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Arredamento garage: idee e soluzioni nel dettaglio

Chi si è mai sognato di acquistare i mobili per arredare il garage? A parte lo spazio riservato all’auto, diventa il deposito irrazionale di mobili e suppellettili non più graditi in casa, mentre con sistemi modulari esteticamente piacevoli può essere sfruttato come laboratorio, officina o per altre attività legate al tempo libero

Se è vero che la donna è la regina della casa, è chiaro che anche l’uomo ha bisogno di un regno tutto suo e cerca di conquistarselo nel garage, per avere uno spazio da governare a proprio esclusivo giudizio. Spesso, però, in questo luogo regna una sorta di “disordine organizzato” tipico del maschio, per il quale ci si giustifica appellandosi alla mancanza di spazio che costringe alla precarietà; al contrario, un ambiente in cui ci si ritira per dedicarsi ai propri hobby, deve essere accogliente, funzionale e possibilmente ordinato, anche per non perdere tempo a cercare le cose. Ecco perché al mondo dell’arredamento garage sono dedicati veri e propri sistemi componibili che permettono di tenere in ordine le attrezzature senza trascurare il colpo d’occhio e il design.

Arredamento garage per uno spazio da rivalutare
La corsa alla rivalutazione del garage come spazio da vivere sta letteralmente spopolando negli Stati Uniti e, da qualche tempo, anche in Italia viene proposta una gamma moderna di prodotti e soluzioni per arredare il garage trasformandolo in un locale di servizio in ambiente piacevole e uniforme, costituito da elementi coordinati. La proposta è firmata Whirpool, gruppo che da sempre si occupa di elettrodomestici e che, per l’occasione, volge la sua attenzione dalla sfera femminile a quella prettamente maschile. Insomma, possiamo concederci un po’ di vanità e provare a personalizzare i nostri spazi con accessori che, oltre a essere pratici, sono anche belli da vedere. Se poi per le nostre tasche questo è un investimento eccessivo, possiamo sempre prendere spunto da queste soluzioni per organizzare il garage e trascorrere momenti piacevoli e… proficui.

Progettare come arredare il garage

liberare spazio in garage

La situazione di partenza (foto di scena del “prima”) evidenzia come le attrezzature in uso siano mischiate con cose vecchie e irreparabili, stipate in garage per pigrizia o perché prima o poi potrebbero servire… e giacciono lì da anni, perciò è bene liberarsene. C’è confusione a terra, mentre le pareti sono parzialmente utilizzate. Bisogna portare tutto all’esterno e far rientrare solo quello che effettivamente è utile, senza troppi sentimentalismi. È prioritario liberare più spazio possibile a terra, sfruttando le superfici verticali grazie a scaffali per garage da fissare a parete, muniti di guide entro le quali possono essere inseriti ganci, cassette, cestini, mensole, pensili di varie dimensioni, mentre le cassettiere o gli armadietti ridossati a esse possono essere su ruote per movimentarli a piacere. Si inizia prendendo le misure delle pareti (A), contrassegnando la posizione delle finestre (B), di prese e interruttori, delle porte e del loro raggio di apertura (C) e delle superfici calpestabili (D); con questi dati si inizia a disporre virtualmente gli elementi in base ai loro ingombri.

Arredamento garage con piani, scaffali e cassettiere

arredare il garage

  1. Una parete attrezzata sviluppata sopra il piano di lavoro è importante per portare avanti riparazioni o costruzioni che richiedono l’utilizzo di vari utensili senza doversi muovere dalla postazione. I pannelli e le guide con scanalature continue per l’inserimento dei ganci di sostegno garantiscono una totale flessibilità nella disposizione degli attrezzi e possono essere tagliati a misura per adattarsi a qualsiasi spazio (oppure possiamo realizzare un pannello portautensili “ad hoc”)
  2. I moduli con cassetti, diversi per numero e capienza, possono essere sovrapposti per ottenere grandi carrelli da spostare in prossimità della zona di lavoro. Ci sono varie possibilità di combinazione, tutti i cassetti sono rivestiti con materiale antiscivolo e scorrono su cuscinetti; inoltre la chiusura a chiave evita l’apertura accidentale durante lo spostamento e preclude l’accesso al contenuto da parte dei bambini.
  3. Basi fisse e mobili possono avere il top rivestito con materiale antiscivolo o con solidi ripiani, di acero massiccio spesso 30 mm o di bambooo massiccio spesso 25 mm; speciali distanziatori consentono una corretta circolazione d’aria sotto il piano per ridurre i rischi di deformazione del legno dovute alle variazioni di temperatura e umidità.
  4. I divisori interni permettono di mantenere separati attrezzi e minuterie di vario tipo senza che possano mischiarsi; alcuni moduli presentano un top a ribalta verso l’alto che offre un ulteriore vano superiore, oppure uno sportello a ribalta verso il basso nella parte frontale che offre una superficie di appoggio occasionale per appoggiare provvisoriamente utensili, consultare manuali di istruzioni o prendere appunti.
  5. Armadi e cassettiere di varia dimensione, con separatori interni regolabili, permettono di dividere prodotti, accessori per elettroutensili e minuterie per categoria di lavoro, il tutto protetto da polvere e segatura.
  6. Se scaffali per garage sono su ruote, possono stazionare a parete ed essere spostati a centro stanza per comporre un ampio piano di lavoro affiancandoli, quando necessario; gli armadi che devono rimanere fissi a pavimento possono invece disporre di piedini o, meglio ancora, essere agganciati sospesi da terra, facilitando la pulizia del pavimento. Tutto ciò che è di utilizzo o consumo frequente dev’essere bene in vista, per individuare a colpo d’occhio l’attrezzo giusto o riscontrare eventuali carenze.
  7. Un sistema modulare facilita la predisposizione, in base alla superficie disponibile, del banco da lavoro di dimensioni e configurazione più consona, con gli attrezzi manuali appesi frontalmente rispetto alla postazione di lavoro.
  8. Sfruttando al massimo il perimetro del locale per tutta l’altezza delle pareti ci si ritrova con un’officina attrezzata al meglio e un sacco di spazio al centro: le cassettiere sono provviste di ruote e possono essere avvicinate alla zona di lavoro e poi riposte, addirittura si può realizzare un ampio piano di appoggio affiancandone due o più in qualsiasi punto del garage. Certo, non sempre il locale ha una superficie grande, ma indipendentemente dalle dimensioni può diventare così.

