Un impregnante legno adeguato è indispensabile per preservare il materiale in buono stato.
Tra tutte le essenze legnose, solo alcune tra le più pregiate sono insensibili agli agenti biologici (muffe, insetti e batteri) deputati alla naturale distruzione del tronco al termine del suo ciclo vitale.

Le richieste di legnami pregiati superano di molto la disponibilità, per cui il mercato si orienta verso essenze più deperibili, da trattare in molteplici modi, dalla semplice verniciatura con strati protettivi superficiali, all’impregnazione profonda in autoclave.
Un impregnante legno può essere a base di oli (olio di lino cotto), resine acriliche o poliuretaniche disperse in acqua, o solventi che ne abbassino la viscosità favorendo la penetrazione. Nell’autoclave si sfrutta l’azione di sali che rendono il legno inappetibile per microrganismi ed insetti. Un tempo si usavano sali di arsenico, rame e cromo, messi al bando per la loro tossicità; ora si preferiscono soluzioni di rame e boro, meno nocive, ma ugualmente efficaci. Recentemente è stato riscoperto il trattamento con silicato di sodio che ha una bassa tossicità, ma è un batteriostatico molto attivo.

L’impregnazione avviene in autoclave per permettere alla soluzione salina di raggiungere anche gli strati interni del legno, garantendo così maggiore protezione a differenza di altri trattamenti superficiali. I semilavorati sono sottoposti a cicli alternati di vuoto e pressione con o senza riscaldamento. Durante la fase di vuoto l’aria viene estratta dalle cellule del legno che si dilatano; la soluzione salina che viene caricata successivamente a pressioni superiori alle 10 atmosfere riempie i canali vuoti penetrando fino al centro dei tronchi.
Leggi la nostra guida su come verniciare il legno








pulire bene le superfici di incollaggio
distribuire l’adesivo soltanto su una di queste
unire le parti e applicare una forte pressione per una decina di secondi
se deborda, pulire con un panno umido.











Partendo da una dima conservata nell’archivio del negozio si disegna lo chassis della macchinina su di un pezzo di multistrato da 15 mm. Con un seghetto da traforo elettrico si ritaglia la sagoma lungo le linee.
Si fora il telaio con una punta da 9 mm per far passare gli assi delle ruote fatti con due pezzi di tondino di legno Ø 8 mm. Un minimo di gioco è necessario per consentire la libera rotazione dell’asse.
Il disco della ruota viene forato al centro con una punta da 8 mm in modo che l’asse si possa far entrare, ma di stretta misura.
Il disco è montato sul tornio, sorretto da un perno che si impegna nel mandrino. Con un’utensile affilato si pareggia la circonferenza e si incide anche una scanalatura per ospitare un anello di gomma.
Si monta l’anello (un grosso O-ring) sulla ruota facendolo entrare nella scanalatura. Lo scopo dell’anello è di acquisire il necessario “grip” rispetto alle superfici su cui la macchinina deve lanciarsi.
Costruito un blocchetto di legno con la forma dell’abitacolo, lo si fissa allo chassis con un paio di viti autofilettanti messe dalla parte inferiore del telaio.
Ora si mettono insieme i perni e le ruote bloccandoli con una goccia di colla vinilica, evitando attentamente di sporcare anche il foro nel telaio.
Il motore del giocattolo è un lungo elastico, messo doppio, con i due capi fissati sotto la cabina; un pezzetto aggiunto di cordicella permette di agguantarlo nella parte libera e tirarlo sino ad agganciarsi alla vite sull’asse posteriore. Mettendo la macchinina su un piano e tirandola indietro, l’elastico si carica abbastanza per farle compiere una bella corsa.
















