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Vetro – Tecniche di taglio e lavorazioni

Tagliare, incollare, forare, dipingere… tutto ciò che c’è da sapere sulla lavorazione del vetro

Il taglio del vetro richiede pochi e semplici attrezzi, ma è molto importante la preparazione della zona di lavoro. Abbiamo bisogno di un piano privo di asperità e di avvallamenti che va rivestito da una vecchia coperta o qualsiasi altro materiale che possa garantire un supporto abbastanza morbido e non scivoloso.

Prima di iniziare sgrassiamo per bene la superficie e lubrifichiamo l’attrezzo di taglio con petrolio. Nel caso di vetri stampati si deve operare sempre sulla faccia liscia, appoggiando quella lavorata sul piano. La rotella va tenuta verticale e appoggiata al riscontro di guida, il taglio dev’essere continuo e deciso per incidere in modo uniforme la lastra. Spostandola poi sul bordo del piano e ponendo un listello sotto l’incisione le due parti si separano.

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Cosa serve: Rotella; ventose reggilastra; Punta a lancia; martello; compasso da vetraio; colori specifici; Minitrapano con frese

Forare

lavorare il vetro

Serve una punta a lancia con taglienti in widia montata sul trapano a colonna e fatta ruotare a velocità molto bassa. La punta va lubrificata con qualche goccia di petrolio.

Incollare

incollare il vetro

Esistono colle apposite caratterizzate da un’elevata trasparenza, pronte all’uso o a due componenti da miscelare. Le parti da congiungere vanno prima sgrassate con un solvente.

Dipingere

dipingere sul vetro

I colori si applicano con pennelli morbidi e a punta fine. Esistono anche in gel per decorazioni particolari e alcuni tipi possono essere fissati con il calore, in forno a 200 °C.

Incidere

incisione del vetro

Con un minitrapano provvisto di punte in­­­ widia o diamantate possiamo realizzare incisioni superficiali, seguendo un disegno tracciato in precedenza con una matita vetrografica.

Realizzare un’apertura circolare

tagliare vetro con rotella

  1. Quando dobbiamo realizzare un’apertura circolare in una lastra e il disco interno non serve, conviene tracciare una serie di cerchi concentrici partendo da quello più esterno.
  2. Colleghiamo le incisioni circolari realizzando alcune incisioni radiali . Per tutte queste operazioni appoggiamoci su un supporto morbido e piano.
  3. Spostiamo la lastra fuori dal piano e battiamo delicatamente con il martello iniziando dal centro e spostandoci verso l’anello più esterno. Gli anelli preincisi si frantumano senza interessare la lastra.
  4. Se rimane qualche frammento attaccato ai bordi lo possiamo asportare con una pinza a becchi piatti. Al termine il bordo del disco va rifinito passando una tela abrasiva per eliminare le sbavature.

Ratafià al caffé e vaniglia

Il ratafià è un liquore a base di infusi ed alcol. Lo prepariamo al caffé e vaniglia.

Il ratafià è un liquore tipico della tradizione piemontese ed abruzzese. Solitamente viene prodotto con le amarene, ma proponiamo una variante a base di caffé aromatizzato alla vaniglia. Si serve alla fine dei pasti, preferibilmente ad una temperatura di 8-10°, ma può anche essere consumato a temperatura ambiente.

ingredienti per il ratafià

Per la preparazione del ratafià al caffé servono:

  • 250 g di chicchi di caffè tostati; 
  • una stecca di vaniglia;
  • 1,5 litri d’alcool a 60°;
  • mezzo kg di zucchero.

 

caffe-per-ratafia

  1. Mettiamo il caffè, poco alla volta in un mortaio e lo pestiamo con il pestello fino ad ottenere un trito grossolano. Ripetiamo il passaggio fino ad averlo pestato tutto.

    vaniglia per ratafià

  2. Laviamo ed asciughiamo un grosso vaso con il tappo a chiusura ermetica e vi trasferiamo il caffè. Incidiamo la vaniglia con un coltellino ed apriamo leggermente il baccello in modo che l’aroma possa diffondersi meglio nel liquore.

    ratafia-preparazione

  3. Uniamo la vaniglia al caffè, versiamo l’alcool, chiudiamo il coperchio del barattolo ermeticamente e lasciamo riposare l’infuso per un mese il luogo fresco e buio. Trascorso il tempo di riposo versiamo lo zucchero in una casseruola, uniamo mezzo litro di acqua, portiamo ad ebollizione e cuociamo lo sciroppo per un minuto fino a che lo zucchero si è completamente sciolto.

    filtrare il liquore ratafià

  4. Lasciamo raffreddare lo sciroppo completamente, lo aggiungiamo al liquore, lasciamo riposare il tutto per un altro mese e, al momento opportuno, filtriamo il tutto attraverso un colino a maglie fini. Versiamo in bottiglie da liquore e lo serviamo a temperatura ambiente o possiamo riporlo nel freezer un’oretta prima della degustazione per poterlo consumare fresco.

