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Animali e arte

Tratto da “Fai da te n.88 – Giugno-Luglio 2018″

Autore: Nicla de Carolis

Gli animali domestici sono almeno 60 milioni, incredibilmente anche rettili, tartarughe, serpenti e iguane raggiungono la cifra di 1,3 milioni. A pagina 60 troverete un servizio su un simpatico, nel nome e nell’aspetto, animaletto da compagnia, il drago barbuto. Ma gli animali sono da sempre amati dagli uomini basti pensare all’antico Egitto dove i gatti erano venerati, ci rimangono bronzi che li raffigurano e addirittura esemplari imbalsamati. Anche i nostri diretti predecessori avevano una passione per i felini, li troviamo nei mosaici di Pompei e nel corso dei secoli spesso sono stati rappresentati dagli artisti nelle loro opere.

Curiosa l’espressione del leone che si fa togliere la spina da San Gerolamo in questo dipinto del primo rinascimento di Sano di Pietro (1420/1481)conservato al Louvre di Parigi; secondo la leggenda, dopo questa “operazione”, il leone, ammansito, seguiva il Santo ovunque come un cane.

 

Decisamente di altro genere e molto divertente “Dogs playing Poker”, un quadro di Cassius Marcellus Coolidge (1844 /1934), pittore statunitense, che in realtà ne produsse una serie di diciotto, tutti raffiguranti cani che giocano a poker. Pensati per abbellire scatole di sigari, queste opere raggiunsero solo negli anni 90 l’apprezzamento della critica anche per l’ironia con cui rappresentano lo specchio della società dell’epoca che mette a nudo pregi e difetti attraverso una mano a poker.

“La Dama con l’Ermellino”, dipinta fra il 1488 e il 1490 da Leonado da Vinci, sembra ritragga la bellissima Cecilia Gallerani, giovane nobile milanese, all’epoca sedicenne favorita del Moro. In braccio tiene quello che in realtà non è un ermellino, ma un furetto, specie affine e sicuramente più addomesticabile. Ma si raffigura l’ermellino per la simbologia ad esso associata che nei bestiari medievali, per il suo manto candido, rappresenta alcune virtù come la purezza, la genuinità e la pacatezza, oltre ad essere connesso alla nobiltà e alla regalità, tanto è vero che la sua pelliccia veniva usata nelle vesti di papi, imperatori e dogi.

Passiva, ma positiva

Tratto da “Far da sé n.484 – Giugno 2018″

Autore: Nicla de Carolis

Siamo abituati a vedere nascere polemiche su molti aspetti connessi alla transizione energetica verso le rinnovabili (pale eoliche, pannelli fotovoltaici ecc) ma finora, sul fatto che l’isolamento termico delle case fosse indiscutibilmente utile, tutti sembravano d’accordo. L’architetto tedesco Konrad Fischer invece sostiene che isolare termicamente le case sia dannoso, costoso, pericoloso per la salute e non porti alcun vantaggio economico.

Le obiezioni dell’architetto sono che l’isolamento “non fa più respirare i muri” creando quindi formazione di condensa e muffe interne, che i cappotti termici durano poco e richiedono continua manutenzione e che l’isolante esterno impedisce al sole di scaldare i muri, eliminando questo apporto in grado di ridurre le spese di riscaldamento. è giusto prendere in considerazione tutte le critiche, soprattutto quando si parla di soluzioni che non hanno ancora un percorso così lungo ma, al di là del fatto che quanto dice l’architetto è categoricamente smentito scientificamente, ci sentiamo anche noi di farlo, sulla base di esperienza diretta. Sette anni fa abbiamo fatto realizzare un cappotto a una villetta molto malandata (in classe energetica N.C., non classificata…); da allora la facciata è rimasta perfetta come il primo giorno, nella casa non vi è traccia di muffa, c’è un bel fresco d’estate, senza bisogno di condizionatori e d’inverno l’ambiente si scalda “con un cerino”, come diciamo, orgogliosi dei risultati procurati da questo intervento di coibentazione.

