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Ricetta salsa verde

Un accompagnamento fondamentale per i bolliti, la salsa verde si presta per insaporire numerosi piatti… straordinaria anche da sola! Ecco la ricetta salsa verde

I suoi semplici ingredienti, alcuni presi a prestito dal mare e dai paesi caldi del Mediterraneo, ne fanno una delle salse basi che non devono mai mancare se decidiamo di fare i bolliti misti alla piemontese, un bell’arrosto e perché no anche un piatto a base di pesce. La ricetta salsa verde si prepara molto velocemente e non richiede particolare esperienza. Alla base di tutto ci sono il prezzemolo (da preferirsi quello a foglie grandi, il cosiddetto “prezzemolo gigante”) e le acciughe sotto sale che vanno lasciate a bagno per qualche minuto in modo che si liberino completamente dal sale. Si lavano quindi sotto il getto dell’acqua e si privano della lisca centrale.  A questi ingredienti aggiungiamo i capperi sotto sale e l’aglio (per gli amanti del gusto forte). Il bianco sodo e la mollica di pane imbevuta di aceto danno consistenza alla salsa. Se desideriamo possiamo aggiungere anche un po’ di tonno in scatola che aggiunge sapore alla salsa. Gli ingredienti si frullano insieme anche se nulla vieta di procedere con la classica mezzaluna e pestare tutto nel mortaio per realizzare una salsa come quella che facevano le nostre nonne. Quando la ricetta salsa verde è pronta si unisce dell’olio extra vergine d’oliva, aceto, si aggiusta di sale e si mette in un contenitore che portiamo allegramente in tavola. Quella cha avanza va conservata in un barattolo di vetro chiuso ermeticamente. 

Ricetta salsa verde ingredienti:
•  un bel ciuffo di prezzemolo;
• acciughe e capperi sotto sale;
• aglio;
• bianco  d’uovo sodo;
• olio; aceto; sale
• mollica di pane bagnata nell’aceto. 

Ricetta salsa verde – La preparazione

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  1. Puliamo bene il prezzemolo asportando anche parte dei gambi.  Laviamolo e asciughiamolo nella centrifuga per eliminare l’acqua in eccesso che renderebbe la salsa liquida. 
  2. Bagniamo la mollica di pane (preferibilmente raffermo) con l’aceto lasciando che si impregni bene. Puliamo quindi le acciughe e prepariamo gli altri ingredienti.
  3. Aggiungiamo nel bicchiere del frullatore i capperi, l’aglio, il bianco d’uovo sodo, le acciughe e la mollica di pane. Azioniamo l’interruttore e frulliamo fino a ottenere una crema densa
  4. Per rendere la salsa più omogenea aggiungiamo olio extravergine d’oliva dal gusto delicato poiché l’aroma dell’olio non deve prevalere su quello della salsa. 

 

Come realizzare un tetto verde

Un tetto verde si comporta come un sistema filtrante di moltissime particelle nocive presenti nell’aria e mitiga il clima; la bioarchitettura mira ad incentivare i tetti verdi per contrastare la diminuzione degli spazi naturali nelle metropoli

Una copertura piana sovrasta un identico spazio a terra occupato da una struttura, perciò “estorto” alla natura. La realizzazione di un tetto verde permette il recupero di questo spazio, semplicemente spostandolo ad un livello superiore: in una città i tetti dei capannoni industriali, dei condomini, dei garage, ma anche di molte palazzine, costituiscono potenzialmente una superficie verde paragonabile ad un grande parco cittadino. Certo, si tratta di aree non godibili visivamente e in molti casi neppure percorribili, ma l’apporto che possono fornire alla comunità come sistema di abbattimento dell’inquinamento è notevole, oltre a contrastare l’innalzamento termico tipico dei grandi centri urbani rispetto ai sobborghi. Il privato può invece beneficiare di una riduzione delle dispersioni termiche e delle spese di manutenzione cui sono soggette le coperture piane; l’inverdimento, inoltre, può essere applicato anche alle coperture a falda. Rispetto ad una copertura tradizionale c’è da considerare un investimento maggiore, variabile in funzione delle specie che si intende impiantare. Si parte indicativamente da 60 euro/mq, ma la durata dello strato impermeabilizzante raddoppia, si riducono i danni meccanici, l’isolamento termico migliora. Se ne può trarre anche un beneficio “psicologico” portato dal riavvicinamento alla natura ed un sicuro aumento del valore dell’immobile. Occorre che la soletta abbia una pendenza almeno dell’1,5-2%, si devono predisporre bocchette di scarico ispezionabili protette da griglie, in zone meno esposte al vento e al gelo, e dimensionare i vari strati in base alla pluviometria del luogo.

Tetto verde – il progetto ispiratore di Le Corbusier

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Costruita tra il 1928 e il 1931, villa Savoye si trova a Poissy, in Francia, ed è dal 1965 monumento storico. Le Corbusier, architetto, urbanista, designer e pittore, mise in pratica con questo progetto i cinque punti dell’architettura moderna che aveva lui stesso enunciato: i piloni, il tetto inerbito, la pianta libera, la facciata libera e le finestre a nastro. Nel dettaglio, il tetto-giardino restituisce all’uomo il verde, che in questa costruzione è presente sopra e sotto l’edificio: in quegli anni il cemento armato permetteva, dopo secoli di tetti a spiovente per eliminare le infiltrazioni, di realizzare una copertura piana e con umidità costante, così da consentire lo sviluppo di un giardino.
L’assenza di un’impermeabilizzazione sufficiente e la collocazione del terreno e delle piante tra i giunti delle lastre di copertura comportò in breve il formarsi di infiltrazioni significative. La strada da percorrere era comunque quella, per questo nei decenni successivi si è continuato ad affinare sia la protezione della struttura, sia la composizione degli strati che consentono la vegetazione delle piante. L’acqua piovana viene raccolta dallo strato drenante: quella in eccesso dev’essere smaltita senza ristagni, ma al tempo stesso deve poter funzionare da serbatoio e lasciar risalire l’acqua per capillarità attraverso il substrato per alimentare la vegetazione. Siccome il tetto verde, nella maggior parte dei casi, non è praticabile, il sistema deve funzionare autonomamente ed in perfetto equilibrio, quindi anche la scelta delle piante va orientata su specie che non necessitano di cure colturali.

