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Fai da te una cornice con i tappi

Una simpatica idea bricolage di riciclo, colorata e divertente, realizziamo fai da te una cornice con i tappi

Per questa idea quello che conta è avere (o realizzare) un portafoto con una cornice molto ampia rispetto alla finestra di apertura centrale. Questo per poter disporre dello spazio sufficiente a fissare una ricca serie di tappi colorati, bottoni e altri piccoli ornamenti.
I due pannelli di MDF accoppiati possono essere facilmente ritagliati nelle più disparate forme usando un seghetto da traforo. Libertà anche per il soggetto: si può inserire una foto o un mosaico di tessere a specchio.

TAPPI DECORATIVI

  1. Trattiamo i tappi con colori acrilici per mascherare il marchio presente su di essi. Scegliamo colori vivaci, magari in sintonia con la tinta delle nostre pareti.
  2. Quando il colore è asciugato, fissiamo i tappi sulla cornice usando la colla a caldo, da stendere in piccola quantità lungo tutto il profilo inferiore dei tappi.
  3. Sempre con la colla a caldo impreziosiamo i tappi con i bottoni e gli altri oggetti recuperati.
  4. Al posto della foto possiamo anche inserire un piccolo mosaico di tessere a specchio (in vendita a peso nei negozi di belle arti).

…OPPURE SPECCHIO

Fissiamo le due parti della cornice collocando poche gocce di termocolla ai quattro angoli dei ritagli di MDF. Esercitiamo una leggera pressione per pochi secondi. Un’attaccaglia, fissata posteriormente, consente di appenderlo alla parete.

Come costruire un tavolo

Una delle realizzazioni più intraprese tra i bricoleur

Costruire un tavolo da pranzo è una delle realizzazioni più intraprese tra chi pratica il bricolage.
L’ampliamento del piano può ottenersi in più di un modo, ma quello più diffuso vede un piano divisibile con le due metà che scorrono in fuori per consentire l’inserimento di una (o più) tavola di prolunga che un qualche accorgimento vincola ai due semipiani. 
Proprio di questo tipo è il tavolo che proponiamo, studiato appositamente per il fai da te che possiede un’attrezzatura limitata a circolare (o può farsi tagliare i pezzi in segheria), trapano e fresatrice.
Tutto il sistema di incastri e guide, infatti, si realizza con la giustapposizione di strisce di multistrato di legno duro che, incollate assieme, opportunamente sfalsate, creano quelle scanalature e quei risalti che nella falegnameria tradizionale avrebbero richiesto l’uso di una grossa toupie. Per quanto semplice, il sistema richiede la massima precisione sia nel taglio dei pezzi sia, soprattutto, nella loro unione e nel loro montaggio nella base del tavolo e sotto i piani mobili; una deviazione, anche piccola, nell’allineamento, infatti, renderebbe impossibile il corretto scorrimento.

Un’accurata levigatura e un abbondante uso di paraffina risultano indispensabili per la finitura del tavolo con semilavorati.

L’ASSEMBLAGGIO

  1. Tagliate a misura le quattro gambe e levigato accuratamente il taglio, conviene raggrupparle e disegnare sul loro capo un triangolo che poi ci servirà per identificare le facce su cui aprire i fori per le spine.
  2. I fascioni rientrano di 12 mm rispetto alle facce esterne dei dadi. Inseriti nei fori per le spine i marcatori e bloccata la gamba sul banco, facciamo scorrere il fascione su qualche pezzo del solito multistrato, guidandolo contro il dado con una squadra o una tavola posta a filo del capo della gamba e premendolo con forza.
  3. I fori nel dado, per essere esattamente perpendicolari, si fanno o sotto il trapano a colonna o con il trapano montato in una guida a tuffo. Eliminare ogni traccia di trucioli.
  4. Nell’esatto centro dei due fascioni di testata vanno aperti i passaggi per le guide dei semipiani, finestre larghe 68 ed alte 25 mm da ottenere con qualche taglio di sega e lavoro di scalpello. I tre lati della finestra, levigati a specchio, vanno poi lubrificati con stearina o paraffina, date a caldo e stese con un panno di lana.
  5. Il montaggio inizia spinando le gambe ai fascioni di testata (qui quello cieco; nell’altra coppia di gambe va inserita anche la tavola di piatto). Perché il lavoro risulti a regola d’arte il fascione dev’essere poggiato su un pezzo di multistrato da 12 mm, così da rimanere in linea con i dadi delle gambe. Indispensabile controllare la squadratura dei tre elementi da bloccare con un lungo strettoio.