Dal dopoguerra in avanti si sono costruite case con pareti sottili, inadeguate ad opporre la necessaria resistenza a caldo e freddo, ci si è dimenticati della massa termica, che smorza le variazioni di temperatura, cosa che avveniva in tutte le case antiche con murature di notevole spessore. Si pensava di ovviare al problema semplicemente con l’uso smodato di combustibili fossili ed elettricità, senza tenere conto che, per quanto si scaldi o si raffreddi abbondantemente, oltre a dover sostenere costi altissimi, un locale con pareti, pavimenti e soffitti freddi non avrà mai una temperatura confortevole. Adesso, obbligati a ripensare all’utilizzo delle energie, si cerca di porre rimedio al problema che affligge una percentuale importante delle nostre costruzioni utilizzando tutta una serie di materiali innovativiti che, installati, abbiano letteralmente la finalità del cappotto.

Dopo un po’ di anni che se ne parla sembra che ancora non tutti abbiano preso coscienza di questa fondamentale considerazione: per consumare meno energia, prima di passare a soluzioni tecnologiche sofisticate (pannelli fotovoltaici, gestione della casa con la domotica ecc) bisogna ridurre le dispersioni e gli sprechi, altrimenti è come avere una falla nello scafo e pretendere di restare a galla semplicemente facendo girare al massimo i motori. In questo numero abbiamo dedicato un bel servizio al cappotto esterno degli edifici, uno degli interventi più utili, insieme alla sostituzione degli infissi e all’isolamento delle solette e del tetto, per una trasformazione della casa da divoratrice di energia a casa passiva, aggettivo, in questo caso, estremamente positivo.

Come costruire sedie in ferro battuto

Queste sedie in ferro battuto sono ideate e costruite appositamente per abbinarle a un tavolo di pietra e vetro, hanno struttura di piatto e tondino di ferro di vario diametro; per le sedute e gli schienali è usato il legno

­­­L’acquisto di un tavolo per il salotto molto particolare, in vetro e pietra, ha messo la famiglia del nostro lettore Matteo Guarnieri in difficoltà nella scelta delle sedie in ferro battuto di contorno.

Dopo varie visite nei negozi specializzati, non avendo trovato nulla di convincente, Matteo Guarnieri ha deciso di realizzare delle sedie in ferro fai da te, nonostante il lavoro, già impegnativo per via del numero delle sedie (sei), fosse del tutto nuovo per lui e anche alcune tecniche, necessarie per la costruzione, non fossero di suo totale dominio.

Per fortuna, dopo una breve riunione famigliare, almeno per quel che riguarda stile e disegno di massima del modello, è stata fatta chiarezza e in poco tempo, prese a modello le misure di una comune sedia per le proporzioni, in particolare le dimensioni e l’altezza della seduta da terra, è stato tracciato il progetto definitivo per realizzare le sedie in ferro battuto.

Iniziato il lavoro, si è dimostrata particolarmente lunga e laboriosa la realizzazione della prima sedia, per la necessità di non commettere errori e spesso trovandosi di fronte a imprevisti e scelte esecutive che potevano condizionare il risultato finale.

Tutto è servito, però, per poter procedere con maggiore tranquillità e, soprattutto, in serie, nella realizzazione delle altre cinque, cosa che è avvenuta molto speditamente.

sedie di ferro

Come battere il ferro

ferro battuto

  1. Le foglie di abbellimento sono fatte in ferro battuto, partendo da un tondino da 14 mm di diametro. Con il cannello se ne porta al calor bianco un buon segmento all’estremità.
  2. Il ferro va subito battuto; per lavori di questo tipo bisogna disporre di un’incudine grande (in modo che abbia una bella massa) e si deve usare un martello pesante.
  3. Com’è ovvio, man mano che il ferro si appiattisce, contemporaneamente si allarga e prende forma la foglia. Volendo ottenerla di tipo lanceolato, si avanza ancora verso il tondino, ogni volta portandone una parte all’incandescenza con il cannello. Al termine si realizza la nervatura tipica della foglia, battendo sulla superficie con uno scalpello da taglio.
  4. La foglia non termina a punta, ma con un ricciolo piatto che per semplicità si realizza a parte e si unisce con saldatura ad arco, una volta pronti i pezzi.