Tetto verde – I benefici

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  1. Risparmio energetico: Rispetto ad una copertura tradizionale, il maggior isolamento assicurato dal tetto verde permette notevoli risparmi nei costi di riscaldamento e condizionamento.
  2. Escursione termica: Con la copertura verde la variazione termica è fortemente contenuta; questo preserva lo strato impermeabile e migliora le condizioni microclimatiche interne ed esterne dell’edificio.
  3. Smaltimento acque: Con la copertura verde la variazione termica è fortemente contenuta; questo preserva lo strato impermeabile e migliora le condizioni microclimatiche interne ed esterne dell’edificio.

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  1. Protezione da polveri: Le sostanze nocive presenti nelle polveri atmosferiche vengono captate e trattenute dalla vegetazione, anziché depositarsi sulla copertura e rimanere libere nell’aria.
  2. Protezione da rumori: Anziché propagarsi nell’aria, le onde sonore vengono assorbite dalla vegetazione; all’interno dell’abitazione si ha un abbattimento del rumore valutabile intorno agli 8 decibel.
  3. Protezione da elettrosmog: è sufficiente una copertura verde alta 15 cm per ridurre del 99% il campo di frequenza della rete cellulare e del 99,9% il flusso delle onde elettromagnetiche.

Tetto verde estensivo

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É la scelta vegetale meno impegnativa, indicata per coperture piane di grande superficie o per tetti a falde purché dotati di un adeguato drenaggio e di trattenimento del substrato. Il peso oscilla tra 75 e 150 kg/mq, in quanto lo spessore del substrato tra 5 e 10 cm permette solo la coltivazione di erbacee perenni e piante grasse che non necessitano di molta terra ed hanno esigenze idriche pressoché nulle, ma non possono essere calpestate; resistono allo stress termico ed al vento.

Tetto verde intensivo

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Forma un vero e proprio giardino con specie arboree e cespugli, purché la copertura sia in grado di sopportarne il carico: si può arrivare a 300 kg/mq con un verde intensivo leggero, anche al doppio se si prevedono alberi ed arbusti che richiedono un substrato di 40-60 cm. La manutenzione è impegnativa come per un giardino tradizionale ed è bene prevedere un’irrigazione automatica in posa d’opera: si ha più libertà di scelta delle specie da piantumare, variando altezze e periodi vegetativi.

Tetto verde – Il lavoro sopra lo strato impermeabilizzante

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  1. L’intera superficie va ricoperta con moduli di polipropilene, forati superiormente per il deflusso dell’acqua attraverso i canali inferiori.
  2. Successivamente viene steso uno strato di lapillo vulcanico fatto penetrare nelle cavità; la microporosità dei granuli permette di disporre di una riserva d’acqua.
  3. Uno strato filtrante di tessuto non tessuto costituisce una barriera di separazione tra il substrato ed il materiale utilizzato per il riempimento.
  4. Sulla superficie ben livellata si possono stendere le zolle in rotoli, rivestendo prima le zone estese e completando poi le porzioni marginali.

Per maggiori informazione vista il sito di Perlite Italiana www.perlite.it 

Amarene sciroppate

La leggera asprezza delle amarene viene mitigata dallo zucchero in un insieme delizioso come fine pasto, questa la ricetta delle amarene sciroppate

Le amarene sono un frutto aspro, ma dal sapore intenso. Conservate in acqua e zucchero diventano un accompagnamento gustoso per dei dessert. Le amarene sciroppate infatti sono ottime per decorare e rendere delizioso un gelato o una panna cotta. Vediamo le dosi e il procedimento per prepararle.

ingredienti amarene sciroppate

Ingredienti amarene sciroppate:  

  • 400 g di amarene;
  • 200 g di zucchero;
  • mezzo litro di acqua;
  • un barattolo con chiusura ermetica.

 

amarene-sciroppo

  1.  Le amarene vanno lavate accuratamente e liberate dal picciolo. Attenzione a non rompere il frutto.
  2. Si asciugano i frutti lasciandoli all’aria su un canovaccio. Poi si inseriscono in un contenitore con chiusura ermetica.
  3. Si prepara lo sciroppo sciogliendo 200 g di zucchero in mezzo litro d’acqua che si fa bollire per 5 minuti.

 

amarene sciroppate sterilizzazione

  1. Quando lo sciroppo è pronto si lascia raffreddare un poco e poi si versa (lentamente) sulle amarene.
  2. Chiudiamo il contenitore e poniamolo in una pentola con acqua che facciamo bollire per 20 minuti, sterilizzandolo.
  3. Le amarene sciroppate sono ottime da consumarsi come accompagnamento di un dessert. Ad esempio un gelato sul quale le adagiamo insieme allo sciroppo.

Isolamento termico naturale

I regni vegetale, animale e minerale ci forniscono materiali con ottime capacità di isolamento termico senza ricorrere ai derivati del petrolio. La disponibilità in natura non va però confusa con un basso impatto sull’ambiente, alcuni utilizzano processi produttivi energivori o sono difficili da smaltire: conosciamoli meglio

Quando un prodotto o un materiale vengono definiti “naturali” catturano subito la nostra fiducia, danno una sensazione di sano, di puro, di protezione; qualcosa che ha a che fare con l’origine della vita e che accompagna l’uomo da sempre.

