaffali), Autoaccessori, Elettricità, Idraulica, Bagno, Vernici, Utensileria elettrica e manuale.
La disposizione delle scaffalature è stata pensata proprio per racchiudere il corner in un mondo dedicato, con colori e didattica differenti dal resto del negozio IperCoop. I reparti disposti con sequenza di facile lettura per percorrere l’area comodamente e facilmente trovare ciò di cui si ha bisogno.
Particolare importanza è stata data alle aree promozionali e stagionali in modo da consentire una maggiore dinamicità delle offerte, un cambio più frequente e veloce rispetto agli allestimenti di un “Brico” tradizionale, proprio perché trovandoci all’interno di un Ipermercato siamo in un contesto dove la frequenza di visita è sicuramente maggiore.
Sarà
presente personale dedicato al nuovo corner, per assistenza alla clientela.
È stato realizzato un volantino dedicato e distribuito in abbinata con il volantino dell’ipermercato
Autocostruzione impegnativa di un tornio fai da te stazionario con tali e tante possibilità di regolazione che si presta all’utilizzo con materiali molto diversi, come il metallo e il legno, che solitamente vengono lavorati con macchine specifiche per ognuno
Se l’autocostruzione di macchine utensili stazionarie può essere considerata un punto d’arrivo per un far da sé, riuscire a costruire un tornio fai da te stazionario che si distingua per versatilità è come ricevere una laurea con lode.
Per comprendere quanto affermato, si pensi alla caratteristica distintiva delle macchine stazionarie professionali che è la riduzione al minimo delle tolleranze, da qui la precisione operativa; bene, nel caso dello sviluppo di un tornio fai da te che sia anche versatile, ovvero che possa svolgere più lavori o lavori su diversi materiali, quindi con diversi utensili, tutto si complica all’ennesima potenza.
In questo caso, il nostro esperto lettore, Leonardo Telesca, propone un tornio fai da te professionale (non stride assolutamente l’accostamento dei termini) talmente dotato di accessori e possibilità di regolazione, che può indistintamente lavorare con legno, ferro, plastiche.
Per sua ammissione, il progetto è stato alquanto impegnativo, avendo dovuto trovare soluzione a diversi problemi tecnici e al reperimento di ben determinati elementi speciali, rigorosamente di recupero, come quasi tutto l’acciaio in barre, scatolato e lamiere, usato nel progetto.
Quello che contraddistingue il far da sé, come i tanti eminenti autocostruttori pubblicati sul nostro portale, sono i colpi di genio per cui vengono trovate soluzioni di grande efficacia usando pezzi meccanici insoliti; in questo caso, per esempio, Telesca ha usato il cambio di un vecchio motorino a tre marce per poter disporre delle differenti velocità del tornio fai da te, trovando il modo di accoppiarlo al motore elettrico di una lavatrice.
Nel proseguio dell’articolo vedremo, comunque, anche un progetto per realizzare un tornio fai da te più elementare, particolarmente indicato per chi è alle prime armi.
Guarda il video del tornio fai da te
Dettagli tecnici del tornio fai da te professionale
L’alettatura che separa le due pulegge del tornio per legno fai da te non ha alcun significato funzionale per questo nuovo insieme; semplicemente dimostra la differente origine dei due pezzi, assemblati per poter disporre di due differenti rapporti (il diametro delle pulegge non è uguale), facendo passare da una all’altra la cinghia di trasmissione.
Il carrello per l’utensile da taglio si può muovere a mano, girando una manovella, oppure tramite un motore elettrico collegato con un riduttore che ne demoltiplica la velocità di rotazione e nel contempo aumenta la coppia disponibile.
L’accoppiamento della trazione è a cinghia; è visibile il sistema di attacco a slitta che prevede la possibilità di tensionare adeguatamente la cinghia.
Ruotando la manovella si muove una cascata di ingranaggi che terminano con un pignone accoppiato alla catena direttamente vincolata al carrello.
Il mandrino del tornio è coperto da uno schermo di protezione che si solleva per le operazioni di posizionamento del pezzo; il sottile telaio è incernierato nella parte posteriore, mentre davanti va in appoggio su un segmento di piattina piegata a U.
La semplicità costruttiva dello schermo protettivo non faccia pensare a una soluzione superficiale o sbrigativa: guardando il punto di innesto dell’accessorio si nota che il suo asse di rotazione aziona un microinterruttore che toglie corrente al motore del mandrino quando lo schermo è sollevato.
Disegno tecnico tornio
Legenda (Nell’elenco sottostante riportiamo solo gli elementi di maggiore rilevanza)
1. Tubo quadro 20×20, spessore 3 mm 3. Piedini d’appoggio M10x60, disco inferiore Ø 50 mm 4. Piano in laminato 1415×400 mm, spessore 15 mm 12. Lampada recuperata in un mercatino 24. Volantino diametro 125 mm 33. Mandrino Ø esterno 100 mm, Ø max interno 50 mm 35. Manicotto gas da 1¼”, lunghezza 25 mm 36. Albero principale Ø est. 35 mm, Ø int. 25 mm 37. Volano: disco pieno Ø 130 mm spessore 40 mm 40. Cuscinetto schermato Ø est. 60 mm, Ø int. 35 mm 46. Puleggia diametro 120 mm 47. Puleggia diametro 80 mm (con alette raffreddamento) 48. Puleggia diametro 70 mm 49. Puleggia diametro 50 mm (galoppino tendicinghia) 50. Cinghia trapezoidale largh. 10 mm, sviluppo 750 mm 56. Motore elettrico con attacco a flangia 60. Gruppo frizione motore a scoppio 61. Parte di motore recuperata da ciclomotore 71. Contropunta 94. Ingranaggi per catena da bicicletta 96. Corona elicoidale, recuperata da ciclomotore 97. Pignone, recuperato da ciclomotore 98. Catena da bicicletta, lunghezza 2000 mm 124. Quadro comandi 127. Cavo elettrico spiralato, 3×1,5 mm 128. Torretta 129. Carrello
Accoppiamento dei motori del tornio
Semplice e intuitivo il quadro comandi, dove spiccano l’interruttore d’emergenza e il potenziometro per la regolazione della velocità di avanzamento del carrello.
Del motore a scoppio serve solamente il cambio, quindi si rimuovono testa, cilindro e prigionieri, poi si apre il carter per smontare tutte le componenti superflue, incluse la biella e la leva della messa in moto.
L’accoppiamento tra il cambio dell’ex motore a scoppio e l’albero primario del motore elettrico avviene fissando su quest’ultimo una flangia (autocostruita) che si interfaccia con i dischi della frizione.
La flangia del motore elettrico è messa in condizione di trasmettere il moto al pacco dei dischi della frizione essendo i due elementi spinti uno contro l’altro da una barra comandata da una leva con camma.
La camma è ricavata molando una grossa e spessa rondella d’acciaio: il profilo eccentrico della camma, ruotando la leva, porta avanti la barra che va a spingere il pacco dei dischi contro la flangia.
