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Fungo di Borgotaro fai da te

Sembrano funghi veri, ma sono riproduzioni di legno prelevato dal ceppo di vecchi alberi… ecco il fungo di Borgotaro fai da te

Quando si dice: ” è un Fungo di Borgotaro ” si allude alla famosa località in Provincia di Parma, Borgo Val di Taro,  famosa in Italia per la nascita di numerosi funghi porcini di ottima qualità, qualora le condizioni metereologiche siano favorevoli.

In questo articolo vediamo come realizzare riproduzioni fai da te del Fungo di Borgotaro in legno, da utilizzare come soprammobili, portachiavi, oggetti decorativi, regali…

Girando per i boschi è possibile andare alla ricerca delle piante di castagno più vecchie e malate. Una caratteristica di questi esemplari, specialmente se hanno un tronco di grande diametro, è quella di sviluppare escrescenze irregolari e sporgenti, nella parte bassa del fusto, che costituiscono la materia prima per la realizzazione del Fungo di Borgotaro fai da te. La massa legnosa ha bisogno di asciugarsi un po’ dopo essere stata prelevata, ma senza stagionare, altrimenti questa essenza, già di per sé piuttosto dura, diventa difficile da scolpire con attrezzi manuali quali sgorbie, scalpelli e altri taglienti sagomati.  In base alla dimensione del pezzo viene scelta la forma del fungo di Borgotaro che se ne può ricavare, serrandolo in una morsa con le ganasce ricoperte da “mordacchie” di alluminio per non segnare il legno. 

I materiali necessari

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Servono: sgorbie, scalpelli e altri taglienti sagomati; escrescenze legnose prelevate da piante di castagno, carta vetrata.

La realizzazione del Fungo di Borgotaro fai da te

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  1. Osservando il legno, si sceglie la parte che meglio si presta a ricavare la cappella del porcino. Lo si chiude in morsa orientandolo di conseguenza e si incide il pezzo con una sega a pettine fino a una certa profondità, lungo tutto il diametro, per mantenere l’attaccatura del gambo.
  2. Battendo sul manico di uno scalpello affilato con un mazzuolo, si asporta il legno in eccesso per iniziare ad abbozzare il gambo del fungo, con la tipica forma panciuta.
  3. Si riprende la sega a pettine per eliminare le sfogliature di legno e regolarizzare l’attaccatura tra gambo e cappella.
  4. Le spigolosità più marcate lasciate da sgorbie e scalpelli vengono eliminate facendo ruotare il pezzo contro un platorello abrasivo montato sul mandrino di un trapano.
  5. Levigata grossolanamente la sagoma, si completa la lisciatura a mano, con un pezzo di carta abrasiva ripiegato per arrivare fino in fondo alla gola tra cappella e gambo.
  6. In base al colore del pezzo si può scegliere se rifinire la superficie semplicemente a cera o applicare prima un colorante che permetta di raggiungere la tonalità desiderata.

E per quelli veri… visitate questo sito riportate le tabelle aggiornate di Crescita! Buon Fungo di Borgotaro a Tutti!

Scrub viso e corpo fai da te

Lo scrub è un termine inglese che indica l’esfoliazione della pelle. Vediamo come preparare una crema scrub fai da te per viso e corpo.

Questa crema scrub ha proprietà emollienti (date dal sale marino e dagli oli vegetali) e tonificanti (per azione degli oli essenziali di arancio, rosmarino e menta).
La pelle viene levigata e le cellule morte vengono rimosse. Si può utilizzare sia sulla pelle asciutta, sia sulla pelle bagnata.
Per il viso che è una zona sensibile, utilizziamo lo scrub su pelle bagnata, mentre per parti del corpo meno sensibili possiamo utilizzare lo scrub direttamente sulla pelle asciutta.

Ingredienti per la preparazione dello scrub

  • 9 cucchiai di sale marino fine
  • 3 cucchiai di olio di mandorle dolci
  • un cucchiaino e mezzo di olio di nocciola
  • un cucchiaino e mezzo di olio di jojoba
  • 4 g di cera d’api
  • un cucchiaino di acido citrico
  • 15 gocce di olio essenziale d’ arancia
  • 8 gocce di olio essenziale di rosmarino
  • 12 gocce di olio essenziale di menta

scrub viso fai da te

Preparazione dello scrub

Mettiamo in un contenitore il sale marino e aggiungiamo l’acido citrico e gli oli essenziali. Amalgamiamo il tutto

Scaldiamo a bagno maria la cera d’api con gli oli vegetali e aggiungiamoli al composto preparato col sale.
Mescoliamo fino ad ottenere una crema.

Versiamo in vasetti di vetro che possiamo decorare per rendere “homemade”.

scrub-corpo

 

Il cappotto fai da te

Isolare la casa con un click, in modo semplice con ILCAPPOTTOFAIDATE.IT

capp-3ILCAPPOTTOFAIDATE è la soluzione più semplice da installare per isolare al meglio le facciate esterne di un edificio. Migliora il comfort abitativo, riduce i consumi energetici e il costo delle bollette per il riscaldamento invernale ed il raffrescamento estivo. È l’unico sistema d’isolamento modulare, oggi sul mercato, che può essere montato con semplicità da chiunque. Allo stesso tempo esso utilizza componenti e tecnologie di assoluta qualità tali da garantire durata e affidabilità nel tempo.


“Chi fa da sé fa per tre”
L’idea del ILCAPPOTTOFAIDATE nasce infatti da qui. Una soluzione tipicamente professionale oggi alla portata di tutti in quanto semplificata al massimo nella sua applicazione. Perché non immaginarsi in una casa che ti fa risparmiare, più attenta alla salute e sensibile verso l’ambiente? Investendo su noi stessi oggi è possibile.