I materiali per l’isolamento termico utilizzati in edilizia possono essere naturali o sintetici: considerato che questi ultimi si ottengono da prodotti derivati dal petrolio, inevitabilmente inquinanti a fronte di performance migliorate solo in parte, verrebbe spontaneo propendere per i primi, ma la legge non è uguale per tutti. Anche se la natura ci fornisce il materiale di base, questo dev’essere poi lavorato per ottenere un prodotto utilizzabile: talvolta si tratta di lavorazioni semplici, in altri casi la trasformazione comporta un consumo energetico da non sottovalutare. Rispetto agli isolanti di origine animale o vegetale, per produrre le lane minerali si consuma molta più energia, senza contare che anche il loro smaltimento è spesso difficoltoso.    

Insomma, l’impatto ambientale di qualsiasi prodotto dev’essere valutato dall’inizio alla fine del suo ciclo vitale: produzione, utilizzo e smaltimento. “Rinnovabile” e “riciclabile” sono due termini che vanno volentieri a braccetto, ma hanno significati diversi: i materiali da cui si ottengono gli isolanti naturali sono tutti rinnovabili, ma il tempo in cui si rinnovano i chicchi di mais o le noci di cocco è molto diverso da quello necessario per la quercia da sughero o per le rocce vulcaniche.

Il riciclo è possibile solo in determinate condizioni: gli isolanti vegetali o animali che non vengono addittivati con leganti, dopo la dismissione, possono essere riciclati, riutilizzati per altri scopi o compostati, ma se contengono sostanze leganti (ad esempio i sali di boro) quest’ultima possibilità va scartata per il rischio di inquinamento. Gli isolanti minerali si prestano al riuso per altri scopi, ma spesso devono concludere la loro vita in apposite discariche, perché intaccati da altri materiali o perché il processo di rigenerazione non ha costi convenienti.

In alcuni casi, tuttavia, bisogna necessariamente ricorrere ad isolanti di origine petrolchimica, ad esempio quando sono richiesti elevati valori di impermeabilità al vapore, ma nella maggior parte delle situazioni che richiedono un buon isolamento termoacustico si possono scegliere prodotti naturali. A parità di spessore questi ultimi hanno un costo quasi sempre inferiore mentre le principali performance sono simili; si tratta di una scelta più responsabile in una filosofia “green”che, per essere tale, deve tener conto anche dei costi di produzione, di trasporto e di smaltimento.

Estratto da una tabella a cura dell’arch. Laura Maina, coautrice con l’arch. Alessandro Fassi del libro “L’isolamento ecoefficiente - guida all’uso dei materiali naturali”
Estratto da una tabella a cura dell’arch. Laura Maina, coautrice con l’arch. Alessandro Fassi del libro “L’isolamento ecoefficiente – guida all’uso dei materiali naturali”

Conduttività termica e densità

La conduttività (o conducibilità) termica esprime quanta energia sotto forma di calore può passare attraverso lo spessore del materiale nell’unità di tempo. Un buon isolante deve opporsi alla trasmissione del calore, pertanto il valore di conducibilità dev’essere più basso possibile; in questo modo si riducono i flussi di calore da un ambiente più caldo ad uno più freddo, com’è necessario nel periodo invernale.

La conducibilità termica è influenzata anche dalla densità del materiale: è minore nei materiali porosi piuttosto che in quelli compatti. Tuttavia, i materiali compatti sono preferibili, a parità di spessore, per l’isolamento estivo; si tratta perciò di trovare il giusto compromesso tra queste caratteristiche e dimensionare gli strati isolanti in funzione dei parametri climatici del luogo, come prescritto dalla normativa.

 

Isolamento termico con materiali di origine vegetale

fibra di legno, sughero e fibra di cellulosa
Tre isolanti naturali vegetali: fibra di legno, sughero e fibra di cellulosa

 

Isolamento termico con fibra di legno

Prodotta con scarti lignei, non teme l’umidità, buon isolamento termoacustico e buona capacità di accumulo del calore; al termine del suo ciclo può essere utilizzata come combustibile o riciclata per produrre altri pannelli. Usi: cappotti anche ventilati, isolamento interno, intercapedini, tetti piani o inclinati, solai.

Isolare con il sughero

Leggero, in quanto contiene aria, si ricava da un tipo di quercia; è traspirante, inattaccabile dagli acidi, permeabile al vapore e non propaga le fiamme in caso d’incendio. In granuli si usa puro per intercapedini piane, con leganti o vetrificanti per quelle verticali; i pannelli si usano praticamente su tutte le superfici.

Isolamento termico con fibra di cellulosa

Proviene dal riciclo della carta di giornale, poi miscelata con sali di boro per renderla inattaccabile dai parassiti;
si ottengono fiocchi da insufflare negli interstizi ed isola molto bene dal rumore. Si applica anche a spruzzo per migliorare l’isolamento acustico, i pannelli si montano su quasi tutte le superfici.

Kenaf, mais, cocco
Fibre di kenaf e di canapa, fibra di mais, fibra di cocco

Fibre di kenaf e di canapa

Le piante da cui si ricavano sono simili ed anche gli impieghi e le caratteristiche; per ottenere i pannelli la canapa viene però di norma trattata con soda e sali di boro per renderla resistente al fuoco.
Solo i pannelli ad alta densità sono calpestabili, i feltri si usano nei sottopavimenti.