Trasmissione a cinghia a 2 posizioni e regolazione elettronica della velocità; per torniture in piano, longitudinali, concave e coniche, per troncare e forare; completo di mandrino a tre griffe e contropunta girevole
Distanza tra le punte: 150 mm; altezza del centro sulla guida: 55 mm; altezza del centro su slitta: 33 mm; avanzamento longitudinale: 40 mm; avanzamento trasversale: mm 60; torretta portautensili in acciaio per utensili da 6 x 6 mm; assaggio barra: 8,5 mm
Trasmissione a cinghia a 2 posizioni con regolazione elettronica della velocità: posizione 1 = 800-2800/min; posizione 2 = 1500-5000/min.
Piccolo tornio per legno modello DB 450, solido e robusto
Massimo diametro tornibile 254 mm
4 velocità
Potenza motore 50 Hz - 230 V / 370 W
Corsa contropunta 50 mm fornita di serie con contropunta rotante
Ora vediamo come costruire un efficiente tornio fai da te per metalli molto più semplice, particolarmente indicato per chi non ha esperienza professionale
Il tornio fai da te è costituito da un bancale (cioè da una struttura portante che presenta 2 guide sulla parte superiore), da una testa motrice e da una contropunta.
Sul bancale si può muovere in senso longitudinale un carrello che, a sua volta, supporta un carrello più piccolo, capace di spostarsi in senso trasversale e, nei modelli professionali, fornito di un ulteriore carrellino che può essere posizionato all’angolazione voluta e che, in ultima analisi, sostiene il dispositivo di fissaggio per l’utensile da taglio.
Automatismi professionali
Passando dalla teoria alla pratica, e sempre facendo riferimento a torni professionali, esistono poi tutta una serie di complicati automatismi che permettono di programmare l’avanzamento automatico dei due carrelli principali, con sistemi di riduzione che realizzano un preciso rapporto di trasmissione tra rotazione del mandrino e spostamento dell’utensile.
Un tornio fai da te come si deve, insomma, non è solo capace di realizzare superfici piane o di creare pezzi cilindrici o conici, ma può anche effettuare delle filettature sia interne sia esterne.
2 corone autobloccanti con catena di trasmissione;
spezzoni di barra filettata M4 e M6;
6 canotti di scorrimento Ø interno 12 mm;
minuterie di recupero da fotocopiatrice e da mangianastri;
bulloni;
Grande competenza
Costruire di sana pianta una macchina utensile di questo tipo, è chiaro, non è impresa che possa essere affrontata da chiunque, perché servirebbero competenze e attrezzature che non sono alla portata dell’hobbista. Ciò che si può fare, a livello artigianale, è riprodurre la struttura di base e le principali funzioni facendo uso, per i particolari più complessi, di elementi di recupero che vanno modificati e assemblati con sapienza, pazienza e ingegno: molto dipende, quindi, dall’abilità del realizzatore.
La testa motrice
Nasce dall’insolito matrimonio tra il motorino di un alzacristalli da auto (quindi a 12 volt) e la parte anteriore di un trapano: il primo viene privato del meccanismo di riduzione e la seconda, spogliata degli ingranaggi interni, si trasforma in un solido supporto che presenta un albero montato su cuscinetti a sfere e fornito di mandrino.
Unendo con staffe metalliche i due elementi e utilizzando come trasmissione 2 piccoli pignoni e una catena (recupero da fotocopiatrice) si ottiene il risultato voluto: va da sé che nella carcassa metallica del trapano bisogna praticare un taglio per il passaggio della catena e che, per rendere il tutto più sicuro e silenzioso, è opportuno racchiudere il dispositivo in una scatola di legno (qui addirittura riempita con schiuma di poliuretano per ammortizzare vibrazioni e rumore).
Il bancale, come succede nella maggior parte delle realizzazioni artigianali, è costituito da due barre tonde da 12 mm di diametro, a loro volta fissate con staffe a L su una piastra d’acciaio da 550×160 x10 mm di spessore. Una barra filettata M6, sistemata al centro dei 2 tondini e collegata al carrello principale, dà origine al movimento longitudinale.
Il carrello principale
E’ in alluminio e si ottiene da uno scatolato per serramenti; va forato in modo da alloggiare delle robuste boccole che, calzate sulle barre Ø 12 mm, garantiscano uno scorrimento preciso e privo di impuntamenti. Un’ulteriore guida viene fornita da un binario fissato sul basamento, dalla parte rivolta verso l’operatore: qui si inserisce un rilievo applicato sotto al carrello, che a sua volta può essere regolato in altezza mediante un lungo bullone.
Il profilo prescelto, infine, presenta sulla parte superiore, dei binari di guida, predisposti in origine per i fermavetri: qui scorre il carrellino longitudinale, comandato da un volantino col solito sistema della barra filettata (in questo caso M4).
La contropunta
E’ sorretta da una slitta formata da 2 boccole unite fra loro e calzate sul bancale, da cui si innalza una lastrina forata al centro per accogliere un mandrino da trapano con 10 mm di apertura massima: una vite di pressione che fa presa nella slitta e che fa forza su uno dei due tondini la blocca nella posizione voluta.
Carrello e contropunta
pur essendo ricavato da un profilo per serramenti in alluminio, il carrello ha un aspetto abbastanza professionale e lavora con un notevole grado di precisione.
la contropunta non è dotata, purtroppo, di un sistema d’avanzamento che permetta di usarla, ad esempio, per forare al centro il pezzo in lavorazione.
La torretta portautensili
Si costruisce con 2 piastrine di ferro da 25×25 mm, saldate fra loro con l’interposizione di un distanziale al centro, forato Ø 5 mm per il perno di fissaggio: la piastrina superiore va anche forata e filettata M4 in prossimità degli spigoli per bloccare, con bulloni a brugola, l’utensile da taglio.
Tornio fai da te trasformabile
il tornio fai da te visto dall’alto; una scatola in truciolare protegge il motore.
una piccola morsa d’alluminio montata al posto della torretta, trasforma il tornio in fresa (basta sistemare l’utensile da taglio nel mandrino e il pezzo nella morsa).
Il nostro tornio fai da te trova ottima collocazione su un banco per tornio… ovviamente anch’esso fai da te
La saldatura a elettrodo rappresenta il procedimento per unire in modo definitivo elementi metallici usando una macchina che produce l’arco voltaico tra i lembi e una barretta rivestita, l’elettrodo, che si fonde sulle parti
La saldatura a elettrodo rivestito, chiamata MMA (Metal Manual Arc) ha una denominazione internazionale più recente che ne definisce anche la caratteristica: SMAW (Shielded Metal Arc Welding) ossia saldatura ad arco con metallo protetto. In pratica si fonda sul principio di fusione di una barretta metallica, mediante generazione di un arco voltaico tra questa e i lembi dei pezzi da unire.
La barretta è rivestita da sostanze che durante l’arco formano un gas protettivo del bagno di fusione, migliorandone le caratteristiche di robustezza e qualità estetica. L’alimentazione dell’arco di saldatura può essere fatta con una macchina generatrice di corrente alternata: in pratica questa saldatrice si affida a un trasformatore statico monofase e/o trifase che la rende idonea a fondere gli elettrodi.
