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Far da sé compie 40 anni

Da 40 anni ci piace fare

Pensiero far da sé di Nicla de Carolis Novembre 2014

Quando nel 1973 Massimo Casolaro, fondatore di FAR DA SÉ, allora dirigente alla Fratelli Fabbri editori, propose di realizzare una rivista di bricolage (in Italia non ne esistevano) la risposta fu no. Il pensiero dominante allora era quello di affrancarsi totalmente dalla manualità, dai lavori che la prevedessero; poter dire “… non sono capace di piantare un chiodo…” era il vanto di chi aveva studiato, come se lo studio fosse incompatibile con qualsiasi altra attività manuale. Con il passare del tempo questa mentalità si è andata ancora più radicando ed è degenerata fino al punto di far credere di poter sostituire al lavoro, sia pure dietro a una scrivania, la finanza, ossia poter vivere di rendita finanziaria, denaro che genera denaro. Questa crisi ci sta facendo tornare con i piedi per terra e si comincia a sentire un’inversione di tendenza, ci sono giovani laureati che si dedicano alla coltivazione della terra, che fanno il vino o che realizzano oggetti di arredo, unendo la teoria alle capacità pratiche del FARE con grande entusiasmo e con ottimi risultati. Forse anche i nostri governanti si sono resi conto che il lavoro si crea anche puntando sull’artigianalità delle eccellenze italiane, quindi orientando i giovani a scuole che, accanto alle indispensabili nozioni, insegnano a costruire, realizzare, senza aver paura di usare le mani. “Non saper far niente non è più l’aristocratica insegna dell’intellettuale moderno, ma il marchio di una sudditanza patita, di una servitù che dura, di una libertà non riconquistata”. Così scrive oggi il professor Cesare De Michelis, un intellettuale, splendido editore che con la sua Marsilio pubblica solo le perle più rare nell’inutilmente vasto panorama editoriale che affolla le nostre librerie. Alla luce dei fatti, la materia e il pensiero divulgati nella nostra rivista sono stati nel tempo caparbiamente controcorrente e lungimirantemente anticipatori. Nelle pagine di FAR DA SÉ abbiamo sempre sostenuto con forza la valenza della manualità; ci siamo entusiasmati costruendo e smontando per proporvi realizzazioni in cui nulla è lasciato al caso; ci siamo entusiasmati analizzando i vostri progetti unici, ingegnosi, intelligenti, stupefacenti; ci entusiasmiamo ogni giorno per le scoperte, per le migliorie tecniche ed estetiche che riusciamo a ottenere e siamo ansiosi di condividerle con voi. E grazie a tutti voi che ci seguite con affetto e partecipazione, giunti alla tappa dei 40 anni, portiamo avanti con immutata gioia e soddisfazione il credo del sapere FARE.

In occasione dei 40 anni di FAR DA SE’ potrete scaricare gratis il libro pensiero far da sé in versione digitale

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La squadra di Far da sé

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A partire da sinistra vedete le nostre facce, leggete i nostri nomi, le mansioni e l’anno dal quale abbiamo iniziato a lavorare per FAR DA SÉ

  • Foto 1 (da sinistra)Piergiorgio Magrassi, architetto, disegnatore (1981); Claudia Cazzulo, segretaria di redazione (2001); Valerio Poggi, redattore capo (1979); Emanuele Bottino, redattore capo (2007); Patrizia Ferrari, segretaria di redazione (1987); Francesco Poggi, redattore web (2012);
    Nicla de Carolis, direttore editoriale (1992)
  • Foto 2 (da sinistra): Carlo De Benedetti, direttore esecutivo (1986); Laila de Carolis, coordinatore grafico (2005); Dino Ferretti, fotografo (1978); Clara De Benedetti, responsabile ufficio spedizioni (1995); Marco Carlini, direttore vendite (1986); Ilaria Beretta, responsabile progetto Manualità (2011); Mauro Balbi, redattore tecnico (2005) …e tanti altri collaboratori esterni che non erano presenti quando abbiamo scattato la foto.