UTENSILI

Trapano, fresatrice, sega circolare, toupie, trapano a colonna, squadra, strettoio

Fiori a uncinetto creativo

Delicati fiori a uncinetto, come per magia, sbocciano in un prato di muschio all’interno di un piccolo scrigno di legno. Ecco il vero uncinetto creativo.

Chi ha la sensibilità di osservare colori e forme presenti nei giardini e nei prati può cimentarsi in lavori di uncinetto creativo realizzando fiori a uncinetto per composizioni e centrotavola da regalare ad amici e parenti. Nell’esempio di uncinetto creativo riportato, fiori di calla e foglie bicolori sono accostati tra loro per formare un’insolita ambientazione.

Materiali occorrenti per realizzare fiori a uncinetto

materiali per uncinetto

Guttaperca verde, fil di ferro sottile, spugna per fiori secchi, pistola per colla a caldo, muschio, forbici, cofanetto di legno, uncinetto, cotone n° 8 di vari colori.
I punti usati: cat – catenella
A – maglia alta
mb – maglia bassa
mma – maglia mezza alta
AD – maglia alta doppia
AT – maglia alta tripla
AQ – maglia alta quadrupla

 La base

spugna per fiori

Collochiamo una spugna per fiori secchi all’interno del cofanetto, tagliandola un centimetro circa sotto il bordo.

inserimento muschio

Ricopriamo la spugna con uno strato uniforme di muschio, aiutandoci con le
forbicine appuntite.

colla a caldo

Con la colla a caldo fissiamo il coperchio del cofanetto in modo che resti in posizione aperta.

  

La Calla

calla a uncinetto

 

  1. Per la calla: 3 cat – 7 A sulla prima cat – chiudiamo – 10 mb sulle maglie sottostanti – chiudiamo – 12 mb – chiudiamo – 14 mb – chiudiamo – 16 mb – chiudiamo – 16 mb – torniamo indietro girando il lavoro – 14 mb e le ultime due chiuse assieme – giriamo il lavoro e continuiamo chiudendo le ultime due mb assieme fino a rimanere con 3 mb – chiudiamole assieme.
  2. Per il pistillo: 4 cat – chiudiamo – 4 A – chiudiamo – ripetiamo 4 volte – chiudiamo con m bassissime (deve rimanere chiuso in cima).
  3. Ripieghiamo a metà un pezzo di filo di ferro sottile e avvolgiamolo su se stesso.
  4. Inseriamo il pistillo sulla parte già avvolta, tenendo teso il filo di chiusura.
  5. Inseriamo la calla nel fil di ferro e posizioniamo all’interno il pistillo.
  6. Avvolgiamo il fil di ferro nella guttaperca verde, fermando con essa i fili di chiusura della calla e del pistillo.

La foglia verde

foglie a uncinetto

 

  1. Foglia verde: 31 cat – pieghiamo il fil di ferro a U e inseriamolo lavorando sulle cat sottostanti – 2 cat – 2 mb – 3 mma – 3 A – 2 AD – 2 AT – 2 AQ – 2 AT – 2 AD – 3 A – 3 mma – 2 mb – 2 cat – ripetiamo dall’altro lato.
  2. Sistemiamo il gambo delle foglie nella spugna attorno al gambo della calla.
  3. Foglia bicolore: (con il cotone bordeaux) 12 cat – pieghiamo il fil di ferro a U e inseriamolo lavorando sulle cat sottostanti – 1 mb – 2 mma – 1 A – 3 AD – 1 A – 2 mma – 1 mb – ripetiamo dall’altro lato; (con il cotone verde chiaro): un giro attorno alla foglia a maglia bassissima.
  4. Collochiamo le foglie attorno al filo di ferro e fermiamo i fili di chiusura con guttaperca verde.
  5. Inseriamo il gambo delle foglie ben a fondo nella spugna.