La regolazione della corrente può essere ottenuta con un commutatore a gradini e/o potenziometro elettronico (inverter) oppure in modalità continua (dispersione magnetica), azionando il volantino posto esternamente alla macchina che permette di scegliere con precisione il valore di corrente erogata. Un indicatore riporta la regolazione su un apposito indice graduato.
Alcune macchine, per evitare che vengano superate le capacità di servizio, sono munite di una protezione termica automatica che, in caso di sovraccarico, interrompe l’alimentazione (uso intermittente); quindi, in caso di surriscaldamento, è necessario attendere qualche minuto per poter riprendere il lavoro.
Durante il procedimento delle saldature a elettrodo il metallo si fonde e vengono emesse scintille e scorie. Occorre prendere tutti i provvedimenti necessari onde prevenire ustioni e incendi. L’operatore deve indossare guanti e grembiule per saldatura, scarpe antifortunistiche e la maschera schermata. Bisogna evitare di operare in vicinanza di sostanze infiammabili. Tutti i materiali combustibili devono essere tenuti lontani dall’area di lavoro. è buona norma predisporre dispositivi antincendio nell’immediata vicinanza dell’area di lavoro. Non operare mai in un ambiente la cui atmosfera sia inquinata da gas infiammabili o vapori di liquidi combustibili (per esempio benzina).
Norme di sicurezza per l’operatore
L’arco elettrico è generato da una sorgente di onde elettromagnetiche e si manifesta come fonte intensa di luce e calore. L’arco emette inoltre radiazioni nella gamma spettrale dell’ultravioletto e dell’infrarosso che essendo invisibili all’occhio umano sono le più nocive per l’uomo.
Tali emissioni possono procurare congiuntiviti, ustioni alla retina o, cosa più grave, il decadimento della capacità visiva. Anche la pelle, esposta a tali raggi, può essere soggetta a ustioni più o meno gravi. Per evitare questi pericoli, l’operatore deve utilizzare adeguati indumenti protettivi: guanti isolanti, grembiule di cuoio, ghette, scarpe antinfortunistiche, maschera di protezione.
Quest’ultima deve essere in grado di proteggere il viso e munita di vetri di protezione (con grado DIN adeguato alla corrente di saldatura usata) capaci di filtrare le radiazioni e di ridurre l’intensità luminosa (vetro inattinico).
I vetri devono sempre essere tenuti puliti e vanno prontamente sostituiti in caso di rottura o venatura.
Gli spruzzi incandescenti, prodotti durante le operazioni di saldatura, si depositano sui vetri riducendo il campo visivo, per questo si consiglia il montaggio di un vetro trasparente davanti al vetro inattinico, da sostituire spesso.
Per nessun motivo si deve guardare l’arco elettrico senza la protezione per gli occhi. Il primo sintomo di un’infiammazione esterna è una fastidiosa sensazione di “sabbia” negli occhi.
È buona norma isolare l’area di lavoro con schermi antiriflesso per impedire che altre persone operanti nelle vicinanze, possano essere investite dalle radiazioni e curare scrupolosamente la solidità dei ponteggi quando si lavora in alto.
Occorre prestare attenzione nella manipolazione dei pezzi appena saldati, facendo uso di apposite pinze per evitare ustioni causate dall’elevata temperatura del pezzo.
Protezioni personali
Gli indumenti devono essere asciutti e non bisogna lavorare in ambienti umidi o bagnati se non con le adeguate protezioni, onde prevenire shock elettrici; non saldare sotto la pioggia.
Non saldare con cavi di sezione inadeguata e interrompere la saldatura se i cavi si surriscaldano. I cavi con sezioni inadatte, riscaldandosi, provocherebbero un rapido deterioramento dell’isolamento e possibile emanazione di gas tossici.
Non saldare con cavi logori o male collegati o con cavi di pinza allentati. Ispezionare frequentemente tutti i cavi (di alimentazione e in uscita) assicurandosi che non vi siano difetti di isolamento e/o fili scoperti, in tal caso sostituirli immediatamente.
Non saldare all’interno di recipienti che hanno contenuto materiali combustibili o infiammabili, o su materiali che, se riscaldati, possano generare vapori tossici o infiammabili, se non dopo aver eseguito un’appropriata pulitura.
Togliere sempre la tensione prima di intervenire su qualsiasi componente per effettuare la manutenzione.
Non appoggiare mai la pinza portaelettrodo sul tavolo di saldatura o su superfici metalliche collegate alla massa del generatore per evitare rischi di cortocircuito e/o accensioni accidentali.
Prevenzione contro i fumi tossici
Evitare di eseguire operazioni di saldatura su parti verniciate o sporche di grasso o olio (certi solventi clorinati possono decomporsi per gli effetti del procedimento di saldatura e generare gas fosgene). Occorre accertarsi che tali solventi o altri agenti degradanti non siano nelle immediate vicinanze del punto di lavoro.
Metalli ricoperti o contenenti piombo, grafite, cadmio, zinco, mercurio, berillo e cromo possono produrre concentrazioni nocive di fumi tossici e non devono essere sottoposti a operazioni di saldatura senza aver prima rimosso il rivestimento.
Se possibile, lavorare sempre in spazi aperti e ben ventilati.
Se si lavora al chiuso, ci si deve assicurare che l’area di lavoro sia adeguatamente ventilata; eventualmente l’operatore deve usare una mascherina antifumo.
Una sintesi per la sicurezza
Usare sempre spessi guanti di cuoio (per saldatori).
Mai deve mancare la maschera con il vetro schermante.
Nell’eseguire saldature in alto non utilizzare scale: meglio un trabattello ben spessorato per essere messo in piano.
Gli schizzi del bagno di fusione saltano e scendono a pioggia verso il basso, quindi munirsi di scarpe e ghette antinfortunistiche.
Se si lavora in garage, mettersi sulla soglia, per avere massima aerazione.
La maschera autooscurante
La maschera autooscurante permette di avere sempre un’ottima visione della zona lavoro grazie a un vetro speciale che si scurisce istantaneamente non appena si intensifica l’emissione luminosa. Il rilevamento della luce è affidato a un sensore; a valle di questo interviene una circuitazione elettronica che permette di controllare diversi parametri della reazione oscurante della maschera. Così si ottiene un’ottima visione sino allo scoccare dell’arco, per poi riprendere immediatamente la migliore visione, non appena l’emissione luminosa cessa.
Le maschere solitamente sono in grado di funzionare con i più disparati tipi di saldatura: MMA, MIG, MAG, TIG, PLASMA, anzi molte sono calibrabili anche per la semplice smerigliatura. Questo è permesso dalla possibilità di regolare diversi parametri di intervento, in quanto le emissioni luminose dei vari tipi di arco differiscono molto una dall’altra, per qualità ed entità.
Pulsante di selezione saldatura-smerigliatura e potenziometro per la regolazione della sensibilità della maschera alla luce ambientale.