Siamo un gruppo di persone che lavorano in un posto splendido in mezzo ai boschi, con i caprioli e gli scoiattoli che si avvicinano alle finestre della redazione e le lucertoline che, quando ci sono le porte aperte, si intrufolano tra i nostri piedi. Infatti la nostra redazione è a Gavi, un paesino circondato dalla campagna, in provincia di Alessandria. Abitiamo tutti in zona e non “perdiamo” tempo in macchina come i cittadini per raggiungere la redazione o il laboratorio. Il nostro è un gruppo affiatato composto da redattori che hanno partecipato alla “costruzione” dei primi numeri di FAR DA SÉ e da giovani che hanno saputo apprezzare e portare avanti il passato arricchendolo delle innovazioni tecniche ed estetiche. Siamo in pochi per gestire una rivista mensile, FAR DA SÉ appunto, e tre riviste bimestrali (Rifare Casa, In Giardino, Fai da te OBI), un portale, i libri, i filmati,e tanto altro: dal nostro lavoro escono ogni anno oltre 4.000 pagine, dal nostro laboratorio migliaia di fotografie, centinaia di nuove costruzioni, decine di filmati, migliaia di articoli su internet. Questo grazie anche a consolidate collaborazioni esterne la cui produzione viene però sempre vagliata e dalla redazione. In questo numero speciale che celebra l’inizio del quarantesimo anno di vita di FAR DA SÉ vorremmo far rivivere a tutti il clima pioneristico dei primi anni di questa longeva rivista, un clima semplice, pulito, ruspante, generoso, un clima che, insieme all’entusiasmo per il lavoro, fa parte del nostro DNA oggi come allora. La nostra vocazione è divulgare, quindi non potevamo non farlo anche attraverso internet, con un sito che è, non solo nel nome, ma anche nella sostanza, il portale italiano del bricolage: il bricoportale.it che, grazie ai suoi contenuti unici, da cui conseguono un numero importante di visite quotidiane, è salito rapidamente nelle prime posizioni su Google. E poi c’è “Manualità, un gioco da ragazzi” il progetto che ha lo scopo di far conoscere ai bambini la bellezza di certi antichi lavori manuali spinti in un angolo dall’avanzare del moderno e di far provare l’emozione di realizzare qualcosa con le proprie mani. Qui, dopo aver aperto e attrezzato decine e decine di laboratori in tutta Italia, l’obiettivo è quello di entrare nelle scuole per diffondere la consapevolezza che la manualità della tradizione italiana, apprezzata in tutto il mondo, unita alle innovazioni tecnologiche, può tradursi in lavoro gratificante e remunerativo per tanti giovani del nostro Paese.

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Come installare un pluviale

Ecco come installare un pluviale che scarica direttamente nello scarico delle acque bianche

Piccole falde di tetto, specialmente se basse e sporgenti sul giardino, non vengono di solito raccordate con lo scarico delle acque piovane, ma vengono applicati alla grondaia terminali brevi, come le cosiddette teste di serpente, rivolti sul prato su cui riversano l’acqua raccolta. Talvolta l’acqua cade in una zona di passaggio, schizza muri e marciapiede, tant’è che si usano catenelle che rallentano la caduta dell’acqua. È molto meglio capire come installare un pluviale. La testa di serpente va rimossa e si chiude il foro che rimane nella gronda; il nuovo pluviale farà il percorso più idoneo a intercettare la rete di raccolta delle acque bianche che passa nelle vicinanze. Il problema maggiore è la rottura del marciapiede per far passare il primo tratto della tubazione interrata. La parte sottotraccia di conduttura è realizzata con tubo di PVC per scarichi, steso con una pendenza di circa 1 cm al metro.

Come installare un pluviale – Il materiale necessario

  • Tubo rame Ø 80 mm: 2 curve 60°, 2 segmenti rettilinei lunghi 2000 mm, 2 fascette fermatubo
  • Tubo scarico PVC Ø 80 mm: segmenti rettilinei e curve calcolate sul percorso
  • Pezzi speciali di PVC: 1 segmento di raccordo Ø 80 mm a 120 mm, 1 braga Ø 120 mm, 1 giunzione Ø 120 mm
  • 1 scarto di foglio di rame, colla per PVC, silicone per lattoneria.

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Come installare un pluviale

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  1. Rimosse alcune piastre di luserna, andando in profondità con il martelletto demolitore, è possibile scavare una galleria per il passaggio dello scarico, rompendo in superficie solo lo stretto necessario al prolungamento del pluviale.
  2. Partendo da sopra, componiamo la tubazione inizialmente senza incollare gli elementi: un primo tratto verticale, poi la curva a 90° e lo spezzone rettilineo in uscita. Gli spezzoni si tagliano alla giusta lunghezza con un seghetto da ferro.
  3. Tagliati tutti i pezzi, in modo che il tratto verticale sporga appena dalla pavimentazione, incolliamoli in successione con colla specifica per PVC, controllando con la livella il rispetto della pendenza necessaria al corretto scarico.
  4. Terminata la stesura delle tubazioni, iniziamo a ricoprire il tratto che rimane interrato oltre il marciapiede. Dapprima formiamo sul fondo uno strato di sabbia fino a ricoprire il tubo, poi ripristiniamo lo strato di terra e il manto erboso.
  5. Nella zona del marciapiede, dopo aver riempito con sabbia e ghiaia, armiamo la gettata con bacchette di ferro Ø 12 mm. Per una maggior tenuta, leghiamo le bacchette con il filo di ferro doppio da carpenteria.
  6. La gettata di cemento e ghiaia deve riempire bene tutti gli anfratti sottostanti, aiutando la penetrazione con la cazzuola e un bastone. Sopra va portata al livello d’appoggio delle piastre di luserna, spianata e lisciata in modo uniforme.
  7. Un particolare della fase di lavorazione dello scavo in cui il tubo di PVC risulta collegato allo scarico.