Pavimenti speciali per garage

pavimenti per garage

Verrebbe da chiedersi che bisogno c’è di ricoprire il pavimento di una zona di lavoro con piastrelle come queste. Intanto perché sono in polipropilene ignifugo con superficie bugnata antiscivolo, si montano con un veloce sistema di aggancio e sopportano il transito dei veicoli; poi perché si puliscono rapidamente e a fondo con un getto d’acqua, esistono elementi sagomati per lo scarico e il drenaggio dei liquidi e profili perimetrali per delimitare la zona rivestita. Infine, essendo disponibili in diversi colori, si può realizzare un pavimento uniforme nella tonalità più idonea o alternare colori diversi per comporre superfici a scacchiera, differenziare le zone di lavoro, realizzare disegni o cornici. Le piastrelle misurano 305x305x13 mm e sono garantite 10 anni; possono essere posate senza preparazione del sottofondo anche se moderatamente irregolare; la posa è possibile anche su bagnato.

Arredo garage per il giardinaggio

attrezzatura per giardinaggio

Chi si dedica al giardinaggio, alla coltura di fiori e piante sa bene che la carriola diventa facilmente un contenitore “provvisorio” di attrezzi e oggetti vari che ne impongono lo svuotamento per poterla utilizzare; i vasi di vario formato vengono spesso custoditi in “stile matrioska”, uno dentro l’altro, rendendo laboriosa l’individuazione della dimensione più idonea ai rinvasi. Meglio disporre di guide a parete distanziate tra loro in altezza in base ai vari formati, disposti su ripiani agganciati; la carriola può essere facilmente appesa a ganci, come pure gli attrezzi a manico lungo e i tubi d’irrigazione, ben arrotolati. Ciascun attrezzo o accessorio può essere distanziato dagli altri in base all’effettivo ingombro, risparmiando molto spazio non solo a terra, ma anche a parete. Con questi sistemi non solo si può attrezzare il garage, ma anche una casetta di legno di modeste dimensioni può essere sfruttata al meglio, purché la sua struttura risulti abbastanza robusta da sostenere il peso degli attrezzi riposti a parete.

Palestra in garage

palestra garage
Il garage può essere utilizzato all’occorrenza anche come palestra casalinga o come zona di stoccaggio delle attrezzature sportive: abbigliamento specifico, materiali e accessori non hanno ragione di occupare spazio in casa se il locale viene considerato una “stanza in più” organizzata in base alle attività sportive preferite. Naturalmente, grazie a questi sistemi, tutte le situazioni prese in considerazione possono coesistere: basta dedicare ciascuna parete, o una porzione di essa, a un determinato settore (officina, giardinaggio, palestra) in base a quanto e come occupano il nostro tempo libero. Pur nella massima libertà progettuale, ci sono kit variamente assortiti, comunque ampliabili per completare gli spazi secondo le proprie esigenze. è perfino possibile aggiungere un frigorifero/congelatore, per non dover salire in casa ogni volta che si ha sete o si avverte un certo languorino…

Ganci, mensole e contenitori

ganci e supporti

  1. Il supporto a due barre ripiegate a gancio e collegate frontalmente è ideale per riporre canne da giardino avvolte senza possibilità di scivolamento verso l’esterno; altri sistemi di aggancio simili (a culla) servono per cavi elettrici o cinghie.
  2. La scelta dei sistemi di aggancio è veramente ampia: in base alla sagomatura risultano specifici per utensili di vario tipo, per attrezzature sportive quali mazze da golf o da hockey, pale e altri attrezzi da giardino con manico; quelli a due barre divaricate servono per accessori larghi e difficili da appendere (come lettini e sdraio) utilizzandoli se occorre in coppia, giustamente distanziati in base alle dimensioni dell’oggetto.
  3. I sistemi di aggancio a parete evitano di ingombrare spazio a terra con biciclette e carriole, oppure con decespugliatori e altre macchine da giardino di cui viene fatto un utilizzo prettamente stagionale.
  4. Un accessorio che non può mancare, indipendentemente che lo spazio venga adibito a laboratorio, officina o palestra, è il supporto per bobine di carta: qui è completato con una mensola superiore per conservare a disposizione i prodotti per la pulizia personale e degli attrezzi.
  5. I cestini in rete metallica, oppure con struttura ricoperta da tessuto in rete, si prestano per raccogliere oggetti ingombranti e leggeri spesso difficili da sistemare, come i giochi dei bambini, i palloni o altri complementi sportivi.
  6. Per riporre sacche contenenti mazze da golf, attrezzature da montagna, tende da campeggio esistono speciali strutture di supporto.
  7. Non mancano ripiani e mensole di varie dimensioni per mantenere separati dal resto i prodotti per la cura dell’auto, i trattamenti per le piante, bombolette e flaconi che devono essere facilmente individuabili a colpo d’occhio ma, per la loro tossicità, devono essere ad altezze inaccessibili ai bambini; per le calzature le mensole sono del tipo a griglia e reclinate verso il basso. Su singole barre scanalate, fissate a parete ad altezze diverse, si può inserire qualsiasi tipo di supporto e raggruppare attrezzature e prodotti in base alle proprie esigenze.

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Attaccapanni fai da te da parete

Ricaviamo da un foglio di compensato un originale appendiabiti che la luce sul retro rende di grande effetto

Questo inconsueto attaccapanni fai da te, dotato di illuminazione diffusa, riceve gli abiti su una serie di lamelle sporgenti e su una di pomoli di legno. Realizziamo la struttura con un pannello di compensato dello spessore di 5 millimetri. Sagomiamo la parte superiore ad arco dopo averla tracciata con una sesta. Eseguiamo il taglio con il seghetto alternativo. Disegniamo sul pannello una serie di rettangoli (lunghi 185 mm e larghi 33 mm) e pratichiamo i tagli, seguendone la traccia, ad esclusione di un lato corto orizzontale.

