Il tronco di un albero di medie dimensioni, tagliato opportunamente a misura e scortecciato, si trasforma nella seduta di un’originale panca rustica
Lo schienale è ricavato da vecchie sedie di recupero, ed è fissato al tronco mediante porzioni di traverse inserite in fori ciechi.
Panca rustica: occorrente
un tronco di medie dimensioni (Ø 400 mm e circa 1500 mm di lunghezza)
sedie di legno di recupero con traverse
trapano con mecchia; pennarello
colla vinilica.
Panca rustica: realizzazione
Scortecciamoil tronco e smontiamo le sedie lasciando intatti solo gli schienali. Presentiamo quest’ultimi sul tronco, appoggiandoli in prossimità dei fori ciechi in cui erano inserite le traverse. Con un pennarello marchiamo l’esatta posizione in cui effettuare i fori.
Montiamo sul trapano una punta a mecchia (il cui diametro è in funzione del diametro della traversa della sedia più uno o due millimetri) ed effettuiamo, sulle marcature, quattro fori ciechi profondi circa 20 mm. Asportiamo eventuali trucioli di scarto dai fori.
I fori ciechi precedentemente realizzati servono a ricevere porzioni di traversa delle sedie (già smontate), che utilizzeremo per fissare gli schienali al tronco. Valutiamo la lunghezza delle porzioni inserendo la traversa in battuta nei fori ciechi e segnando con un pennarello il punto in cui tagliare, sporgente circa 20 mm dall’esterno del tronco.
Possiamo tagliare alcuni cilindretti lunghi circa 40 mm che inseriamo nei fori ciechi del tronco, fissandoli con colla vinilica.
Gli schienali si collegano al tronco unendoli alle porzioni di traversa sporgenti e bloccando l’unione con colla vinilica.
In funzione della lunghezza iniziale del tronco possiamo inserire più o meno schienali, per realizzare una panca molto lunga.
Il sottopiede è quella parte interna della calzatura che la rende confortevole, facendo da cuscinetto sopra il cuoio di tacco e suola, garantendo la traspirazione del piede
Con l’utilizzo, tra lo sfregamento interno e la sudorazione, anche questa parte è soggetta a logorarsi.
La sostituzione del sottopiede
Lavorando all’interno della tomaia con una lama, in corrispondenza del calcagno, si cerca di sollevare il sottopiede; se risulta ancora incollato ci si aiuta con un solvente per ammorbidire la colla. Eventuali tracce di adesivo o residui del vecchio sottopiede che rimangono all’interno della scarpa vanno raschiati, poi si passa una spugna appena umida.
Estratto il vecchio sottopiede lo si appoggia su una pelle di capretto per utilizzarlo come dima. Con la lama del coltello si segue il contorno del sottopiede e si incide la pelle.
L’operazione di taglio va eseguita su un tappetino di materiale compatto; non dev’essere né tanto rigido da fare scudo alla lama e rovinarne il filo, né tanto morbido da essere attraversato totalmente dalla lama stessa, che inciderebbe il piano e si rovinerebbe. Il profilo va quindi regolarizzato e “scarnito” su tutto il perimetro, poi provato all’interno della calzatura prima del fissaggio definitivo.
Con un pennellino si applica la colla a contatto, senza avvicinarsi troppo ai bordi per non rischiare di macchiare la pelle della scarpa.
La colla a contatto va stesa anche sulla faccia inferiore del sottopiede, poi va lasciata riposare 10-20 minuti a seconda della temperatura ambiente per consentire ai solventi di evaporare.
Quando la colla non è più appiccicosa si inserisce il sottopiede nella calzatura: tenendolo piegato in due, con la parte pulita di sopra, si inserisce all’interno della scarpa, mettendo prima la punta, ma tenendola sollevata dall’appoggio perché bisogna prima centrare perfettamente la parte posteriore del tallone. Fatta aderire questa parte, si appoggia progressivamente anche la parte avanti e si preme prima con le mani e poi, per arrivare in punta, aiutandosi con qualche utensile. Si preme energicamente su tutta la superficie e la scarpa può essere indossata.