Selettore dell’entità dell’oscuramento da impostare sulla base del tipo di saldatura e della potenza in A impostata nella saldatrice.
Selettore della velocità di ritorno al valore base di luminosità del vetro; anche questo è un parametro legato al tipo di saldatura in atto.
Prima dell’arco la maschera permette una buona visualizzazione della zona lavoro, anche se il vetro fornisce di base un filtro DIN 4.
Durante la saldatura il filtro applica la protezione preimpostata; in caso di malfunzionamento interviene automaticamente il valore massimo.
Buona preparazione dei pezzi
La preparazione alla saldatura dei pezzi non è un fatto trascurabile; non solo facilita l’innesco dell’arco, agevolando i neofiti, ma permette altresì che il cordone risulti omogeneo e regolare, ottenendo una saldatura più bella e più efficace.
Per preparazione si intende la pulizia dei pezzi, soprattutto dei lembi interessati dal processo di saldatura, e, ove necessario, la realizzazione delle cianfrinature dei bordi.
Dopo la troncatura, i bordi dei pezzi riportano i residui del taglio (bava) che vanno rimossi con una lima o con la smerigliatrice angolare, a seconda della conformazione della parte. È importante che i lembi di contatto risultino lineari.
Quando il ferro è nuovo presenta un’untuosità che altera l’innesco e il mantenimento corretto dell’arco, pertanto è necessario sgrassare i pezzi con diluente. Il ferro di recupero va pulito altrettanto bene; soprattutto se arrugginito, va rimosso completamente l’ossido con la smerigliatrice angolare e spazzola o disco di carta vetrata.
La cianfrinatura, se necessaria, si esegue con smerigliatrice angolare o diritta.
Come preparare correttamente il giunto
Giunto di testa
I componenti giacciono sullo stesso piano e hanno lembi retti. Fino a 3 mm di spessore si mettono i lembi quasi a contatto fra loro per la saldatura da un solo lato. Per spessori da 3 a 5 mm si prevede una distanza tra i lembi di 1-2 mm per saldatura da entrambi i lati.
Giunto a V
Per spessori fino a 12 mm con spalla di 1-2 mm, va tenuta una distanza tra i lembi 1-2 mm e un angolo di cianfrino di 60°.
Giunto a doppio V
Si usa per lamiere aventi più di 12 mm di spessore. L’angolo di cianfrino è sempre 60°.
Giunto d’angolo
Il giunto d’angolo può essere impiegato su tutti gli spessori senza particolare preparazione dei lembi.
Giunto di testa in angolo
I lembi da saldare sono di norma posti ad angolo retto. Indicato per lamiere con spessore di almeno 2 mm o misura superiore.
Collegamento della saldatrice
È buona norma, prima di procedere alla prova pratica, leggere attentamente le istruzioni del costruttore dell’apparecchio che si sta per utilizzare, tenendo sempre a mente che le apparecchiature di saldatura ad arco sono generatori di potenza elevata.
A titolo indicativo si raccomandano le seguenti modalità: allacciare l’apparecchio a un presa elettrica di tipo adeguato, minimo 16 A, secondo il cavo in dotazione (alimentazione e dati di targa sono sempre riportati sull’apparecchio).
Collegare i cavi di saldatura a seconda del tipo di saldatura da eseguire, manovra che va sempre fatta a macchina disinserita dall’alimentazione a rete. Si tratta di innestare i cavi di saldatura ai morsetti d’uscita (POSITIVO e NEGATIVO) della saldatrice; questi sono i cavi collegati alla pinza e alla massa e vanno collegati con la polarità prevista per il tipo di elettrodo da impiegarsi.
A tale riguardo va tenuto presente che, per la quasi totalità degli elettrodi, il negativo deve essere collegato alla pinza e il positivo alla massa. Per saldatura con elettrodi basici, inossidabili e speciali, invece, il negativo deve essere collegato alla massa e il positivo alla pinza.
Nozioni di saldatura
I fattori fondamentali per ottenere una corretta saldatura a elettrodo sono la regolazione della corrente di saldatura, la preparazione dei giunti e l’orientamento dell’elettrodo.
Regolazione della corrente
La corrente da impiegare dipende dalle posizioni di saldatura, dal tipo di giunto e varia in modo crescente in funzione dello spessore e delle dimensioni del pezzo.
A titolo orientativo, di seguito si consigliano i seguenti valori di intensità di corrente da utilizzare per i vari tipi di saldatura.
– Elevata per le saldature in piano, in piano frontale e verticale ascendente;
– Media per le saldature sopra testa;
– Bassa per la saldatura verticale discendente e per unire pezzi di piccole dimensioni.
La tavola che segue riporta alcune indicazioni generali per la scelta dell’elettrodo in funzione degli spessori e dei diametri delle tubazioni da saldare e i valori di corrente da utilizzare con i rispettivi elettrodi per la saldatura degli acciai comuni e basso legati, ovvero quelli per i quali si scelgono gli elettrodi rutilici.
Per una scelta precisa, comunque, si consiglia di leggere le indicazioni date dai fabbricanti di elettrodi.
Preparazione dei lembi
La preparazione del giunto è un’operazione della massima importanza e può essere fatta come indicato nel box.
Innanzi tutto le estremità dovranno essere libere da corpi estranei quali olio, grasso, scorie di laminazione (è quello strato superficiale che presentano i materiali ferrosi nuovi), sporcizia, ruggine e altri materiali inquinanti.
Cablaggio pinza al primo utilizzo
L’isolamento, all’estremità del conduttore, è pretagliato dalla casa quanto basta. Si tira via la guaina per scoprire l’ultimo tratto di trefolo di rame.
Si inserisce il cavo nell’impugnatura cava e lo si fa uscire dall’apertura anteriore.
Il tratto scoperto di rame si inserisce nel morsetto della pinza portaelettrodo, dopo aver rilasciato al massimo la vite di ritegno.
La vite va serrata a fondo usando una chiave esagonale.
Si calza sino in fondo l’impugnatura isolante sulla pinza portaelettrodo. L’impugnatura è sagomata per avvolgere le parti metalliche della pinza; la si blocca con l’apposita vite.
Nella pinza di massa il conduttore si inserisce nel morsetto sulla punta. Due dadi esagonali vanno stretti con una chiave a forchetta per bloccarlo saldamente.
L’innesto a baionetta (DINSE) permette di invertire rapidamente le polaità di pinza e massa, a seconda del tipo di elettrodo e di saldatura che si deve effettuare: per l’innesto, si inserisce la spina e si ruota di 90° in senso orario.
Tipi di saldatura a elettrodo
Vediamo ora come saldare il ferro tramite i diversi tipi di saldatura a elettrodo.
Saldatura in piano
La posizione migliore che l’operatore deve dare all’elettrodo è tenerlo inclinato, rispetto alla verticale, di un angolo di circa 20-30°. Si procede compiendo piccoli cerchi, mentre si sposta l’elettrodo lungo i lembi da saldare, tenendo la punta dell’elettrodo sempre alla stessa distanza, mentre si consuma.