Scala a compasso fai da te

Le scale simmetriche a compasso, come quella illustrata, hanno due rampe entrambe munite di gradini che, aperte, formano con il pavimento un triangolo isoscele.  Sono molto stabili e permettono di salire da entrambe le parti.

Scala a compasso fai da te, scala fai da te, fai da te, come costruire una scala, costruire una scala, costruire una scala a compasso, scala in legno fai da te, scaletta fai da teLe scale a compasso sono molto stabili e permettono di salire da entrambe le parti. La costruzione di una scala a compasso fai da te è facilitata dalla disponibilità di specifiche cerniere che, regolate per aprirsi di 30°, permettono di inclinare le rampe dei 60° previsti dalle norme antinfortunistiche e facilitano, usandole come falsa squadra, il taglio delle estremità dei montanti, sia in alto, sia in basso. Questa scala a compasso fai da te, anche se costruita a regola d’arte, non è fatta per sopportare carichi gravosi: serve a raggiungere scaffali alti, la sommità di un armadio per prendere scatole o altro, senza il carico di pesi particolari. Per una maggior robustezza occorrono montanti di larice o faggio di pari sezione o di abete da 30 mm e gradini posti di piatto.

Cosa serve per costruire la scala a compasso fai da te:

  • In abete privo di nodi: 4 montanti 25x70x2000 mm, 12 gradini 20x45x430 mm
  • 4 barre filettate M6x480 mm con dadi a cupola e rondelle
  • 8 viti a testa svasata M5x40 mm con dadi autobloccanti e rondelle
  • 4 occhi a vite Ø 5×35 mm, 2 cerniere da scala, circa 2 m di catenella
  • Vernice trasparente all’acqua

Progetto scala a compasso fai da te

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La scala proposta ha un’altezza di 190 cm. La distanza tra gradino e gradino può variare dai 25 ai 35 cm, eventualmente aumentando i gradini, con dimensioni 2×4,5×43 cm.

Come costruire una scala a compasso fai da te

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  1. Aperte nei quattro montanti le sedi per i gradini, procediamo con l’inserimento di questi dentro le sedi aperte con il trapano e spalmate di colla. Aiutiamoci utilizzando un martello con testa di gomma.
  2. Prima che la colla del primo “pettine” abbia fatto completamente presa, incastriamo gli scalini nelle mortase del secondo montante previamente spalmate di colla. Puliamo eventuali fuoriuscite di adesivo.
  3. Mettiamo in piano la rampa, ricontrolliamo la squadratura dei gradini e mettiamo l’insieme in pressa fra due pezzi di legno di scarto per evitare che le ganasce degli strettoi segnino i montanti.
  4. Dobbiamo aprire, sotto il primo e il quinto gradino, quattro fori passanti nei quali introdurre, dopo aver liberato la rampa dalla pressa, le barre filettate che fungono da rinforzo strutturale.
  5. Fissiamo in testa alle due rampe le due cerniere da scala, in modo da unire insieme le due parti. Periodicamente controlliamo la tenuta delle viti e stendiamo un filo di olio lubrificante nelle giunture.
  6. Indispensabili le catene di arresto fissate ai montanti. Dato che a scala aperta le catene debbono rimanere tese, la posizione dei loro punti di attacco dobbiamo definirla a rampe divaricate.
Vigor 9686007 Casa Scala Colibri, Alluminio, Portata massima 100 kg
  • Scala realizzata in alluminio
  • A 7 gradini
  • Pratica e compatta
  • Prodotto di qualità
Gierre A0050 Scala telescopica in acciaio Acal100 4+5 pioli (Altezza lavoro: 4.28 m)
  • Struttura in acciaio con svasatura alla base;
  • Montanti larghi con profilo stondato per una presa più confortevole;
  • Sistema di articolazioni in acciaio, con manopole dalla comoda impugnatura;
  • Sistema di sicurezza apertura-chiusura semiautomatico;
  • Altezza massima in posizione forbici: 3,44 m/Altezza massima allungata: 4.28 m
Scala telescopica in acciaio Acal100 - 4+4 pioli (Altezza lavoro: 3.76 m)
  • Prodotto certificato ACA1100 ai sensi del decreto legislativo 81/08
  • Solida struttura in acciaio estesa alla base
  • Altezza massima nella posizione della forbice: 191 cm
  • Altezza massima tesa: 376 cm, carico massimo: 100 kg