La porta scorrevole a scomparsa rappresenta una soluzione validissima quando il disimpegno su cui affacciano più stanze non ha dimensioni sufficienti per la normale articolazione delle porte a battente
Nell’installazione proposta la porta scorrevole deve essere montata su una parete in laterizio (l’alternativa sarebbe quella della parete in cartongesso); questo impone di scegliere un controtelaio per incasso in muratura, ovvero predisposto per il rivestimento con intonaco. Trattandosi inoltre di una porta scorrevole a due ante, il controtelaio si compone di due cassonetti laterali da incassare completamente nella parete.
Porta scorrevole a due ante: installazione
I cassonetti laterali vanno uniti mediante la traversa in metallo che racchiude al suo interno il sistema di scorrimento a binario estraibile. Gli elementi sono confezionati separatamente e vanno uniti in cantiere; l’operazione va effettuata direttamente sul luogo dell’installazione, visti l’ingombro complessivo e la difficoltà a muovere l’insieme una volta montato.
Con il controtelaio in piedi, si fissano gli elementi applicando viti alle piastrine che uniscono i punti di giunzione fra i montanti e la traversa superiore.
Per irrigidire l’insieme del controtelaio, nella parte bassa della luce d’apertura si applica una barra distanziale che si incastra alle estremità nelle sedi predisposte sulle protezioni di cantiere.
A questo punto il controtelaio può essere messo sul rialzo in muratura, fatto per sostenerlo alla quota prevista della pavimentazione. Lateralmente va messo a contatto con la parete, dove va bloccato con adesivo strutturale a schiuma, dopo aver verificato la verticalità e l’orizzontalità in senso longitudinale.
A fissaggio fatto si può proseguire la parete nella parte superiore; in questo caso si completa solo la piccola porzione che separa dalla putrella orizzontale presente poco più in alto. Dopo la posa dei mattoni si completa anche in quel piccolo tratto la stesura della rete elettrosaldata che agevola l’aggrappaggio dell’intonaco.
Il rialzo di mattoni su cui appoggia il controtelaio è molto elevato perché sulla caldana va fatta ancora la gettata del massetto per coprire le tubazioni degli impianti e la successiva gettata per coprire la serpentina del riscaldamento a pavimento.
Porta scorrevole: montare le ante
Una volta che le pareti sono completamente intonacate e tinteggiate, rimosse le protezioni di cantiere e applicati i meccanismi di scorrimento, non resta che mettere le ante negli appositi alloggiamenti, agganciandole alla barra guida superiore e lasciando che in basso siano i rullini a guidarle, impedendo ogni possibile movimento oscillatorio.
Il binario di scorrimento è estraibile: si tratta di una guida di alluminio nella quale scorrono i carrelli ed è smontabile in ogni momento per l’ispezione, per l’applicazione di accessori anche in tempi successivi e per eventuali operazioni di manutenzione. I carrelli di scorrimento sono molto fluidi in quanto ruotano su cuscinetti a sfera.
Lo scorrimento a terra
A seconda del tipo di anta scelta, cambia il sistema di scorrimento a terra.
Nel caso di ante di legno, ovvero di spessore analogo a quello di una comune porta interna, si applica a terra un nasello guida che scorre all’interno di una scanalatura presente sul bordo inferiore dell’anta.
Quando invece si sceglie l’anta di cristallo, essendo molto più sottile, si applicano due rullini guida, che la obbligano a scorrere al loro interno.
Il contenimento laterale
La maggiore sottigliezza del cristallo, rispetto allo spessore dell’anta di legno, impone anche un diverso sistema di guida e chiusura laterale.
In questo caso, lo spazzolino parapolvereva montato su un apposito profilato alto come i montanti laterali. Il profilato è fatto per incastrarsi sui due lati dello stipite, da una parte e dall’altra del controtelaio, offrendo il maggior spessore per il passaggio soltanto del cristallo.
Lo scorrimento in alto
Si rimuovono le viti presenti nei carrelli (una per ognuno) e si rimettono interponendo la piastrina di sostegno della porta di cristallo.
La vite non va tirata a fondo, anzi, va avvitata solo per metà, perché funge anche da registro per regolare l’orizzontalità della porta.