Come realizzare la seduta delle sedie in ferro battuto

seduta sedia in ferro

  1. Per la seduta si realizza un elemento di contorno usando tondino di ferro diametro 12 mm. Per piegare agevolmente e sempre nello stesso modo il tondino si usa una piegatrice a leva, ma bisogna fare anche riferimento alla sagoma tracciata su una tavola di legno in modo che i tratti rettilinei siano sempre uguali e si possano ripetere 6 sedute identiche. La difficoltà sta anche nel fatto che la seduta, a parte gli angoli arrotondati, non è quadrata, ma trapezoidale, ovvero il lato rettilineo posteriore è più stretto di quello anteriore, mentre i due laterali sono uguali.
  2. Il pezzo di piatto si salda longitudinalmente, dalla metà del tratto rettilineo posteriore alla metà di quello anteriore, dove tra l’altro si trovano le estremità del tondino da unire (la saldatura ad arco in questo punto cade a fagiolo anche per rendere un tutt’uno l’anello). Prima di effettuare le saldature, lungo la mezzeria del piatto vanno praticati 5 fori che serviranno in seguito per fissare i sedili di legno con viti.
  3. Il sedile viene realizzato partendo da tavole di rovere avanzate dal rifacimento di un tetto. Dopo averle piallate su tutti i lati si uniscono in costa per ricavare un pannello abbastanza grande sul quale si ritagliano le singole sedute, usando come dime le cornici di tondino preparate prima. Il taglio può essere fatto con una sega a nastro, stando leggermente abbondanti; poi si rifinisce il bordo con una levigatrice a nastro. Per l’incastro con la cornice, invece, si usa una fresatrice, con la quale si realizza su tutto il contorno del sedile una battuta d’appoggio. Sempre con la fresatrice si arrotonda il bordo superiore del sedile eliminando lo spigolo vivo.
  4. Lo schienale, per essere confortevole, deve avere una certa curvatura. La si realizza facilmente, ma sono necessari alcuni passaggi obbligati, anche in questo caso per poter ripetere più volte l’operazione velocemente e ottenere il medesimo risultato. Per prima cosa si costruisce una dima di piegatura: si tracciano sui fianchi di due travetti le linee curve, usando matita, spago e un chiodo piantato sul piano di lavoro come fulcro.
  5.  Tagliati i due travetti, seguendo le linee curve tracciate e regolarizzati i tagli con levigatrice, si fissano a una tavola robusta di multistrato, paralleli, a una distanza che corrisponde all’altezza dello schienale.
  6. La dima così costruita serve per unire con incollaggio due fogli di compensato di dimensioni calcolate, mettendoli in pressione con tre coppie di sergenti, due alle estremità e una nel mezzo; tre listelli posti tra le ganasce dei sergenti e il compensato, oltre a impedire di rovinarlo, consentono di distribuire meglio la pressione esercitata.
  7. Una volta essiccato l’adesivo, si toglie dalla morsettatura lo schienale che rimane con la curvatura impressa. Uno per volta gli schienali vanno ritagliati per adeguarli perfettamente allo spazio nel telaio della sedia. Si regolarizzano i bordi e poi si passano le superfici con carta abrasiva fine per predisporle alla finitura.
  8. Prima del montaggio in sede, gli schienali vengono trattati con vernice trasparente opaca, stesa a pennello.

Lo schienale

schienale sedia in ferro

  1. Quasi tutti i pezzi che compongono la struttura portante della sedia sono fatti con tondino: 14 mm di diametro per le gambe posteriori, che sono tutt’uno con i montanti dello schienale; 12 mm per le gambe anteriori e il contorno della seduta; 10 mm per le traverse di unione e rinforzo delle gambe.
  2. Una piegatrice da banco è sufficiente per realizzare gli angoli precisi di tutti i 12 montanti; basta fare sempre riferimento alla sagoma tracciata su una tavola di legno come campione.
  3. I pezzi si uniscono con saldatura a filo continuo tenendoli appoggiati su una superficie ben piana, che garantisca il mantenimento degli allineamenti e degli squadri.
  4. Affiancati ai tondini traversi, collocati fra i montanti dello schienale si saldano anche due piatti. Dove necessita, per eliminare gli inestetismi delle saldature e degli accoppiamenti dei pezzi, si applica
    stucco metallico da carrozziere, stendendolo con una spatolina.
  5. Per il fissaggio dello schienale di legno al suo telaio si stende un cordone di colla di montaggio sul piatto contro il quale lo schienale va a fare battuta.
  6. Solo alle due sedie per i posti a capotavola si aggiungono a scopo decorativo, saldandoli, due ramoscelli con foglie.