Se i pezzi da saldare sono di piccole dimensioni e le estremità sono libere, essi debbono essere puntati sul piano orizzontale, ma con leggera inclinazione, affinché a saldatura compiuta il leggero ritiro del bagno di saldatura possa riportarli nel piano orizzontale. Stessa cosa vale anche per la giunzione dei tubi.
Saldatura angolare in piano
Non differisce molto dalle modalità della saldatura in piano, se non per il fatto che il bagno resta chiuso in un angolo di 90°.ermi restanti i 20-30° di inclinazione indietro dell’elettrodo, questi dovrà avere anche un’inclinazione laterale, nella bisettrice dei 90°, quindi di circa 45°.
La saldatura va fatta su entrambi i lati (nei due angoli); solitamente è sufficiente un’unica passata per lato.
La crosta di scoria, che nella saldatura di lamiere in piano, quando fatta a regola d’arte, può anche staccarsi da sola in modo uniforme, nel caso dei pezzi messi in posizione angolare trova maggiore appiglio sui lati ed è necessario rimuoverla a colpi di martellina.
Saldatura orizzontale di testa
Si chiamano saldature orizzontali di testa le giunzioni eseguite con più passate nell’unione di due tubi sovrapposti. Questa giunzione è impiegata per la saldatura in opera di tubazioni e si esegue facendo più passate (almeno tre) di cui la prima è di riempimento (01), mentre le successive (02-03) sono di rinforzo, operando in modo tale che a ogni passata risulti coperta la metà della passata precedente.
Saldatura in verticale
Anche in questo caso vanno fatte 3 passate (1 di riempimento e 2 di rinforzo), che possono essere eseguite dal basso verso l’alto (ascendente) o dall’alto verso il basso (discendente). Il sistema ascendente è quello maggiormente usato perché offre una maggiore penetrazione e minori possibilità di inclusione di scorie nel bagno di fusione.
L’elettrodo è tenuto con un’inclinazione di 15° rispetto al piano orizzontale. Il sistema verticale discendente si usa con elettrodi cellulosici quando il diametro del tubo e il suo spessore lo consentono; questa tecnica consente l’uso di elettrodi di elevato diametro, elevata corrente di saldatura ed elevata velocità di avanzamento. L’inclinazione va tenuta a 70°-90° rispetto la superficie del tubo.
Saldatura d’angolo con flangia piana
Si effettua preventivamente una lieve cianfrinatura del bordo esterno del tubo da saldare; conviene tener ferma la smerigliatrice e far ruotare sul posto il tubo.
Si effettuano 2 saldature: una di riempimento (A) e una seconda (B) di rinforzo.
La prima passata (A) di saldatura, quella di riempimento, va fatta aumentando la corrente di circa un 10%. Anche in questo caso, se possibile, conviene ruotare il pezzo mentre si salda, mentre si tiene la torcia in posizione fissa.
Va fatta poi una seconda passata (B) di rinforzo, lavorando l’elettrodo con spostamenti orizzontali dx e sx.
In alternativa, se ve n’è la possibilità, si esegue la seconda passata internamente al tubo, lungo il bordo di contatto con la flangia.
Saldatura sopra testa
Questo procedimento richiede che i movimenti siano diretti dal basso verso l’alto, piccolissimi, con lenti e regolari spostamenti laterali. L’arco, in questo caso, deve essere tenuto il più corto possibile.
Si consiglia, di impiegare elettrodi di piccolo diametro e di inclinarli di circa 70° o perpendicolarmentealla superficie del tubo, nel senso dell’avanzamento.
È consigliabile eseguire almeno due passate di cui la prima di riempimento e tenuta e la seconda di rinforzo.
Elettrodi per saldatura
In commercio esistono svariati tipi di elettrodi e relativi rivestimenti per ogni tipo di applicazione, sulle confezioni sono riportati i valori di resistenza, il tipo di applicazione, la classe di qualità e la posizione di saldatura.
Un simbolo indica il tipo di rivestimento (A= acido, B= basico, C= cellulosico, R= rutilico, RC= rutilcellulosico, SB=semibasico, S= speciale).
Elettrodi rutilici
Hanno un rivestimento contenente ossidi di Ti (il rutilo infatti è il biossido di titanio). Questi elettrodi hanno caratteristiche simili a quelle degli elettrodi acidi, tuttavia gli ossidi di titanio, dando una bassa viscosità al bagno, permettono di ottenere saldature molto lisce. Per questo motivo gli elettrodi al rutilo sono utilizzati principalmente per fini estetici, nel caso di passate multiple vengono utilizzati solo per le passate di superficie. In alcuni casi, per associare le caratteristiche estetiche del rutilo alle caratteristiche elettriche o meccaniche di altri tipi di rivestimento, sono associati a sostanze organiche (rutilcellulosici) o a carbonati basici (rutilbasici).
Vantaggi, svantaggi e applicazioni
Hanno un basso costo, arco stabile e facile innesco, corrente AC e DC, cordone migliore e facilmente conservabili.
Bagno fluido, scoria abbondante e vischiosa, elevato apporto di idrogeno.
Impiegati per saldature in orizzontale, verticale e ad angolo, materiali di piccolo spessore, acciai con scarsa presenza di impurità, saldature esteticamente buone, caratteristiche meccaniche mediocri.
Elettrodi acidi
La denominazione deriva dal fatto che il rivestimento produce una scoria acida. La composizione del rivestimento è in gran parte di silice (SiO2) e silicato di ferro, e contiene un’alta percentuale di disossidanti. La scoria prodotta è porosa e facilmente eliminabile. Il bagno di fusione di questi elettrodi ha una temperatura elevata. L’elettrodo acido è indicato per materiali aventi buone caratteristiche di saldabilità, dato che il rivestimento non ha effetto depurante, quindi il cordone di saldatura può essere soggetto a cricche a caldo.
Vantaggi, svantaggi e applicazioni
Basso costo, arco stabile corrente AC e DC, scoria facilmente rimovibile, elevata disossidazione, facilmente conservabili.
Bagno fluido, scarso effetto di pulizia, elevato apporto di idrogeno, scoria non refusibile.
Per saldature in orizzontale, acciai a basso tenore di carbonio e con scarsa presenza di impurità, saldature economiche, caratteristiche meccaniche mediocri.
Elettrodi basici
Gli elettrodi basici sono costituiti da ossidi di ferro, ferroleghe di Mn e Si, silicati e, soprattutto, da carbonati di calcio (CaCO3) e magnesio (MgCO3) ai quali viene aggiunto un minerale, il fluoruro di calcio (fluorite), per facilitarne la fusione. La fluorite ostacola la stabilità dell’arco; con questi rivestimenti è pertanto necessaria la corrente continua e il collegamento dell’elettrodo al polo positivo (polarità inversa).
La scoria si presenta difficile da levare, ma deve essere accuratamente eliminata. Infatti, nonostante il suo basso punto di fusione, può non essere rifusa dalla successiva passata (in quanto può essere rimasta nelle irregolarità superficiali o nelle incisioni laterali del cordone caratteristiche del tipo di elettrodo) e può dar luogo a inclusioni.