 

Sistema a pannelli XLAM

Le caratteristiche fisiche e biologiche del legno, associate alle più recenti tecnologie di cui si avvale la prefabbricazione, tracciano la strada da seguire per realizzare edifici rientranti nelle più elevate classi energetiche con costi certi, elevato comfort, ampia possibilità di personalizzazione. Scopriamo il sistema a pannelli Xlam

Il termine XLam nasce prendendo come riferimento la natura dei pannelli, costituiti da tavole di legno massiccio incrociate in modo longitudinale e trasversale. Il legno può essere di abete, larice o pino e l’incollaggio delle tavole incrociate con uno speciale adesivo poliuretanico (senza formaldeide) garantisce un’elevata stabilità dimensionale e ottime proprietà di ripartizione dei carichi. Il peso specifico di 500 kg/mc (contro i 2500 del cemento armato e i 7850 dell’acciaio) ne fa una valida soluzione per ampliamenti e sopraelevazioni.

I pannelli Xlam sono realizzati con legno proveniente da foreste certificate e gestite in modo responsabile e sono composti da almeno tre strati di tavole reciprocamente incollati e incrociati. L’elevata ingegnerizzazione del processo produttivo garantisce montaggi rapidi e di grande precisione, totalmente a secco tramite connessioni meccaniche; il collegamento tra la struttura lignea e le fondazioni di calcestruzzo armato avviene tra piastre speciali e barre filettate d’acciaio o sistemi analoghi.

Gli spessori ridotti garantiscono un forte beneficio in termini di superficie netta fruibile, con un’isolamento termico sei volte superiore a quello dei laterizi pieni e quindici volte superiore rispetto ai conglomerati cementizi. Le dimensioni massime dei pannelli Xlam sono di 13,5×3,5 metri e gli spessori complessivi variano in base al numero di strati: da 57 a 120 mm (3 strati), da 85 a 200 mm (5 strati), da 189 a 252 mm (7 strati) e 297 mm per il tipo a 9 strati. Il numero degli strati è sempre dispari, per controbilanciare i movimenti del legno; con l’aumentare del numero degli strati, aumentano anche la portata e la stabilità del pannello.

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Le pareti vengono già predisposte in azienda con le aperture per porte e finestre previste a progetto e, come avviene per altri sistemi che utilizzano il legno come materiale di base, vengono trasportate in cantiere e movimentate con una gru per procedere all’assemblaggio; il sistema xlam prevede anche la realizzazione di solai e coperture, così da costituire elementi scatolari che si prestano ottimamente alla costruzione di edifici multipiano con elevate qualità antisismiche: al momento l’edificio più alto finora costruito è di 10 piani, ma sono in corso progetti di edifici ancora più alti, utilizzando in modo mirato anche il calcestruzzo nei punti che potrebbero generare flessioni. I pannelli X-Lam possono poi essere completati con qualsiasi finitura interna ed esterna, per cui l’abitazione può apparire esteticamente come frutto di un sistema costruttivo tradizionale.

Anche su ruote…

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Le case mobili Legnocase Trentino sono vere e proprie case composte da una stanza matrimoniale, una doppia o tripla, due bagni completi, una cucina-soggiorno, il tutto arredato e corredato di illuminazione a led, riscaldamento e climatizzazione. Dimensioni, forma e colori sono personalizzabili e il montaggio avviene direttamente in cantiere.

Maggiori informazioni  X-Lam Dolomiti e Legnocase

Mini sega circolare Bosch PKS 16 Multi

Abbiamo testato la mini sega circolare PKS 16 Multi, incuriositi dalle caratteristiche di una macchina che coniuga le prestazioni di una sega circolare, con la precisione di un cutter, una grandissima maneggevolezza e la versatilità di taglio su qualsiasi materiale.

Tagliare a misura laminato, profilati in plastica o rame, tagliare piastrelle in ceramica o grès porcellanato, parquet o plexiglas, praticare intagli nell’alluminio, segare truciolato pressato o cartongesso, tagliare dal pieno: queste sono solo alcune delle applicazioni possibili con la mini sega circolare Bosch.

La PKS 16 Multi ha dimensioni compatte che le conferiscono grandi doti di maneggevolezza, sicurezza e comodità in qualsiasi situazione. Le tre lame in dotazione – per piastrelle, legno e materiale composito – consentono l’utilizzo con i più svariati materiali, facendo sì che la macchina meriti a pieno titolo l’appellativo di multifunzione. Sono soddisfatte praticamente tutte le esigenze; sono tantissimi i progetti in cui la macchina si rivela insostitubile: dalle piccole riparazioni ai tagli più complessi in legno, metallo o plastica, dal taglio a misura del laminato al taglio preciso di piastrelle.