Il kit

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ILCAPPOTTOFAIDATE è un kit preassemblato è fornito in comodi scatoloni. Ogni kit isola 5m2 di facciata e si compone di:

  • Pannelli isolanti in polistirene espanso
  • Profili verticali e orizzontali di montaggio
  • Un sacco di malta per incollare e rasare
  • Un rotolo di rete di armatura
  • Distanziatori, viti e tasselli di fissaggio
  • Primer bianco
  • Rivestimento a spessore bianco
  • Manuale d’istruzioni

La struttura modulare de ILCAPPOTTOFAIDATE risponde alle esigenze di chi, nel tempo libero, vuole prendersi cura della propria casa. L’installazione infatti potrà essere suddivisa in più momenti secondo le tue esigenze.

Con ILCAPPOTTOFAIDATE si risparmia 3 volte

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Seguendo il semplice manuale d’installazione fornito col kit, in pochi e semplici passaggi, potrai isolare le pareti della tua casa ottenendo tre  importanti vantaggi:

  • Risparmia sull’installazione: ILCAPPOTTOFAIDATE è studiato per semplificare tutte le fasi applicative e dare la possibilità a chiunque di installarlo correttamente mantenendo inalterati gli standard qualitativi di un sistema professionale.
  • Risparmia sulla bolletta: con ILCAPPOTTOFAIDATE, isolando tutte le pareti della tua casa, riceverai bollette fino al 15-20% annuo più leggere, perché un buon isolamento riduce i costi per il riscaldamento invernale e il raffrescamento estivo.
  • Usufruisci delle detrazioni fiscali: Utilizzando ILCAPPOTTOFAIDATE hai la possibilità di accedere alle agevolazioni fiscali del 65% previste dal governo. Per valutare l’effettiva possibilità contattaci al numero verde 800-034245. Con poche informazioni i nostri tecnici saranno in grado di darti una risposta immediata e precisa.

Ogni kit isola 5 m2

ilcappottofaidate-6Nessun calcolo complicato per determinare le giuste dosi per ogni singola componente. È sufficiente sapere quanto misurano le pareti da isolare ed il gioco è fatto. All’interno di ogni confezione sono già presenti tutte le componenti necessarie del sistema ed un pratico manuale di posa illustrato che con semplicità spiega l’applicazione fornendo per ogni fase: tempi di posa, modalità applicative e strumenti accessori. Isolare la propria casa non è mai stato così facile.

 

Legno Teak per la doccia a filo

Un’installazione che richiede un’attenzione particolare per evitare infiltrazioni e garantire il deflusso dell’acqua senza ristagni; la doccia mantiene la continuità con il resto del bagno, pavimentato interamente in legno teak

In più occasioni, parlando di parquet, si esalta la piacevole sensazione che si prova nel calpestarlo a piedi nudi. Il bagno è la stanza degli scalzi per eccellenza, ma in molti ancora arricciano il naso se si sentono proporre un parquet per pavimentare questo locale: ma no, c’è l’umidità, ci sono gli spruzzi d’acqua… e che dire delle barche, allora? Diciamo anzitutto che il legno teak delle barche subisce trattamenti impermeabilizzanti non applicabili a quello utilizzato per i pavimenti, ma se si evitano ristagni e si sceglie l’essenza giusta il parquet in bagno può starci, eccome, ma farlo continuare anche sotto la doccia pare una scelta piuttosto azzardata. In questa ristrutturazione sono stati adottati accorgimenti che hanno reso possibile realizzare una doccia a filo pavimento in perfetta sintonia con il rivestimento circostante. Partiamo dalla scelta del legno: sono idonee le essenze che vengono utilizzate anche per i bordi piscina o le saune, legni che si mantengono stabili in condizioni di umidità come sono alcune specie africane ed esotiche, per esempio il legno teak, iroko, doussié, merbau, ipè. La preparazione del sottofondo con lo strato impermeabilizzante non differisce di molto da quella richiesta da un’altra doccia a filo pavimento, è la posa dei listelli che deve seguire un criterio diverso. Infatti, mentre per pavimentare il bagno i listelli di teak sono stati incollati perfettamente affiancati, per il piatto doccia occorre garantire al legno la possibilità di muoversi in virtù delle condizioni sfavorevoli in cui si trova per umidità e sbalzi di temperatura. Al tempo stesso, i movimenti devono essere assorbiti da un supporto che presenti un modulo elastico, così da rendere impossibili le cavillature che possono causare infiltrazioni. Infine, occorre mantenere una pendenza che guidi l’acqua in caduta verso una via d’uscita con una portata sufficiente a smaltirla senza causare ristagni. Oltre all’ampia caditoia a parete, per limitare eventuali sconfinamenti dell’acqua in direzione del normale parquet, si inserisce tra questo e il piatto una doga continua sagomata con un’impercettibile, ma funzionale, schiena d’asino, con pendenza favorevole verso il piatto. Il resto è puro buon senso: far circolare l’aria dopo l’uso della doccia, asciugare subito il piatto e trattare periodicamente il legno teak con prodotti adeguati.

Legno Teak – Come in coperta

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Oltre alla predisposizione del consueto strato impermeabilizzante, in questa situazione si è fatto ricorso a prodotti specifici per la nautica nella sigillatura delle fessure tra i listelli, come avviene per i comenti delle tolde in doghe di legno. Lo speciale sigillante, steso dopo l’applicazione di un primer specifico, ha un modulo estremamente elastico e, dopo l’essiccazione, mantiene per anni la sua efficacia nonostante l’esposizione a sole e salsedine, figuriamoci in una doccia!