Le piastrine, due per ogni porta, si inseriscono, l’una dopo l’altra, nell’apposita sede costituita da un profilato applicato saldamente sul bordo superiore dell’anta di cristallo.
Prima di inserirla completamente, la seconda va regolata controllando con la livella a bolla, sino a quando l’anta non risulta perfettamente orizzontale. L’operazione va fatta anche sull’altra anta, in questo caso badando che quest’ultima resti allineata verticalmente alla prima, quindi regolando opportunamente anche il registro della sua prima piastrina.
Quando le regolazioni sono terminate, le piastrine vengono portate nella posizione definiva all’interno del profilato e infine si stringono i grani (due per ognuna) che le bloccano saldamente impedendo ogni possibile spostamento rispetto all’anta. Ultima operazione è la regolazione dei finecorsa atti a limitare l’escursione delle ante.
Esistono anche porte scorrevoli esterne, dove il binario rimane a vista e quindi non necessitano di opere di muratura.
Un altro elettroutensile si libera del vincolo del filo elettrico per raggiungere comodamente e senza ingombri le zone sprovviste di corrente alternata
Non è cosa frequente vedere una smerigliatrice angolare alimentata a batteria; capita, invece, tantissime volte di vedere qualcuno che stende decine di metri di prolunga per lavorare su una recinzione, un cancello, una ringhiera di ferro ecc.
La potenza e la capacità delle batterie al litio sono cresciute in maniera tale che i motori alimentati da queste sono in grado di azionare una gamma di strumenti sempre più ampia, con costi molto accessibili. È il caso della smerigliatrice a batteria Einhell TE-AG 18 Li, uno strumento che rientra nella famiglia Power X-Change e condivide la medesima batteria da 18 V con oltre 20 utensili compatibili, tutti acquistabili anche senza batteria.
Grazie alla funzione Soft Saft e alla protezione di sicurezza contro l’avvio accidentale, il funzionamento della smerigliatrice angolare è silenzioso ed estremamente versatile. Il diametro del disco è 115 mm, la velocità di rotazione a vuoto 8500 giri/min, scocca del cambio in alluminio.
La smerigliatrice a batteria TE-AG 18 Liè disponibile in diverse configurazioni:
la versione Solo, senza batteria e caricabatteria, ha un prezzo consigliato al pubblico di euro 56,95;
starter kit con batteria da 1,5 Ah, euro 69,95;
con batteria da 2 Ah, euro 74,95;
con batteria da 3 Ah, euro 89,95;
con batteria da 4 Ah, euro 94,95;
articolo completo con valigetta, caricabatterie e batteria da 3 Ah, euro 149,95.
La macchina è anche disponibile in confezione unica con il trapano TE-CD 18/2 Li, due batterie (una da 1,5 Ah e una da 3 Ah), caricabatteria e valigetta a euro 189,95.
La protezione, come avviene in tutte queste macchine, si inserisce nel colletto della testina.
In questo caso il colletto è trattenuto da un serraggio a leva che rende molto rapida la regolazione, volta per volta, a seconda della posizione in cui è meglio orientare la smerigliatrice per il lavoro in corso.
Molto versatile anche l’impugnatura addizionale della smerigliatrice a batteria. Essa ha tre sedi di posizionamento, per poter essere messa a sinistra, a destra e sopra il corpo macchina.
La chiave per dadi flangiati, necessaria per cambiare il disco di lavoro, è sempre a portata di mano perché contenuta nell’impugnatura addizionale.
Per stringere e allentare il dado flangiato basta una sola chiave perché l’albero motore si blocca con un pulsante presente sulla testa degli ingranaggi.
Il caricabatteria ha un sistema di blocco della batteria per cui è possibile anche fissarlo a parete sfruttando le apposite sedi per le teste dei tasselli, presenti sotto la base.
La batteria si innesta con un sistema a slitta; per sganciarla è necessario premere un pulsante di sblocco. Sono disponibili diverse batterie da 1,5 sino a 5,2 Ah, da scegliere a seconda di quanto può essere impegnativo il lavoro che capita di eseguire mediamente.