Fibra di mais

si ottiene dalla lavorazione dei chicchi. I pannelli sono completamente biodegradabili ed autoestinguenti, con minima produzione di fumi; riutilizzabili se ben conservati, altrimenti possono essere compostati.
Ottimo isolante termoacustico per tutte le superfici interne ed esterne, anche in intercapedine.

Fibra di cocco

Di uso antichissimo anche in campo navale, non degrada a contatto con l’acqua e non marcisce, inappetibile per roditori e parassiti; si ottiene dalla parte fibrosa del frutto fatta macerare a lungo. Si usano soprattutto per pavimenti galleggianti, ma anche per isolamento termoacustico di pareti e coperture.

Fibra di lino, stuioe di canna, fibra di iuta
Fibra di lino, stuioe di canna, fibra di iuta

Fibra di lino

Per i pannelli si utilizzano le fibre corte, più ricche di cellulosa, ottenute dalla coltivazione biologica delle piante, trattate con sali di boro e talvolta con fibra di poliestere che ne limitano il riutilizzo ed il riciclaggio.
Pannelli morbidi, pannelli rigidi e fiocchi coprono praticamente tutte le situazioni di isolamento.

Isolamento termico con stuoie di canna

Ottenute dalla legatura di canne palustri con filo di ferro, sono molto utilizzate come base per intonacatura, situazione che al termine del ciclo vitale ne comporta lo smaltimento in discariche per inerti. Per cappotti rifiniti ad intonaco o legno e per intercapedini di coperture, pareti, solai e strutture.

Fibra di iuta

Si ottengono feltri per isolare dal calpestio, reti portaintonaco e fiocchi per riempire cavità e fessure; è traspirante, igroscopica ed antistatica, può essere riutilizzata, riciclata o compostata in quanto non contiene sostanze chimiche. Se ne ottiene anche una rete utilizzata come portaintonaco.

 

Isolamento termico con materiali di origine minerale

Vermiculite o perlite espansa, lana di vetro, vetro cellulare
Vermiculite o perlite espansa, lana di vetro, vetro cellulare

Vermiculite, perlite espansa

Da minerali di origine vulcanica si ottengono granuli che, riscaldati ad alta temperatura, aumentano di volume fino a 20 volte. è riutilizzabile e riciclabile solo come materiale inerte per calcestruzzo. Si utilizza per riempimenti, sottofondi (impastata con acqua e calce) ed additivo per intonaci incombustibili.

Isolare con lana di vetro o lana di roccia

Si tratta di materiali abbastanza simili che differiscono solo nella percentualità di legante che garantisce stabilità meccanica, una resina fenolo-formaldeide presente nel 3-19% nella lana di vetro e nell’1-4% in quella di roccia. Dopo il montaggio, la concentrazione si riduce a livelli trascurabili (< 0,01 parti per milione).

Vetro cellulare

È costituito da vetro riciclato e vetro puro ottenuto dalla fusione di sabbia di quarzo; non è traspirante, ma in compenso è impermeabile, incombustibile ed inattaccabile da muffe e roditori. Si utilizza in situazioni che richiedono impermeabilità all’acqua ed al vapore; è riciclabile per fondi stradali, riempimenti.

Isolamento termico con argilla espansa

Argilla espansa
Argilla espansa

Le perle di argilla espansa si ottengono facendo espandere ad alta temperatura l’argilla estratta da cave e giacimenti; nell’insieme assicurano buona traspirabilità, ma il granulo singolo è impermeabile.
Oltre che come isolante sfuso, l’argilla espansa, si utilizza per sottofondi drenanti, per i blocchi di calcestruzzo alleggerito e per canne fumarie.

Vetro granulare, calce cemento cellulare, pomice
Vetro granulare, calce cemento cellulare, pomice

Vetro granulare

Da vetro riciclato non riutilizzabile si ottiene una farina da far espandere a caldo per ricavare granuli di varie dimensioni e porosità. Si utilizza come isolante, per aumentare la resistenza al fuoco di intonaci, per pannelli autoportanti, per sottofondi, per canne fumarie; è traspirante, stabile, inerte.

­­­Calce cemento cellulare

Simile al cemento cellulare da costruzione, in pannelli o in granuli; i primi si utilizzano per cappotti esterni e facciate ventilate, i secondi come riempimento, come additivi per alleggerire le strutture o per intonaci e malte resistenti al fuoco, a seconda della granulometria. Si riutilizzano come riempitivo.

Pomice

Di origine vulcanica, si ricavano per macinazione granuli di consistenza leggera e porosa per sottofondi, malte ed intonaci termoisolanti e resistenti al fuoco, strutture alleggerite. Resiste bene anche alla compressione, è traspirante, resistente all’umidità ed assorbe bene le vibrazioni acustiche e le sollecitazioni meccaniche.

 

Isolanti di origine animale

La lana di pecora non è solo utilizzata nell’industria tessile: dagli stessi procedimenti, che si susseguono dopo la tosatura dell’animale, si ottengono pannelli di differente densità da utilizzare come ottimi isolanti in svariate situazioni e fiocchi per l’insufflaggio in interstizi ridotti. Se esente da additivi quali sali di boro e polipropilene, con funzione di renderla inattaccabile dai parassiti, può essere riciclata e compostata.

