I pavimenti in graniglia di marmo nascono come evoluzione dei pavimenti alla veneziana, anch’essi composti da frammenti di marmo e cemento, ma decisamente più laboriosi, in quanto realizzati artigianalmente sul posto e seguiti da un lungo periodo di maturazione prima di eseguire levigatura e finitura.
Le formelle vengono invece prodotte sottoforma di mattonelle, pur seguendo anch’esse una tecnica artigianale, ed il pavimento viene composto affiancandole, come per una piastrellatura. I loro bordi sono a spigolo vivo, così da ottenere fughe di appena 1 mm, necessarie per consentire al fugante di penetrare a fondo ed attecchire, ma senza impedire di ottenere un pavimento apparentemente monolitico.
La nascita delle formelle di graniglia risale alla fine dell’800, si affermano rapidamente, ma il loro declino inizia dopo appena mezzo secolo a favore delle pavimentazioni industriali e, poco più tardi, delle piastrelle ceramiche prodotte su larga scala. L’unicità di queste pavimentazioni ha però suscitato l’interesse di alcune aziende che, a distanza di qualche decennio, hanno recuperato gli stampi delle ditte artigiane dell’epoca, insieme alle tecniche realizzative ed alle ricette degli impasti, ed hanno voluto riproporre le formelle di graniglia applicando i vantaggi forniti dal progresso tecnologico, ma rispettandone l’artigianalità e l’utilizzo di elementi naturali. Ancora oggi, una persona è in grado di produrre quotidianamente non più di 4-4,5 m2 di formelle, dove forme e colori danno vita a rivestimenti di elevata qualità. Le formelle si ottengono da una miscela di marmi in granuli e polvere, la cui granulometria è decisamente inferiore a quella dei pavimenti alla veneziana ed assicura un’elevata uniformità della superficie. Sono monostrato e colorate in massa, quando vengono estratte dallo stampo risultano bifacciali, la faccia inferiore è soltanto più ruvida ed irregolare; la successiva prelevigatura rende liscia ed uniforme la faccia superiore.
Come nasce il decoro delle graniglie di marmo
Vengono mescolati a secco marmo in polvere e grani (80% circa) prelavato e depolverato, cemento bianco ad alta resistenza ed ossidi naturali non fotosensibili (per inibire variazioni di colore nel tempo per effetto della luce), in base alla colorazione da raggiungere. Il tutto viene miscelato meccanicamente con aggiunta di acqua tramite mescolatori analoghi a quelli delle industrie farmaceutiche.
Il miscelato, di consistenza cremosa, viene colato manualmente in speciali stampi di bronzo (o acciaio o leghe metalliche) con elementi divisori; ciascuno spazio viene colmato con la miscela di impasto di un determinato colore, a seconda del modello da realizzare. La scelta dei colori ed il posizionamento degli stessi è a discrezione dell’utente finale, il prodotto è quindi totalmente personalizzabile.
Riempiti i vari settori, l’impasto viene vibrato per uniformarne la distribuzione, poi il divisore interno viene estratto sollevandolo: la consistenza è sufficiente ad impedire ai colori di mescolarsi.
Il decoro viene completato e livellato superficialmente con cemento grigio e sabbia che costituiscono il sottofondo. Segue una pressatura lenta ed a pressione elevata per eliminare l’acqua in eccesso e l’aria.
Terminata questa fase le formelle vengono estratte e inserite in una rastrelliera per essere sottoposte ad una stagionatura della durata di circa 12 ore, tramite immissione di vapore che raggiunge rapidamente gli 80°C e degrada poi lentamente. Il giorno successivo si effettua la levigatura definitiva.
Per maggiori informazioni circa i pavimenti in graniglia di marmo potete contattare:
MIPA www.mipadesign.it (via Cantina n° 325, Casoni di ravarino MO tel. 059818201 email info@mipadesign.it)
Sempre più frequente è il recupero dei sottotetti per trasformarli in spazi abitabili indipendenti o per ampliare volumi già esistenti: è imperativo disporre di aperture che garantiscano illuminazione naturale e ricambio d’aria a questi spazi, i lucernari Velux arrivano in aiuto di questa esigenza.