Impianto di aspirazione

Con un impianto di aspirazione centralizzato possiamo aspirare in tutte le stanze della casa senza dover portare o trascinare pesi. Basta collegare il tubo flessibile alle prese installate in ogni stanza e collegate alla centrale di aspirazione.

Impianto di aspirazione centralizzato, aspirazione centralizzata, impianto aspirazione centralizzato, aspirapolvere centralizzato, impianti di aspirazione, impianti aspirazioneUn impianto di aspirazione centralizzato permette di pulire la casa in modo semplice, intelligente e senza fare rumore. La centrale aspirante può essere collocata in un locale di servizio o sul balcone. Una rete di tubi posizionata sotto il pavimento, a parete o nel sottotetto, è collegata tramite bocchette ai vari locali dell’abitazione e per effettuare le pulizie basta introdurre il tubo flessibile in dotazione, fornito in diverse lunghezze per raggiungere tutti gli angoli della stanza; l’avviamento può avvenire direttamente dalla centrale fino a fine lavoro o con microinterruttori incorporati in ciascuna presa. Un impianto di aspirazione centralizzato rappresenta un sistema comodo in quanto evita di portarsi in giro un ingombrante e pesante aspirapolvere che urta gli spigoli dei mobili, collegato da un lungo filo che si aggroviglia con il pericolo di inciampare. La salvaguardia dell’igiene è assicurata perché permette di espellere all’esterno le polveri sottili ed i pollini dannosi alla salute con l’aria viziata e maleodorante che esce dai sacchetti dei normali aspiratori. Il tutto si può fare in modo silenzioso perché l’aspiratore è posizionato all’esterno ed è provvisto di silenziatore. Un impianto di aspirazione centralizzato va installato quando la casa è in costruzione o in ristrutturazione, contemporaneamente alla stesura degli altri impianti.

Ogni stanza della casa è collegata all’impianto di aspirazione centralizzato
Le bocchette di aspirazione possono essere di vario tipo, collocabili a parete, allo stesso livello delle prese elettriche, o a pavimento, una in ogni stanza. Importante evitare di posizionarle dietro a porte o su pareti interessate dall’arredamento. La centrale andrebbe collocata possibilmente in una zona di baricentro rispetto all’impianto, in un locale di servizio; se installata molto in alto (es. solaio) può essere necessario sovradimensionarne la potenza.

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Aspirazione centralizzata e tubo corrugato

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Realizzato l’impianto centrale di aspirazione, quello che si usa è un tubo corrugato dotato ad un’estremità di un sistema di aggancio alle bocchette e all’altra di tanti e diversi accessori di pulizia (spazzole, battitappeto, puliscitapparelle, ecc).

Scopri di più sull’aspirazione centralizzata

Trattamento dei pavimenti in cotto

Il periodico trattamento dei pavimento in cotto è un’operazione fondamentale per mantenere bello e nel tempo questo straordinario prodotto.

Il cotto è un eccezionale materiale le cui applicazioni sono arrivate fino a noi, dopo essere state utilizzate per secoli, con la medesima bellezza di un tempo. La tecnologia attuale permette di effettuare un trattamento dei pavimenti in cotto in modo da esaltare le qualità di questo manufatto, anche se la produzione del cotto segue un metodo artigianale vecchio di millenni.

Se per la posa del cotto si utilizzano i comuni materiali e tecniche, i trattamenti cotto che seguono hanno lo scopo di proteggerlo e facilitarne la pulizia, senza alterarne il fascino.

Il cotto, infatti, è un materiale di per sé poroso e come tale può assorbire sostanze e macchiarsi in modo irreparabile: per questo è indispensabile provvedere a renderlo impermeabile. I vecchi sistemi di posa sono stati via via abbandonati per far posto ai collanti, che semplificano il lavoro dei posatori senza alterare il risultato estetico finale.