La concretezza delle parole

Editoriale tratto da “Far da sé n.435 Febbraio 2014”

Autore: Carlo De Benedetti

“Sono 20 anni che uso FAR DA SÉ. I primi numeri li ho comprati da ragazzo insieme ai primi utensili e ancora li conservo in laboratorio, dove possono sempre servire per qualche spunto. Avete creato e portato avanti non una rivista, ma una filosofia di vita, fatta di uomini e donne che non hanno paura di sporcarsi le mani pur di realizzare ciò che desiderano: persone che insegneranno ai propri figli che non tutto è dovuto, ma che nella vita ogni giorno bisogna guadagnarsi il pane a qualsiasi livello sociale si appartenga. Per la prima volta mando alcuni spunti di cose che ho realizzato negli ultimi 5 anni, ovvero da quando ho gettato il primo solaio della mia nuova casa e impiantato il laboratorio in quel garage appena costruito”.
Vorremmo sottolineare due cose di questa lettera che ci scrive Leonardo Riu da Sassari, senza soffermarci sulla filosofia del far da sé di cui già più volte abbiamo parlato.
Ci ha colpito quel verbo “usare” legato alla rivista: si usa un martello, una penna, un computer, una sega ecc, ma, il lettore ci dice, si usa anche una rivista, in questo caso la nostra FAR DA SÉ, se le sue pagine non sono solo da guardare, ma brillano di concretezza, di informazioni tecniche, di illustrazioni che mostrano ogni particolare e se, sfogliandole e tenendole lì a portata di mano, quelle pagine sono utili in qualsiasi momento proprio come un attrezzo che si impugna con forza e consapevolezza.
Cogliamo poi, nell’urgenza di approntare il laboratorio nello spazio tra le fondamenta e la soletta del primo piano appena gettati, tutta quell’ansia di fare, di muovere le mani, di dare corpo alle proprie idee che caratterizza un buon far fa sé: immaginiamo Leonardo, come mille altri nostri lettori, che scalpita davanti a questo nuovo ambiente, che lo arreda di banco e di scaffalature, che è pronto a riempirle di attrezzi manuali ed elettrici, di barattoli e di ferramenta, in una frenesia che è la sana voglia di fare. E la rivista FAR DA SÉ sta lì appoggiata sul banco a ricordare che le idee possono diventare progetti e i progetti possono concretizzarsi in mobili, arredi, oggetti, ma anche miglioramenti e riparazioni per la casa all’interno e all’esterno.

Tornare indietro per andare avanti

Editoriale tratto da “In giardino n.46 Febbraio – Marzo 2014”

Autore: Nicla de Carolis

Tempi di crisi come quello che stiamo vivendo, una crisi, non solo economica ma ben più profonda, di valori e di regole, che causa perciò malessere se non addirittura infelicità in molti di noi, indistintamente, sono tempi favorevoli per fare autocritica e cambiar strada. Alla luce di ciò c’è una voglia di ritorno all’etica, al buono, al piacere delle cose immateriali, agli affetti familiari, alle tradizioni, a una vita che scorra più lenta con ritmi più umani.
Sembra che, in molti casi, la ricetta per tornare a vivere meglio sia quella di guardare e ispirarsi a stili di vita del passato, quando il consumismo, la finanza e il denaro non erano ancora gli unici obiettivi e non venivano considera ti indicatori di benessere.
Anche il desiderio di un ritorno alla terra (inteso come possedere un terreno per fare un orto o un giardino se non addirittura per avviare una vera azienda agricola) è piuttosto diffuso. E addirittura si torna a coltivare secondole vecchie regole che oggi rientrano nel discorso della sostenibilità: “I consumi e le contaminazioni non devono superare la velocità della natura nello smaltire le scorie e nel reintegrare le risorse impiegate”.
Sostenibilità, dunque, un concetto che solo 60 anni fa non esisteva ma era praticato da tutti perché era profondo il rispetto per la terra e per la natura come fonte di sostentamento. Nessuno si sarebbe sognato di sotterrare rifiuti tossici compromettendo la produzione di interi appezzamenti solo per ricavarne denaro…
Quindi tornare ad amare la terra per ciò che di buono e sano essa può produrre, e non pensare che il suo valore possa essere solo la trasformazione da terreno agricolo a edificabile, sarebbe un importante passo in avanti.
Lo dimostrano le aziende agricole, spesso prese in mano da giovani, che affinano la produzione applicando le severe regole dell’agricoltura biologica e perfino quelle della biodinamica: mantenere la fertilità della terra, rendere sane le piante in modo che possano resistere alle malattie e ai parassiti, produrre alimenti di qualità più alta possibile.
Regole che un vecchio contadino considererebbe la normalità, ma che oggi sono un’encomiabile scelta etica, vincente anche sotto il profilo economico.