Legno Teak – Il sottofondo

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  1. in fase di ristrutturazione i sistemi a secco presentano numerosi vantaggi per la ripartizione degli ambienti: qui buona parte degli impianti di bagno e cucina vengono nascosti nell’intelaiatura metallica della tramezza che divide i due ambienti prima del rivestimento.
  2. la caditoia con il tubo di scarico montato viene posizionata e registrata tramite i piedini di appoggio; si procede a stabilizzarla con malta di cemento.
  3. l’impermeabilizzazione delle superfici consiste nella stesura di un primo strato bituminoso sul sottofondo e sulla parte bassa delle pareti, nel quale si annega una rete di fibra come armatura che si ricopre con un secondo strato di bitume.
  4. per il sottofondo si usa un premiscelato pronto ad asciugatura rapida (4 giorni) che si posa con aggiunta di pochissima acqua, idoneo per massetti alleggeriti a basso spessore e con ritiro controllato. In esso sono annegate due piattine di acciaio, per migliorare la stabilità e per avere un riscontro durante la staggiatura, così da mantenere la pendenza corretta.
  5. a sottofondo asciutto, se il livello si rivela leggermente scarso, si può compensare con la stesura di un primo strato di colla, da lisciare e far asciugare.

Legno teak – Scarichi efficienti

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La caditoia laterale è indubbiamente la soluzione migliore per una doccia di questo tipo, sia per conformare il piatto con la corretta pendenza, decrescente verso la parete per tutta la sua larghezza, sia per la gran quantità di acqua che è possibile smaltire senza ristagni.
La doccia a filo pavimento è caratterizzata da una profondità ridotta per l’installazione del sifone, grazie a sistemi di scarico che risultano efficaci anche in soli 50 mm di altezza.

Legno teak – mosaico di listelli

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  1. il collante, steso questa volta con spatola dentata, è un prodotto bicomponente specifico per pavimenti in legno.
  2. la prova preliminare di disposizione a secco dei listelli ha permesso di ottimizzare la posa in modo di utilizzare elementi completi, senza frazionamenti. Nel senso della lunghezza vengono accostati, mentre lateralmente si lascia una fuga calibrata grazie a spessori preparati allo scopo.
  3. terminata la posa occorre attendere l’asciugatura della colla: prima che questa indurisca eccessivamente conviene però rimuovere gli spessori.
  4.  una carteggiatura a macchina, con frequenti controlli della pendenza, elimina i sottili dislivelli tra un listello e l’altro e,
  5. dopo l’aspirazione della polvere, il rivestimento è pronto per il riempimento delle fughe con il sigillante

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  1. per l’adesione del sigillante, le fughe vanno preventivamente trattate con un primer specifico che va lasciato assorbire per almeno 2 ore.
  2. la gomma, del tipo utilizzato in nautica, va estrusa in quantità un poco abbondante
  3. quindi lisciata prontamente esercitando pressione con una spatola metallica, avendo cura di ottenere una superficie uniforme senza bolle d’aria. Il prodotto va lasciato stagionare per 7-10 giorni prima di passare alle successive finiture.
  4. trascorso il tempo necessario, una nuova carteggiatura a macchina con abrasivo fine asporta lo strato sottile solidificato sul legno e livella definitivamente fughe e listelli di legno.
  5. il legno teak è un legno che dà il meglio di sé con un trattamento a olio che ne ravvivi le venature: si applica a pennello e si ripassa con un panno.

Portaoggetti da parete con i barattoli

Un pratico portaoggetti da parete verticale all’insegna del riciclo, per avere a portata di mano i materiali di consumo indispensabili per cucinare ogni giorno.

Portaoggetti da parete – I barattoli dei pelati di grande formato, come gran parte dei contenitori alimentari, sono destinati a finire nell’immondizia. A guardarli bene, sono robusti, capienti, senza essere ingombranti, e hanno la parte interna smaltata, il che potrebbe richiedere, per il nostro scopo, l’applicazione della finitura solo sulla parte esterna; a meno di avere una famiglia numerosa, questo formato non è usuale, ma la pizzeria dove andiamo abitualmente con gli amici, a fine serata può regalarci il materiale di base (probabilmente ci guarderanno in modo strano), a patto che non presenti deformazioni. Ripuliti i barattoli dalle tracce di polpa, la preparazione del portaoggetti richiede solo tre listelli di legno di adeguata lunghezza e poca ferramenta; la struttura si realizza rapidamente, i tempi per portare a termine il lavoro si dilungano a causa dell’attesa necessaria per l’asciugatura delle finiture. Applicando sul retro dei listelli posteriori qualche punto di Millechiodi impediamo che la struttura, appesa a un unico tassello a gancio, possa oscillare lateralmente.

Portaoggetti da parete – Il progetto

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Portaoggetti da parete – I contenitori

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  1. Servono: 6 barattoli di pelati da 2500 g; primer universale; smalto acrilico spray; un listello piatto 10×60 mm; 2 listelli quadri 20×20 mm; 7 piastrine metalliche; viti autofilettanti Ø 3×25 mm; bulloncini M4x20 mm adesivo Millechiodi.
  2. Con l’apriscatole asportiamo anche il fondo da ciascun barattolo e rifiniamo bene i bordi interni da entrambi i lati per eliminare la bava tagliente.
  3. Applichiamo una striscia di nastro di carta in verticale e su questa marchiamo i fori equidistanti dalla metà altezza, utilizzando una piastrina come maschera. Il nastro impedisce alla punta di scivolare durante la foratura.
  4. Spruzziamo su tutti i barattoli la vernice argento, stando a distanza opportuna.