Bambini protetti con Poupy

Una gamma completa di accessori che garantiscono la massima sicurezza ai nostri bambini

Disporre di ambienti sicuri per i nostri bambini è una priorità imprescindibile: da sempre la casa è fonte di innumerevoli rischi potenziali, spesso annidati laddove non si pone particolare attenzione. Per questo motivo è indispensabile utilizzare prodotti per la sicurezza dei bambini di alta qualità, che abbattano drasticamente il rischio di infortunio. Basti pensare al numero di spigoli vivi presenti in un’abitazione (tavoli, sedie, ripiani, mobili, ecc) per capire quanto sia elevata la probabilità che un bimbo, raggiunta “l’altezza critica”, possa riportare una zuccata accidentale. Questo, però, è solo uno dei rischi potenziali presenti nelle nostre abitazioni: ci sono le porte che sbattono, le prese di corrente, cassetti con farmaci o con oggetti da non toccare… insomma, una serie pressoché innumerevole di situazioni da gestire, che rischia di sfuggire alla nostra seppur elevata attenzione (non possiamo avere sempre mille occhi). Ecco quindi che prodotti per la sicurezza dei bambini, come quelli della gamma Poupy, rispondono alla nostra esigenza di avere un aiuto concreto, se non per annullare totalmente il rischio (è impossibile), quanto meno per limitarlo enormemente.

Sul sito www.poupy.eu possiamo trovare numerosi articoli interessanti, tutti Made in Italy, per i nostri bambini.

La gamma di prodotti per la sicurezza dei bambini Poupy comprende:

Paraspigoli a doppia protezione

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Paraspigoli utili per coprire e smussare gli spigoli di mobili e tavoli. Proteggono il bambino da pericolosi colpi accidentali. Per ottenere un buon fissaggio, prima di posizionare i paraspigoli, pulire accuratamente la superficie interessata. Attaccare gli adesivi sulla parte superiore e inferiore del paraspigoli (1) e applicarlo allo spigolo esercitando una leggera pressione (2). Le medesima operazione si effettua anche per la parte inferiore del paraspigoli, in modo da garantire una protezione completa (3, 4).

Ferma antina e cassetto

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Semplice dispositivo di sicurezza che impedisce al bambino l’apertura accidentale di cassetti grazie ad un meccanismo di fermi posizionati all’interno della zona a cui si vuole limitare l’accesso.

1,2,3 Dopo aver applicato il nastro biadesivo in dotazione su entrambi i fermi, si applica il fermo ad L  alla porzione interna della sponda frontale del cassetto.

4, 5 Per valutare l’esatta posizione in cui applicare il fermo di chiusura, è bene effettuare un segno a matita per garantire il perfetto allineamento con il fermo ad L. Si procede quindi all’applicazione grazie al nastro biadesivo.

6 Per aprire il cassetto occorre spingere verso il basso la linguetta del fermo ad L, che non trovando più l’ostacolo del fermo di chiusura ne consente l’apertura.

7 A meccanismo inserito, il cassetto offre solo una molto limitata escursione in apertura.

Fermaporta

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Il fermaporta offre una protezione semplice ma efficace contro il pericolo di porte che sbattono o che si chiudono completamente. Aiuta a prevenire lo schiaccimento delle dita e aiuta anche ad evitare che i bambini accidentalmente si chiudano in una stanza. Ideale per ogni uso e per ogni porta in casa o in viaggio.

Carrello per vivai fai da te

Ecco come costruire un carrello per vivai fai da te utilizzando tubolare di ferro a sezione quadra e recuperando la ruota di un motorino demolito

Nostro affezionato lettore, nonché appassionato e competente far da sé, Salvatore Fasano ha saputo trasmettere al figlio la sua esperienza, tant’è vero che questi ha ricevuto spesso riconoscimenti per lavori inviati, mentre Salvatore non ha mai documentato i suoi lavori.

Oggi finalmente si è deciso, in occasione di questa insolita realizzazione: si tratta di un carrello per vivai in grado di portare vassoi di polistirolo: lo ha inventato per farne dono a un amico che ha un vivaio.

I vassoi dove si sviluppano le piantine sono leggeri perché sono di polistirolo e all’interno hanno pochissima terra, tuttavia sono ingombranti e non si possono impilare per non schiacciare le pianticelle, costringendo a un interminabile andirivieni fra la serra e i furgoni adibiti per il trasporto a destinazione.