Su queste finestre ci sono diverse considerazioni da fare: dimensioni, posizione, tipo di apertura, più tanti piccoli, ma fondamentali accorgimenti che, se rispettati, permettono di sfruttarle al meglio. Prima di scegliere una finestra da tetto bisogna osservare la pendenza della falda: se si effettua l’installazione ad altezza d’uomo, meno il tetto è inclinato più dev’essere alta la finestra, così da poter vedere all’esterno tanto da seduti quanto in posizione eretta. Questa regola soddisfa la vista, ma non necessariamente l’olfatto. I fumi e gli odori, infatti, tendono a salire verso il colmo del tetto ed il ricambio d’aria potrebbe rivelarsi scarsamente efficiente. In alcuni casi conviene prevedere un’ulteriore finestra nel punto più alto, semplice o doppia: quest’ultima si installa a ridosso del colmo, “a capanna”, e deve obbligatoriamente essere azionabile tramite telecomando.
Per la larghezza, il limite massimo corrisponde alla distanza tra due puntoni del tetto con i quali, in quanto elementi strutturali, l’apertura non deve interferire. Dovendo installare più finestre per illuminare una singola zona, è meglio sovrapporle che non affiancarle: si risolve l’inconveniente già esaminato e si evita di sacrificare spazio ad un’altezza utile per collocare gli arredi in uno spazio che, lungo il perimetro, di libertà non ne lascia granché. Come una qualsiasi altra finestra, quella da tetto deve disporre di sistemi oscuranti e filtranti della luce: anzi, la necessità è maggiore, trattandosi di una superficie inclinata e non perpendicolare, molto più esposta alle radiazioni solari. Il sensore di pioggia qui assume un’importanza rilevante, per chiudere immediatamente ed in modo automatico la finestra in caso di precipitazioni. Alcune motorizzazioni possono essere alimentate dall’energia solare captata da un piccolo pannello ed immagazzinata in un accumulatore, così da garantire la movimentazione anche in caso di black-out.
Dimensioni
A parità di superficie vetrata, l’illuminazione è migliore installando più finestre piccole di quanto non sia possibile con una sola grande finestra.
Luminosità Un rivestimento attorno alla finestra divaricato verso il basso e verso l’alto permette l’ingresso di una maggiore quantità di luce.
Circolazione
Un rivestimento inclinato verso l’interno assicura anche una migliore circolazione dell’aria calda, evitando formazioni di condensa.
Sicurezza
La dimensione della finestra non deve interferire con gli elementi strutturali del tetto, eventuali modifiche alla struttura devono garantire solidità al tetto.
Estetica
Le finestre da tetto vanno disposte armonicamente rispetto a quelle di facciata, per non interferire negativamente con l’architettura dell’edificio.
Un’installazione Determinata la posizione, evitando di interferire con la struttura principale del tetto, si eliminano le tegole necessarie in base alle dimensioni del telaio.
I listelli reggitegola vanno tagliati a filo della luce, quindi si fissa il telaio per mezzo di squadrette metalliche o supporti simili.
Se il telaio è preassemblato basta controllarne la squadratura prima di fissarlo, altrimenti nel montaggio bisogna verificare la corrispondenza delle diagonali. Ai lati bisogna rimuovere una fila di tegole per disporre la scossalina sotto la copertura ed evitare infiltrazioni; nella parte inferiore, invece, la si fa sormontare le tegole per consentire lo scolo dell’acqua piovana.
Attorno al telaio completato si dispongono i profili semirigidi, ben raccordati alle tegole, per convogliare le acqua pluvie lateralmente. Anche se le guarnizioni ed i profili garantiscono la tenuta stagna, si possono rifinire le giunzioni più esposte con un silicone elastico, resistente al calore, all’umidità ed ai raggi UV. Il lavoro si conclude con il montaggio dell’anta.
Tra i sistemi di impermeabilizzazione di terrazze che adottano tecnologie di ultima generazione ce n’è uno che spicca per la facilità e la flessibilità di posa; è specifico per balconi e terrazzi, ma è idoneo anche per le piscine.
Uno dei punti critici dell’edilizia è riuscire a garantire un’efficace e duratura impermeabilizzazione per terrazze e superfici esterne, specialmente quando queste non sono soltanto aggettanti, ma costituiscono una copertura piana di spazi abitativi. Per risolvere questo inconveniente ci sono vari sistemi, ma Aquaexpert 1 è certamente uno dei più interessanti, in quanto è rapido, semplice e amico dell’ambiente.