Portaoggetti da parete – Il supporto

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  1. La lunghezza dei listelli dev’essere tale da permettere di fissare tutti i barattoli, distanziati di circa 15 mm. Le estremità dei listelli devono coincidere con il profilo esterno del primo e dell’ultimo barattolo. Sempre utilizzando le squadrette come dima, riportiamo i fori per il loro fissaggio equidistanti dalla mezzeria; poi, a 15 mm dai lati lunghi, marchiamo i fori per il fissaggio dei listelli di rinforzo posteriori, a metà tra un barattolo e l’altro.
  2. Pratichiamo i fori passanti, di diametro leggermente superiore, per i bulloncini di fissaggio dei barattoli; lateralmente apriamo quelli d’invito per le viti da legno. Con una coppia di morsetti blocchiamo, affiancati al listello piatto e con le estremità in linea, i due listelli di rinforzo, così da poter riportare su di essi, aiutati da una squadra, i punti per i prefori in linea con quelli già eseguiti.
  3. Realizziamo i prefori affondando con la punta per 6-7 mm e non di più lungo la mezzeria del listello.
  4. Facciamo coincidere i fori e avvitiamo i rinforzi, prima le viti alle estremità e poi quelle più interne. I rinforzi vengono a trovarsi rientranti rispetto al filo del listello piatto. Volendo, possiamo prima svasare i fori in modo da incassare le viti nel legno e ricoprirne le teste con un poco di stucco, per renderle invisibili.
  5. Completata la struttura di supporto, applichiamo sul legno una mano di fondo per prepararlo alla finitura.
  6. Dopo una leggera carteggiatura, per eliminare il “pelo” rizzato dal primer, verniciamo la superficie con un colore a nostra scelta, anche lateralmente.
  7. Ad avvenuta asciugatura, posizioniamo una piastrina all’interno di ciascun barattolo, facciamo coincidere i fori e inseriamo i bulloncini da dietro, serrando poi con il dado all’interno del barattolo.
  8. Un’identica piastrina in più ci permette di realizzare una rapida e tenace attaccaglia per appendere il contenitore multiplo a parete tramite un tassello a gancio.

Ricetta salsa verde

Un accompagnamento fondamentale per i bolliti, la salsa verde si presta per insaporire numerosi piatti… straordinaria anche da sola! Ecco la ricetta salsa verde

I suoi semplici ingredienti, alcuni presi a prestito dal mare e dai paesi caldi del Mediterraneo, ne fanno una delle salse basi che non devono mai mancare se decidiamo di fare i bolliti misti alla piemontese, un bell’arrosto e perché no anche un piatto a base di pesce. La ricetta salsa verde si prepara molto velocemente e non richiede particolare esperienza. Alla base di tutto ci sono il prezzemolo (da preferirsi quello a foglie grandi, il cosiddetto “prezzemolo gigante”) e le acciughe sotto sale che vanno lasciate a bagno per qualche minuto in modo che si liberino completamente dal sale. Si lavano quindi sotto il getto dell’acqua e si privano della lisca centrale.  A questi ingredienti aggiungiamo i capperi sotto sale e l’aglio (per gli amanti del gusto forte). Il bianco sodo e la mollica di pane imbevuta di aceto danno consistenza alla salsa. Se desideriamo possiamo aggiungere anche un po’ di tonno in scatola che aggiunge sapore alla salsa. Gli ingredienti si frullano insieme anche se nulla vieta di procedere con la classica mezzaluna e pestare tutto nel mortaio per realizzare una salsa come quella che facevano le nostre nonne. Quando la ricetta salsa verde è pronta si unisce dell’olio extra vergine d’oliva, aceto, si aggiusta di sale e si mette in un contenitore che portiamo allegramente in tavola. Quella cha avanza va conservata in un barattolo di vetro chiuso ermeticamente. 

Ricetta salsa verde ingredienti:
•  un bel ciuffo di prezzemolo;
• acciughe e capperi sotto sale;
• aglio;
• bianco  d’uovo sodo;
• olio; aceto; sale
• mollica di pane bagnata nell’aceto. 

Ricetta salsa verde – La preparazione

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  1. Puliamo bene il prezzemolo asportando anche parte dei gambi.  Laviamolo e asciughiamolo nella centrifuga per eliminare l’acqua in eccesso che renderebbe la salsa liquida. 
  2. Bagniamo la mollica di pane (preferibilmente raffermo) con l’aceto lasciando che si impregni bene. Puliamo quindi le acciughe e prepariamo gli altri ingredienti.
  3. Aggiungiamo nel bicchiere del frullatore i capperi, l’aglio, il bianco d’uovo sodo, le acciughe e la mollica di pane. Azioniamo l’interruttore e frulliamo fino a ottenere una crema densa
  4. Per rendere la salsa più omogenea aggiungiamo olio extravergine d’oliva dal gusto delicato poiché l’aroma dell’olio non deve prevalere su quello della salsa. 

 

Come realizzare un tetto verde

Un tetto verde si comporta come un sistema filtrante di moltissime particelle nocive presenti nell’aria e mitiga il clima; la bioarchitettura mira ad incentivare i tetti verdi per contrastare la diminuzione degli spazi naturali nelle metropoli

Una copertura piana sovrasta un identico spazio a terra occupato da una struttura, perciò “estorto” alla natura. La realizzazione di un tetto verde permette il recupero di questo spazio, semplicemente spostandolo ad un livello superiore: in una città i tetti dei capannoni industriali, dei condomini, dei garage, ma anche di molte palazzine, costituiscono potenzialmente una superficie verde paragonabile ad un grande parco cittadino. Certo, si tratta di aree non godibili visivamente e in molti casi neppure percorribili, ma l’apporto che possono fornire alla comunità come sistema di abbattimento dell’inquinamento è notevole, oltre a contrastare l’innalzamento termico tipico dei grandi centri urbani rispetto ai sobborghi. Il privato può invece beneficiare di una riduzione delle dispersioni termiche e delle spese di manutenzione cui sono soggette le coperture piane; l’inverdimento, inoltre, può essere applicato anche alle coperture a falda. Rispetto ad una copertura tradizionale c’è da considerare un investimento maggiore, variabile in funzione delle specie che si intende impiantare. Si parte indicativamente da 60 euro/mq, ma la durata dello strato impermeabilizzante raddoppia, si riducono i danni meccanici, l’isolamento termico migliora. Se ne può trarre anche un beneficio “psicologico” portato dal riavvicinamento alla natura ed un sicuro aumento del valore dell’immobile. Occorre che la soletta abbia una pendenza almeno dell’1,5-2%, si devono predisporre bocchette di scarico ispezionabili protette da griglie, in zone meno esposte al vento e al gelo, e dimensionare i vari strati in base alla pluviometria del luogo.