 

 

 

Sostituire il lavandino

“L’arredamento” del bagno è il più robusto di tutta la casa: è di porcellana. Difficile da scalfire, da macchiare e da sporcare, ma non resiste ai terribili attacchi della moda. Prepariamoci a sostituire il lavandino démodé con uno trendy

La tradizione per chi arriva in una casa nuova, se può permetterselo, è di cambiare la tappezzeria e i sanitari del bagno. È difficile che la ceramica si danneggi anche dopo anni di uso plurigiornaliero, ma l’insoddisfazione per l’estetica di modelli un po’ vecchiotti, o il desiderio di rimettere a nuovo un locale così intimo come il bagno, hanno la meglio su pragmatiche considerazioni riguardo al buono stato delle superfici. La sostituzione del lavandino non presenta difficoltà di sorta: il negozio di arredobagno fornisce, insieme al lavandino, le viti per il fissaggio e la rubinetteria. Gli utensili necessari sono presenti anche nelle cassette dei ferri meno accessoriate. Servono una pinza a pappagallo, chiavi a forchetta, un cacciavite, un trapano con punta al widia da 10 mm, canapa e silicone. Bisogna considerare anche il problema dello smaltimento dei vecchi sanitari che restano dopo la ristrutturazione: in molte città, ormai, si procede alla raccolta differenziata dei rifiuti domestici e non si possono abbandonare lavandini e WC vicino ai cassonetti. Ceramica e calcinacci sono una categoria di rifiuti speciali da consegnare a ditte specializzate che li ritirano a domicilio, previo pagamento di una piccola quota, oppure possono essere portati direttamente negli ecocentri per lo smaltimento differenziato

Sostituire il lavandino – Smontaggio del vecchio

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  1. Il vecchio lavandino deve lasciare il posto ad un nuovo sanitario di dimensioni maggiori e con un design più accattivante. La sostituzione prevede anche l’installazione di nuove valvoline con rosone e uno scarico più moderno, per cui vanno tolte tutte le vecchie installazioni.

  2. Prima di cominciare lo smontaggio si deve chiudere la valvola di intercettazione principale dell’acqua potabile, posta generalmente in prossimità del contatore. Nei bagni di costruzione più recente ci possono essere valvole di intercettazione secondarie che tolgono l’acqua al solo bagno.

  3. É consigliabile, prima di cominciare lo smontaggio dei flessibili, aprire i rubinetti del bagno in modo da scaricare tutta l’acqua. Poi si svitano le due ghiere dai gomiti a muro.

  4. Il sifone di scarico si toglie svitando la ghiera che lo collega alla piletta del lavabo. La parte inferiore, invece, si estrae dalla curva tecnica a muro semplicemente tirando. Tolte le parti più ingombranti si arriva più agevolmente ai dadi da 17 mm che ancorano il lavabo al muro.

  5. Il vecchio lavandino può essere rimosso con una certa facilità afferrandolo saldamente e tirandolo via dalla parete; solo nel caso di una sigillatura con silicone è necessario incidere prima l’adesivo con un cutter.

  6. Per ultimo si rimuovono i gomiti a muro (oppure valvole o filtri, se installati più di recente) che sono da sostituire con quelli filtranti compresi nel kit di installazione. Questi filtri sono necessari per proteggere le pur resistenti cartucce in ceramica presenti all’interno del rubinetto.

Sostituire il lavandino – Montaggio del nuovo

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  1. Prepariamo i filetti delle nuove valvole guarnendoli con un filo di canapa e pasta al silicone e puliamo con un cacciavite i filetti dei giunti murati.

  2. Avvitiamo fino ad avere i filetti di uscita verso l’alto, poi serriamo le valvoline e apriamo la valvola di intercettazione dell’acqua per controllare con un fazzolettino di carta che non ci siano perdite.

  3. I rubinetti monocomando hanno I flessibili premontati ed è sufficiente inserire tutte le appendici nel foro del lavabo senza dimenticare la guarnizione anulare che protegge la ceramica.

  4. Inseriamo sulle due barre filettate la guarnizione e la rondellona a forma di mezzaluna alla quale è affidato il compito di bloccare il rubinetto.

  5. La parte inferiore della piletta contiene il meccanismo di azionamento del tappo a salterello. Mentre si avvitano insieme i due pezzi bisogna fare attenzione a lasciare il foro per l’asta rivolto verso il muro.

  6. È molto probabile che sia necessario montare nuovi prigionieri e nella corretta posizione. Il retro del lavabo viene protetto con un foglio di espanso che ammortizza il contatto con le piastrelle.

  7. Si rimontano i dadi, interponendo le rondelle di protezione in plastica sulle nuove viti serrandoli solo il necessario per ottenere la stabilità del lavabo.

  8. L’asta del salterello si collega al comando di chiusura con un morsetto a vite.

  9. Per ultimo si monta il sifone, regolando la lunghezza dei tubi cromati sui giunti a cannocchiale.

  10. Si taglia l’espanso e si guarnisce il lavandino con silicone livellandolo con un raschietto di plastica.

  11. Lo scopo è stato raggiunto: ora il bagno ha un aspetto molto più attraente e consono ai dettami della moda.

Pastiglie freni della moto: come sostituirle

Procurandoci il ricambio giusto possiamo effettuare la sostituzione pastiglie freni  anche nel garage di casa nostra

Quando le pastiglie freni si usurano, non è possibile mantenere una guida sicura, senza contare che oltre un certo limite si può incorrere nel danneggiamento dei dischi, sui quali si formano “solchi” che ne impongono la rettifica o la sostituzione. Se la moto è equipaggiata con un sistema ABS è meglio rivolgersi ad un’officina, diversamente possiamo procedere noi stessi alla sostituzione: la procedura è la stessa per qualsiasi modello, mentre i sistemi di fissaggio e la forma delle pastiglie sono variabili. La zona di lavoro va lavata con un’idropulitrice e soffiata con aria compressa, poi bastano pochi attrezzi e una bomboletta di WD-40 a portata di mano per sbloccare i meccanismi ed eliminare le ossidazioni. Tutto l’intervento richiede meno di un’ora di lavoro: se utilizziamo pastiglie di tipo normale dobbiamo evitare frenate profonde per i primi 100 km, ma alcuni tipi (racing) non richiedono il rodaggio termico e i freni possono essere sfruttati appieno da subito.