Taglio col seghetto
Il taglio inizia facilmente se pratichiamo, con il trapano, una serie di fori in cui introdurre la lama del seghetto. Rifiniamo la parte superiore di ogni lamella così ricavata arrotondando leggermente il bordo. Le lamelle vengono curvate verso l’esterno e bloccate in tale posizione con un bastone da tenda infilato tra esse e il pannello. L’attaccapanni fai da te è fissato alla parete con due supporti posti sul retro, uno nella parte superiore e l’altro nella parte inferiore e fissati ad esso con spine passanti. Su quello inferiore inseriamo dei piccoli pomoli di legno. Trattiamo con vernice mordenzata. Sui supporti (bloccati alla parete con tasselli) si montano due lampade tubolari fluorescenti di bassa potenza (max 25 watt) complete di reattore e starter di accensione.

appendiabiti fai da te disegno

taglio con seghetto alternativo

  1. Per realizzare l’attaccapanni occorrono: un pannello in compensato spesso 5 mm, un bastone da tenda o tondino in ramin Ø 30 mm, una decina di pomoli di legno Ø 50 mm, viti, colla, listelli, due lampade fluorescenti da 25 watt.
  2. Tracciamo sul pannello di compensato, aiutandoci con una sesta, un arco di cerchio che poi tagliamo con il seghetto alternativo.
  3. I tagli delle lamelle si effettuano sempre con il seghetto alternativo, avendo fatto preventivamente una serie di fori per agevolare l’introduzione della lama.

Bastone e pomoli

forare i pomoli

  1. Sul retro del pannello posizioniamo i due supporti che consentono di fissare a parete l’attaccapanni. Quindi pratichiamo una serie di fori in cui inseriamo le spine Ø 8 mm che riceveranno anche i pomoli.
  2. I pomoli di legno vanno forati, uno per uno, in modo da poterli introdurre nelle spine. Altri due pomoli Ø 50 mm vanno forati (Ø 30 mm) per essere incastrati alle estremità del bastone. Il nostro attaccapanni fai da te è pronto!

Sagomare il compensato che costituisce l’attaccapanni fai da te

sagomare compensato

  1. Forato il pannello in corrispondenza delle spine, applichiamo i supporti sul retro, inserendo le spine nei rispettivi fori. Stabilizziamo l’unione con colla vinilica e mettiamo in morsa per 24 ore.
  2. Il bastone da tenda viene inserito tra le lamelle e il pannello e fissato con alcune viti autofilettanti che lo tengono ben fermo, permettendo il divaricamento delle lamelle, che diventano sostegni per abiti o altro. 

L’illuminazione con luce soffusa

Attaccapanni fai da te  6

I due listelli che sorreggono l’attaccapanni sono dotati di altrettante luci fluorescenti al neon con relativa plafoniera di supporto. Nella plafoniera sono contenuti tutti gli elementi necessari all’accensione delle lampade per cui basta fissare le plafoniere ai listelli (aprendole e avvitandole dall’interno) e collegarle alla rete elettrica. Per il collegamento occorre dotare i due cavi che provengono dalle plafoniere di una spina e inserire le spine in una ciabatta da collegare alla presa elettrica. Se la ciabatta è dotata di un interruttore si accendono e spengono contemporaneamente le luci fluorescenti.

Cancello in legno fai da te

“A quelle due colonne, poste all’ingresso della mia casa, mancava qualcosa!” . Un vero grido di allarme: per questo il nostro lettore Fabrizio si è dato da fare per costruire un cancello in legno fai da te a due ante, come rifinitura e protezione dell’ingresso, ricavando i vari pezzi da stagionate tavole di recupero.

Altezza e larghezza del cancello in legno fai da te sono in funzione del varco a disposizione. Qui ciascuna anta ha otto aste verticali, modanate con la fresatrice, per bellezza e per evitare spigoli vivi; sono di lunghezza diversa digradante verso i lati, in modo da creare un arco.  Le aste, distanziate tra loro di 30 mm, sono fissate con viti d’ottone a un telaio, che ha  montanti e traverse uniti da incastri tenone-mortasa; il telaio è irrobustito da un secondo telaio di rinforzo: due diagonali sagomate alle estremità e unite al centro con incastro a mezzo legno.  La traversa superiore di ciascun telaio d’anta si copre con un listello più sottile per proteggere il legno dalle intemperie ed evitare infiltrazioni d’acqua sui tagli di testa. Il montante centrale destro è munito di scasso per la serratura, con maniglie recuperate da una vecchia porta. L’asta centrale dell’anta sinistra fa da battuta. Sui montanti laterali si eseguono invece gli scassi per le robuste cerniere. I cardini sono murati entro crene ricavate nelle colonne (intonacate ed imbiancate), fissando il cancello con zeppe e spessori. Il cancello in legno fai da te costruito si vernicia con tre mani di impregnante noce scuro.

Il telaio
Il telaio di ogni anta è solido e robusto grazie agli incastri tenone-mortasa e alle due diagonali di rinforzo, anch’esse incastrate fra loro al centro, che lo rendono indeformabile. Per comodità si parte per le aste da listelli tutti uguali, si eseguono modanatura e arrotondamento del profilo superiore; in seguito i listelli già lavorati si tagliano alla base, in modo da creare in sommità il profilo curvo; un listello flessibile tenuto piegato ad arco da una corda, serve come dima.

Per eseguire il tenone sul listello del telaio si utilizza una sega a pettine, che permette di tagliare con molta precisione in orizzontale e in verticale, lungo le tracce a matita. Le irregolarità si rifiniscono con lime o raspe, in modo da rendere preciso e squadrato il tenone per favorirne l’incastro; il gioco tra tenone e mortasa deve essere minimo, appena sufficiente a contenere poca colla. La mortasa, in corrispondenza sul listello da unire si esegue con l’aiuto di sgorbie e scalpelli affilati o, meglio, con la fresatrice, che garantisce una scanalatura più netta.  I due pezzi, che devono combaciare perfettamente, si uniscono con colla per esterni, tenendo in morsa fino a incollaggio avvenuto.

FRESATRICE PER MODANATURE E SCANALTURE
I listelli verticali che fanno da griglia al cancello hanno il lato superiore tagliato curvo con il seghetto alternativo, o curvato con la levigatrice a nastro; si lavorano con la fresatrice arrotondando i bordi.  Si crea una modanatura di abbellimento su tutto il perimetro esterno. Successivamente si tagliano alla base nelle varie lunghezze per creare i due archi su ciascuna anta. Si fissano al telaio con viti a vista e colla. I cardini, che devono essere piuttosto robusti, si incassano per tutto lo spessore nei montanti laterali, entro scanalature fresate, e si fissano con viti. Nel montante centrale destro, invece, si inserisce la serratura, anche qui eseguendo una scanalatura, affinché non sporga. Naturalmente il montaggio delle parti metalliche si esegue dopo la rifinitura a impregnante per proteggere il legno.

disegno canello in legno

realizza tenone

incastro a tenone e mortasa

telaio cancello

sagomare listelli

cancello di legno

 

Insonorizzare una stanza con pannelli di fibratessile

Una nuova gamma di prodotti destinati a insonorizzare una stanza, si rivela risolutiva per appartamenti situati in zone cittadine ad elevato traffico, dove il rumore è un concreto elemento di disagio abitativo.