Con questi rivestimenti si devono tenere archi molto corti per evitare la formazione di porosità allungate dette “tarli” in quanto il trasferimento del metallo d’apporto avviene sotto forma di grosse gocce che possono provocare facilmente cortocircuiti. Ne deriva un maneggio che richiede particolare abilità da parte del saldatore. Questi rivestimenti danno luogo a bagni di fusione di moderate dimensioni (vengono anche chiamati a bagno freddo) e ciò rende abbastanza agevole la saldatura in posizione.
Vantaggi, svantaggi e applicazioni
Ottima pulizia del materiale, ridotto apporto di idrogeno, bagno freddo.
Arco poco stabile e corto, innesco difficile, scoria non refusibile difficile da rimuovere, generatori DC, difficile conservazione.
Saldature in tutte le posizioni, anche per grossi spessori, elevate velocità di deposito, saldature di elevate qualità meccaniche, anche con materiali contenenti impurità.
Elettrodi cellulosici
I rivestimenti cellulosici sono costituiti prevalentemente da cellulosa, integrata da ferroleghe (di Mn e Si) alle quali viene affidato il compito di disossidare il bagno. Durante la saldatura si ha la massificazione della maggior parte del rivestimento, con una scoria ridotta al minimo. Gli elettrodi a rivestimento cellulosico svolgono, quindi, una protezione essenzialmente gassosa. Il rivestimento cellulosico permette, inoltre di realizzare “bagni caldi” con la fusione di una notevole quantità di materiale base; questi elettrodi sono particolarmente indicati nella saldatura di giunti di tubi, potendosi facilmente ottenere in prima passata, saldature ben penetrate e prive di inclusioni di scoria.
La protezione gassosa e la buona fluidità del bagno fuso permettono di realizzare elevate velocità di saldatura e l’impiego della posizione in “verticale discendente” senza che il grado di penetrazione, soprattutto in prima passata, venga ridotto.
La stabilità dell’arco, data da questo tipo di elettrodo, risulta tuttavia precaria a causa della dissociazione chimica della CO2 (anidride carbonica contenuta nella cellulosa) che richiede tensioni d’arco più elevate di quelle degli altri elettrodi e l’impiego di generatori di corrente continua con polarità inversa (pinza collegata al polo positivo).
Le caratteristiche meccaniche dei giunti sono buone. Non tutte le saldatrici possono essere usate con l’elettrodo cellulosico; i generatori di corrente che si possono usare devono avere una tensione a vuoto abbastanza elevata (65 volt) e una buona caratteristica dinamica che consenta alla saldatrice una ripresa rapida dell’arco elettrico, in modo da scongiurare le interruzioni d’arco che causano difetti nella saldatura.
Richiedono generatori DC con elevata tensione a vuoto, cordone irregolare, elevato apporto di idrogeno.
Saldature in tutte le posizioni, tubazioni o dovunque non sia possibile la ripresa a rovescio, saldature in cui l’accesso dell’elettrodo risulta critico, acciai a basso tenore di carbonio, scarsa presenza di impurità nel materiale.
Aspetto saldatura a elettrodo
Aspetto per lunghezza dell’arco
ARCO TROPPO CORTO: questa irregolarità provoca ammassi del metallo saldato con facili inclusioni di scoria.
ARCO TROPPO LUNGO: causa poca penetrazione, facili incollature, soffiature e abbondanti spruzzi. La saldatura è facilmente soggetta a difetti.
Aspetto per velocità di avanzamento
VELOCITÀ TROPPO LENTA: provoca un deposito largo, spesso e di lunghezza inferiore al normale; è causa di perdita di elettrodi e di tempo.
VELOCITÀ TROPPO ALTA: provoca un’insufficiente penetrazione del materiale base, un cordone stretto e alto con grosse difficoltà a togliere la scoria.
Aspetto per intensità di corrente
CORRENTE TROPPO BASSA: si ha poca penetrazione, facili incollature, un cordone molto irregolare, con grosse difficoltà nel togliere la scoria.
CORRENTE TROPPO ALTA: si ottiene un cordone molto largo con eccessiva penetrazione del materiale, notevoli spruzzi del metallo fuso e un cratere profondo. Si possono avere anche piccole rotture in seno al materiale.
Saldatura di ottima qualità
SALDATURA DI OTTIMA QUALITÀ; il cordone ha un aspetto regolare, la maglia è molto fine, non ci sono porosità e inclusioni di scoria.
ABC dell’innesco dell’arco
Per i meno esperti la prima difficoltà è l’innesco dell’arco, per cui è bene procedere in questo modo: avvicinare l’elettrodo a circa 10 mm dal punto da saldare, con una inclinazione di 70°-80° rispetto al piano di lavoro, facendo attenzione di non toccare accidentalmente il pezzo per non ricorrere in un colpo d’arco; portare la maschera davanti agli occhi, dare un colpetto sul pezzo e appena si innesca l’arco allontanare leggermente l’elettrodo e iniziare la saldatura procedendo come più avanti descritto.
Può succedere che il movimento di distacco dell’elettrodo non sia abbastanza rapido per cui rimane incollato sul pezzo, bisogna allora staccarlo con un brusco strappo laterale; al contrario un distacco eccessivo può provocare lo spegnimento dell’arco stesso.
Per facilitare l’apprendimento iniziale del meccanismo d’innesco si può anche usare lo stratagemma di sfregare (non troppo rapidamente) l’elettrodo sul pezzo a mo’ di fiammifero, fintanto che non avvenga l’innesco.
Avviato l’arco, l’elettrodo inizia subito a sciogliersinel bagno di fuzione, mentre il rivestimento sviluppa la sua azione di protezione.
Così facendo l’elettrodo si accorcia ed è quindi necessario compensare avvicinando la torcia, man mano che si procede. Il mantenimento dell’inclinazione dell’elettrodo è molto importante e dipende da svariati fattori.
Saldatrice Force 145
Nell’ambito della saldatura MMATelwin propone la gamma Force, dove ha concentrato il know-how di tanti anni di sviluppo di macchine professionali e all’avanguardia. Ogni esigenza operativa trova una risposta in questa gamma di saldatrici inverter a elettrodo, che sono diventate uno standard qualitativo e di performance per il mercato.
Fra i plus, il design accattivante (brevettato), la tecnologia inverter, il made in Italy e la comoda valigetta completa di accessori.
Grazie alla tecnologia inverter, che garantisce un’eccezionale stabilità della corrente di saldatura, e grazie ai dispositivi arc force, hot start e antistick, è possibile saldare su acciaio, inox, ghisa con estrema semplicità ed elevata qualità.
Peso e dimensioni sono ridotti e facilitano il trasporto della macchina; fra le altre caratteristiche peculiari ci sono: protezione termostatica, protezioni da sovratensione, sottotensione e sovracorrente, possibilità di utilizzo con motogeneratore (±15%). Telwin Force 145 costa euro 179,00.
Leggi anche l’approfondimento tecnico sulla saldatura a gas.