Sostituzione pastiglie freni – L’olio dei freni

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Quello dell’olio dei freni è un circuito chiuso: l’olio rimane in prossimità del valore massimo e non si consuma, un calo di livello è il segnale inequivocabile che le pastiglie sono consumate (accertato che non ci sia una perdita). Prima di iniziare lo smontaggio, è bene aprire il serbatoio dell’olio dei freni perché nel riportare indietro i pistoncini, che sono in posizione avanzata a causa dell’usura delle pastiglie, si può incontrare difficoltà per via della pressione che si forma all’interno. Meglio anche prelevarne un po’ con una siringa, per evitare che trabocchi, e reimmetterlo a fine lavoro.

Sostituzione pastiglie freni – Smontaggio

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  1. Rimuoviamo i bulloni di fissaggio della pinza e portiamola all’esterno senza torcere i tubi.
  2. Con le pinze a becco togliamo la copiglia che ci permette di estrarre la spina di fermo.
  3. Sfiliamo la spina che attraversa le ganasce della pinza e un’estremità delle pastiglie.
  4. Separiamo le pastiglie facendo un poco leva con la lama del cacciavite.
  5. In alcuni casi l’elemento di destra ha forma diversa rispetto a quello di sinistra.

Sostituzione pastiglie freni – Nuovi elementi

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  1. Lo spessore delle pastiglie diminuisce con l’usura e questo provoca l’avanzamento dei pistoncini, che devono essere riportati indietro per poter inserire quelle nuove. Facendo molta attenzione a non segnare le superfici, possiamo aiutarci con le pinze a pappagallo.
  2. Osserviamo la forma delle pastiglie per inserirle nel modo corretto. Evitiamo il contatto con l’impasto della superficie frenante, può bastare poco per comprometterne il funzionamento.
  3. Agganciamo la pastiglia sul perno fisso presente sulla ganascia della pinza, tenendola verso l’esterno, e facciamola ruotare verso l’interno.
  4. Assestiamo nella sede la pastiglia, allineandola con quella inserita in precedenza. Se lo abbiamo, possiamo spalmare una modesta quantità di grasso siliconico per freni prima del montaggio.
  5. Controlliamo che i fori per l’inserimento della spina siano allineati, quindi la rimettiamo in sede e la blocchiamo nuovamente con la copiglia.
  6. Rimontiamo la pinza al suo posto e ripetiamo le operazioni sull’altro lato. Al termine del lavoro ripristiniamo l’olio dei freni del serbatoio e azioniamo più volte la leva del freno, fino a quando non sentiamo il circuito in pressione.

Collane in Fimo

Creiamo incredibili collane in Fimo utilizzando una resina morbida che si lavora con facilità

Per i “figli dei fiori” di buona memoria era punto d’onore farsi in proprio monili e ornamenti, per non dare impulso all’economia borghese.
Oggi rivisitiamo questa piacevole attività creativa utilizzando un materiale moderno: la resina sintetica modellabile che ha la caratteristica di essere molto morbida e manipolabile nelle forme desiderate.      
La pasta non indurisce se non è messa in forno, per cui quella che avanziamo può essere riutilizzata successivamente. L’impasto di basi diversamente colorate consente di ottenere monili striati e marezzati che hanno una particolare bellezza.

Le resine sintetiche (come la pasta Fimo) sono facilmente modellabili grazie alla loro morbidezza. Disponibili in svariate colorazioni, sono mescolabili tra di loro per ottenere infinite sfumature. Un panetto di Fimo costa 2,20 euro.
Servono anche fili di ferro sottili, gancetti e anellini per comporre la collana.

Preparare le “perle” per le collane in fimo

collane in fimo preparazione

  1. Realizziamo le “perle” della collana con la tecnica della marmorizzazione accostando tre cordoni di pasta di colori diversi
    e contrastanti.
  2. Arrotoliamo su loro stessi i cordoni di pasta in modo che i colori si mescolino in modo uniforme e regolare.
    Il cordone risultante non si spezza.
  3. Con la pasta formiamo un lungo cilindretto per ottenere perle di uguale dimensione e far sì che i colori si affianchino a formare delle spirali.
  4. Con il cutter tagliamo il cilindro a fettine tutte della stessa lunghezza. La pasta eccedente può essere utilizzata per altre creazioni.
  5. Modelliamo le fettine di pasta appallottolandole con le mani fino a formare le sfere che costituiranno la collana.

 

Preziose collane in Fimo

collane in fimo, completamento

  1. Con uno spillone pratichiamo un foro centrale nelle sfere che infiliamo una dopo l’altra su uno spezzone di filo di ferro.
  2. Preriscaldiamo il forno a 130° C e appoggiamo lo “spiedino” su due supporti. Lasciamo asciugare la pasta per 30 minuti.
  3. Dopo la “cottura” estraiamo le sfere lasciandole raffreddare. Rifiniamole con vernice trasparente lucida.
  4. Le sfere sono pronte per essere unite. I pernetti da usare hanno un occhiello ad un’estremità.
  5. Con le pinze pieghiamo la parte finale del pernetto passante in modo da bloccare la perla e agganciamolo a un tratto di catenella.