Un buon isolamento termoacustico deve interessare per intero pareti e solai confinanti con l’esterno o con altre unità: un intervento realizzato in un’abitazione esposta ad una rumorosità elevata, portato a termine con successo, vale più di qualsiasi simulazione o scheda tecnica intrisa di grandezze fisiche confortanti.

Un esempio è il caso di questo appartamento situato al primo piano di una palazzina degli anni ‘50, priva di qualsiasi forma di isolamento acustico e con due lati affacciati sul traffico cittadino milanese: per ottenere un adeguato comfort acustico è stato necessario rivestire non solo le pareti perimetrali, ma anche quelle interne, dato il ridotto spessore delle tramezze confinanti con le altre unità abitative e con il vano scala, tipico degli edifici dell’epoca. Per lo stesso motivo è stato necessario procedere con l’isolamento acustico di pavimenti e soffitti che, a causa della mancata separazione fisica dei rivestimenti, amplificano la trasmissione dei rumori dovuti al calpestio, alla caduta di oggetti e allo spostamento dei mobili: dunque, un intervento che complessivamente poteva comportare una significativa riduzione dei volumi.

Grazie all’utilizzo di rivestimenti isolanti preaccoppiati, caratterizzati da alta efficacia, nonostante lo spessore modesto, la riduzione dello spazio fruibile è stata minima.  Protagoniste assolute di questo intervento sono state le lastre IsolGypsum, utilizzate per rivestire le superfici verticali: il pannello è composto da uno strato di gomma ad alta densità rivolto a parete accoppiato ad una lastra di gesso rivestito sulla faccia esterna, per uno spessore complessivo del rivestimento finito di 32,5 mm.

Per l’isolamento delle superfici calpestabili è stato utilizzato un tappetino di polipropilene ad alta densità accoppiato sui due lati ad un geotessile tecnico, anch’esso di polipropilene, applicabile su pavimenti esistenti e in grado di garantire, su pavimenti galleggianti, un isolamento ottimale anche in situazioni complesse.

La necessità di ricorrere ad un’isolamento in intercapedine delle controsoffittature ha fatto ricadere la scelta su un pannello tecnico di fibra tessile (a densità crescente lungo lo spessore) abbinato ad uno strato di gomma di densità superficiale 4 kg/mq, adatto anche per contropareti su orditura metallica. Le prestazioni acustiche dell’immobile sono decisamente migliorate, il comfort risulta elevato anche nelle ore di massimo traffico ed è stato raggiunto con una posa semplice e rapida.

Isolamento pareti e pavimento

pannelli di fibra tessile

Prima di posare le lastre si applica una striscia di Fascia Tagliamuro IsolGypsum a pavimento in corrispondenza delle pareti, allo scopo di separare le lastre dal massetto. Nelle lastre IsolGypsum Gomma si praticano i fori necessari per gli impianti e si procede al loro fissaggio (1). Per il formato XL (lastra di gesso 12,5 mm + strato di gomma da 20 mm, peso totale 24 kg/mq), oltre al fissaggio con tasselli, è consigliabile utilizzare anche un collante a base gesso, dato il loro peso consistente. Queste lastre hanno dimensioni di 1,2×2 metri e permettono di isolare superfici estese rapidamente e con sfridi contenuti; completato il rivestimento delle pareti si procede con la sigillatura delle giunzioni con nastro microforato (2) e si conclude con la rifinitura a stucco (3). Per l’isolamento del pavimento occorre applicare prima una striscia di Fascia TagliaBattiscopa alla base delle pareti per evitare il contatto diretto di queste con il rivestimento orizzontale. Si applica quindi, su un letto di adesivo steso con spatola dentata, il rivestimento in teli IsolTILE (4), la cui stesura va effettuata con uno speciale rullo che permette di esercitare pressione e garantire una presa uniforme. I teli vanno successivamente sigillati reciprocamente con la Fascia IsolTILE per assicurare la giusta continuità allo strato isolante. Tecnasfalti-Isolmant 

Intercapedine nel controssoffitto

isolare intercapedine

Anche l’orditura del controsoffitto va desolidarizzata dalle superfici adiacenti: si utilizza il Nastro Orditura Cartongesso lungo tutto il profilo a contatto delle strutture verticali e orizzontali. Allo stesso modo si isolano i profili verticali, in modo da evitare il contatto diretto tra la struttura metallica e le lastre di gesso rivestito. All’interno dell’intercapedine vengono inseriti i pannelli isolanti Perfetto RB (in foto sono riconoscibili per il colore grigio) in modo da garantire un adeguato riempimento della stessa: nella scelta dello spessore dei pannelli è bene fare in modo che l’intercapedine venga riempita per almeno l’80%. Terminata questa fase si applicano le lastre di chiusura in cartongesso, procedendo alla sigillatura e alla stuccatura delle giunzioni tra lastra e lastra e lungo il profilo perimetrale.

isolgypsum
IsolGypsum è una gamma di lastre di cartongesso accoppiate con diversi materiali (polietilene, fibra o gomma) per l’isolamento acustico degli edifici; completano la gamma fasce tagliamuro, nastro separatore, colla a base gesso, stucco coprigiunti e rasante per giunti, prodotti specifici per una posa a regola d’arte.

Recuperare acqua piovana per uso domestico e irriguo

Le previsioni per i prossimi decenni lasciano ben pochi dubbi: l’acqua è destinata a diventare il bene più prezioso e conteso, al punto di meritare fin d’ora l’appellativo di “oro blu”. Recuperare acqua piovana è importante per tutti noi

É necessario adottare uno stile di vita meno superficiale nell’utilizzo dell’acqua, ad esempio per lo sciacquone del wc, mentre ci si lavano i denti, nel fare la doccia, ecc, ma le abitudini di un popolo non cambiano da un giorno all’altro. Considerando che in Italia, a seconda delle zone, piove per 80-120 giorni l’anno, la possibilità di raccogliere ed utilizzare il frutto di questa sorgente naturale merita due conti: è stato stimato che a Milano un edificio con una copertura di 140 m2 in tegole levigate può raccogliere oltre 120.000 litri di pioggia l’anno; per recuperare questo ben di Dio, teoricamente basta un capiente contenitore con un ingresso ed un’uscita.