Grazie alle dimensioni compatte e alla pratica impugnatura ad archetto, la mini sega circolare PKS 16 Multi si maneggia senza difficoltà, anche con una sola mano. Lo speciale design del corpo macchina e la posizione della lama, che resta molto vicina al bordo laterale della piastra d’appoggio, permettono di operare in situazioni critiche, come per esempio tagliare in posizione d’angolo. La lama diamantata in dotazione permette di eseguire tagli diritti e senza scheggiature su qualsiasi ceramica e, con il pratico attacco per aspiratore, l’area di lavoro resta pulita. 

Mini sega circolare versatile e precisa

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  1. La velocità di rotazione (6400 giri/min) è perfettamente rapportata alle tre tipologie di lama in dotazione e alla particolare dentatura. Questo si traduce in una grande efficacia d’azione tagliando i più disparati materiali, anche i più duri, mentre con i più morbidi, come la plastica, si riesce a calibrare bene la velocità d’avanzamento per evitare che fonda e bruci a contatto con i denti. In considerazione del diametro delle lame di 65 mm, i 400 W di potenza della macchina si rivelano veramente esuberanti. Costa euro 129.

  2. Per poter accedere più comodamente al vano della lama, per provvedere alla sostituzione, si agisce sulla levetta laterale che libera la piastra d’appoggio. Sganciandosi, la piastra si apre a compasso oltre il normale range di escursione operativa; il corpo si distanzia molto dalla piastra, lasciando spazio a sufficienza per manovrare liberamente nell’alloggiamento della lama.

  3. La lama va messa in sede con i denti girati nel corretto senso di rotazione, seguendo la chiara indicazione posta sul carter di protezione. La boccola centrale fornisce un alloggiamento preciso assicurando la centratura della lama.

  4. La rondella esterna si incastra nella cavità dell’asse di rotazione completando il sistema di immobilizzazione della lama.

  5. Una vite con testa a brugola attua il serraggio mettendo in pressione la rondella sulla lama. Per impedire la rotazione dell’asse mentre si agisce sulla vite, a stringere o a svitare, va premuto il pulsante rosso collocato sotto il corpo della sega, in posizione accessibile solo con la piastra aperta.

  6. La profondità di taglio è data dall’apertura a compasso della piastra d’appoggio rispetto al corpo sega. Quando è completamente aperta, la lama non sporge affatto, mentre quando la piastra è completamente chiusa, in appoggio sul corpo, la lama ha la sua massima sporgenza e permette la profondità di taglio di 16 mm. Una manopola, posta anteriormente all’impugnatura, permette di limitare il movimento a compasso, impedendo alla lama di superare una profondità prestabilita. La piastrina sottostante ha un marcatore laterale che indica la sporgenza della lama su una scala millimetrata serigrafata sul corpo macchina.

  7. L’indicatore della piastrina corrisponde effettivamente alla profondità di taglio che si ottiene.

  8. Sulla parte anteriore della piastra c’è un puntatore che indica la posizione della lama per praticare il taglio nel punto corretto. Una parte rossa è fissa mentre una, di plastica trasparente, si ribalta in avanti per aumentare la precisione.

  9. Sul lato destro, alla radice dell’impugnatura, si inserisce con un innesto a baionetta l’adattatore per il tubo dell’aspiratore. L’adattatore riceve i comuni tubi di diametro 35 mm. Il sistema d’aspirazione risulta molto efficiente.

Difficili tagli nel pieno

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  1.  I difficili tagli nel pieno non sono un problema. Un grande aiuto viene dalla maneggevolezza che permette di manovrare con semplicità e sicurezza la macchina; poi c’è la particolarità del movimento del corpo macchina sulla piastra, con la lama che scende a tuffo. Questo consente di tracciare i tagli sul pannello, posizionare la piastra nel punto giusto, azionare la macchina e affondare la lama nel materiale. La cosa migliore è avere l’accortezza di non disegnare solo il rettangolo del foro da eseguire, ma anche i prolungamenti dei suoi lati; queste righe permettono di avanzare con il puntatore sempre ben centrato.

  2. Mentre le linee servono per collocare e mantenere la lama esattamente sulla linea di taglio, sul lato destro della piastra ci sono delle tacche che indicano dove arriva la lama, anteriormente e posteriormente. Quindi, allineata la piastra in senso laterale (con il puntatore anteriore), si allinea in senso longitudinale, facendo cadere la tacca posteriore sulla linea posteriore del rettangolo.

  3. Azionata e affondata la lama, si procede lentamente seguendo la linea di taglio e ci si arresta quando la tacca anteriore sul fianco della piastra giunge in corrispondenza della linea anteriore del rettangolo.

  4. La stessa operazione si ripete sugli altri tre lati; poi si capovolge il pannello e si completano gli angoli, che data la rotondità della lama, su questa faccia restano ancora uniti, seppure per pochi millimetri.