Come installare una balaustra in acciaio inox

Quando si tratta di scegliere il materiale per una balaustra esterna niente è più indicato dell’acciaio inox: linee pulite e leggere, facilità di montaggio, nessun problema di manutenzione per gli anni a venire

I lavori di sistemazione esterna di un edificio richiedono un pesante contributo in termini di tempo e denaro. Il buonsenso ci suggerisce quindi di scegliere materiali e tecnologie adatti a garantire alla nostra opera di rimanere inalterata il più a lungo possibile senza obbligarci a frequenti opere di manutenzione. L’acciaio inox è la scelta più adatta (a meno di essere proprietari di una villa storica) e in questo settore esiste un’ampia disponibilità di kit completi che offrono tutto ciò di cui abbiamo bisogno per il montaggio di una balaustra. Una sottigliezza da tenere a mente riguarda il tipo di acciaio di cui sono fatte le ringhiere: se il mare è vicino o se l’ambiente è particolarmente corrosivo è indispensabile richiedere l’acciaio inox 316, più costoso ma più resistente, mentre in condizioni meno estreme basta l’economico acciaio inox 304. Per un’accurata pianificazione del lavoro, esistono programmi di progettazione sui siti internet che, in pochi istanti, consentono di stilare la lista dei pezzi necessari per la costruzione.

Balaustra in acciaio inox – I pezzi del kit

kit balaustra
Il kit di montaggio offre due altezze delle colonnine, 0,85 o 1 metro, corrimano e barre tonde da 1,5 a 3 metri, più altri indispensabili accessori come sostegni per barre tonde, giunzioni correnti e angolate, fascette di supporto per il corrimano, terminali sia per il tubo sia per le barre, supporti e viteria per il fissaggio a pavimento e a parete e giunti sferici per il corrimano.

Balaustra in acciaio inox – Il premontaggio

ringhiera in acciaio inox

 

  1. Se gli spazi in cui viene posizionata la balaustra sono ristretti conviene eseguire un premontaggio di tutti i pezzi più ingombranti per spostare poi la struttura completa nella sua posizione definitiva.
  2. Ogni colonnina è dotata di cinque supporti entro cui inserire le barre tonde. I supporti sono orientabili e passanti in modo da poterli utilizzare anche su parapetti inclinati.
  3. Le barre orizzontali devono sporgere tutte di una stessa misura oltre l’ultima colonnina, sia che termini la ringhiera, sia che prosegua con un tratto a 90°. La sporgenza si calcola in modo da poter lasciare sempre la stessa “abbondanza” in tutte le occorrenze di angoli e terminali di ringhiera.

Balaustra in acciaio inox – La messa in opera

come installare un parapetto

 

ringhiera in acciaio

 

  1. Allineiamo le basi dei montanti lungo il muretto tenendo conto che l’asse delle barre orizzontali, e anche del corrimano, cade all’esterno del montante; bisogna avere chiara questa collocazione per sistemare la barretta di collegamento tra balaustra orizzontale e quella che discende le scale.
  2. Si fora il muretto con una punta da 10 mm dopo aver segnato la posizione con un pennarello.
  3. Con i fori liberi da polvere, si procede all’iniezione della resina per tasselli chimici e all’inserimento dei filetti M8.
  4. A resina indurita, dopo circa un paio d’ore, si possono posizionare le colonnine e tirare i dadi.
  5. Con la livella si controlla la verticalità della ringhiera correggendo eventualmente il fuori piombo con spessori posti sotto le basi delle colonnine.
  6. Fissiamo in una posizione approssimativa il corrimano serrando la fascetta presente sul montante.
  7. All’estremità del corrimano si inserisce un terminale forato. Il suo bloccaggio si effettua serrando le due viti laterali che provocano l’espansione del cilindro di materiale plastico. Il foro al centro rimane a disposizione per il collegamento con i perni degli snodi sferici, da bloccare con una vite incassata nella corona.
  8. All’estremo libero di ciascuna barra montiamo un giunto a manicotto e stringiamo una delle viti a brugola ad incasso per tenerlo fermo al suo posto.
  9. Gli angoli si realizzano con giunti snodabili uniti da una vite a brugola. Eventuali piccole differenze di lunghezza delle barre possono essere corrette facendo scorrere assialmente i giunti fino ad ottenere un corretto allineamento verticale.
  10. Stringiamo i giunti correnti delle barre con una chiave a brugola da 5 mm. Il corrimano si unisce con un raccordo munito di due O-ring da forzare nelle due estremità del tubo.

Il corrimano a scendere

installare un corrimano

 

  1. Con le estremità della barra bloccate nella posizione definitiva, ad esempio con puntelli e morsetti, si tracciano i centri per il montaggio dei sostegni della ringhiera.
  2. Si fora il muro con una punta al widia da 10 mm e si pulisce il foro, soffiando via la polvere con un compressore o con una semplice cannuccia. Poi si inserisce il tassello nel foro, mandandolo a fondo a piccoli colpi con un martello.
  3. Nel tassello si inserisce un tirafondo con un’estremità filettata sulla quale deve essere montato il supporto della ringhiera. Per facilitare la manovra con la chiave a bussola si montano due dadi serrati uno contro l’altro (controdado).
  4. Sull’estremità filettata del tirafondo si avvita il supporto della ringhiera, successivamente si inserisce il perno con la fascetta che si blocca serrando la vite incassata.

Maggiori informazioni sul sito Rintal

Come pulire l'argento

Trattamenti casalinghi per mantenere gli oggetti d’argento sempre splendenti e sfavillanti.

Come pulire l’argento
L’ossigeno contenuto nell’aria è un nemico degli oggetti d’argento. Appena li vediamo anneriti siamo tentati di utilizzare prodotti specifici, ma che risultano troppo spesso aggressivi per l’argento che invece ama le cure dolci, specie se l’ oggetto è antico. Se usiamo prodotti pronti scartiamo quelli “universali” e soprattutto quelli destinati al rame e all’acciaio. Alcuni prodotti liquidi specifici consentono di pulire e lucidare con una sola passata di pelle di daino, ma l’effetto dura poco. È anche possibile intervenire con semplici rimedi casalinghi che non costano molto e che, soprattutto, rispettano adeguatamente l’argento.