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  • Raggio di trasmissione:Principio di funzionamento: l'acqua scende dalla grondaia ed è poi centrifugata lungo le pareti, il che consente di recuperare quasi tutta l’acqua quando ci sono deboli precipitazioni.Quando vi sono piogge più importanti, il flusso è limitato dalla sezione del rubinetto e l’acqua in esubero viene evacuata al centro della vaschetta.Il recupero di acqua piovana sostenuto è pari a circa 20 litri al minuto.
  • La confezione include:Contenuto: 1 anello di chiusura, 1 vaschetta con rubinetto, 1 angolo di uscita a 90°, 1 sega a tazza, 2 viti autoperforanti, 1 guarnizione in schiuma, 1 kit di collegamento alla riserva.
  • Adattabile ai condotti da 80 a 100 mm.
  • Incluso nella confezione:Collettore + Filtro.

Recuperare acqua piovana dalle grondaie alla cisterna
Il sistema più semplice, alla portata di tutti per recuperare acqua piovana, consiste nell’intercettare il tubo di discesa dei canali di gronda con un raccordo provvisto di sistema filtrante e far defluire le acque in un serbatoio, ben chiuso per evitare il deposito di impurità. L’acqua raccolta naturalmente non è potabile, ma può essere prelevata (attraverso un rubinetto nella parte bassa oppure con una pompa sommersa) per irrigare orto e giardino, per lavare l’auto o per altre operazioni di pulizia. Soluzioni di questo tipo, che comportano una spesa che può arrivare a qualche centinaio di euro per i serbatoi a colonna più sofisticati, consentono già un notevole risparmio. Un’indagine più approfondita, tenendo conto della superficie di raccolta dell’acqua piovana (tetto o altra copertura), della frequenza delle precipitazioni nella zona, del fabbisogno idrico familiare, può far emergere la fattibilità di soluzioni più complesse.

Tubazioni parallele
In occasione di ristrutturazioni importanti che prevedano il rifacimento della parte idraulica o di nuove costruzioni, si può ad esempio interrare un serbatoio di grande capienza e predisporre tubazioni parallele alla rete idrica civile per alimentare lavatrice, lavastoviglie, sciacquone del wc, punti di prelievo per lavare pavimenti ed altri scopi già citati. Va tenuto presente che l’acqua piovana ha una durezza inferiore fino al 30% rispetto a quella sanitaria, pertanto al risparmio si aggiunge anche un miglior funzionamento degli elettrodomestici alimentati, riducendo la formazione di depositi calcarei. La capacità del serbatoio è un aspetto importante: se è sovradimensionato rispetto alle effettive necessità ed alle precipitazioni, ne va della qualità dell’acqua raccolta, soggetta a lunghi ristagni che la rendono inutilizzabile per molti scopi, pur essendo filtrata. Per sistemi di questo tipo serve un investimento compreso tra 3.000 ed oltre 10.000 euro, del quale ai conti attuali si può rientrare in un periodo compreso tra 10-15 anni; il prezzo dell’acqua potabile, però, estremamente variabile nelle diverse zone d’Italia, è comunque destinato a salire anche in vista del calo delle risorse, perciò i tempi di ammortamento potrebbero ridursi in maniera sensibile. Alcuni accorgimenti possono migliorare ulteriormente questi impianti di recupero: nel caso di serbatoi interrati, la parte finale del tubo di raccolta va curvata verso l’alto per evitare che l’acqua in entrata crei turbolenze, smuovendo eventuali sedimenti. Se l’aspirazione dell’acqua è affidata ad un tubo flessibile che pesca 10-15 centimetri sotto il livello si ha la certezza di prelevare sempre acqua pura. Oltre che dalle coperture, in questi casi, è possibile recuperare anche l’acqua di scolo dalle pavimentazioni esterne, tramite tombini protetti da apparati filtranti e collegati al tubo di ingresso al serbatoio, sovradimensionato per la maggiore portata.

Recuperare acqua piovana per uso irriguo

cisterna per uso irriguo

 

Se l’acqua piovana viene utilizzata solo per scopi irrigui, arriva alla cisterna dopo essere stata filtrata e da qui viene inviata al punto di prelievo per mezzo di una pompa sommersa collocata nella cisterna (ma si può usare anche una pompa autoadescante esterna), provvista di filtro sull’aspirazione. Ad un livello appena più basso rispetto al tubo d’ingresso va previsto un troppopieno che convoglia l’acqua eccedente ad un pozzetto di dispersione.

Uso domestico

cisterna per uso domestico

 

Per utilizzo domestico il sistema è più complesso: il tubo di prelievo, disposto in salita verso l’abitazione, è collegato con il sistema di pompaggio provvisto di valvola antisvuotamento. La partenza del tubo di dispersione necessita di un sifone ed eventualmente di una valvola antiriflusso.

Installazione della cisterna

installazione cisterna

  1. il peso di una cisterna è contenuto: 150-200 kg per una da 3.000 litri, 300-400 per una da 6.000 litri. Per il sollevamento basta imbragarla e sollevarla utilizzando il braccio di una piccola ruspa.
  2. la collocazione dev’essere il più possibile vicino all’abitazione, in un luogo facilmente accessibile per la manutenzione; sarebbe meglio rimanere fuori dagli spazi carrabili, anche se…
  3. …il chiusino ispezionabile da fissare al corpo della cisterna è provvisto di una piastra di ghisa in grado di sopportare il transito dei veicoli.
  4.  la tubazione di arrivo dell’acqua dalla casa deve rispettare una leggera pendenza. In base alle condizioni climatiche del luogo bisogna che la collocazione dei tubi sia ad una quota tale da non risentire dei rigori invernali.
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Case nuove

schema recupero acqua piovana

Se gli impianti sono ancora in fase di progettazione, prevedere il recupero dell’acqua piovana offre molte possibilità: alimentare elettrodomestici come lavatrici e lavastoviglie (l’acqua piovana ha una durezza inferiore del 30% rispetto a quella di rete), lo sciacquone del wc, la caldaia. L’apporto di acqua a queste utenze deve essere sempre garantito, pertanto, per quando sia esaurita la riserva della cisterna, è necessario il collegamento all’acquedotto per mezzo di una centralina a parete.