Tetto verde – il progetto ispiratore di Le Corbusier

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Costruita tra il 1928 e il 1931, villa Savoye si trova a Poissy, in Francia, ed è dal 1965 monumento storico. Le Corbusier, architetto, urbanista, designer e pittore, mise in pratica con questo progetto i cinque punti dell’architettura moderna che aveva lui stesso enunciato: i piloni, il tetto inerbito, la pianta libera, la facciata libera e le finestre a nastro. Nel dettaglio, il tetto-giardino restituisce all’uomo il verde, che in questa costruzione è presente sopra e sotto l’edificio: in quegli anni il cemento armato permetteva, dopo secoli di tetti a spiovente per eliminare le infiltrazioni, di realizzare una copertura piana e con umidità costante, così da consentire lo sviluppo di un giardino.
L’assenza di un’impermeabilizzazione sufficiente e la collocazione del terreno e delle piante tra i giunti delle lastre di copertura comportò in breve il formarsi di infiltrazioni significative. La strada da percorrere era comunque quella, per questo nei decenni successivi si è continuato ad affinare sia la protezione della struttura, sia la composizione degli strati che consentono la vegetazione delle piante. L’acqua piovana viene raccolta dallo strato drenante: quella in eccesso dev’essere smaltita senza ristagni, ma al tempo stesso deve poter funzionare da serbatoio e lasciar risalire l’acqua per capillarità attraverso il substrato per alimentare la vegetazione. Siccome il tetto verde, nella maggior parte dei casi, non è praticabile, il sistema deve funzionare autonomamente ed in perfetto equilibrio, quindi anche la scelta delle piante va orientata su specie che non necessitano di cure colturali.

Tetto verde – I benefici

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  1. Risparmio energetico: Rispetto ad una copertura tradizionale, il maggior isolamento assicurato dal tetto verde permette notevoli risparmi nei costi di riscaldamento e condizionamento.
  2. Escursione termica: Con la copertura verde la variazione termica è fortemente contenuta; questo preserva lo strato impermeabile e migliora le condizioni microclimatiche interne ed esterne dell’edificio.
  3. Smaltimento acque: Con la copertura verde la variazione termica è fortemente contenuta; questo preserva lo strato impermeabile e migliora le condizioni microclimatiche interne ed esterne dell’edificio.

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  1. Protezione da polveri: Le sostanze nocive presenti nelle polveri atmosferiche vengono captate e trattenute dalla vegetazione, anziché depositarsi sulla copertura e rimanere libere nell’aria.
  2. Protezione da rumori: Anziché propagarsi nell’aria, le onde sonore vengono assorbite dalla vegetazione; all’interno dell’abitazione si ha un abbattimento del rumore valutabile intorno agli 8 decibel.
  3. Protezione da elettrosmog: è sufficiente una copertura verde alta 15 cm per ridurre del 99% il campo di frequenza della rete cellulare e del 99,9% il flusso delle onde elettromagnetiche.

Tetto verde estensivo

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É la scelta vegetale meno impegnativa, indicata per coperture piane di grande superficie o per tetti a falde purché dotati di un adeguato drenaggio e di trattenimento del substrato. Il peso oscilla tra 75 e 150 kg/mq, in quanto lo spessore del substrato tra 5 e 10 cm permette solo la coltivazione di erbacee perenni e piante grasse che non necessitano di molta terra ed hanno esigenze idriche pressoché nulle, ma non possono essere calpestate; resistono allo stress termico ed al vento.

Tetto verde intensivo

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Forma un vero e proprio giardino con specie arboree e cespugli, purché la copertura sia in grado di sopportarne il carico: si può arrivare a 300 kg/mq con un verde intensivo leggero, anche al doppio se si prevedono alberi ed arbusti che richiedono un substrato di 40-60 cm. La manutenzione è impegnativa come per un giardino tradizionale ed è bene prevedere un’irrigazione automatica in posa d’opera: si ha più libertà di scelta delle specie da piantumare, variando altezze e periodi vegetativi.

Tetto verde – Il lavoro sopra lo strato impermeabilizzante

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  1. L’intera superficie va ricoperta con moduli di polipropilene, forati superiormente per il deflusso dell’acqua attraverso i canali inferiori.
  2. Successivamente viene steso uno strato di lapillo vulcanico fatto penetrare nelle cavità; la microporosità dei granuli permette di disporre di una riserva d’acqua.
  3. Uno strato filtrante di tessuto non tessuto costituisce una barriera di separazione tra il substrato ed il materiale utilizzato per il riempimento.
  4. Sulla superficie ben livellata si possono stendere le zolle in rotoli, rivestendo prima le zone estese e completando poi le porzioni marginali.

Per maggiori informazione vista il sito di Perlite Italiana www.perlite.it 

Amarene sciroppate

La leggera asprezza delle amarene viene mitigata dallo zucchero in un insieme delizioso come fine pasto, questa la ricetta delle amarene sciroppate

Le amarene sono un frutto aspro, ma dal sapore intenso. Conservate in acqua e zucchero diventano un accompagnamento gustoso per dei dessert. Le amarene sciroppate infatti sono ottime per decorare e rendere delizioso un gelato o una panna cotta. Vediamo le dosi e il procedimento per prepararle.

ingredienti amarene sciroppate

Ingredienti amarene sciroppate:  

  • 400 g di amarene;
  • 200 g di zucchero;
  • mezzo litro di acqua;
  • un barattolo con chiusura ermetica.