  5. .6 Le dimensioni della mini sega circolare, le sue doti tecniche e le lame in dotazione, valide sui diversi tipi di materiale, permettono di farne un utilizzo estremamente efficace, libero e creativo.

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Conosciamo l’inverter fotovoltaico

L’inverter fotovoltaico attua la trasformazione della corrente continua fornita dai moduli in corrente alternata, che viene immessa nella rete pubblica e svolge un importante monitoraggio.

La corrente prodotta dai pannelli fotovoltaici per effetto dell’irraggiamento solare non può essere utilizzata tal quale, dev’essere trasformata. L’inverter fotovoltaico è l’elemento preposto a effettuare questa trasformazione affinché la corrente prodotta dai pannelli possa alimentare le apparecchiature elettriche presenti nelle nostre abitazioni. La corrente alternata in uscita dall’inverter fotovoltaico viene immessa nella rete elettrica: la differenza tra i kW prodotti e quelli prelevati costituisce il consumo dell’abitazione, valore che può essere positivo o negativo a seconda che l’autoproduzione sia inferiore o superiore alle necessità. La corrente immessa deve però “andare a tempo” con quella di rete, cioè avere una determinata frequenza, per cui viene trattenuta da un condensatore, una specie di deposito temporaneo, e inviata a impulsi ad alta frequenza nella rete. Questo compito viene svolto da transistor che generano inserimenti e disinserimenti in rapida successione, cosicché la corrente alternata abbia un’onda sinusoidale perfetta. Il collegamento dei pannelli all’inverter fotovoltaico può avvenire in vari modi, ma un fatto è certo: il percorso dei cavi di corrente continua dev’essere relativamente breve, per garantire la massima efficienza sia in termini economici che di rendimento dell’impianto. L’inverter deve essere posizionato possibilmente in un luogo facilmente accessibile con temperature e gradi di umidità costanti per preservarne la migliore funzionalità nel tempo. Difficile stabilire quale sia l’inverter fotovoltaico più adatto, in quanto ogni impianto fotovoltaico ha proprie caratteristiche, in funzione dell’ubicazione, della zona climatica e dei requisiti richiesti. Il rapporto tra la potenza installata e potenza nominale dell’inverter dovrebbe essere idealmente del 100%. Il sovradimensionamento o sottodimensionamento dell’impianto rispetto all’inverter presuppone un funzionamento non ottimale dello stesso. Questo potrebbe influire negativamente sulla sua durata, già stimata intorno ai 10 anni e, pertanto, ben inferiore a quella media dei pannelli fotovoltaici, aspetto da tenere presente. Valenia offre una gamma di inverter fotovoltaici centrata per le esigenze delle installazioni residenziali e commerciali da 1 kW in su. 

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In uscita dall’inverter c’è un primo contatore dell’energia prodotta e immessa in rete, un secondo contatore rileva la quantità prelevata dalla rete per gli utilizzi.

 Inverter fotovoltaico – Montaggio e avvio

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  1. per poter effettuare il montaggio occorre aprire il guscio laterale che nasconde i collegamenti, rimuovendo una coppia di viti.

  2. questo permette anche di separare la staffa metallica dall’apparecchiatura, rimuovendo la vite di sicurezza che unisce i due elementi. L’inverter può essere sfilato dai binari guida laterali della staffa.

  3. prima di fissare a muro la staffa di supporto, in bolla e a piombo, occorre accertarsi che rimangano almeno 200 mm di spazio libero su entrambi i lati e 50 mm sul lato superiore. Si marcano i fori per i tasselli a espansione attraverso le asole presenti sulla staffa, la si fissa a parete e si reinserisce l’inverter sulle guide, ribloccandolo con la vite di sicurezza tolta in precedenza.

  4. si inserisce il cavo attraverso la boccola pressacavo e si collegano i conduttori alla morsettiera, rispettandone la posizione; si rimonta il guscio.

  5. ora si inseriscono i connettori CC MC4 nelle apposite sedi, chiudendo con tappini quelle inutilizzate.

  6. si porta il dispositivo CC in posizione ON e si fornisce tensione all’appecchiatura.

  7. seguendo le istruzioni, si effettua la messa in funzione impostando i vari parametri.

I compiti dell’inverter fotovoltaico 

inverter fotovoltaico, inverter, fotovoltaico, inverter per fotovoltaicoL’inverter dev’essere in grado di trasformare l’energia prodotta dai moduli in maniera efficiente. L’efficienza dell’inverter è determinata, oltre dal dato tecnico dichiarato dal costruttore, dal corretto dimensionamento dell’impianto tenendo conto di orientamento impianto, inclinazione dei moduli, localizzazione geografica, areazione moduli ecc. Infatti l’intensità d’irraggiamento e la temperatura dei moduli variano continuamente e tra i compiti dell’inverter c’è quello di estrarre dall’impianto la maggior potenza possibile in ogni situazione: deve perciò “inseguire” il punto di funzionamento ottimale, il Maximum Power Point (MPP) e mantenerlo. L’inverter svolge una funzione di monitoraggio dell’impianto e della rete pubblica, intervenendo in caso di anomalie, ad esempio scollegando l’impianto in caso di black out per evitare che, al ripristino, possano verificarsi discordanze di fase, tensione o frequenza rispetto alla rete, fonte possibile di shock per le apparecchiature coinvolte.