Sfruttando il principio della carriola e sviluppandolo per ottenere il massimo dell’efficacia per il particolare tipo di carico, nasce così il carrello per vivai fai da te, fatto con la ruota anteriore di un motorino demolito e un buon numero di stecche di tubolare d’acciaio a sezione quadra.

Il tutto è assemblato saldando i pezzi calibrati per ottenere la massima capacità di carico, pur rimanendo in un’entità di peso facilmente gestibile. L’amico? …contento!

Come tagliare il tubolare d’acciaio

tagliare il ferro

Un progetto come questo è semplice solo sulla carta. Oltre alla precisione nel taglio dei singoli pezzi (1) è richiesto che, dopo la saldatura, questi risultino perfettamente allineati, paralleli o perpendicolari a seconda di come devono essere. Valga per tutti l’esempio della forcella che sostiene la ruota (2), in cui c’è anche la complicazione della foratura passante per il perno del mozzo. D’altronde a guardare la foto di scena non c’è nemmeno l’ombra di elementi rimasti sghimbesci.

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  • Gancio di rimorchio incluso.
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Essiccatore fai da te da un bidone aspiratutto

Recuperando un vecchio bidone aspiratutto possiamo realizzare un efficace essiccatore fai da te

materiale di recuperoIl nostro lettore Argeo Caferri ha costruito un ingegnoso essiccatore fai da te che può essere utilissimo a chiunque.

L’essiccatore fai da te è realizzato a partire da un bidone aspiratutto di recupero, mentre i cestelli per l’essiccazione devono essere, per motivi igienici, rigorosamente nuovi e in acciaio inox, con la stessa circonferenza del bidone.

Questo viene privato del suo motore, dotato di larghi fori sul fondo per aerazione, sverniciato (leggi la nostra guida per sverniciare) e riverniciato con vernice spray termoresistente; si irrobustisce il bordo superiore con una lamina di alluminio, vi si inserisce in basso un motore aspirante per cappe tenuto fermo da supporti a L; una resistenza viene bloccata su supporto rigido di alluminio, a debita distanza da motore e cestelli.

Il tutto si collega con una serie di interruttori posti su una piastra da un lato del bidone: uno per dare corrente, uno per regolare le due velocità del motore dell’essiccatore fai da te, uno per regolare la resistenza mediante un diodo, allo scopo di dimezzarne la potenza.

Cosa serve per costruire un essiccatore fai da te

  • Sega a tazza;
  • sega per metalli;
  • martello;
  • rivettatrice;
  • trapano;
  • cacciavite;
  • 4 cestelli in acciaio inox;
  • 1 bidone aspiratutto di recupero;
  • 1 motore per cappe aspiranti a due velocità;
  • 1 resistenza elettrica da forno scaldavivande;
  • lamiera in alluminio spessore 8/10 di mm;
  • 1 diodo;
  • 2 interruttori;
  • 1 commutatore;
  • rivetti metallici;
  • 1 cerniera;
  • viti;
  • vernice spray termoresistente nera

come è fatto un essiccatore

taglio sportello essiccatore

Si taglia una finestra sul lato del bidone e vi si collega uno sportello in lamiera su cui si inseriscono gli interruttori, rivettato a una cerniera e bloccato sull’altro lato da due viti autofilettanti. Il materiale è tutto di recupero , tranne i cestelli e gli interruttori: la spesa totale è di circa 50 euro contro i 130 dei costosi prodotti in commercio, ma l’efficienza è la stessa.

Schema elettrico dell’essiccatore fai da te

schema elettrico essiccatore

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Melchioni Family | Essiccatore Elettrico BABELE, Essiccatore Alimentare Multiuso, 5 Ripiani Impilabili e Removibili, Potenza 250W, Temperatura Regolabile 40-70°C
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  • L'essiccatore è utile per la disidratazione di alimenti come la frutta e la verdura
  • Attraverso un processo di essiccazione delicata, si estrae l'umidità degli alimenti, cosi da preservare le proprietà nutritive del prodotto
  • 220-240V, 50Hz

Idropulitrice Bosch EasyAquatak 100 | Recensione dettagliata

Sia la lancia sia il motore della nuova idropulitrice Bosch sono piccoli e leggeri, per poter usare la macchina in ogni contesto

Per le crescenti esigenze di disporre di utensili maneggevoli e comodi, nel senso più ampio del termine, molti di quelli che sono sempre stati grossi e pesanti, stanno subendo un’evoluzione volta a una maggiore fruibilità e maneggevolezza.