 

amarene-sciroppo

  1.  Le amarene vanno lavate accuratamente e liberate dal picciolo. Attenzione a non rompere il frutto.
  2. Si asciugano i frutti lasciandoli all’aria su un canovaccio. Poi si inseriscono in un contenitore con chiusura ermetica.
  3. Si prepara lo sciroppo sciogliendo 200 g di zucchero in mezzo litro d’acqua che si fa bollire per 5 minuti.

 

amarene sciroppate sterilizzazione

  1. Quando lo sciroppo è pronto si lascia raffreddare un poco e poi si versa (lentamente) sulle amarene.
  2. Chiudiamo il contenitore e poniamolo in una pentola con acqua che facciamo bollire per 20 minuti, sterilizzandolo.
  3. Le amarene sciroppate sono ottime da consumarsi come accompagnamento di un dessert. Ad esempio un gelato sul quale le adagiamo insieme allo sciroppo.

Isolamento termico naturale

I regni vegetale, animale e minerale ci forniscono materiali con ottime capacità di isolamento termico senza ricorrere ai derivati del petrolio. La disponibilità in natura non va però confusa con un basso impatto sull’ambiente, alcuni utilizzano processi produttivi energivori o sono difficili da smaltire: conosciamoli meglio

Quando un prodotto o un materiale vengono definiti “naturali” catturano subito la nostra fiducia, danno una sensazione di sano, di puro, di protezione; qualcosa che ha a che fare con l’origine della vita e che accompagna l’uomo da sempre.

I materiali per l’isolamento termico utilizzati in edilizia possono essere naturali o sintetici: considerato che questi ultimi si ottengono da prodotti derivati dal petrolio, inevitabilmente inquinanti a fronte di performance migliorate solo in parte, verrebbe spontaneo propendere per i primi, ma la legge non è uguale per tutti. Anche se la natura ci fornisce il materiale di base, questo dev’essere poi lavorato per ottenere un prodotto utilizzabile: talvolta si tratta di lavorazioni semplici, in altri casi la trasformazione comporta un consumo energetico da non sottovalutare. Rispetto agli isolanti di origine animale o vegetale, per produrre le lane minerali si consuma molta più energia, senza contare che anche il loro smaltimento è spesso difficoltoso.    

Insomma, l’impatto ambientale di qualsiasi prodotto dev’essere valutato dall’inizio alla fine del suo ciclo vitale: produzione, utilizzo e smaltimento. “Rinnovabile” e “riciclabile” sono due termini che vanno volentieri a braccetto, ma hanno significati diversi: i materiali da cui si ottengono gli isolanti naturali sono tutti rinnovabili, ma il tempo in cui si rinnovano i chicchi di mais o le noci di cocco è molto diverso da quello necessario per la quercia da sughero o per le rocce vulcaniche.

Il riciclo è possibile solo in determinate condizioni: gli isolanti vegetali o animali che non vengono addittivati con leganti, dopo la dismissione, possono essere riciclati, riutilizzati per altri scopi o compostati, ma se contengono sostanze leganti (ad esempio i sali di boro) quest’ultima possibilità va scartata per il rischio di inquinamento. Gli isolanti minerali si prestano al riuso per altri scopi, ma spesso devono concludere la loro vita in apposite discariche, perché intaccati da altri materiali o perché il processo di rigenerazione non ha costi convenienti.

In alcuni casi, tuttavia, bisogna necessariamente ricorrere ad isolanti di origine petrolchimica, ad esempio quando sono richiesti elevati valori di impermeabilità al vapore, ma nella maggior parte delle situazioni che richiedono un buon isolamento termoacustico si possono scegliere prodotti naturali. A parità di spessore questi ultimi hanno un costo quasi sempre inferiore mentre le principali performance sono simili; si tratta di una scelta più responsabile in una filosofia “green”che, per essere tale, deve tener conto anche dei costi di produzione, di trasporto e di smaltimento.

Estratto da una tabella a cura dell’arch. Laura Maina, coautrice con l’arch. Alessandro Fassi del libro “L’isolamento ecoefficiente - guida all’uso dei materiali naturali”
Estratto da una tabella a cura dell’arch. Laura Maina, coautrice con l’arch. Alessandro Fassi del libro “L’isolamento ecoefficiente – guida all’uso dei materiali naturali”

Conduttività termica e densità

La conduttività (o conducibilità) termica esprime quanta energia sotto forma di calore può passare attraverso lo spessore del materiale nell’unità di tempo. Un buon isolante deve opporsi alla trasmissione del calore, pertanto il valore di conducibilità dev’essere più basso possibile; in questo modo si riducono i flussi di calore da un ambiente più caldo ad uno più freddo, com’è necessario nel periodo invernale.

La conducibilità termica è influenzata anche dalla densità del materiale: è minore nei materiali porosi piuttosto che in quelli compatti. Tuttavia, i materiali compatti sono preferibili, a parità di spessore, per l’isolamento estivo; si tratta perciò di trovare il giusto compromesso tra queste caratteristiche e dimensionare gli strati isolanti in funzione dei parametri climatici del luogo, come prescritto dalla normativa.

 

Isolamento termico con materiali di origine vegetale

fibra di legno, sughero e fibra di cellulosa
Tre isolanti naturali vegetali: fibra di legno, sughero e fibra di cellulosa

 

Isolamento termico con fibra di legno

Prodotta con scarti lignei, non teme l’umidità, buon isolamento termoacustico e buona capacità di accumulo del calore; al termine del suo ciclo può essere utilizzata come combustibile o riciclata per produrre altri pannelli. Usi: cappotti anche ventilati, isolamento interno, intercapedini, tetti piani o inclinati, solai.