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Privacy in poche mosse

Nell’ampia gamma dei rotoli di plastica adesiva tavola&co distribuiti da Sodifer, ce n’è anche uno specifico per l’applicazione sui vetri; nel caso di una stanza da bagno permette di ottenere la necessaria privacy togliendo poco o nulla alla naturale luminosità del locale.

tavola&coPer discrezione e privacy, spesso le finestre dei bagni hanno vetri satinati o lavorati, in modo che nulla sia visibile dall’esterno. Chi si trovasse nella situazione di avere vetri del tutto normali e volesse una volta per tutte provvedere a rendere cieca la finestra per sentirsi più tranquillo e a proprio agio, non deve necessariamente ricorrere alla sostituzione del vetro, intervento piuttosto oneroso soprattutto nel caso di vetri camera.

Una soluzione valida al problema è quella di applicare una pellicola di plastica adesiva sulla superficie interna del vetro, scegliendone una fra quelle dell’ampia gamma tavola&co di Sodifer, azienda leader nelle forniture di utensili manuali ed elettrici, articoli per il fai da te e per la casa.

Della gamma di queste plastiche adesive, prodotte in Europa con i più elevati standard qualitativi, fa parte una serie studiata proprio per l’applicazione sui vetri, con lo scopo di impedire la visione attraverso il cristallo, mantenendo tuttavia un elevato grado di trasmissibilità della luce per non penalizzare la naturale luminosità del locale. Il rotolo utilizzato ha una larghezza di 67,5 cm e una lunghezza di 2 metri.

Privacy in poche mosse – L’applicazione

tavola&co

 

  1. Srotolando la pellicola adesiva si nota che il dorso della carta di protezione riporta stampati disegni, istruzioni in diverse lingue e una moltitudine di elementi grafici che aiutano nelle operazioni di taglio, permettendo di andare diritti, senza sbagliare misure, dato che sono disseminati di misure, scritte e riferimenti.
  2. Presa l’altezza del vetro, si riporta la misura sul retro della pellicola e si taglia lasciando un po’ d’abbondanza. Conviene sempre stare più larghi e praticare il taglio in corrispondenza di una delle frequenti righe. Appena aperta un’incisione sul bordo, le forbici fendono rapide la pellicola anche senza fare l’atto di chiudere le lame.
  3. Prima dell’applicazione bisogna pulire bene il vetro sgrassandolo con un comune prodotto per cristalli, poi, per agevolare l’operazione, si bagna leggermente la superficie irrorandola d’acqua con un nebulizzatore.
  4. La pellicola e la carta protettiva si staccano molto agevolmente. Conviene iniziare da un angolo e separarle solo per un breve tratto su tutto il lato superiore.
  5. Appoggiando le nocche delle dita sulla cornice di legno della finestra, si attacca la pellicola prima in un angolo e poi nell’altro, mantenendola tesa e allineandola contemporaneamente al bordo superiore.
  6. A questo punto si può scendere verso il basso. Bisogna progredire lentamente, pezzo per pezzo, facendo uscire aria e acqua ai lati della pellicola usando una spatola di gomma oppure un rullo, anch’esso di gomma. Mano a mano che si scende si rimuove la carta di protezione; non bisogna toglierne troppa tutta in un colpo perché si rischia che la pellicola si ripieghi su se stessa aderendo fortemente e rovinandosi.
  7. Giunti al bordo inferiore della finestra si insiste bene nel fare aderire la pellicola sino in fondo. La carta di protezione si può togliere del tutto e si ripassa bene l’angolo fra il vetro e la cornice della finestra.
  8. Ciò che cresce va tolto usando un cutter ben affilato, tenendolo inclinato quel tanto da toccare con la punta il vetro, ma nella fessura fra questo e il legno.

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Masselli autobloccanti

Vialetti, marciapiedi e piazzole che arricchiscono il giardino si possono realizzare velocemente con i masselli autobloccanti

Quotidianamente vediamo cortili, vialetti e marciapiedi pavimentati con masselli autobloccanti  in cemento che creano interessanti geometrie ed hanno anche un aspetto gradevole, soprattutto quando sono arricchiti con inserti in pietra. Possiamo anche posarli in proprio, con l’opportuna procedura. La base della pavimentazione dev’essere ferma e livellata, ma la semplice posa a terra degli autobloccanti non impedisce che, con l’uso, i blocchetti in prossimità del bordo si distanzino uno dall’altro. Se non c’è un bordo di contenimento preesistente (muro della casa, muretto di recinzione) dobbiamo costruirlo noi, di tipo permanente. Se ne possono realizzare di diversi tipi: con blocchi di cemento che si acquistano già pronti e si fissano su una piccola gettata di cemento lungo il perimetro, oppure posando mattoni “in costa”, anch’essi su una gettata di calcestruzzo. Una volta livellato e compattato il terreno di fondo e sistemati i bordi di contenimento, possiamo preparare il letto di posa utilizzando la sabbia. Allarghiamola uniformemente sul fondo, all’interno dei bordi e con uno spessore di 5-6 cm, utilizzando un rastrello, quindi livelliamo la superficie con una staggia lunga quanto la larghezza della pavimenta­zione.