Trucchi e segreti
Tra le “ricette della nonna” risulta molto efficace la poltiglia formata da alcool e gesso in polvere finissimo amalgamati insieme. L’impasto che si forma si passa sulle macchie con un batuffolo di cotone idrofilo, strofinando leggermente fino a completo asciugamento; eliminiamo il gesso con altro cotone pulito. • Se non abbiamo del gesso possiamo utilizzare bicarbonato in polvere o semplice sale fino da inumidire sempre con alcool o succo di limone. Tamponiamo eventuali macchie verderame con aceto caldo. • Le posate d’argento si conservano in carta scura. 

Come pulire l’argento – con acqua salata

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Prepariamo una soluzione di acqua e sale marino e portiamo a bollore. Nel frattempo fasciamo l’oggetto d’argento in un foglio di carta d’alluminio (1). Immergiamo nella pentola in cui bolle l’acqua e continuiamo a far bollire fino a che il foglio d’alluminio non è annerito. Togliamo l’argento (2) e puliamolo con uno straccio morbido.

Come pulire l’argento – con il latte

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Il lavaggio con il latte è soprattutto indicato per le posate, poiché il detergente che adottiamo è perfettamente commestibile e non lascia sull’argento sostanze dannose. Immergiamo le posate per qualche minuto in un po’ di latte (1); togliamole dal bagno e strofiniamole delicatamente con uno straccio morbido (2). 

Come pulire l’argento – con acqua e sapone

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Dopo aver utilizzato i prodotti in commercio, venduti pronti e dalla composizione ignota (1), specie se trattiamo oggetti che andranno a contatto con il cibo, è necessario un’abbondante risciacquo: immergiamo l’oggetto in acqua saponata e strofiniamoli con una spugna per eliminare tracce del prodotto (2). 

 

 

WD-40 – Lubrificante multiuso multiuso

Il lubrificante sbloccante WD-40 multiuso è un punto di riferimento importante per tutti i lavori di fai da te, manutenzione, riparazione, protezione

Forse non tutti sanno che il suffisso “40” sta a significare la 40a formulazione elaborata nel lontano 1953 dalla Rocket Chemical nella realizzazione di un prodotto utile alla NASA per risolvere i problemi di corrosione e di protezione dei contatti elettrici sui suoi razzi. Ne provarono 1,2….. 39. La 40a fu quella giusta. Inizialmente il prodotto venne impiegato nell’industria aerospaziale e militare, ma la formulazione risultò così versatile che gli impiegati della Rocket Chemical lo utilizzavano anche a casa.

Letteralmente, quindi, WD-40 significa “Water Displacement 40th, ovvero la 40a formula idrorepellente all’acqua.

Sin dal 1958  WD-40 multiuso viene utilizzato sia a livello industriale (aerospaziale, automobilistico, meccanico, etc ) che a casa, diventando un alleato insostituibile nei lavori di bricolage, fai da te, manutenzione, riparazione, protezione.

Wd-40 Multiuso – Sistema Spray a doppia azione

Basta perdere la cannuccia rossa proprio quando ci occorreva per spruzzare la giusta quantità di WD-40 o per raggiungere un punto di difficile d’accesso. Basta riporre la bomboletta senza tappo, perché sparito o rotto. Tutto ciò che poteva essere scomodo è diventato facile: adesso, con un tocco, potrete passare da una lubrificazione per superfici ampie, a una lubrificazione mirata e precisa o viceversa.
Basta perdere la cannuccia rossa proprio quando occorre per spruzzare la giusta quantità di WD-40 o per raggiungere un punto di difficile d’accesso. Basta riporre la bomboletta senza tappo, perché sparito o rotto. Tutto ciò che poteva essere scomodo è diventato facile: adesso, con un tocco, è possibile passare da una lubrificazione per superfici ampie, a una lubrificazione mirata e precisa o viceversa.

 

 Wd-40 Multiuso – Idrorepellente

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L’elevata aderenza di WD-40 al metallo permette il formarsi di una barriera perfetta contro l’umidità. WD-40 si infiltra sotto l’umidità e ricopre completamente qualsiasi superficie, anche quelle che presentano micro irregolarità. È così che WD-40 elimina rapidamente i cortocircuiti da umidità.

 

Wd-40 Multiuso – Anticorrosivo

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La pellicola formata da WD-40 garantisce una protezione contro acqua, umidità, gelo e relativi effetti corrosivi. WD-40 protegge dall’ossidazione e da qualunque forma di corrosione anche nelle condizioni più critiche. Questa sua azione è duratura e preventiva.

 

Wd-40 Multiuso – Lubrificante

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Uno dei principali componenti di WD-40 è un lubrificante attivo e permanente. WD-40 non contiene silicone, lanolina o additivi che possano attirare polvere o sporcizia. I meccanismi vengono perfettamente lubrificati in modo pulito.

 

Wd-40 Multiuso – Detergente

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WD-40 elimina facilmente macchie di grasso, catrame, colla, ecc. da qualunque superficie non porosa. WD-40 penetra sotto la sporcizia eliminandola, senza lasciare residui di agenti corrosivi. WD-40 può essere utilizzato su tutte le superfici metalliche e in plastica.

 

Wd-40 Multiuso – Sbloccante

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WD-40® sblocca le parti grippate e i meccanismi arrugginiti, bloccati o congelati. L’aderenza al metallo di WD-40 gli permette di penetrare molto rapidamente per capillarità nelle minime porosità del metallo, attraversando così ruggine e strato corrosivo. Le proprietà lubrificanti di WD-40 garantiscono poi il funzionamento costante delle parti sbloccate.