Case esistenti

serbatoio acqua

Più limitato è l’utilizzo dell’acqua piovana in un’abitazione già fruibile ed edificata secondo i criteri convenzionali. Il riutilizzo si limita a punti di prelievo esterni per pulizia, lavaggio dell’auto, irrigazione del giardino o dell’orto. Dovendo interrare il serbatoio, è da valutare la possibilità di intercettare eventuali tombini di pertinenza e recuperare acqua non solo dal tetto, ma anche dal calpestio attorno all’abitazione; in questo caso il tubo d’ingresso al serbatoio va sovradimensionato.

Piastrella rotta Come sostituirla senza sbagliare GUIDA COMPLETA

Per sostituire una piastrella rotta occorre intervenire con un intervento mirato

Se le piastrelle di ceramica del pavimento o di una parete sono scheggiate o rovinate dobbiamo procedere alla loro sostituzione dopo essercene procurate di uguali. La prima operazione consiste nell’eliminare la vecchia piastrella fratturandola in più punti. Il vecchio materiale di fissaggio ancora aderente al sottofondo si elimina con spatola o scalpello per muratura a punta piatta. Applichiamo le nuove piastrelle utilizzando una colla a base sintetica che è molto pastosa e disponibile in tubetto o in barattolo. Lasciamo indurire l’adesivo per almeno 24 ore, quindi passiamo al riempimento delle fughe con materiale di sigillatura.

Per sostituire una piastrella rotta si parte dalla sua totale eliminazione

sostituzione piastrella

  1.  Eliminiamo la fuga attorno alla piastrella separandola dalle altre per evitare che i colpi possano trasmettersi anche alle piastrelle limitrofe danneggiandole. Con uno scalpello a punta acuta, frantumiamo la piastrella partendo dal centro.
  2. Asportiamo con cura i frammenti rimasti aiutandoci con una spatola o uno scalpello piatto per sollevare parti fortemente ancorate al sottofondo, che va poi spazzolato e lavato con una spugna inumidita.
  3. Quando il fondo è ben asciutto prepariamo la colla specifica per piastrellatura che si può applicare sotto la nuova piastrella, a punti, oppure sul fondo. Attenzione a non eccedere per non avere problemi di livellamento.
  4.  Collochiamo la nuova piastrella nello spazio vuoto cercando di posizionarla in modo che le fughe siano regolari e non presentino differenze di spessore o di allineamento. Eventualmente possiamo utilizzare i crocini distanziali.
  5. Per assestare la piastrella e far allargare e aderire la colla battiamo su di essa con il manico del mazzuolo, agendo su vari punti. Controlliamo sempre con la livella e una riga che il livello sia quello della pavimentazione.
  6.  A indurimento avvenuto, quando non rischiamo più di spostare la piastrella, versiamo un impasto abbastanza liquido per fughe, che regolarizziamo con un pennellino. Infine, puliamo con una spugna umida.

La colla per piastrelle

impasta colla per piastrelle

Conviene utilizzare la classica colla per pavimentazioni che si acquista in sacchetti e si miscela con acqua nelle proporzioni indicate sulla confezione. Se l’impasto risulta difficile da mescolare manualmente, usiamo una punta miscelatrice che, azionata dal trapano, impasta la colla fino alla preparazione di un composto omogeneo. I costi dei collanti per piastrelle sono variabili in funzione della tenacia e della resa del preparato. Nel caso della sostituzione di poche piastrelle ne va preparato un piccolo quantitativo perché il prodotto indurisce rapidamente e l’eccesso andrebbe sprecato.

L’area di applicazione, dove intendiamo sostituire una piastrella, va ripulita a fondo rimuovendo bene la colla precedente in modo da fare spazio allo spessore del nuovo adesivo che va distribuito con la massima uniformità: allo scopo utilizziamo la spatola o la manara dentata.
Posizioniamo la nuova piastrella mantenendo il parallelismo con quelle adiacenti e premiamola per mantenere le superfici perfettamente allineate in altezza.
La finitura va fatta con il riempi-fughe, da distribuire in abbondanza per poi tirarne via l’eccedenza con
la spugna prima che sia asciutto. Materiali e attrezzi sono reperibili nei centri bricolage.

Nuovo esempio di sostituzione piastrella rotta

sostituzione piastrella

  1. Prima con martello e scalpello rompiamo la piastrella e rimuoviamo lo strato di colla sottostante. Attenzione a non intaccare le piastrelle vicine, e poi con il raschietto elettrico, che ci fa risparmiare tempo e garantisce un ottimo risultato, asportiamo ogni residuo della vecchia colla.
  2. La colla per fissare la nuova piastrella va distribuita nel modo più uniforme possibile con la manara dentata tirando l’adesivo, spalmandolo e lasciandone la giusta quantità sotto forma di una serie di cordoni paralleli. Possiamo ora poggiare la piastrella centrandola nello spazio libero.
  3. Una volta asciutta la colla, stendiamo il riempi-fughe con l’aiuto di una spatola morbida facendo in modo che sia uniformemente distribuito negli spazi vuoti intorno alla piastrella.
  4. Prima che il riempi-fughe sia completamente asciutto rimuoviamone l’eccedenza con una spugna. Quando è perfettamente asciutto e indurito del tutto possiamo pulire a fondo.

UTENSILI
Martello, scalpello, manara dentata, raschietto elettrico

Spazzole tergicristallo: sostituzione

Sostituire le spazzole tergicristallo è un intervento doveroso quando notiamo che l’efficienza pulente è diminuita

Il profilato di gomma inserito delle spazzole tergicristallo è la parte sottoposta maggiormente a usura. La gomma col tempo si indurisce, si screpola e non è più in grado di adattarsi alla forma del cristallo: il deterioramento è progressivo e la sostituzione fai da te si impone se si notano screpolature, o rotture alla base dei pattini. Le spazzole sono collegate ai bracci con un sistema di fissaggio rapido: per toglierle in genere bisogna premere una molletta ed estrarre la spazzola verso l’esterno dopo aver ribaltato un giunto a forma di U. I pattini, invece sono da inserire in modo diverso a seconda di marca e modello dell’auto.