Di questo è un validissimo esempio la nuova idropulitrice bosch EasyAquatak 100, dove l’azienda tedesca ha voluto raggiungere la massima comodità di utilizzo, studiandola nei minimi dettagli per renderla semplice, comoda e leggera.

Dimensioni contenute

Il corpo macchina, che integra il motore pompa, tutti i raccordi per i collegamenti idraulici e la grossa manopola d’accensione, ha la forma di una valigetta, con impugnatura centrale sulla sommità e dispone alla base di un vano di raccolta del tubo ad alta pressione lungo 3 metri, più che sufficienti in virtù di una macchina estremamente piccola e leggera.

La lancia è di fatto una pistola e presenta due snodi centrali che permettono di dirigere il getto nella direzione voluta; un innesto vicino al terminale consente il collegamento di un serbatoio per il detergente.

Nonostante le dimensioni contenute, Easy Aquatak 100 offre una pressione d’esercizio di 100 bar, con erogazione di oltre 300 l/h. Bosch 

Idropulitrice compatta e versatile

La pistola erogatrice di ridotte dimensioni ha un doppio snodo che permette di orientare il puntale in alto e in basso sino a 90° di inclinazione e, lateralmente, di 360°, così da dirigere il getto in qualsiasi direzione necessiti, tenendo sempre l’impugnatura nella posizione che si trova più comoda.

Il contenuto della confezione include la macchina e una serie di accessori fra cui il serbatoio del liquido detergente con il suo tappo e la staffa a L che permette di agganciarlo esternamente al corpo dell’idropulitrice, il raccordo per l’innesto rapido del tubo dell’acqua e il tubo ad alta pressione. L’idropulitrice Bosch EasyAquatak 100 costa euro 89,90 (disponibile da febbraio 2018).

Come si configura l’idropulitrice Bosch

Il tubo ad alta pressione, in dotazione, è lungo 3 metri; una lunghezza che gli consente di essere molto leggero e nel contempo, di trovare posto nel vano sotto la scocca della macchina. Un modo per averlo sempre a disposizione, senza che faccia disordine quando riposto.
Estratto il tubo dalla sua sede, lo si innesta nell’attacco sulla scocca dell’idropulitrice; è sufficiente premerlo sino in fondo, quando si avverte il corretto bloccaggio. Per la rimozione è sufficiente spingere la levetta rossa posta sotto l’attacco.
Stessa cosa va fatta all’altra estremità del tubo ad alta pressione, per effettuare l’innesto e il disinnesto nell’impugnatura della lancia.
Sotto il calcio dell’impugnatura ci sono due pulsanti che servono per mettere e togliere la sicura al grilletto della lancia e impedire che si possa inavvertitamente avviare l’idropulitrice in luoghi dove non si deve spargere acqua.
La regolazione della concentrazione del getto d’acqua è azionata dalla ghiera rossa posta all’estremità della lancia.
La rotazione della ghiera in senso antiorario (guardando la bocca) stringe le lame dell’ugello che produce un getto più concentrato; ovviamente nel senso contrario si ha il getto più ampio e diffuso.
Il puntale della lancia ha uno snodo assiale che permette la rotazione dell’erogatore di 360°; subito dopo, un secondo snodo dà la possibilità di orientare l’erogatore con un angolo sino a ±90° rispetto alla direzione naturale della lancia.
Per l’utilizzo di un detergente, ne va scelto uno di tipo compatibile con le idropulitrici e va messo nell’apposito contenitore; non superare il livello massimo. La parete di plastica semitrasparente permette di vedere il livello e il quantitativo, grazie alle tacche presenti sulla parete del serbatoio.
Il tappo, con il tubo di aspirazione del prodotto, si applica con innesto a baionetta sul contenitore. Per applicarlo alla lancia lo si inserisce a scorrimento nell’apposito attacco: una slitta che porta al centro il raccordo a tenuta stagna del detergente.
Comodissimo e utile l’attacco presente sul dorso dell’idropulitrice che permette di riporre in modo stabile il serbatoio del detergente, anche quando è innestato nella lancia. In questo modo si evita di spargere il detersivo, che potrebbe fuoriuscire dal serbatoio se si dovesse rovesciare appoggiandolo a terra.