Isolare con il sughero

Leggero, in quanto contiene aria, si ricava da un tipo di quercia; è traspirante, inattaccabile dagli acidi, permeabile al vapore e non propaga le fiamme in caso d’incendio. In granuli si usa puro per intercapedini piane, con leganti o vetrificanti per quelle verticali; i pannelli si usano praticamente su tutte le superfici.

Isolamento termico con fibra di cellulosa

Proviene dal riciclo della carta di giornale, poi miscelata con sali di boro per renderla inattaccabile dai parassiti;
si ottengono fiocchi da insufflare negli interstizi ed isola molto bene dal rumore. Si applica anche a spruzzo per migliorare l’isolamento acustico, i pannelli si montano su quasi tutte le superfici.

Kenaf, mais, cocco
Fibre di kenaf e di canapa, fibra di mais, fibra di cocco

Fibre di kenaf e di canapa

Le piante da cui si ricavano sono simili ed anche gli impieghi e le caratteristiche; per ottenere i pannelli la canapa viene però di norma trattata con soda e sali di boro per renderla resistente al fuoco.
Solo i pannelli ad alta densità sono calpestabili, i feltri si usano nei sottopavimenti.

Fibra di mais

si ottiene dalla lavorazione dei chicchi. I pannelli sono completamente biodegradabili ed autoestinguenti, con minima produzione di fumi; riutilizzabili se ben conservati, altrimenti possono essere compostati.
Ottimo isolante termoacustico per tutte le superfici interne ed esterne, anche in intercapedine.

Fibra di cocco

Di uso antichissimo anche in campo navale, non degrada a contatto con l’acqua e non marcisce, inappetibile per roditori e parassiti; si ottiene dalla parte fibrosa del frutto fatta macerare a lungo. Si usano soprattutto per pavimenti galleggianti, ma anche per isolamento termoacustico di pareti e coperture.

Fibra di lino, stuioe di canna, fibra di iuta
Fibra di lino, stuioe di canna, fibra di iuta

Fibra di lino

Per i pannelli si utilizzano le fibre corte, più ricche di cellulosa, ottenute dalla coltivazione biologica delle piante, trattate con sali di boro e talvolta con fibra di poliestere che ne limitano il riutilizzo ed il riciclaggio.
Pannelli morbidi, pannelli rigidi e fiocchi coprono praticamente tutte le situazioni di isolamento.

Isolamento termico con stuoie di canna

Ottenute dalla legatura di canne palustri con filo di ferro, sono molto utilizzate come base per intonacatura, situazione che al termine del ciclo vitale ne comporta lo smaltimento in discariche per inerti. Per cappotti rifiniti ad intonaco o legno e per intercapedini di coperture, pareti, solai e strutture.

Fibra di iuta

Si ottengono feltri per isolare dal calpestio, reti portaintonaco e fiocchi per riempire cavità e fessure; è traspirante, igroscopica ed antistatica, può essere riutilizzata, riciclata o compostata in quanto non contiene sostanze chimiche. Se ne ottiene anche una rete utilizzata come portaintonaco.

 

Isolamento termico con materiali di origine minerale

Vermiculite o perlite espansa, lana di vetro, vetro cellulare
Vermiculite o perlite espansa, lana di vetro, vetro cellulare

Vermiculite, perlite espansa

Da minerali di origine vulcanica si ottengono granuli che, riscaldati ad alta temperatura, aumentano di volume fino a 20 volte. è riutilizzabile e riciclabile solo come materiale inerte per calcestruzzo. Si utilizza per riempimenti, sottofondi (impastata con acqua e calce) ed additivo per intonaci incombustibili.

Isolare con lana di vetro o lana di roccia

Si tratta di materiali abbastanza simili che differiscono solo nella percentualità di legante che garantisce stabilità meccanica, una resina fenolo-formaldeide presente nel 3-19% nella lana di vetro e nell’1-4% in quella di roccia. Dopo il montaggio, la concentrazione si riduce a livelli trascurabili (< 0,01 parti per milione).

Vetro cellulare

È costituito da vetro riciclato e vetro puro ottenuto dalla fusione di sabbia di quarzo; non è traspirante, ma in compenso è impermeabile, incombustibile ed inattaccabile da muffe e roditori. Si utilizza in situazioni che richiedono impermeabilità all’acqua ed al vapore; è riciclabile per fondi stradali, riempimenti.

Isolamento termico con argilla espansa

Argilla espansa
Argilla espansa

Le perle di argilla espansa si ottengono facendo espandere ad alta temperatura l’argilla estratta da cave e giacimenti; nell’insieme assicurano buona traspirabilità, ma il granulo singolo è impermeabile.
Oltre che come isolante sfuso, l’argilla espansa, si utilizza per sottofondi drenanti, per i blocchi di calcestruzzo alleggerito e per canne fumarie.

Vetro granulare, calce cemento cellulare, pomice
Vetro granulare, calce cemento cellulare, pomice

Vetro granulare

Da vetro riciclato non riutilizzabile si ottiene una farina da far espandere a caldo per ricavare granuli di varie dimensioni e porosità. Si utilizza come isolante, per aumentare la resistenza al fuoco di intonaci, per pannelli autoportanti, per sottofondi, per canne fumarie; è traspirante, stabile, inerte.

­­­Calce cemento cellulare

Simile al cemento cellulare da costruzione, in pannelli o in granuli; i primi si utilizzano per cappotti esterni e facciate ventilate, i secondi come riempimento, come additivi per alleggerire le strutture o per intonaci e malte resistenti al fuoco, a seconda della granulometria. Si riutilizzano come riempitivo.

Pomice

Di origine vulcanica, si ricavano per macinazione granuli di consistenza leggera e porosa per sottofondi, malte ed intonaci termoisolanti e resistenti al fuoco, strutture alleggerite. Resiste bene anche alla compressione, è traspirante, resistente all’umidità ed assorbe bene le vibrazioni acustiche e le sollecitazioni meccaniche.