Sono quelli che garantiscono la riuscita di un lavoro; devono essere robusti ed ergonomici, come gli utensili Labor
Nella scelta degli utensili manuali bisogna sempre puntare sulla qualità, per non trovarsi nel bel mezzo di un lavoro con lo strumento che non ne vuole sapere di collaborare come dovrebbe. La soluzione? Gli utensili Labor
Alle spalle di ogni utensileLabor ci sono analisi tecniche, test di utilizzo e durata, conformità alla sicurezza, impiego di materiali di qualità che permettono di garantire ogni attrezzo della gamma per ben 10 anni. Sodifer
Tra gli utensili Labor troviamo:
1. Borsa carpentiere in crosta scamosciata con tasche e asole, ideale per attrezzi e minuterie. 2. Cintura in cuoio per borsa da carpentiere. 3. Ginocchiere da piastrellista in tessuto sintetico. 4. Polvere blu, ricarica 400 g per tracciatore. 5. Frattone dentato 280×120 mm. 6. Cazzuola punta tonda con salvadito. 7. Cazzuola punta quadra con salvadito. 8. Cazzuolino punta acuta, 140 mm, con salvadito. 9. Levachiodo a esse in acciaio temperato. 10. Rivettatrice 250 mm, 4 testine per rivetti. 11. Pinza per capicorda, 230 mm. 12. Tenaglia da cementista, 220 e 250 mm. 13. Pinza poligrip a doppia cremagliera. 14. Frattazzo in gomma spugna, 220×140 mm. 15. Spatole per stuccare con lama in acciaio inox
Esempi di utilizzo
Borsa da carpentiere
La pratica borsa da carpentiere, utilizzata in connubio alla cintura in cuoio, risulta fondamentale in tutti quei lavori in cui occorre avere sottomano più utensili contemporaneamente.
Ginocchiere
Le ginocchiere da piastrellista non possono mancare in ogni lavoro che prevede la posa di pavimenti o altre coperture.
Spatole per stuccare
Le spatole per stuccare, con lama in acciaio inox e manico in legno, sono disponibili in larghezze da 20 a 80 mm, per meglio adattarsi a differenti tipi di applicazione.
Levachiodi
Le tavole dei vecchi bancali sono un’ottima e gratuita materia prima per i lavori di bricolage; il levachiodi ne facilita il distacco con danneggiamenti ridotti.
Pinza poligrip
Quando non si ha sottomano la chiave esagonale giusta si può utilizzare la pinza poligrip, utile anche per agire su tubi e raccordi idraulici.
Tenaglie
Con le tenaglie possiamo sbeccare le piastrelle, arrotolare e tranciare fili metallici di vario spessore, completare l’estrazione dei chiodi dopo averli sollevati o ribattuti indietro.
Cricchetto con bussole intercambiabili
Per stringere o allentare un dado o una vite a testa esagonale in posti poco agevoli, utilizzare un cricchetto con bussole intercambiabili piuttosto che chiavi tradizionali ci permette di inserire l’utensile una sola volta.
Pistola incollatrice
Con la pistola incollatrice a caldo e i relativi stick si possono incollare rapidamente materiali come legno, cartone, plastica, ceramica, sughero.
Più che una cuccia in legno è un vero e proprio villino per cani, con tanto di veranda con ampie superfici vetrate
Realizzata interamente in legno impregnato e verniciato, per resistere alle intemperie, questa cuccia fai da te ha la struttura portante esterna formata da pareti di perline, mentre all’interno è contenuto un parallelepipedo estraibile, in multistrato marino da 10 mm, di dimensioni inferiori di 30 mm a quelle del rivestimento. Questa differenza permette di inserire, tra parete esterna e interna, alcuni pannelli di polistirolo espanso da 10 mm.
La base dell’insieme è un tavolato in compensato marino spesso 20 mm (protetto con una guaina bituminosa oppure con quattro piedini che lo tengano distanziato dal terreno) sul quale sono collocati il box interno e un atrio, interamente coperti da un unico foglio di compensato marino che costituisce la falda inclinata del tetto.
L’assetto della cuccia è variabile: in inverno si applicano alle finestre due pannelli di crilex che scorrono sulle guide verticali in legno predisposte ai lati delle aperture. D’estate si può eliminare il coperchio del box interno e tenere la falda del tetto, incerniarata sul lato più basso, sollevata di pochi centimetri per arieggiare l’interno.
Questa cuccia in legno per cani consente quindi la massima protezione in inverno, mentre d’estate si permette la circolazione dell’aria. Inoltre la falda è rimovibile completamente per le periodiche operazioni di pulizia.
Il bordo superiore di tutte le pareti ha bisogno di un taglio obliquo per adattarsi alla falda inclinata del tetto; è conveniente prevedere le varie aperture già in fase di taglio delle perline per risparmiare notevoli quantità di materiale.
Box interno rimovibile per la pulizia e perfetto isolamento delle pareti
Il box è costruito rilevando le misure interne della cuccia, ma viene lasciato un buon margine di spazio, in modo che sia agevole l’inserimento e la rimozione per i periodici interventi di pulizia.
Lo spazio rimasto tra il box interno e le pareti esterne della cuccia può essere colmato con pannelli di polistirolo espanso, che aggiungono coibentazione e permettono al cane un migliore comfort nei mesi invernali.
Prima della messa in servizio della cuccia si effettua un completo trattamento dei legni, sia sul versante esterno sia su quello interno, con vernice impregnante protettiva all’acqua, atossica e inodore.
Occorrente
Per realizzare questa cuccia per cani occorrono:
perline di abete in listoni spessi 20 mm; 1 pannello di multistrato marino spesso 20 mm e 1 pannello da 10 mm; crilex spesso 3 mm; listelli sezione 30×40 mm; listelli coprigiunti; polistirolo espanso spesso 10 mm; protettivo impregnante; viti per legno a testa svasata; colla vinilica; 3 cerniere a libro; 3 maniglie.
Si marcano le perline di abete per effettuare i tagli, seguendo il disegno di progetto. Dopo aver segnato il punto, con la squadra si traccia una linea che interessa tutta la larghezza della perlina.
La sega circolare a batteria PKS 10,8 Li, sul bordo frontale della piastra, ha la tacca di riferimento per la posizione della lama, quindi è semplice effettuare la troncatura delle perline seguendo la linea tracciata a matita. Come da progetto, alcune perline devono essere tagliate anche nel senso della lunghezza: in questo caso è molto utile montare sulla sega circolare la guida per tagli paralleli.
Per il taglio dei listelli 30×40 mm è molto efficace l’elettroutensile multifunzione PMF 250 CES.
Si compongono le pareti della cuccia incastrando fra loro le perline e fissandole sui listelli posizionati seguendo il disegno. Basta una vite per ogni lato della perlina, magari spalmando un po’ di colla vinilica sul listello, prima del posizionamento.
Prima di assemblare la cuccia è necessario aprire le finestrature nelle pareti in cui sono previste. Si tracciano pertanto le linee di riferimento per il taglio usando squadra e riga in modo da mantenere le corrette geometrie.