La posa dei masselli autobloccanti
Cominciamo la posa contro il bordo di contenimento, ad un’estremità della zona da pavimentare. Ogni blocchetto dev’essere appoggiato a quelli più vicini senza lasciare spazi. Man mano che l’area pavimentata aumenta, dobbiamo lavorare appoggiandoci su una tavola posata di traverso sui blocchetti già posti in opera, allo scopo di distribuire il nostro peso. Mettiamo alcune tavole anche per consentire il passaggio della carriola. In generale, per dare a tutto il pavimento la massima robustezza, è opportuno usare blocchetti interi, ma non è improbabile doverne tagliare a misura alcuni se, all’interno dell’area da pavimentare, vi sono ostacoli, come un pozzetto di ispezione o un drenaggio, e nei punti in cui la pavimentazione incontra il bordo di contenimento. È possibile marcare i blocchetti a misura e tagliarli usando un martello e uno scalpello da muratura. In alternativa possiamo usare la smerigliatrice con disco “da pietra”. In tal caso facciamo attenzione perché si tratta di un’operazione non priva di qualche pericolo. Una volta posata una superficie abbastanza ampia di blocchetti di calce­struzzo è necessario fare in modo che penetrino saldamente nel letto di sabbia. Per questo lavoro l’ideale è impiegare un vibratore a piastra con una suola di gomma (che si può noleggiare). La macchina stabilizza i blocchetti nel letto di sabbia e forza la sabbia dentro i giunti senza danneggiare la pavimentazione. Infine versiamo della sabbia asciutta sulla pavimentazione compattata e, con una scopa, allarghiamola sul pavimento per facilitarne la penetrazione nelle commessure tra i singoli elementi. Dopo alcune settimane controlliamo la superficie per vedere se, in qualche punto, si sono verificati cedimenti. Le zone eventualmente fuori livello possono essere sistemate sollevando i blocchetti interes­sati e aggiungendo sabbia sotto di essi. La verifica va fatta specialmente dopo forti piogge, soprattutto se l’area coperta ha una certa pendenza, in quanto lo scorrere dell’acqua può aver dilavato la sabbia e scalzato dei blocchetti. In ogni caso versiamo ancora sabbia e allarghiamola come all’atto della posa.

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Gli autobloccanti (1) sono blocchetti di calcestruzzo di dimensione limi­tata che possono essere posati (in esterno) in combinazioni molto diverse. Ogni elemento viene bloccato per mutuo contrasto di forze con quelli adiacenti. Le pietre da pavimentazione (2) sono reperibili sotto forma di blocchetti e lastre in varie dimensioni. Ideali sono il porfido, il granito, la luserna ed il serizzo in quanto molto resistenti.

Masselli autobloccanti – Preparazione e livellamento del terreno

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  1. la zona che decidiamo di pavimentare va liberata dal manto erboso (ove questo ci fosse) e scavata per una profondità tale da poter accogliere un eventuale riempimento di ghiaione, per costituire un sottofondo solido.

  2. sul fondo in ghiaione versiamo 5-6 centimetri di sabbia asciutta che allarghiamo e livelliamo con il rastrello.

  3. la sabbia va accuratamente livellata passando su di essa una staggia di alluminio. Una leggera compattatura con il vibratore serve per la spianatura finale.

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Nel disegno: vista in sezione dei vari strati che compongono la posa degli autobloccanti.

Masselli autobloccanti – La posa

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  1. la zona da pavimentare con gli autobloccanti va delimitata con un cordone in pietra o in cemento che posiamo su una piccola gettata di calcestruzzo.

  2. Stabiliamo con precisione il livello della pavimentazione con lenze tese su cui facciamo correre una livella a bolla.

  3. Procediamo con la posa poggiando gli elementi ben accostati l’uno all’altro secondo la geometria preferita (lineare, alternata, a spina di pesce, a cortina, ecc).

  4. In presenza di cordoli preesistenti verifichiamo che il livello della pavimentazione non li superi.

Masselli autobloccanti – Taglio e finitura

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  1. quando si necessita di mezzi blocchetti possiamo ottenerli incidendo la linea di taglio con la smerigliatrice e poi utilizzando lo scalpello a punta piatta.