Molti ebanisti preferiscono legnami spessi fino a 15 mm, più difficili da tagliare, ma che offrono la possibilità di essere levigati e piallati senza rischio che si stacchino pezzi della decorazione
Esistono differenti metodi per realizzare un cassettone intarsiato: il pannello può essere di legno massiccio, nel quale con pazienza vengono intagliate le sedi per le tessere da inserire, oppure una tavola di legno non pregiato su cui si incollano uno accanto all’altro i pezzi del mosaico.
La precisione deve essere la massima possibile per non lasciare fessure aperte, quindi è necessario lavorare con legname molto stagionato, sia per la base che per i piallacci, per evitare che i movimenti di dilatazione e ritiro provochino crepe o distacchi.
Cassettone intarsiato: tutti i passaggi
La composizione delle filettature sul frontale del cassetto si esegue tracciando con precisione le linee di riferimento lungo le quali devono essere eseguiti i tagli.
Il percorso della filettatura bianca, già parzialmente inserita lungo la fascia rettilinea, viene tracciato attorno alle zone curvilinee con una matita (che non lascia tracce indelebili) a mano libera o con l’ausilio di curvilinei o compassi.
Usando scalpelli affilatissimi di varie curvature e molta pazienza si scavano delicatamente le parti segnate fino ad ottenere una cavità di larghezza uniforme e profonda quanto il piallaccio.
In ciascuna scanalatura possono essere inseriti anche più filetti, cioè sottili listelli di legni colorati, affiancati per ottenere contrasti cromatici particolarmente pregiati. Il legno così sottile non si riesce a tagliare con precisione se non utilizzando la lama affilata di uno scalpello che incide con precisione micrometrica senza strappare le fibre del legno o spezzare il filetto.
Utilizzando colla vinilica o la classica colla animale da scaldare a bagnomaria, si spalmano abbondantemente i filetti per assicurare un’adesione completa alla base.
I filetti vengono inseriti nella scanalatura uno a fianco all’altro, quindi assestati delicatamente con un martellino, fino a che non siano appoggiati sul fondo della cava. Non è necessario che siano perfettamente a livello: la successiva levigatura elimina il legno in eccesso.
Quando l’adesivo ha fatto presa si comincia la spianatura del pannello eliminando i dislivelli tra gli elementi dell’intarsio con un particolare raschietto estremamente affilato.
La levigatura procede con carte abrasive sempre più fini per ottenere una superficie a specchio.
Il legno può essere lasciato al naturale oliandolo con olio paglierino oppure tirato a gommalacca e poi cerato per un effetto lucido.
Da oltre 45 anni esperienza a servizio del cliente
G.F. nasce nel 1966 imponendosi come specialista nello stampaggio termoplastico altamente tecnico, in particolare nei settori medicale, radiografico e fotografico.
L’azienda ha conosciuto nel corso degli anni un continuo successo basato sulla capacità di anticipare e interpretare le nuove tendenze del mercato, partendo dall’esigenza dell’utente finale, per arrivare alla sua soddisfazione con prodotti tecnici, di alta qualità e di semplice utilizzo, senza trascurare l’importanza di un efficiente servizio.
Tutto questo attraverso un team di persone motivate e fidelizzate.
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Da un armadio ristrutturato si ricava una libreria, eliminando il corpo centrale e apportando le necessarie modifiche ai moduli laterali
A Natale Chiambretti era stato regalato un vecchio armadio di noce, scuro ed elaborato, costituito da due elementi laterali ciechi e una porzione centrale con ante a specchio. Così ha pensato di eliminare solo il corpo centrale e utilizzare i due laterali per costruire una libreria.
Ha scomposto e riportato a legno le parti, ha predisposto i sistemi di unione, ha ricostruito le porzioni troppo danneggiate e ha eliminato le specchiature cieche delle ante, inserendo al loro posto due vetri antichizzati. Piani interni nuovi e finitura a tampone hanno completato il lavoro.
Armadio ristruttturato: sverniciatura, ricostruzione e unione dei due pezzi
La sverniciatura delle due parti di mobile utilizzate per comporre la libreria si esegue interamente a mano con raschietto, senza utilizzare prodotti svernicianti.