Il prodotto chiave di questo sistema è una membrana eco-compatibile che si chiama Nanoflex® ed è un premiscelato in polvere da diluire in acqua che presenta una “reologia variabile”, ossia permette di regolare la fluidità dell’impasto in base alle condizioni, semplicemente variando la quantità di acqua. Questo si traduce già di per sé nella possibilità di avere un impasto lavorabile per un tempo maggiore rispetto a molti altri sistemi. Di fatto, si potrebbe dire che il sistema è costituito dal prodotto stesso, in quanto per realizzare uno strato impermeabilizzante finito e pronto a ricevere il rivestimento occorre aggiungere soltanto lo speciale nastro per sigillare i giunti; la membrana, infatti, non ha bisogno di essere armata per garantire una tenace aderenza al supporto cementizio. La rete d’armatura è necessaria solo per superfici di maggior estensione che prevedono giunti di dilatazione: in questi casi si ricorre al sistema Aquaexpert 2, sempre basato su Nanoflex®.
La struttura di Nanoflex® forma un reticolo di particelle a pori aperti la cui dimensione è, al massimo, 200 volte superiore a quella di una molecola di vapore, perciò assicura un’elevata traspirabilità della membrana ed evita la formazione di pressioni interne determinate dall’umidità residua presente nei sottofondi. Anche in caso di fessurazione del massetto, la membrana mantiene costanti nel tempo la sua flessibilità e la sua coesione, proteggendo il supporto dalle infiltrazioni.
La membrana Nanoflex® è indicata anche per la protezione impermeabile della piscina, in quanto è resistente all’attacco delle acque clorate.
Si inizia con la preparazione del sottofondo (1) verificandone planarità, consistenza, assenza di umidità, per passare all’impermeabilizzazione del giunto parete-pavimento (2) e del sottofondo (3). Segue la posa del pavimento (4) completa di stuccatura e sigillatura, quindi l’impermeabilizzazione degli angoli interno (5) ed esterno (6), poi del giunto sotto la soglia (7). Il prodotto Nanoflex® va sempre utilizzato in abbinamento con il nastro di polipropilene non tessuto AquaStop 70 applicato a tutti i giunti perimetrali, tranne nel caso che il giunto parete-pavimento presenti un risvolto di guaina bituminosa (8): in questa situazione è previsto l’impiego del nastro adesivo in butile AquaStop BT. Kerakoll
Impermeabilizzazione del sottofondo
Stesa una striscia di 10 cm a ridosso delle pareti, si applica il nastro seguendo il giunto ed esercitando una forte pressione.
Un massetto leggermente inumidito favorisce l’adesione di Nanoflex®, che va applicato con manara liscia a spessori di 1-2 mm, lo spessore realizzato dipende dalla finitura superficiale e dalla planarità del sottofondo. Durante l’applicazione della prima mano si ricopre la porzione orizzontale del nastro per giunti fissato in precedenza.
A prodotto indurito si applica la seconda mano con uno spessore uniforme di circa 2-3 mm. In questa fase si ricopre la parte verticale del nastro per giunti.
Posa del pavimento
Trascorse 24 ore dalla seconda mano si può iniziare la posa del pavimento utilizzando un collante compatibile con lo strato impermeabilizzante, a giunto aperto e con fughe di 3-5 mm a seconda del formato delle piastrelle.
Occorre prevedere un giunto elastico di almeno 5 mm tra pavimento e parete.
La superficie da pavimentare dev’essere continua e non superiore a 15 mq (max 4 metri lineari). Il battiscopa va posato sollevato rispetto al pavimento, in modo che risulti incollato solo a parete.
La stuccatura delle fughe va eseguita evitando di riempire i giunti elastici. I giunti elastici vanno sigillati con prodotti siliconici adatti alla situazione.
Cos’è il nanoflex?
E’ un prodotto premiscelato la cui struttura chimica gli conferisce alta resistenza all’acqua e affinità elevata alla matrice cementizia, da miscelare con acqua per ottenere la migliore lavorabilità. Il prodotto è calibrato per superare i movimenti dei sottofondi e garantire la massima adesione, contiene il 30% di materie prime riciclate ed è certificato anche per il contatto con acqua potabile, idoneo per impermeabilizzare cisterne. Ha una resa superiore del 30% rispetto ai prodotti impermeabilizzanti bicomponente.