Magico idromassaggio – Opera del genio italico

Editoriale tratto da “Rifare Casa n.31 Gennaio-Febbraio 2014”

Autore: Nicla de Carolis (Direttore Editoriale di Fai da te, Rifare Casa, Far da sé, In Giardino)

Troppo spesso noi Italiani ci sottovalutiamo e non abbiamo presente quante sono le invenzioni e le bellezze prodotte nei secoli dalle menti vivaci del nostro popolo. L’arco a tutto sesto, l’acquedotto rialzato per lunghe distanze, i chiodi in metallo, solo per citare qualcosa dei tempi dell’antica Roma. Ma poi vediamo che il padre dell’anestesia è Ugo da Lucca (1200) e sempre in Italia nascono gli occhiali e la bussola (1300), la macchina da scrivere (1808), il telefono (1844), la lampadina elettrica (1881), il cavo elettrico (1885), la radio (1895), il radar (1922), la plastica (1960), l’autovelox… sic (1960). E questo elenco è solo una piccolissima selezione delle meraviglie nate nel nostro Paese: infatti quasi tutto ciò che la società mondiale utilizza è frutto del genio e dell’intuizione di un italiano. L’informatica probabilmente non avrebbe avuto il suo attuale successo senza l’intuizione del “microchip” di Federico Faggin, così per il personal computer di Pier Giorgio Perotto e l’algoritmo di Massimo Marchiori a cui Google deve il suo trionfo. Anche l’idromassaggio, aspirazione di tanti che ancora non lo hanno e, per chi lo possiede, dispensatore di piacere e benessere grazie ai suoi
getti di aria/acqua che provocano le mille bolle, è l’invenzione dell’italiano Candido Jacuzzi. Una storia avvincente quella dei fratelli Jacuzzi, di
Casarsa della Delizia, in Friuli Venezia Giulia, fondatori dell’omonima multinazionale italiana, che nel 1915 partirono dall’Italia per la California, in cerca di successo. La loro prima invenzione fu un’elica di nuova concezione, poi una pompa per l’irrigazione e una superventola ad aria calda per combattere le gelate nei campi. Nel 1956 brevettarono la pompa per vasca da bagno, primo passo per il prodotto che diverrà quello di maggior successo dell’azienda: la “Roman Bath” (ispirata alle antiche terme romane), che parte dal progetto di Candido rielaborato dal nipote Roy, nasce nel 1968 ed è la prima vasca al mondo con bocchette integrate e un sistema idromassaggiante.
Le funzioni della vasca idromassaggio nel tempo si sono perfezionate: si è attenuato notevolmente il rumore della pompa, si sono aggiunte la
cromo e l’aromaterapia, i getti modulabili, il televisore incorporato e altre meraviglie (nel servizio da pagina 52 potete vedere tutte le innovazioni
più interessanti). Negli Stati Uniti, ancor oggi, benché siano tante le aziende che costruiscono vasche idromassaggio, “giacusi” (così pronunciano loro Jacuzzi) è sinonimo di vasca idromassaggio. Un motivo in più per essere consapevoli , e orgogliosi del fatto che le grandi scoperte e le intuizioni più importanti che hanno dato impulso al progresso del mondo portano la firma di un italiano e che ancora una volta le potenzalità del genio italico ci aiuteranno ad uscire da questo impasse.

Boom del fai da te?

Editoriale tratto da “Far da sé n.434 Gennaio 2014”

Autore: Carlo De Benedetti

A “fare di necessità virtù” gli Italiani sono da sempre molto bravi e anche in questa crisi, che non accenna ad attenuare i suoi morsi, la nostra tradizionale capacità di arrangiarci, traendo da un male un bene, si è ancora una volta manifestata alla grande. Se ne è accorto anche Il Sole 24 ore che in un articolo, citando un’indagine Swg per la confederazione nazionale dell’artigianato, ha affermato che “il 51% degli Italiani confessa di arrangiarsi da solo in tutti i casi in cui è possibile e… un altro 25% si affida, prima di chiamare un tecnico, a qualche amico che se ne intenda”.