Un delicato lavoro, che richiede tempo e pazienza, per seguire tutte le modanature e i fregi riducendo al minimo le scalfitture e il conseguente lavoro di regolarizzazione.
Per unire i due elementi si utilizzano listelli sezione 60×40 mm applicati per tutta la lunghezza dell’armadio; si praticano fori Ø 7 mm in cui inserire spezzoni di barra filettata e serrare con dadi e rondelle.
Nella parte posteriore si utilizzano listelli 80×30 mm con fori per viti Ø 3×40 mm che fanno anche da supporto per i piani.
Anche la cornice superiore va collegata: essendo tagliata a 45°, si costruisce un triangolo e lo si scolpisce in modo che dopo l’unione l’aspetto sia quello di un pezzo unico.
Le colonne vengono tagliate e tolte per poterle sverniciare e consolidare, in quanto risultano vistosamente tarlate; stessa cosa per i piedi, rifatti al tornio perché troppo malandati. I piani sono rifatti in rovere 900x350x20 mm.
Il trattamento delle parti prevede l’applicazione di un turapori steso a pennello e ripassato a tampone; una volta asciutto si passa con paglietta finissima e si ripete l’operazione diverse volte; a questo punto l’armadio ristrutturato è diventato una funzionale libreria.
Un’alternativa ai classici lampioncini da esterno: basta poco a realizzare un’applique rustica
Trovandosi tra le mani una damigiana a collo largo di modeste dimensioni, quelle di norma utilizzate per le scorte di peperoni sott’olio o simili, Giovanni Attolini ha pensato di trasformarla in una lampada da esterni, costruendo un semplice telaio in cui includerla per poterla installare a parete.
Oggigiorno esistono fluorescenti compatte e lampadine a led con il classico attacco a virola che emettono molta luce senza produrre calore e con bassi consumi, ideali per queste situazioni.
Il bulbo di vetro è mantenuto stabile da un sottovaso in plastica avvitato al listello inferiore della cornice; un secondo sottovaso supporta il portalampada e impedisce l’ingresso a polvere e insetti.
Applique rustica: bulbo di vetro in una cornice di legno
Si tagliano quattro listelli di legno sezione 40×40 mm, due lunghi 480 mm e due lunghi 350 mm; i primi due vanno forati passanti a circa 20 mm dalle estremità, al centro della faccia.
Gli altri due listelli vengono preforati al centro delle teste; si procede all’unione dei quattro listelli con colla e viti ottenendo una cornice.
Il legno va trattato con un paio di mani di impregnante per proteggerlo dagli agenti esterni.
Su un lato lungo si fanno tre fori del diametro di 8 mm: quello centrale serve per il passaggio del portalampada con tige filettato, gli altri due per il successivo fissaggio a sbalzo.
Sul listello lungo opposto, dall’interno, si fissa in posizione centrata un sottovaso di plastica Ø 200 mm con funzione di base d’appoggio per la damigiana.
Il portalampada è predisposto con un lungo tige Ø 8 mm in cui passa il cavo di alimentazione e un secondo sottovaso, questa volta di Ø 120 mm, per coprire la bocca della damigiana. Il tutto va inserito da sotto dopo aver avvitato sul tige due dadi: uno serve per bloccare il sottovaso una volta che ha “tappato” la damigiana, l’altro va a battuta sulla parte inferiore della cornice. Un terzo dado si avvita da sopra per concludere il lavoro, mandandolo in battuta.
Nei fori laterali si fissano, con un sistema analogo, due spezzoni di barra filettata che devono sporgere quasi completamente verso l’alto.
Le due barre servono per fissare la lampada a un listello della stessa sezione della cornice, lungo 650 mm; avvitando e svitando i dadi sulle barre si regola la distanza tra i due listelli facendo in modo che risultino esattamente paralleli.
Una staffa metallica che abbracci buona parte del listello, fissata a parete con tasselli a espansione, permette di sospendere a sbalzo l’ applique rustica.