Esistono diverse tipologie di pavimento in cotto:

  • Cotto Arrotato a crudo – La superficie rustica si ottiene prima della cottura in forno con spazzole d’acciaio.
  • Cotto Satinato – La lavorazione viene eseguita con dischi abrasivi, pertanto la finitura acquista un aspetto vellutato con una rusticità meno evidente rispetto all’arrotatura.
  • Cotto Levigato – Si presenta duro e compatto, bisellato e lucidato mediante mole abrasive.
  • Cotto Smaltato – Si ottiene applicando sulla piastrella cruda uno strato di smalto che viene assorbito in modo disomogeneo, lasciando una superficie volutamente irregolare.
  • Cotto Anticato – Di recente produzione, ma eseguita nel rispetto dei processi artigianali.

Trattamento dei pavimenti in cotto

Le fasi del trattamento dei pavimenti in cotto di dividono essenzialmente in:

  • Stuccatura del cotto
  • Impermeabilizzazione del cotto
  • Finitura a olio pavimento in cotto
  • Finitura a cera pavimento in cotto

Trattamento dei pavimenti in cotto – Stuccatura del pavimento in cotto

La stuccatura del cotto va eseguita con una boiacca di sabbia e cemento, alla quale possono essere aggiunti coloranti (solo per pretrattati); tuttavia ci sono prodotti sintetici già pronti che assicurano colori omogenei.

Impermeabilizzazione del cotto

L’impermeabilizzazione del pavimento in cotto (detta anche idrofobizzazione del pavimento in cotto) si esegue subito dopo la posa, consigliata per pavimenti molto assorbenti: evita la risalita di umidità latente dal sottofondo e costituisce un’ottima base per i trattamenti successivi.

Finitura a olio del pavimento in cotto

La finitura a olio del cotto è un sistema antico che prevede l’applicazione di olio di lino crudo e poi cera d’api. Oggi l’industria mette a disposizione prodotti impregnanti a base di oli vegetali essiccativi e idrorepellenti.

Finitura a cera del pavimento in cotto

La finitura a cera del cotto si esegue con cera neutra, per mantenere il colore originale, o con cera “antica” per scurire la superficie. In funzione del calpestio si applica periodicamente la cera di mantenimento.

Come recuperare un vecchio pavimento in cotto

  1. dopo un abbondante lavaggio con acqua iniziamo a lavare con la monospazzola gettando ogni tanto la soluzione acida. L’operazione va eseguita su non più di 2-3 m2 per volta.
  2. se occorre ripetiamo l’operazione, quindi risciacquiamo la superficie e aspiriamo la porzione di pavimento trattata con un aspiraliquidi lasciando asciugare bene.
  3. trascorsi alcuni giorni, a seconda della temperatura ambiente, per consentire l’asciugatura in profondità, procediamo con il trattamento di ripristino e la successiva finitura della superficie.

Scopri la linea specifica di prodotti Madras per la cura del cotto

 

Libreria rotonda fai da te

Costruzione passo-passo di una libreria rotonda fai da te

Ecco una libreria rotonda fai da te  che porterà in casa una nota di design, si ricava da due pannelli di MDF spessi 10 mm. Da un pannello tagliamo due dischi con diametro 1100 mm. Uno lo lasciamo intero e uno lo dividiamo in tre (due lunette con la base di 1000 mm e una striscia di scarto larga 100 mm). Dall’altro pannello di MDF, ricaviamo quattro lunette di pari diametro con la base di 780 mm.

Le sei lunette, due grandi e quattro piccole, vanno incastrate fra loro a mezzo legno. Le grandi formano una croce sui bracci della quale si incastrano, a formare un quadrato, quelle piccole. Gli incastri devono essere larghi quanto lo spessore dell’MDF e lunghi metà della larghezza delle lunette nei punti di incrocio. Lungo le linee tracciate a tergo del disco di fondo si aprono a una certa distanza dagli incroci i fori per le viti.

Da sapere circa la libreria rotonda fai da te: L’originale che ha ispirato la nostra realizzazione è la libreria di Joe Colombo, progetto del 1965, oggi prodotta da Industrie Carnovali

Cosa serve per realizzare la libreria rotonda fai da te:

  • 3 m2 di MDF spesso 10 mm
  • Viti Ø 4×40 mm
  • Primer di fondo
  • Smalto satinato
  • Avvitatore o cacciavite
  • Seghetto alternativo
  • Trapano elettrico
  • Strettoio a nastro
  • Metro, riga, squadra, matita e pennello