É utile sapere che…

tergicristallo rotto
Per garantire una buona durata alle nostre spazzole tergicristallo è molto importante anche la composizione del liquido lavavetri: usiamo sempre un tergivetro specifico nelle proporzioni indicate sulle confezioni, oppure una semplice miscela di acqua e alcool denaturato (4 parti di acqua e 1 di alcool).

 

Sganciare la spazzola

sganciare tergicristallo

  1. Alziamo il braccio del tergicristallo e incliniamo la spazzola fino a formare una T con il braccio stesso. A questo punto, facciamo leva sui ganci che tengono la spazzola fissata al braccio metallico.
  2. Tiriamo verso il basso la spazzola vecchia, in modo da farla fuoriuscire dalla sede a “U” del braccio metallico. Ripetiamo la stessa operazione anche per l’altra spazzola.
  3. La nuova spazzola va inserita nel braccio nello stesso modo in cui era inserita quella vecchia e, sempre mantenendo la posizione, spingiamo nella sede a “U” la spazzola fino a farla agganciare.
  4. Le spazzole nuove hanno bisogno di un breve periodo di “adattamento”: è bene azionarle anticipatamente, per qualche minuto,  bagnando il vetro preventivamente con il liquido lavavetri.

Sostituire il pattino

sostituire pattino tergicristallo

  1. Smontiamo i vecchi pattini sfilando la clip di bloccaggio (diversa in ogni modello di auto). In questo caso è collocata sul corpo del tergicristallo, in altri è situata alle estremità laterali.
  2. Dopo aver aperto la clip di sicurezza, sfiliamo delicatamente il vecchio pattino. Non forziamo esageratamente, possiamo eventualmente aiutarci con acqua saponata, che facilita lo scorrimento.
  3. In questo modello, il nuovo pattino necessita di essere inserito su un supporto metallico. In altri casi questa operazione non è da compiere, procedendo subito all’inserimento sul tergicristallo.
  4. Facciamo scorrere il nuovo pattino sulla guida del tergicristallo (eventualmente lubrificata con acqua saponata). Riposizioniamo le clip di bloccaggio e verifichiamo il corretto funzionamento.

Manutenzione saliscendi doccia | Interventi passo-passo

La manutenzione del saliscendi doccia è un’operazione che dev’essere effettuata periodicamente

I problemi della doccetta a telefono” dipendono, spesso, da due classici fattori: l’occlusione dei fori del soffione da parte di corpi estranei o calcare e il deterioramento, fino alla perdita della tenuta, delle guarnizioni del tubo flessibile di alimentazione. Gli interventi da eseguire, per effettuare la manutenzione del saliscendi della doccia e riportare tutto a un buon funzionamento, sono semplici e veloci: basta trovare mezz’ora di tempo per effettuarli. Un punto debole è il flessibile che va dall’attacco a parete (o al gruppo bagno) alla doccetta. Se il tubo interno si è fessurato e perde va sostituito tutto il flessibile svitando le ghiere alle sue estremità (attenzione a non lasciare brutti segni con le pinze).

Scopri come installare un set asta-doccia in pochi passaggi

É utile sapere che:
Le doccette mobili sono installate sia a parete, sia collegate algruppo bagno con comando a deviazione. Nelle docce con saliscendi sono
collegate a un elemento mobile e dotate, come le precedenti, di tubo flessibile.

 Disegno illustrato

disegno doccetta doccia

Manutenzione saliscendi doccia

svitare flessibile doccetta

  1. Svitiamo l’attacco a muro del flessibile della doccetta agendo sulla ghiera, dopo aver interposto uno straccetto per non segnarlo con le pinze giratubi. Non bisogna stringere troppo.
  2. Scolleghiamo il flessibile anche dalla doccetta allentando la ghiera che lo collega. Se non si svita proviamo a bagnarla con aceto o con un preparato anticalcare e facciamo passare acqua calda.
  3.  Alle due estremità del flessibile vi sono delle guarnizioni anulari che vanno sostituite. Esaminiamo le sedi delle guarnizioni, se sono danneggiate o troppo incrostate si sostituisce anche il tubo flessibile.
  4. Il calcare che si deposita nei forellini e nei filtri riduce notevolmente il deflusso dell’acqua e rende irregolare il getto. L’intervento consiste nello svitare l’erogatore centrale e accedere alla vite che tiene assemblato l’insieme.
  5. Dopo averla smontata, i componenti della doccetta si pongono a bagno in acqua tiepida in cui abbiamo versato un liquido anticalcare. Altro anticalcare può essere spruzzato sui filtri fino all’eliminazione delle incrostazioni. In questo modo, tutti i forellini erogano regolarmente l’acqua.

Rosa dei venti fai da te per il giardino

La rappresentazione schematica della rosa dei venti campeggia nel nostro giardino grazie ad un semplice, ma paziente e preciso, lavoro di mosaico.

Abbelliamo l’angolo di verde con una rosa dei venti fai da te che non stona assolutamente, anzi impreziosisce il prato.  La rosa dei venti fai da te con le sue quattro punte principali indica il nord, l’est, il sud e l’ovest; con le sue quattro punte minori altre quattro direzioni secondarie: il nord-est, il sud-est, il sud-ovest, il nord-ovest. Da ogni punto cardinale soffia un particolare vento e quindi, con la nostra rosa dei venti sotto gli occhi, possiamo anche sapere se soffia tramontana o maestrale. Otteniamo l’aspetto tridimensionale delle punte con due colori simili, ma uno più scuro dell’altro; il disegno, nella sua elementare simmetria, è facile da riprodurre su qualsiasi supporto. Essendo la nostra rosa dei venti collocata a terra, dobbiamo realizzarla con materiale resistente e inalterabile; il basamento è in calcestruzzo gettato in uno scavo poco profondo, rinforzato con rete elettrosaldata. Le campiture colorate delle punte si ottengono con piastrelle di ceramica spezzate in forme casuali, il fondo esterno e i contorni con sassolini tondeggianti. Colla per piastrelle e stucco per fughe ci consentono di ottenere un risultato e bello e duraturo.