Si scopre quindi che sanitari, serramenti, pavimenti, prese elettriche e mobili sono i campi in cui si preferisce non ricorrere al tecnico per fare da soli, che imbiancare i locali, installare nuovi punti luce, riparare le perdite del lavandino, sostituire le piastrelle del bagno, posare il parquet, riparare elettrodomestici e costruire piccoli oggetti di arredo sono i lavori più diffusi.

E si conclude infine che “il fare è appreso con l’esperienza, ma anche con uno studio applicato, perché il passo da brico-urgenza a brico-mania è breve”: e si citano i corsi realizzati da alcune grandi catene di negozi fai da te o i molti siti e portali concentrati su bricolage e riparazioni.

Quando leggiamo queste banalità (ogni due o tre anni, da trent’anni a questa parte, spunta fuori un nuovo studio che dice sempre le stesse cose, compresa quelle delle donne che diventano protagoniste del fai da te) verrebbe da sorridere: se c’è qualcuno che conosce il mondo del fai da te siamo noi che per primi gli abbiamo dato voce e nome in Italia (tanto è vero che questa rivista entra con questo fascicolo nel suo 40° anno di vita), che pubblichiamo riviste e libri su questo argomento, che editiamo il bricoportale.it adesso in una versione completamente rinnovata e straripante di contenuti, che siamo la fonte da cui tutti gli improvvisatori del settore scopiazzano immagini e testi, che sappiamo quanto sia difficile fare cultura e divulgazione del bricolage pur avendolo fatto per primarie aziende e catene di negozi, che abbiamo l’inestimabile risorsa di decine di migliaia di abbonati e lettori che con le loro opere ci consentono di avere sempre il polso del fai da te italiano.

Se fossero vere le percentuali citate, se il 51% degli Italiani fossero dei bricoleur, se il 25% si rivolgesse ad amici bricoleur, FAR DA SE’ venderebbe qualche milione di copie ogni mese! Nella realtà è vero che gli appassionati di bricolage crescono e che molte donne si affacciano con interesse a questo mondo, ma quanto bisogna ancora investire in energie e in entusiasmo, cominciando dai giovani e dai ragazzi, per farlo diventare un salutare interesse di massa!

Innovative porte del passato

Editoriale tratto da “Rifare Casa n.30 Novembre – Dicembre 2013”

Autore: Nicla de Carolis

All’inizio della nostra civiltà la porta serviva per isolare la casa dall’esterno: nei secoli successivi, sino al Medioevo, la porta interna diventava più diffusa nelle case dei nobili o dei ricchi mercanti dove veniva utilizzata per preservare l’intimità del padrone dagli sguardi indiscreti della servitù,  mentre nelle case popolari la promiscuità della vita non ne richiedeva l’installazione.
È nel Rinascimento che la porta inizia ad avere una funzione decorativa oltre che pratica, ma la vera e ampia diffusione della porta da interni si avrà a partire dal 1700, quando diventerà una necessità nelle case cittadine.

Oggi ci sono due linee di pensiero riguardo alla scelta della porta: quella che la vuole ben evidente, che interrompa la parete con materiale, colore diverso e con decori in rilievo, e quella che la vuole mimetica. Pur se l’offerta delle aziende produttrici è davvero ampia, analizzandola ci si rende conto che l’ispirazione di ogni modello è data da esemplari già realizzati in passato. La porta barocca a due ante, con importanti cornici modanate, con pannelli decorati, è nata per gli ambienti ampi, con soffitti alti, dei  palazzi d’epoca. La porta raso muro, in tinta o rivestita della stessa tappezzeria della parete che la ospita, spesso senza maniglia, è anch’essa presente nei palazzi d’epoca per chiudere locali di servizio o nascondigli segreti. E le origini della scorrevole si perdono nella storia greca e romana: nella città di Pompei è possibile osservare ancora oggi tracce di binari che testimoniano la presenza di sistemi scorrevoli già nel primo secolo d.C..
Anche la porta rototraslante, la proposta più recente nel panorama delle innovazioni del settore, nata per ridurre l’ingombro di apertura dell’anta, era già stata realizzata negli anni ‘30 dal mitico Le Corbusier per isolare in maniera invisibile l’abitazione dal suo studio, che era nello stesso appartamento (nell’Immeuble Molitor a Parigi).