Essendo tutti segmenti rettilinei, torna utile nuovamente la sega circolare PKS 10,8 Li. La leggerezza, la maneggevolezza e l’assenza di cavi di alimentazione semplificano le manovre e permettono di seguire le linee di taglio con precisione.
La lama rotonda della circolare non permette di completare il taglio negli spigoli; in questo caso viene in aiuto il multifunzione con il quale si completano i tagli con assoluta precisione e si ottiene il distacco del pannello centrale.
Per il posizionamento del vetro acrilico si preparano le guide con i listelli coprifilo che hanno sezione a L. Tagliati i segmenti della lunghezza giusta, si inchiodano internamente alla parete, sul bordo della finestra, spalmandoil bordo di contatto con adesivo vinilico.
Assemblare pareti e tetto apribile
Si assembla la cuccia unendo le pareti e fissandole sul tavolato di base. Si usano viti da legno, spalmando di colla vinilica le superfici di contatto. Le viti a testa svasata rimangono a filo della superficie.
Dopo gli opportuni tagli con la sega circolare, si assembla anche il box interno della cuccia. I pezzi si inchiodano con rinforzo di colla vinilica.
Il box ha un pannello di copertura che si articola sulla parete bassa con una cerniera a libro. Nel mezzo del pannello si applica la maniglia.
I fogli di vetro acrilico si inseriscono nelle sedi. Il taglio del crilex si effettua con la sega circolare. La pellicola protettiva va rimossa dopo il taglio e la prova di inserimento in sede.
Anche la copertura principale della cuccia deve rimanere apribile; si applicano due cerniere a libro.
Con un avanzo di listello 30×40 mm si prepara un tassello di legno smussandone le estremità.
Bloccando nella morsa il tassello di legno in posizione piatta si imposta la modalità foratura sul trapano avvitatore.
Si fora con velocità di rotazione elevata.
Si fissa il tassello di legno con una sola vite centrale senza stringerla a fondo, per avere la possibilità di rotazione.
Ecco come costruire una meridiana e misurare il tempo con uno strumento antico.
Progettare, realizzare e costruire una meridiana non è un’impresa poi così difficile.
Il sud
La nostra meridiana solare, montata su uno spigolo, è rivolta esattamente a sud: questo ci facilita le cose. Il quadrante della meridiana è ricavato da un piano metallico che si sagoma col seghetto alternativo o con le cesoie e si dota, sul retro, di tacchi di compensato marino incastrati nelle nervature fissati con viti. Le zanche che fissano la meridiana al muro sono saldate al centro. La linea fondamentale della suddivisione oraria è quella di mezzodì.
Per costruire meridiana, dopo aver realizzato lo gnomone (vedi box in basso) e averlo piazzato adottiamo un sistema empirico, ma concreto: aspettiamo un segnale orario di mezzogiorno (occhio all’ora legale!) e tracciamo sul quadrante la posizione dell’ombra dello stilo in quel preciso momento. Partendo dalla base dello stilo ed esattamente a 90° con la linea di mezzodì si traccia la linea delle 6 (e quella delle 18).
Sempre con vertice alla base si tracciano, a 15° di distanza, le linee delle altre ore, che formano un ventaglio. Al termine di ogni linea si avvita un bulloncino d’ottone e si marca, nel modo più opportuno, l’indicazione dell’ora. Non resta che montare il quadrante sulla base metallica e installare l’insieme sullo spigolo con zanche e tasselli a espansione.
Costruire una meridiana – I materiali
Piano di metallo da 40×80 cm; Ritagli di multistrato marino spess30 mm; gnomone da far realizzare dal fabbro; zanche di ferro; viti 3×3 mm; tasselli da muro; smalto; colla contatto; matita
Costruire una meridiana – Schemi illustrativi
Costruire una meridiana – La posizione dello gnomone
Lo gnomone (che proietta l’ombra e che facciamo costruire da un fabbro) è costituito da una base piatta da avvitare sulla mezzeria del quadrante in corrispondenza della nervatura della meridiana. L’inclinazione del suo stilo gnomone è fondamentale e dipende dalla latitudine del luogo.
Avendo orientato la meridiana perfettamente a sud il calcolo di questa inclinazione è molto facilitata. Lo stilo che compone lo gnomone si salda in modo che faccia con la base un angolo pari a 90° meno la latitudine del luogo ove viene collocata la meridiana (quindi compreso fra i 55° e i 43° andando da Lampedusa al Brennero). Questa inclinazione rende lo stilo perpendicolare all’asse terrestre così che la sua ombra, tanto in inverno che in estate, si sposta di 15° all’ora (360:24); la lunghezza di tale ombra, invece, varia secondo le stagioni.
Costruire una meridiana – Tracciale le ore
Un ripiano di scaffalatura metallica si presta ottimamente, per leggerezza e rigidità, a fungere da quadrante; le nervature sottostanti si rivelano preziose per agganciarvi le zanche di fissaggio. Su di esso si effettua la tracciatura della sagoma.
Si sagoma il ripiano con il seghetto alternativo dotato di lama per metallo o con un paio di cesoie abbastanza robuste da tagliare agevolmente la robusta lamiera.
Il quadrante va decorato, a piacere, con colori che resistano all’azione della luce solare, che vi batte in pieno e a lungo.
Si tracciano, su un foglio, le linee orarie a partire dalle ore 12 (rilevate con un segnale orario grazie a un montaggio provvisorio della meridiana).
Sfruttando le nervature si irrigidiscono i bordi del ripiano con pezzi di multistrato marino opportunamente sagomati e che vengono poi bloccati con viti. Infine si monta lo gnomone con due viti.
Come saldare ad arco: si effettua utilizzando una saldatrice che produce un potente arco elettrico in grado di fondere una bacchetta di metallo (detto “d’apporto”) rivestita di materiale disossidante.
Nella saldatura “ad arco” il metallo fuso, depositato in corrispondenza delle giunzioni delle piattine, raffreddandosi, ritorna ad assumere la consistenza del ferro e assicura una robustissima unione.
La tecnica di saldatura non è particolarmente difficile da imparare per un fai da te, ma sono necessarie alcune prove prima di passare ad una costruzione vera e propria. In commercio si trovano le praticissime saldatrici ad “inverter” molto più leggere e maneggevoli di quelle tradizionali, che si rivelano ottime per lavori di bricolage.
I pezzi da saldare vanno tagliati di misura con tagli precisi e lineari in modo da realizzare un buon accostamento con gli altri pezzi.
I bordi che vanno saldati devono essere, in genere, smussati in modo da formare una sede per il metallo d’apporto che fonde.
Il metallo va sempre disossidato e pulito da eventuali tracce di grasso in modo da rendere il contatto elettrico sicuro e stabile.
Si collegano alla saldatrice la pinza di massa e quella che afferra la bacchetta. Si regola l’intensità di corrente in funzione del diametro della bacchetta.
La pinza di massa si collega al metallo e si porta a contatto con questo la bacchetta che fondendo realizza la saldatura.
Alcuni punti di saldatura permettono di collegare i pezzi prima di procedere della saldatura finale lungo tutta la linea di contatto.