Libreria rotonda fai da te – il progetto

Come realizzare la libreria rotonda fai da te

  1.  L’intaglio degli incastri fra le lunette richiede precisione, sia per le misure (larghezza e lunghezza) sia per la perpendicolarità ai lati diritti. Se l’abbiamo, utiliziamo una guida di taglio.
  2. La libreria è formata da sette pezzi: un fondo, tre lunette “maschio”, con scanalature che partono dalla base dritta, e tre lunette “femmine”, con le scanalature aperte sul margine curvo.
  3. Iniziamo il montaggio mettendo in verticale le lunette con il dorso piano, quindi incastriamovi le altre, cospargendo i profili degli incastri con colla vinilica. Rimuoviamo subito la colla in eccesso.
  4. Serriamo la struttura completa con lo strettoio a nastro, verificando che le lunette siano in linea con la tracciatura. Rovesciamola e colleghiamo fronte e retro inserendo le viti nei fori d’invito aperti in precedenza.
  5. Stendiamo su tutto il legno una mano di primer e, quando è asciutto, carteggiamo leggermente per eliminare il “pelo”. Otteniamo così un supporto che limita l’assorbimento dello smalto e rende estremamente lisce le superfici.

Montaggio a parete della libreria rotonda fai da te

La libreria si fissa alle pareti o direttamente con viti e tasselli (4 per carichi pesanti) o con attaccaglie robuste.

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  • 7 Reggilibri

 

Contenitori per dolci fai da te

Una forma geometrica classica per questi colorati contenitori per dolci fai da te che rallegrano le feste dei più piccoli

Per realizzare questi simpatici contenitori per dolci fai da te servono:

  • un cartoncino bianco rigido;
  • perline indiane
  • glitter in colori assortiti
  • colla vinilica
  • pennello
  • nastro biadesivo
  • pinza fustellatrice
  • matita
  • forbici

Come realizzare i contenitori per dolci fai da te

  1. Realizziamo un cono con il cartoncino tracciando dapprima una sagoma precisa del suo sviluppo (1/4 di cerchio) con la matita. Tagliamo e fissiamo i lembi con pezzettini di nastro biadesivo che posizioniamo in modo che non risultino visibili.
  2. Con le forbici pareggiamo i bordi del cono in modo da renderlo perfettamente regolare.
  3. Con la fustellatrice pratichiamo sul cono, in prossimità della base, due fori in cui inseriamo un nastrino dorato che ci servirà per appendere il contenitore.
  4. Partendo dalla punta stendiamo la colla vinilica e copriamo una zona alta alcuni centimetri.
  5. Passiamo la punta del cono nelle perline colorate in modo da ricoprirla interamente. Possiamo anche “spolverare” la superficie col glitter brillante molto fine, che rimane aderente alla colla vinilica.
  6. Proseguiamo alternando le strisce di perline in colori diversi. Lasciamo che la colla asciughi bene prima di appendere i coni riempiendoli di caramelle e dolcetti. Realizziamo più coni con strisce di colore diverso.
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Come contrastare la condensa sui muri in modo definitivo

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Per porre rimedio alla condensa sui muri dobbiamo mettere in atto una serie mirati di interventi. Vediamo quali

muffaLa condensa sui muri è causata da un eccesso di umidità negli ambienti di casa (che è estremamente dannosa). L’aria calda è in grado di mantenere più umidità sospesa rispetto a un pari volume di aria fredda. Quando una massa calda (come i fumi di cottura dei cibi) viene a contatto con una superficie fredda (pareti, infissi) si abbassa di temperatura e cede l’umidità che non riesce più a mantenere in sospensione. L’umidità si condensa sui muri in minuscole goccioline e la sua presenza favorisce la formazione di colonie fungine (muffa sui muri) che anneriscono le pareti. Le colonie fungine causate dalla presenza di condensa si formano frequentemente vicino alle finestre e agli angoli delle stanze con muri freddi.  Inoltre, l’umidità, provoca la marcescenza di materiali porosi, come il legno dei mobili. La muffa sui muri si forma più spesso in cucina e in bagno dove la produzione di vapore acqueo è alta. Possiamo ridurre la formazione di condensa sui muri agendo su più fronti, come l’isolamento di pareti e infissi e il miglioramento della qualità dell’aria in casa.

Cosa serve per contrastare la condensa sui muri:

  • Materiali isolanti di vario tipo
  • Ventole, deumidificatori
  • Pitture antimuffa

Perchè si forma la condensa sui muri?

perché si forma la condensa

 Come contrastare la condensa sui muri

tubo isolato

Isolare i tubi: le tubazioni che entrano nell’abitazione, in cui scorre acqua fredda, si ricoprono di goccioline d’acqua. Per evitarlo dobbiamo fasciare i tubi con manicotti isolanti lungo tutto il loro sviluppo.

parete isolata

Isolare le pareti: per ridurre considerevolmente il raffreddamento delle pareti e la conseguente formazione di condensa possiamo applicare un isolante interno con controparete o un cappotto esterno.