  2. per tagli particolari o sagomati bisogna usare la sega circolare con disco diamantato che si può noleggiare presso i centri di bricolage.

  3. la compattatura finale si effettua col vibratore. Per riempire le commessure si sparge sabbia asciutta e la si scopa ripetutamente. La sabbia stabilizza gli autobloccanti.

Vele ombreggianti

Creiamo un angolo fresco in giardino per dilatare i tempi in cui possiamo godercelo, installando vele ombreggianti. 

Il sole cocente dà fastidio come il freddo intenso e non ci lascia godere del nostro spazio esterno, ma è più facile da contrastare in quanto bastano vele ombreggianti di buona efficienza. La scelta non potrebbe essere più ampia: dal tradizionale ombrellone, oggi ingrandito fino a misure veramente imponenti grazie ai nuovi materiali rigidi e resistenti, si affiancano le tende a vela, anche arrotolabili, e le tende a bracci estensibili, sia da da terrazzo, sia su supporti che possono essere installati in mezzo al giardino. Poi un’infinta varieta di tende fisse a doppia falda, da spostare dove si vuole, e le grandi coperture a pacchetto che si allungano coprendo ampi spazi.

Vele ombreggianti – varie tipologie 

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  1.  l’ombrellone a pacchetto Porticombrellone ripara da sole, pioggia e vento. Installato in semplice appoggio non necessita di alcun fissaggio, né al suolo, né agli edifici adiacenti risultando quindi mobile. L’apertura e la chiusura si effettuano manualmente, in pochi secondi. Il telo, composto da fasce indipendenti, in unico strato oppure doppio con illuminazione centrale, può essere sfilato completamente e velocemente dai traversi scorrevoli per la pulizia, manutenzione o sostituzione. (www.porticombrellone.com)

  2. ombrellone Montecarlo di mogano con palo quadrato completo di base. Copertura acrilica idrorepellente con volants e antivento. Un meccanismo telescopico permette di chiudere l’ombrellone senza dover spostare i mobili sottostanti. (www.halnet.it/fim)

  3. la tenda Thalia è realizzata con doppi gamboni di Iroko da mm 120×120. Grazie al sistema apri-chiudi può essere manuale o motorizzata. Il telo regolabile in acrilico o PVC, una volta chiuso, grazie al sistema rapido di riavvolgimento, è a scomparsa. (www.giardiniveneti.it)

  4. tenda a bracci estensibili con cassonetto integrale ad inclinazione variabile. Minimamente invasivo, protegge telo e meccanismi dalle intemperie. Pratic (www.pratic.it) 5: tenda di grande estensione con bracci telescopici anziché a snodo. (www.stobag.ch)

Come si fa la cartapesta: la coccinella

Come si fa la cartapesta? La tecnica è semplice, bastano giornali e colla vinilica. Vediamo come realizzare con la cartapesta laminata insetti ed altri animali, ma anche fiori ed oggetti vari, stendendo le strisce di carta bagnata nella colla vinilica su un’armatura di filo metallico.

Vediamo intanto come si fa la cartapesta e che cos’è. La cartapesta è una pasta modellabile che si ottiene facendo macerare in acqua e colla vinilica la carta da giornale strappata (non tagliata) in tante striscioline; quando è ben inzuppata si impasta il tutto, si strizza l’acqua in eccesso e si usa per modellare oggetti a tutto tondo. Qui usiamo invece la tecnica della cartapesta laminata: le strisce di carta strappate e impregnate di colla vengono disposte in modo incrociato su un’armatura metallica.

come si fa la cartapesta
Whisky il ragnetto in cartapesta

I materiali per fare la cartapesta:

Filo metallico, carta da giornale, colla vinilica, cementite e colori vari.
Anche gli attrezzi che servono sono veramente comuni: cutter, pinze, tronchesini e pennelli.

materiali-cartapesta

Prepariamo la struttura di una coccinella in cartapesta

struttura cartapesta filo metallico

  •  Con il filo di ferro creiamo la sagoma del corpo della coccinella, un tondo grande ed uno piccolo.
  • Realizziamo il volume del corpo e della testa  incrociando dei fili di ferro di lunghezza opportuna sui due tondi e fissandoli con filo più sottile.

cartapesta-come-si-fa

  • Le strisce di carta, lasciate per qualche minuto a mollo in colla diluita, si stendono sovrapposte ed incrociate sull’armatura fino a ricoprirla.
  • Spennelliamo di colla vinilica tra uno strato e l’altro per rinforzare l’unione della carta.

cartapesta-incollaggio

  • Rivestiamo corti spezzoni di filo metallico con strisce di carta per realizzare le zampine.
  • Infiliamo il fil di ferro nel corpo di carta e saldiamo con qualche striscia di carta e qualche pennellata di colla

colorare-la-cartapesta

  • Essendo la ricostruzione della coccinella molto stilizzata il colore acquista particolare importanza per l’identificazione dell’animale.
    Cominciamo da una mano di cementite che uniforma la superficie e copre i caratteri di stampa della carta. Stendiamo una mano di rosso vivo su tutto il corpo.
  • Con il nero coloriamo le zampette, la testa, la spina dorsale e i vari putni; sul musetto bianco tracciamo occhi e gote di fantasia.