Solo un paio di decenni fa non era neppure pensabile imitare così fedelmente un rivestimento di elevato pregio utilizzando un materiale che, seppur robusto ed affidabile, ha un’identità completamente diversa e viene prodotto industrialmente è il Gres porcellanato effetto pietra.
E’ grazie alla tecnologia digitale che si è potuti intervenire sull’aspetto dei materiali e fondere praticità, bellezza e robustezza: pietre originali e preziose destinate ad uso esclusivo di palazzi signorili ora possono entrare anche nelle nostre case, in fedeli riproduzioni meno costose e più facili da gestire.
Bisogna fare attenzione a non lasciarsi trascinare con eccessivo entusiasmo dal fascino di questi materiali: ogni riproduzione, pietra o marmo che sia, pone comunque vincoli estetici al pari dell’originale. Le sfumature dell’alabastro, per esempio, si apprezzano maggiormente nei grandi formati perché sono proprio le venature a disegnare una sorta di percorso sulle superfici,quindi richiedono grandi ambienti ed un arredo sobrio e minimalista, sarebbe una vera follia desiderare un pavimento di questo tipo e nasconderlo con mobili e tappeti.
Le imitazioni possibili, comunque, non riguardano solo le pietre preziose e i marmi, caratterizzate da finiture lucide, ma anche cotto, graniti, ardesie ed altre pietre che possono essere indicate per ambienti rustici. La cosiddetta “ceramica tecnica” non conosce limiti.
Sfumature di alabastro
Grès porcellanato colorato in massa ad effetto alabastro in 7 essenze più un bianco ottico, disponibile con finitura lucida o naturale nei formati 80×180 – 60×120 – 80×80 cm; la gamma si completa con piastrelle a mosaico 30×30 cm, anche in versione 3D, battiscopa ed elementi per gradini. Florim Ceramiche – Rex
Superfici High Tech
Quello che la natura realizza nel corso di millenni viene ora portato a termine in poche ore grazie a processi tecnologici brevettati. Niente più estrazione e lavorazione dei blocchi di marmo, le splendide sfumature vengono riprodotte su lastre di grandi formati che ne imitano l’aspetto alla perfezione; inoltre il grès porcellanato non ha la porosità del marmo, bensì risulta molto compatto e con un assorbimento quasi nullo. Grazie alla tecnologia moderna è possibile riprodurre fedelmente anche marmi che possono considerarsi esauriti in natura da tempo: si parte da materie prime selezionate e minerali miscelati e pressati con elevata potenza, poi tutto viene sottoposto ad altissime temperature. Nascono così prodotti come le collezioni Marmi High-Tech, che sfociano nel grande formato 150×75 cm della gamma Innovative Slabs. Ariostea
Per il loro aspetto straordinariamente realistico, queste lastre vengono utilizzate anche negli edifici storici importanti e ad alta frequentazione, dove le qualità del grès porcellanato garantiscono robustezza e maggior facilità di manutenzione. Qui siamo a Palais Garnier, sede dell’Opéra di Parigi, tutelato dal Ministero della Cultura francese, dove è sono state utilizzate lastre rosso alicante.
Nelle foto piccole è evidenziata la differenza tra la corrispondente lastra di marmo di cava e l’imitazione di grès porcellanato, qui nella versione Nero Marquinia Extra. Lo spessore scende a 9 mm, le lastre sono rettificate e squadrate, superficialmente possono essere levigate e lucidate oppure soltanto prelevigate.
È diventata grande mantenendo intatti lo spirito intraprendente, la passione per il lavoro e per l’innovazione che erano le caratteristiche del suo fondatore, Dorino Marabese.
Ha fatto tante esperienze, in Italia e in giro per il mondo, e da ognuna ha saputo ricavare nuovi stimoli e conoscenze, fondamentali per la sua crescita.
Pur muovendosi in un mercato fortemente competitivo, ha conservato una profonda fiducia nell’etica del lavoro, nell’importanza delle buone idee e nelle persone che le portano avanti con determinazione e coraggio.
Da sempre curiosa e versatile, oggi è ancora più aperta al nuovo che avanza, alle tecnologie veramente utili e ai metodi più innovativi, alle intuizioni e alle consuetudini che hanno cambiato il modo di vivere la quotidianità, soprattutto nella stanza da bagno, che è diventata il luogo della cura di sé.