Nello speciale di questo numero potete apprezzare come i produttori di oggi si siano dati da fare per interpretare in maniera innovativa i modelli del passato, partendo da basi tecnologicamente assai più avanzate, realizzando soluzioni insonorizzate, vestite a piacere, arrotondate, con effetto sospeso, con effetto moderno ma molto rustico, ecc…

Gapi Paints

L’azienda, da oltre venticinque anni, è impegnata nello sviluppo di nuove tecnologie nel settore dei prodotti vernicianti per l’industria.

Spazia dalla protezione anticorrosiva dei metalli alla pavimentazione industriale, dagli smalti per i campionari di colori ai rivestimenti antichizzati per le recinzioni, con una particolare attenzione ai prodotti che riducono l’inquinamento nell’ambiente di lavoro.

Nel 1995 entra a far parte del gruppo industriale “ Gapi “ di livello internazionale assumendone anche il nome.

Forte dalla propria esperienza e delle sinergie nate dalla nuova organizzazione, traduce le tecnologie, applicate per anni nel ciclo produttivo, in un’evoluzione in tutti i campi tecnologici e impone una ricerca di nuovi prodotti e percorsi produttivi che rispondano alle più esigenti richieste del mercato

Durante gli ultimi 50 anni le società del Gruppo Gapi hanno dato un efficace contributo allo sviluppo delle soluzioni di tenuta e anticorrosione in tutti i settori industriali . La soluzione ai problemi si realizza con l’impiego di mezzi appropriati e nel rispetto della qualità totale . Ciò ha consentito a GAPI S.r.l., capostipite del gruppo , di essere certificata ISO 9002 . Capacità di presentare prodotti tecnologici avanzati e razionalità nei processi produttivi sono i fattori di successo del gruppo Gapi.

La continua ascesa della Gapi Paints s.r.l. negli ultimi anni ha portato ad uno sviluppo tecnologico e formulativi che  ha contribuito allo sviluppo di tecnologie appropriate per la soluzione di svariati problemi nel campo della verniciatura, e , con la certificazione successivamente ottenuta da Lloyd’s come Quality Assurance ISO 9001:2000  ha potuto così aumentare e incrementare le proprie possibilità spingendosi oltre che sul mercato nazionale anche sui mercati esteri .

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Ecco cosa serve per un intervento fai da te:

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Piscine seminterrate

Le piscine seminterrate rappresentano, da sempre, un “plus” qualitativo per il relax nei nostri ambienti esterni.

Il desiderio di possedere una piscina non è un sogno irrealizzabile, ma i costi a cui si va incontro meritano un’attenta valutazione: oltre alle spese necessarie per la posa in opera, per le piscine seminterrate va tenuto conto dei successivi costi di gestione: consumo di acqua, energia elettrica, i prodotti per combattere alghe e batteri ed il riscaldamento. Tali costi comportano una spesa stimabile tra 6 e 18 euro al giorno, secondo le dimensioni. Se però le piscine seminterrate vengono usate solo nella stagione estiva, l’incidenza del riscaldamento va dedotta dalle spese di gestione.

Per richiedere un preventivo, meglio evitare la primavera avanzata a favore di settembre-ottobre, quando la “bassa stagione” fa sì che imprese e produttori siano più disponibili a rivedere i prezzi pur di accaparrarsi il lavoro.

Per limitare il consumo idrico occorre un sistema di ricircolo che oltre a recuperare l’acqua provvede al filtraggio ed alla depurazione, fattore indispensabile sotto il profilo igienico ma anche estetico, per evitare formazioni grigiastre sui bordi all’altezza del pelo libero dell’acqua.

Piscine seminterrate prefabbricate

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Rappresentano la soluzione più seguita per disporre di una vera piscina. Una volta realizzato lo scavo ed una gettata di calcestruzzo sul fondo, ci sono diverse possibilità: la più semplice ed economica consiste nel calare una vasca preformata, solitamente in vetroresina o materiale acrilico, livellarla e terminare con un reinterro omogeneo tutt’attorno.

L’alternativa è costituita da moduli in acciaio da assemblare e rivestire con un telo in PVC di lunga durata, un compromesso interessante tra la vasca prefabbricata e la piscina in cemento armato. In entrambi i casi, i costi sono sensibilmente inferiori rispetto all’effettiva costruzione di una piscina e la fruibilità è possibile nel giro di alcuni giorni. Maggiori informazioni  a questo link