DAS cartapesta, busta 1kg
  • Sostituisce la tradizionale cartapesta
  • Facile da lavorare una volta inumidita e impastata
  • L'oggetto realizzato può essere decorato con tempere e pennarelli multisuperficie
  • Ideale per oggetti voluminosi e leggeri
  • Non contiene glutine
Staedtler 8180 - Fimoair cartapesta, qualità Premium, 200 g
  • Contenuto: 200 grammi (2 x 100 grammi)
  • due volte più produttivo della cartapesta convenzionale
  • Pertanto la composizione mista dà 800 ml di volume
  • Asciugatura all'aria
  • In forma di fiocco
 stella-cartapesta

Costruzioni innovative al top… con legno e paglia

Editoriale tratto da “Rifare Casa n.33 Maggio-Giugno 2014”

Autore: Nicla de Carolis (Direttore Editoriale)

«…Non ho mai capito perché i Tedeschi, che possiedono tanti boschi, si ostinino a costruire case in pietra. Oggi, però, sapendo quante stazioni termali antireumatiche esistono in questo Paese, capisco perché debbano abitare in case umide e fredde. Dove potrebbero altrimenti prendersi i reumatismi, senza i quali le loro stazioni termali sarebbero veramente in soprannumero?» Così diceva Mark Twain, lo scrittore, umorista, aforista e docente statunitense vissuto nel XIX secolo. A quanto pare, questa sua affermazione è stata presa in considerazione dai Tedeschi che sono oggi in Europa tra i migliori costruttori di case in legno. Ma i pregiudizi circa le case di legno sono ancora tanti, soprattutto qui in Italia, dove la casa di legno è guardata ancora da molti con grande sospetto e considerata più o meno come una baracca, assimilabile alle orrende villette degli Americani che abbiamo imparato a conoscere nei film e nelle serie televisive dove, per ristrutturare, si demoliscono pareti e pavimenti in tavole di legno marce… Ma al di là di questo luogo comune la realtà è che le costruzioni in legno hanno raggiunto standard di prestazioni elevatissimi, fino a superare quelli della muratura.

Premesso che sarebbe auspicabile dire stop al consumo del suolo, ipotizzando nuove costruzioni solo in sostituzione di altre da demolire o per sopraelevazioni, l’evoluzione delle tecniche costruttive, per lo più in legno, merita un approfondimento che ci porta alla scoperta di una materia incredibilmente ricca di novità, come potrete vedere nello speciale di questo numero. La differenza rispetto a una casa in muratura si percepisce in maniera istintiva, basti pensare alla sensazione di benessere che si prova quando si entra in un vecchio chalet di montagna o in uno dei nuovissimi, magnifici resort alpini dove si viene avvolti dal profumo del legno trattato a olio e rapiti dal piacere per la vista e per il tatto che questo materiale suscita.
Con i sistemi di pareti sandwich la casa di legno non è più solo la casetta che sta bene in montagna, la sua estetica si può uniformare alle case in muratura e ai progetti di architettura più audaci realizzati dalle archistar. Ci sono poi i vantaggi pratici che vanno dai costi di realizzazione fissi con un eccellente rapporto qualità prezzo, dall’isolamento termico che consente un consistente risparmio energetico, all’assenza di umidità (…proprio quella già citata da Mark Twain). In più oggi, grazie al nuovo sistema di accoppiamento di tavole, l’X-LAM, si possono realizzare edifici su più piani che rispondono particolarmente bene in caso di sismi.

Ma il top in fatto di innovazione costruttiva è senz’altro la casa con struttura portante in legno, pareti e isolamento delle coperture in balle di paglia pressate, intonaco esterno in calce e interno in terracruda… sembra una favola, ma è realtà!

Questo edifico dall’estetica modernissima, realizzato dall’Atelier Werner Schmidt in Svizzera, ha struttura portante in jumbo balle di paglia, disposte a forma di U e pannelli in legno multistrato a strati incrociati. Come si vede dai disegni sia il pavimento del piano terra sia il soffitto dell’ultimo piano sono coibentati con paglia in balle di elevato spessore per un notevole isolamento termico. https://archieco.eu/?p=269
Questo edifico dall’estetica modernissima, realizzato dall’Atelier Werner Schmidt in Svizzera, ha struttura portante in jumbo balle di paglia, disposte a forma di U e pannelli in legno multistrato a strati incrociati.
Come si vede dai disegni sia il pavimento del piano terra sia il soffitto dell’ultimo piano sono coibentati con paglia in balle di elevato spessore per un notevole isolamento termico.