Pucci si dimostra sempre attenta e sensibile alle esigenze degli altri, di tutti gli altri: gli utenti e i collaboratori, i dipendenti e i professionisti. Con questo “stile” si è guadagnata il consenso degli addetti ai lavori e del grande pubblico, diventando un marchio di qualità e di fiducia.
Pucci è capace di grandi prestazioni ma dedica un’attenzione particolare anche ai più piccoli dettagli.
Nella sua lunga storia ha già raggiunto risultati importanti, ma ha ancora la voglia di migliorare e progredire, di creare prodotti utili, funzionali e di qualità per il nuovo bagno, al servizio della gente, dei suoi desideri e delle sue necessità.
Sempre orgogliosa delle sue radici, Pucci vive il presente in modo consapevole, mantenendo uno sguardo lucido verso il futuro, con spirito positivo e ottimismo.
Concreta e determinata, innovativa e propositiva, aggiornata e dinamica, sempre fedele ai propri principi ma sempre in continua evoluzione…
Pucci produce cassette al 100% italiane, dalla progettazione alla realizzazione di ogni singolo componente. Secondo l’azienda piemontese, produrre in Italia rappresenta una garanzia in fatto di controllo qualità, disponibilità dei ricambi, servizio alla clientela, soddisfazione delle esigenze del pubblico, rispetto delle norme ambientali e dell’etica del lavoro.
Riqualificare un’abitazione dal punto di vista energetico è oggi ancora più semplice e rapido, grazie al sistema Isotec Parete: basta fissare i pannelli alla muratura portante ed applicare il rivestimento di facciata, con una drastica riduzione dei tempi di cantiere e dei conseguenti disagi e costi.
Isotec Parete è un pannello composto da un corpo centrale di poliuretano espanso rigido ed autoestinguente, attualmente tra i migliori isolanti termici esistenti. È disponibile negli spessori 60-80-100-120 mm, ed ha grandi dimensioni per accelerare la posa ed ottenere la necessaria continuità dell’isolamento, assicurata anche dai profili battentati con incastri a coda di rondine. È ricoperto da una lamina di alluminio goffrato che lo rende impermeabile ed è reso portante da un correntino d’acciaio preforato, che garantisce la ventilazione tra rivestimento di facciata e muratura portante, ma funziona anche come supporto per qualsiasi rivestimento esterno, di tipo leggero o pesante.
Oltre all’efficace isolamento termico, è lo strato di ventilazione interna che esalta le qualità del sistema Isotec Parete: questa camera d’aria, il cui spessore va dimensionato in funzione dell’altezza della parete, per differenza tra la temperatura esterna e quella al suo interno, genera un effetto camino, ovvero un flusso continuo di aria dal basso verso l’alto che migliora la termoregolazione dell’edificio. Il rivestimento di alluminio dei pannelli protegge dalle infiltrazioni accidentali dovute alla pioggia battente, assicurando l’espulsione dell’acqua attraverso l’intercapedine.
Il risparmio sulle spese da sostenere per il riscaldamento e il raffrescamento degli ambienti si apprezza da subito, tanto nelle nuove costruzioni quanto nelle ristrutturazioni di edifici esistenti. Infatti, l’accoppiamento tra lo strato isolante e quello di ventilazione limita notevolmente gli scambi termici tra interno ed esterno e, di conseguenza, favorisce la riduzione dell’apporto energetico necessario per la climatizzazione interna nelle diverse stagioni dell’anno.
Un’esperienza acquisita in oltre 25 anni di attività nel campo dell’isolamento ha permesso di raggiungere una tale costanza nella qualità del prodotto da poter garantire il sistema Isotec Parete per 10 anni.
POSA RAPIDA COMPLETAMENTE A SECCO
Il fissaggio dei pannelli alla muratura avviene con l’inserimento di tasselli e viti che attraversano i correntini metallici. Le eventuali imperfezioni delle pareti vengono automaticamente corrette dalla posa dei pannelli.
La battentatura ad incastro favorisce il perfetto affiancamento dei pannelli. Le linee di giunzione si rivestono con la speciale guaina adesiva d’alluminio in rotoli.
Le grandi dimensioni dei pannelli Isotec Parete (2400 mm di lunghezza e fino a 730 mm di altezza) minimizzano le giunzioni, annullando la possibilità di ponti termici. Le file di pannelli vanno preferibilmente sfalsate.