Formato da un telaio metallico decorato con figure tipicamente natalizie
Tutto è ricavato da un lamierino d’acciaio su cui tracciamo (con un pennarello) tutti gli elementi: le figure, l’arco e le parti diritte. Per ottenere profili perfetti delle sagome prepariamo delle dime in cartoncino e ne seguiamo il contorno con il pennarello. Per assemblare il telaio blocchiamo le giunzioni tra gli elementi orizzontali e verticali con rivetti di ferro ribattuti mentre i portalumini e le figure ornamentali le fissiamo al telaio con bulloncini inseriti in opportuni fori (coincidenti, praticati sia sul telaio sia sulle sagome) e poi bloccati da dadi. Dopo aver fissato tutti gli elementi stendiamo una mano di smalto nel colore preferito su tutto il portalumini.
Cosa occorre
Lamierino d’acciaio spesso 0,8 mm da 500×650 mm
una cornice ad arco larga 35 mm con profilo esterno 450x600mm e semicerchio con raggio interno 190 mm
1 montante centrale 20×660 mm
4 traverse 20×450 mm
8 portalumini Ø 50 mm
8 figure decorative
13 rivetti Ø 8 mm
8 bulloncini
24 dadi
smalto nero
8 lumini
Portalumini: realizzazione
Prima di tagliare i vari pezzi conviene pianificare la distribuzione delle sagome sul lamierino, in modo da avere meno scarto possibile.
Ingrandiamo il reticolo con le sagome da ritagliare e riportiamolo su cartoncino.
Pratichiamo i tagli con robuste cesoie (meglio se dotate di lame a doppia leva).
Le figure vanno poi limate lungo i bordi per eliminare tutte le sbavature e smussare gli spigoli.
Il contorno cilindrico dei portalumini si modella attorno a un disco di legno e si chiude con un bullone, il cui corpo funge anche da supporto in quanto si inserisce nel telaio e e nella sagoma, venendo poi bloccato con dado e controdado.
Il fondo dei portalumini è un disco applicato per saldatura. Essendo il lamierino molto sottile, non lo si può saldare ad arco perché si bucherebbe.
Se non intendiamo adottare il sistema della saldatura possiamo utilizzare un adesivo bicomponente per metalli (tipo “ferro liquido”) che realizza un’unione estremamente salda. Negli incroci, i pezzi del telaio si sovrappongono completamente e vengono forati contemporaneamente e quindi uniti per mezzo di rivetti di ferro. Si tratta di corti chiodi di ferro che si inseriscono nel foro e vengono poi ribattuti a martellate dopo aver poggiato la loro estremità su un piano duro.
Le botteghe si adattano molto bene a vivacizzare la scena rappresentata dal nostro presepe
Sergio Curtoni ha adottato la “polimer clay”, cioè una pasta modellabile colorata, distribuita sotto i nomi commerciali di Fimo o Cernit, che cotta in forno a 130°C indurisce diventando robusta e insensibile all’acqua. Si compra in mattonelle nei colorifici o nei centri fai da te.
Molte parti sono state realizzate con listelli di legno, ad esempio i banchi e le cassette, i sacchi con pezzi di tessuto cucito e risvoltato mentre le bellissime ceste sono fatte con sottili fili di plastica e di legno. Non mancano i lavori di intaglio evidenziati nella paletta per il granoturco.
ANTICHE BOTTEGHE
Panche e tavolo rustico sorreggono forme di pane di varia forma ottenute con Cernit giallo. La pasta, una volta cotta, può essere anche colorata con tinte acriliche o ad acqua.
Il banco dei salumi è adorno di salami, prosciutti e mortadelle. Per realizzarli si adopera pasta marrone, rossa e bianca. La legatura dei salumi si fa prima della cottura in modo da lasciare i caratteristici segni. Una spolverata di fecola dà l’idea delle naturali muffe da invecchiamento.
Le minuscole cassettine formate da sottili listelli sono piene di frutti multicolori. La pasta colorata mantiene la brillantezza delle tinte anche dopo la cottura in forno a 130 °C.
Nel banco di formaggi non possono mancare ricotta, caciotte e pecorino. I formaggi con la scorza scura si preparano fasciando una pallina di pasta gialla in una sottile sfoglia di pasta marrone.
Con minuziosi lavori di intreccio si possono costruire cesti e gerle usando fili di plastica o spago. Molto adatta anche la parte interna della corteccia di acacia, sottile, ma robusta e flessibile.