deumidificatore

Il deumidificatore: per abbassare   l’umidità presente nell’aria di casa  utilizziamo un deumidificatore elettrico. La stessa funzione può essere svolta dal condizionatore impostato su “deumidificazione”.

ventola a vetro

Ventola a vetro: una ventola inserita sul vetro di una finestra della cucina (o in bagno, lavanderia) fornisce un ricambio continuo e una buona estrazione di umidità che riduce la formazione di condensa.

aspiratore elettrico

Aspiratore elettrico: nei locali come il bagno o la lavanderia ove la produzione di vapore acqueo è importante, è conveniente installare un aspiratore elettrico che convogli all’esterno l’aria umida.

pittura antimuffa

Pitture antimuffa: sulle pareti interessate dalla formazione di muffe conviene eseguire tinteggiature con idropitture contenenti (o arricchite da noi) con preparati antimuffa; ottima è la candeggina.

Uso dei sali assorbenti

sali assorbenti

  1. l’umidità ambientale può essere fortemente ridotta utilizzando i sali igroscopici che permettono di assorbire l’umidità dall’aria e fissare le polveri.
  2. il preparato (granulare o in pastiglie) si colloca in un cestello sotto il quale è presente una vaschetta. Il sale assorbe l’umidità dell’aria che si condensa e gocciola nella vaschetta. Questa va periodicamente svuotata e i sali vanno rinnovati quando sono esauriti.
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  • Efficiente e facile da usare
  • Antimacchia e anti-blistering
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Errori elettrici da evitare

Una piccola, ma dettagliata panoramica, sui più classici e pericolosi errori elettrici da evitare

errori elettrici, errori elettricità, sicurezza elettrica, errori da evitare, sicurezza, rischio elettrico, energia elettricaIl rischio di incidenti dovuti agli errori elettrici è oggi ridotto al minimo grazie ai diversi sistemi di controllo installati negli impianti a norma, ma l’energia elettrica rimane potenzialmente pericolosa, per negligenza o mancanza di informazioni nei riguardi della materia. Spesso viene sottovalutata la differenza tra prese e spine che possono reggere fino a 10 A (adatte per luci e similari) e quelle fino a 16 A utilizzate per i grossi carichi (stufa elettrica, ferro da stiro, ecc.), con il risultato che, collegando questi apparecchi con spine sottodimensionate si ha un surriscaldamento dei contatti che può causare cortocircuiti. Isolamenti trascurati, piegature forti o spaccature nelle guaine delle prolunghe, cavi da interno utilizzati in esterno, apparecchi sotto tensione che possono essere interessati da schizzi d’acqua sono altre fonti di errori elettrici. Basta qualche banale precauzione.

Cosa bisogna sapere circa gli errori elettrici da evitare:

  • Quando si utilizza un qualsiasi apparecchio elettrico bisogna sempre ridurre al minimo l’eventuale dispersione verso terra di una fuga di corrente, attraverso il proprio corpo. La prima precauzione è quella di calzare scarpe, meglio se con la suola di gomma.
  • Le spine e le prese da 10 A e 16 A si riconoscono per la distanza fra i tre poli e il loro diametro, maggiore nel secondo tipo. Le spine Schuko (tedesche) possono essere inserite nelle prese da 16 A tramite un adattatore.
  • I cavi per esterni devono disporre di doppia guaina e grado di protezione da acqua e polveri IP44 o IP55.

Errori elettrici da evitare

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  1. Poggiare sul bordo di una vasca da bagno un apparecchio elettrico collegato alla rete come il phon o la radio, costituisce pericolo di folgorazione. Ricordarsi sempre che negli apparecchi la tensione è presente anche se sono spenti.
  2. Per sostituire una lampadina non basta “spegnere” la luce: dobbiamo scollegare la tensione all’interruttore generale perché la tensione (la fase) potrebbe comunque essere presente in un morsetto del portalampada.
  3. Inserire spine nelle prese o azionare elettrodomestici sul piano di cucina bagnato o in una zona esposta agli schizzi del rubinetto (magari con le mani bagnate) espone a un possibile rischio di folgorazione.
  4. Uno degli errori che viene fatto più frequentemente è quello di collegare a spine multiple una massa di altre spine che si sommano e causano un forte flusso di corrente sui conduttori e sulla presa di corrente a parete.
  5. Non utilizziamo mai apparecchi con spine che mostrino segni di usura, come lacerazioni, spellature o elementi fuori posto. All’interno della spina possono crearsi pericolosi cortocircuiti di contatto tra con
  6. Non collochiamo mai veli o foulard su una lampada per attenuarne la luminosità. Il calore emanato dalla lampadina è ostacolato nella circolazione e nella sua dispersione: possono incendiarsi il velo o il paralume.