 

Colla a contatto | Come si stende senza commettere errori

La colla a contatto si distingue per le particolari modalità di applicazione: va spalmata con spatola o pennello su entrambe le superfici e richiede un certo tempo di attesa per dare modo ai solventi di evaporare, prima di unire le parti

La colla a contatto aderisce a sé stessa in maniera molto tenace, portandosi dietro il pezzo su cui è applicata; il tipo più diffuso è la colla bostik, una soluzione di neoprene in un solvente molto volatile. Per ottenere una buona unione si applica uno strato uniforme di colla sulle due facce da unire e si lascia evaporare completamente il solvente, operazione che può richiedere dai 10 ai 20 minuti in base alle condizioni ambientali.

Le due superfici possono poi essere portate a contatto e si ha un’unione immediata, senza bisogno di ricorrere a morsetti; proprio per questo motivo le colle a contatto sono largamente utilizzate per l’applicazione di laminati o piallacci su legno povero da nobilitare, oppure nelle riparazioni di calzoleria.

Una volta poste a contatto, le due parti non sono riposizionabili: a questo proposito è bene, quando possibile, che le dimensioni del pezzo da incollare siano un poco superiori al necessario, per poterlo rifilare dopo l’incollaggio; tuttavia la presa definitiva e il massimo della resistenza si raggiungono dopo 48-72 ore. Per la conservazione e l’applicazione temono le basse temperature, ma una volta essiccate garantiscono un’ottima tenuta anche a -20 °C n

Cosa occorre sapere circa le colle a contatto:

  • Se dobbiamo rivestire un’ampia superficie con un foglio di laminato o con un piallaccio, facciamo in modo che sia un poco abbondante rispetto al piano. Non essendo possibili errori, è meglio avere la certezza di ricoprire tutta la superficie al primo tentativo e rifilare successivamente l’eccedenza, con un cutter o con la fresatrice portatile.
  • Non rispettare i tempi di attesa per l’evaporazione del solvente significa ottenere un incollaggio debole e per nulla immediato.

spatola per colla

Come applicare gli adesivi a contatto

come applicare la colla bostik

  1. Le superfici devono essere ben pulite; se una delle parti è una lamiera di ferro, dobbiamo togliere le eventuali tracce di unto con trielina o acetone, mentre sono sconsigliati il solvente alla nitro e l’acqua ragia.
  2. Le colle a contatto vanno stese con una spatola su entrambe le superfici da unire. Trascorso il tempo di evaporazione dei solventi, la colla fa immediatamente presa e non sono possibili aggiustamenti.
  3. Il momento giusto per effettuare il congiungimento delle parti è quando l’adesivo cessa di essere appiccicoso al tatto. In linea di massima questo avviene dopo 10-15 minuti dall’applicazione.
  4. Dopo aver applicato, con la massima precisione possibile, il pannello di rivestimento, battiamo la superficie con il mazzuolo (e con una tavoletta piana) per garantire una perfetta aderenza.

Tenuta delle colle a contatto

tenuta colla

Pur avendo una forte presa iniziale, il massimo della tenuta si raggiunge in un tempo che dipende molto dalla porosità del supporto, dalla temperatura ambiente e dal tipo di adesivo. In genere occorrono 24-48 ore.

Anche in esterno

evaporazione colla

Di norma si usano adesivi a contatto più pastosi, distribuendoli a punti e portando a contatto le parti per spandere la colla. Si stacca subito dopo e si attende qualche minuto, poi si preme con forza in posizione.

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  • Senza solventi

Esempio applicativo colle a contatto

Incollando con una colla a contatto i coperchi a vite dei barattoli sotto i ripiani sfruttiamo uno spazio altrimenti poco utilizzato. Stendiamo l’adesivo sul coperchio (1), appoggiamolo sotto il ripiano per lasciare una traccia (2) e, dopo qualche minuto, premiamo.

Molto famosi gli adesivi a contatto Bostik

Sacar

Sacar, leader nel settore dell’allestimento di spazi espositivi per minuterie metalliche, componentistica di ferramenta e coordinati d’arredamento, è specializzata nella valorizzazione dei punti vendita a libero servizio per il mercato del DIY.