Scopri di più sui punti cardinali della rosa dei venti

Cosa occorre

colla per piastrelle e cemento
Piastrelle di scarto di vari colori; sassolini chiari; cemento bianco; colla per piastrelle; cemento; sabbia; tavole per cassaforma; cazzuola; manara; tenaglie; martello; mazzuolo.

 

Preparare la base per la rosa dei venti fai da te

basamento di cemento

  1. Prepariamo un telaio-cassaforma con quattro tavole con lato di 1 metro e collochiamolo sul terreno; con una bussola lo posizioniamo in modo che una coppia di lati sia in direzione Nord-Sud e l’altra Est-Ovest.
  2. Il terreno all’interno della cassaforma va scavato per 5-10 cm di profondità asportando innanzi tutto la zolla erbosa e poi approfondendo in modo che l’armatura scenda di qualche centimetro. In questo spazio deve essere realizzata la gettata che funge da base per la rosa dei venti.
  3. All’interno della cassaforma collochiamo una rete elettrosaldata tagliata di misura che faccia da armatura. Effettuiamo la gettata con calcestruzzo che allarghiamo con la cazzuola in modo che copra bene il terreno anche sotto la rete e poi aggiungiamo calcestruzzo fino a coprire di qualche centimetro la rete stessa.
  4. La superficie della gettata va spianata accuratamente prima con la manara. Possiamo usare la cassaforma solo come indicatore del riquadro e quindi mettere solo pochi centimetri di calcestruzzo (come qui) oppure riempirla fino al bordo e usare il filo superiore della cassaforma per spianare il cemento usando la staggia.
  5. Se con la gettata siamo stati al filo del manto erboso lisciamo con la staggia dopo aver aperto e rimosso l’armatura.
  6. La gettata va lasciata indurire bagnandola un paio di volte il giorno per garantirsi che il cemento asciughi lentamente ed evitare la formazione di crepe.

 Il mosaico

realizzare un mosaico

  1. Prepariamo le tessere del mosaico riducendo a pezzettini le piastrelle colorate.
  2. Dopo aver tracciato sulla superficie del cemento la rosa dei venti, collochiamo le tessere “a secco” per controllarne la disposizione e la disponibilità.
  3. Prepariamo un impasto di acqua e cemento bianco in quantità limitata per poterlo utilizzare come base di applicazione delle tessere. L’impasto non deve essere troppo fluido.
  4. Stendiamo uno strato di cemento sulla superficie entro i limiti di una campitura e iniziamo a collocarvi le tessere. Tra una e l’altra lasciamo uno spazio vuoto di 2-4 millimetri.
  5. Man mano che procediamo spianiamo le tessere con una delicatissima azione del mazzuolo di gomma.
  6. Quando le tessere e i sassolini di alcune campiture adiacenti sono stati collocati e il cemento bianco è indurito, prepariamo un impasto di colla per fughe e lo stendiamo sulla superficie. Con una spatola o una racla lo facciamo penetrare negli interstizi tra tessera e tessera.
  7. Con una spugna umida si pulisce la superficie a mosaico, passando più volte. Si procede nello stesso modo con le altre campiture.

Tassellatore a batteria Ryobi

Il tassellatore a batteria Ryobi è Compatto, ergonomico, potente e consente di lavorare in piena libertà e con grande controllo per forare legno e acciaio, senza percussione, calcestruzzo e pietra, con percussione, demolire con o senza la rotazione libera della punta

Libertà di movimento, potenza e versatilità, sono le principali doti offerte dal nuovo tassellatore a batteria RYOBI che risponde alla sigla R18SDS+. L’utensile si avvale della batteria al litio da 18 V e 2,5 Ah che rientra nella gamma ONE+, l’innovativo sistema che comprende 29 elettroutensili, più 7 dedicati al giardino, azionabili da una sola batteria. La gamma ONE+ gode di identici attacchi e medesima tensione di alimentazione: questo significa per esempio che con un paio di batterie, massimo 3 in tutto, si può affrontare qualsiasi lavoro continuativo, senza interruzioni, oltre al consistente risparmio nel completare la dotazione, visto che gli utensili ONE+ sono disponibili all’acquisto anche senza batterie e stazione di ricarica.  A questi vantaggi, l’alimentazione a batteria porta anche quello di potersi muovere senza impedimenti nelle frequenti condizioni disagevoli, come su una scala o un trabattello, oppure dove non siano presenti prese di corrente elettrica. Il tassellatore a batteria Ryobi dispone di 3 funzioni principali, più una che, se non si può definire una vera e propria funzione, è comunque un’importantissima impostazione intermedia. La prima è la normale foratura, la seconda aggiunge la percussione (autentici colpi da 1,3 J), la terza è quella di demolizione con punta libera di ruotare passivamente, la quarta è la demolizione con punta bloccata nella posizione desiderata. L’attacco al mandrino è di tipo rapido SDS+. Un LED in posizione frontale illumina l’area di lavoro a utensile attivo. Ryobi

3+1 funzioni

tasellatore r18SDS+

  1. Con la punta a scalpello piatto si rimuovono rapidamente e senza sforzo le piastrelle dalla parete, soprattutto se si blocca la punta impedendole la libera rotazione. In questo modo è più semplice orientare la lama agevolandone al massimo la penetrazione sotto la ceramica.
  2. La particolare conformazione del corpo del tassellatore, con le impugnature in tandem, permette una grande naturalezza d’uso sia ai destrorsi sia ai mancini. Le impugnature brevettate Gripzone+™ garantiscono il massimo controllo dell’elettroutensile e un eccellente comfort.
  3. Nonostante il tassellatore sia a batteria, la notevole potenza della percussione deriva dal meccanismo interno che sviluppa la sua azione in modo dinamico con un’escursione importante dell’attacco al mandrino; questo raggiunge una frequenza massima di 5000 colpi al minuto, con un’intensità di 1,3 J.
  4. L’elettroutensile è molto compatto e l’alloggiamento della batteria alla base lo stabilizza durante l’uso contrastando il movimento torcente che si sviluppa nella foratura quando le punte dei trapani trovano improvvisa resistenza e tendono a bloccarsi di colpo
  5. Semplici pittogrammi indicano le impostazioni selezionabili sulla macchina e le sue peculiarità. Per esempio la capacità di foratura nel calcestruzzo sino a 16 mm di diametro e la disponibilità opzionale di una batteria da 4,0 Ah, che fornisce un’esuberante riserva di carica.