Togliere sempre la tensione prima di ogni intervento

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Qualsiasi intervento decidiamo di affrontare su una qualunque parte dell’impianto elettrico è sempre necessario togliere tensione all’impianto stesso, agendo sul quadro generale o addirittura sull’interruttore presente sul contatore è buona norma di sicurezza porre un cartellino sull’interruttore con l’indicazione (ad altri) di non rimettere tensione mentre stiamo effettuando l’intervento senza prima avercelo segnalato.

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Scaffali modulari fai da te

Realizziamo degli scaffali modulari fai da te eleganti nella loro essenzialità, facilmente modificabili e che comprendono un piano-scrittoio per studiare o lavorare al computer.

La costruzione degli scaffali modulari fai da te consiste nel preparare una coppia di montanti “dentati” sui quali sia possibile spostare a piacimento i ripiani in modo da ottenere diverse configurazioni possibili. Gli elementi verticali e quelli orizzontali degli scaffali modulari fai da te sono incastrati fra loro a mezzo legno.

Usiamo lamellare per i montanti e legno MDF per i ripiani. I montanti si possono anche realizzare in massello usando faggio, frassino o betulla. I ripiani sono facilmente spostabili in una nuova posizione ogni qual volta si desideri o si debba cambiarli di posto per accettare oggetti più o meno alti. I montanti sono “dentellati” con modularità uniforme in modo da lasciare circa 170 mm di spazio fra due ripiani successivi.

Cosa serve per realizzare gli scaffali modulari fai da te:

  • 4 montanti di lamellare
  • Ripiani di MDF
  • 1 gamba per tavolo con attacco a piastra
  • 8 tasselli a espansione
  • Viti per fissare l’attacco della gamba
  • Turapori
  • Vernice di fondo e smalto
  • Seghetto alternativo
  • Scalpello
  • Raspa
  • Livella a bolla

Scaffali modulari fai da te – il progetto

La costruzione

  1. Per arrotondare gli angoli anteriori dei ripiani, tracciamo una linea guida sull’MDF utilizzando come dima un disco di cartone del diametro opportuno. Utilizziamo una matita da falegname.
  2. Con il seghetto alternativo, tagliamo gli angoli seguendo la linea precedentemente tracciata. Utilizziamo una lama stretta per seguire facilmente la curva e impostiamo una velocità di taglio lenta.
  3. Anche gli incastri dei ripiani si sagomano con l’alternativo. Per non indebolire troppo il margine dei ripiani, il dente esterno dell’incastro dev’essere largo almeno quanto lo spessore del montante.
  4. Avvitiamo il supporto della gamba da tavolo al pannello di MDF (che funge da scrittoio) usando viti autofilettanti. La posizione della gamba dev’essere distante circa 25 cm dal bordo minore.
  5. Valutiamo con attenzione profondità e altezza degli incastri: nei montanti la prima dev’essere metà della larghezza dei montanti, la seconda dev’essere uguale allo spessore dei ripiani.
  6. I montanti si fissano con tasselli a vite. Fissato a piombo il primo, gli altri si montano usando come dime distanziali gli stessi ripiani. Durante le fasi di lavorazione verifichiamo che sia tutto in bolla.
SONGMICS Armadio Armadietto Guardaroba Scaffale Cubi Mobiletto Modulare LPC111
  • Armadietto modulare a sei cubi
  • Stabile e robusto: pannelli di plastica PP, giunti in plastica ABS e le cornici di filo in ferro
  • Carico massimo ad ogni scompartimento: 10 kg
  • Dimensioni di ogni cubo: 30 x 30 x 30 cm
Finether Libreria/Armadio/Scaffale/Scarpiera a 4 Ripiani per Libri, Cucina, Bagno, Soggiorno, Camera da Letto
  • Installazione: Facile da montare e smontare
  • Materiale ambientale: In legno plastico, ce certificato SGS
  • Disegno: Moderno e elegante, aggiungere un tocco di raffinatezza alla vostra camera da letto, soggiorno, cucina o in ufficio
  • Utilizzare: Ideale per lo storage dei libiri, ampolle, scarpe, giocattoli, soprammobili, cosmetici e provviste di bagno
  • Vantaggio: Senza formaldeide e l'inquinamento ed è robusta, non infiammabile, acqua e prova umida e facile da pulire
Alsapan, Scaffale a 5 Scomparti
  • Misure: 78.8 x 61.1 x 29.5 cm
  • Facile da assemblare
  • Unità modulare di forma cubica
  • Necessita solo di strumenti di base per il montaggio