 

Isolanti di origine animale

La lana di pecora non è solo utilizzata nell’industria tessile: dagli stessi procedimenti, che si susseguono dopo la tosatura dell’animale, si ottengono pannelli di differente densità da utilizzare come ottimi isolanti in svariate situazioni e fiocchi per l’insufflaggio in interstizi ridotti. Se esente da additivi quali sali di boro e polipropilene, con funzione di renderla inattaccabile dai parassiti, può essere riciclata e compostata.

 

 

 

Sostituire il lavandino

“L’arredamento” del bagno è il più robusto di tutta la casa: è di porcellana. Difficile da scalfire, da macchiare e da sporcare, ma non resiste ai terribili attacchi della moda. Prepariamoci a sostituire il lavandino démodé con uno trendy

La tradizione per chi arriva in una casa nuova, se può permetterselo, è di cambiare la tappezzeria e i sanitari del bagno. È difficile che la ceramica si danneggi anche dopo anni di uso plurigiornaliero, ma l’insoddisfazione per l’estetica di modelli un po’ vecchiotti, o il desiderio di rimettere a nuovo un locale così intimo come il bagno, hanno la meglio su pragmatiche considerazioni riguardo al buono stato delle superfici. La sostituzione del lavandino non presenta difficoltà di sorta: il negozio di arredobagno fornisce, insieme al lavandino, le viti per il fissaggio e la rubinetteria. Gli utensili necessari sono presenti anche nelle cassette dei ferri meno accessoriate. Servono una pinza a pappagallo, chiavi a forchetta, un cacciavite, un trapano con punta al widia da 10 mm, canapa e silicone. Bisogna considerare anche il problema dello smaltimento dei vecchi sanitari che restano dopo la ristrutturazione: in molte città, ormai, si procede alla raccolta differenziata dei rifiuti domestici e non si possono abbandonare lavandini e WC vicino ai cassonetti. Ceramica e calcinacci sono una categoria di rifiuti speciali da consegnare a ditte specializzate che li ritirano a domicilio, previo pagamento di una piccola quota, oppure possono essere portati direttamente negli ecocentri per lo smaltimento differenziato

Sostituire il lavandino – Smontaggio del vecchio

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  1. Il vecchio lavandino deve lasciare il posto ad un nuovo sanitario di dimensioni maggiori e con un design più accattivante. La sostituzione prevede anche l’installazione di nuove valvoline con rosone e uno scarico più moderno, per cui vanno tolte tutte le vecchie installazioni.

  2. Prima di cominciare lo smontaggio si deve chiudere la valvola di intercettazione principale dell’acqua potabile, posta generalmente in prossimità del contatore. Nei bagni di costruzione più recente ci possono essere valvole di intercettazione secondarie che tolgono l’acqua al solo bagno.

  3. É consigliabile, prima di cominciare lo smontaggio dei flessibili, aprire i rubinetti del bagno in modo da scaricare tutta l’acqua. Poi si svitano le due ghiere dai gomiti a muro.

  4. Il sifone di scarico si toglie svitando la ghiera che lo collega alla piletta del lavabo. La parte inferiore, invece, si estrae dalla curva tecnica a muro semplicemente tirando. Tolte le parti più ingombranti si arriva più agevolmente ai dadi da 17 mm che ancorano il lavabo al muro.

  5. Il vecchio lavandino può essere rimosso con una certa facilità afferrandolo saldamente e tirandolo via dalla parete; solo nel caso di una sigillatura con silicone è necessario incidere prima l’adesivo con un cutter.

  6. Per ultimo si rimuovono i gomiti a muro (oppure valvole o filtri, se installati più di recente) che sono da sostituire con quelli filtranti compresi nel kit di installazione. Questi filtri sono necessari per proteggere le pur resistenti cartucce in ceramica presenti all’interno del rubinetto.

Sostituire il lavandino – Montaggio del nuovo

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  1. Prepariamo i filetti delle nuove valvole guarnendoli con un filo di canapa e pasta al silicone e puliamo con un cacciavite i filetti dei giunti murati.

  2. Avvitiamo fino ad avere i filetti di uscita verso l’alto, poi serriamo le valvoline e apriamo la valvola di intercettazione dell’acqua per controllare con un fazzolettino di carta che non ci siano perdite.

  3. I rubinetti monocomando hanno I flessibili premontati ed è sufficiente inserire tutte le appendici nel foro del lavabo senza dimenticare la guarnizione anulare che protegge la ceramica.

  4. Inseriamo sulle due barre filettate la guarnizione e la rondellona a forma di mezzaluna alla quale è affidato il compito di bloccare il rubinetto.

  5. La parte inferiore della piletta contiene il meccanismo di azionamento del tappo a salterello. Mentre si avvitano insieme i due pezzi bisogna fare attenzione a lasciare il foro per l’asta rivolto verso il muro.

  6. È molto probabile che sia necessario montare nuovi prigionieri e nella corretta posizione. Il retro del lavabo viene protetto con un foglio di espanso che ammortizza il contatto con le piastrelle.

  7. Si rimontano i dadi, interponendo le rondelle di protezione in plastica sulle nuove viti serrandoli solo il necessario per ottenere la stabilità del lavabo.

  8. L’asta del salterello si collega al comando di chiusura con un morsetto a vite.

  9. Per ultimo si monta il sifone, regolando la lunghezza dei tubi cromati sui giunti a cannocchiale.

  10. Si taglia l’espanso e si guarnisce il lavandino con silicone livellandolo con un raschietto di plastica.

  11. Lo scopo è stato raggiunto: ora il bagno ha un aspetto molto più attraente e consono ai dettami della moda.