L’esperienza accumulata in quarant’anni di attività e la capacità di innovazione hanno permesso a questa realtà di imporsi nel settore, integrando le migliori tecnologie presenti sul mercato e offrendo un servizio di altissimo livello.

L’azienda, ubicata a Meda, nel cuore della Brianza, si è recentemente trasferita in una nuova sede che vanta una superficie utile di 5000 m.

Attualmente la struttura, interamente dotata di impianto fotovoltaico e costruita con materiali all’avanguardia, nel pieno rispetto della tutela ambientale, sorge attorno a un magazzino di movimentazione automatica che ne garantisce l’assoluta efficienza di servizio e un margine di errore inesistente grazie al sistema di controllo quantità/peso

Distanziatori livellanti | Cosa sono e come si utilizzano

I distanziatori livellanti sono un sistema che facilita la posa di piastrelle a basso spessore o lastre di grande formato basato su 3 elementi in plastica rigida

Nel settore delle pavimentazioni si ha sempre più spesso a che fare con grandi lastre e spessori piastrelle di pochi millimetri, situazioni che richiedono un’attenzione maggiore nel collocare gli elementi con precisione quanto a planarità e allineamento reciproco. Per fornire un supporto valido nella posa piastrelle è nato Litolevel, un sistema di distanziatori livellanti per piastrelle che si fonda sulla combinazione di tre elementi: una base con perno filettato, un cono e un dado. La prima è a perdere, gli altri due possono essere recuperati e riutilizzati per altre pose.

Come funzionano i distanziatori autolivellanti

L’utilizzo del sistema di distanziatori livellanti non richiede il ricorso ad alcun attrezzo, a parte un martello con testa gommata per far “saltare” il perno della base dopo l’asciugatura della colla, prima di stendere il riempifughe. L’avvitamento del dado sul cono applica pressione; il cono è libero, quindi il sistema è in grado di livellare le piastrelle senza torsioni, perciò previene movimenti orizzontali delle piastrelle che causerebbero disallineamenti tra le medesime.

Inoltre, il cono dei livellatori per pavimenti non sfrega sulla faccia delle piastrelle che altrimenti si potrebbe macchiare o segnare. Si può aumentare o ridurre la pressione con un semplice movimento rotatorio del dado, lasciando così la possibilità di fare i piccoli aggiustamenti necessari durante la posa.

Gli elementi del sistema di distanziatori livellanti a vite

Le basi sono realizzate per livellare piastrelle di spessore da 3 a 12 mm ottenendo giunti di minimo 1,50 mm; il cono è pratico e veloce nell’inserimento, è fatto di plastica rigida e permette un efficace livellamento delle piastrelle; il dado è concepito per un facile inserimento nella base. Il numero dei distanziatori livellanti da utilizzare su ciascun lato varia in base alle dimensioni delle lastre e delle piastrelle ed è riportato su specifiche tabelle.

Come si utilizzano

Dopo aver applicato l’adesivo, si installano le basi sotto ogni lato della piastrella, in numero adeguato alle loro dimensioni. Per garantire una bagnatura completa del retro della piastrella, per i grandi formati e per le lastre sottili è necessaria una doppia spalmatura (applicazione della colla sul supporto e sul retro della piastrella).
Dopo aver battuto la prima piastrella per livellarla, si posiziona la piastrella consecutiva con le relative basi e si calzano i coni sui perni condivisi da entrambe le piastrelle. È possibile ottenere giunti di dimensione superiore a 1,5 mm utilizzando in combinazione a Litolevel distanziatori a croce o a”T” della dimensione desiderata, comunque superiore a 1,50 mm.
Si avvitano i dadi sui perni esercitando la forza necessaria a livellare le piastrelle in ogni punto. Questa operazione può essere eseguita dopo aver posato più elementi, fila per fila, prima che l’adesivo incallisca.
Dopo l’essiccazione dell’adesivo, per recuperare le parti riutilizzabili (cono e dado) dei distanziatori per piastrelle, è preferibile svitare i dadi e rimuoverli insieme ai coni prima di causare la frattura dei perni dai piedini delle basi. La rimozione dei perni può essere fatta con un martello di gomma o col piede. Il colpo va assestato nella direzione della linea del giunto delle piastrelle.