In questo caso il rivestimento esterno è in lastre di grès.
UN SISTEMA ADATTO A QUALSIASI RIVESTIMENTO
Il sistema Isotec Parete può essere utilizzato indipendentemente dal peso del rivestimento previsto per la facciata, quello che cambia è soltanto il sistema di fissaggio a seconda del carico applicato. Nel caso di carichi moderati come pannelli di legno o lastre di cemento intonacate il rivestimento viene fissato al correntino tramite viti; quando invece si tratta di carichi consistenti, come le tavelle di cotto, lastre di grès o lastre di fibrocemento, il rivestimento viene ancorato tramite staffe reggilastra che si agganciano al profilo metallico.
In entrambi i casi, i pannelli vengono fissati alla struttura portante del muro con tasselli ad espansione e viti d’ancoraggio che attraversano il correntino d’acciaio; il tipo ed il numero dei fissaggi dipendono dalla natura della struttura portante e dal peso del successivo rivestimento.
Il sistema Isotec Parete si adatta alle più svariate tipologie di rivestimento, sia nelle nuove costruzioni che nelle ristrutturazioni: lastre di pietra, listoni di legno (1), pannelli di cemento, lastre di grès (2), lastre di HPL, tavelle di cotto (3), lastre d’acciaio, lastre di fibrocemento (4), lastre di vetroresina.
Le buone pratiche rappresentano l’applicazione delle teorie orientate alla sostenibilità. Sono tutte le azioni ed i progetti che hanno come obiettivo la salvaguardia dell’ambiente e delle sue risorse, e sono in grado di rispondere alle necessità del presente
Sostenibilità significa anche ridurre i consumi energetici per contenere le emissioni inquinanti; nonostante sia necessario un investimento iniziale, questo si traduce, nel tempo, in un risparmio economico sulle bollette e nella salvaguardia dell’ambiente.
Le strutture aggettanti (terrazzi) possano essere concepite per bloccare le radiazioni solari estive, più dirette, e lasciar passare quelle invernali, più incidenti. Alberi e specchi d’acqua contribuiscono a mitigare l’aria.
Le buone pratiche riguardano sia chi si appresta a costruire una nuova casa, sia chi decide di intervenire con una ristrutturazione, ma interessano tutti in vista di un cambiamento necessario nello stile di vita quotidiano, una sorta di ecologia domestica per mantenere o migliorare la qualità di vita, potendo agire sulle quantità di energia che si consumano. Dato che finalmente anche in Italia l’innovazione nel campo edilizio e la tradizione architettonica offrono molte soluzioni di sostenibilità, occorre orientarsi sulle possibilità concrete a partire dalle differenti situazioni abitative.
Certamente, costruire una casa singola che non consuma energia, completamente autonoma e autosufficiente, è il coronamento di tutte le buone pratiche… ma non è per tutti. Cosa fare se si abita in un appartamento che fa parte di un condominio in città e non si ha un tetto per metterci i pannelli solari, o un terreno per usare la geotermia? Se in un palazzo d’epoca la facciata non permette il ricorso al cappotto esterno, si può considerare che fino alla ricostruzione del dopoguerra, ossia fino agli anni ’40, le costruzioni venivano fatte con solide murature, e si può intervenire dall’interno, integrando il grado di isolamento, oppure si può agire sugli infissi sostituendo i vetri delle finestre con vetrocamere, o si può agire sull’efficienza degli impianti.
Proviamo quindi ad individuare le soluzioni che si adattano ad ognuno, partendo dal top, dalla casistica più ampia, fino a trovare anche piccoli accorgimenti che aiutano a concretizzare una nuova consapevolezza ambientale, nella scelta di materiali per arredi e finiture, o dispositivi tecnici per la riduzione dei consumi.
Il top: costruire ex novo un’abitazione a contatto con la natura
Questa situazione ideale di sostenibilità consentirebbe di:
studiare l’orientamento giusto rispetto al ciclo solare diurno e annuale;
scegliere la posizione ottimale rispetto all’andamento del terreno ed alle condizioni climatiche prevalenti.
Queste sono le condizioni alla base di una corretta progettazione bioclimatica che consenta di applicare le tecniche di produzione di energia da fonti rinnovabili. Su questi principi sono nate le tecnologie applicate alle case passive, con un altissimo grado di isolamento termico delle pareti perimetrali opache e trasparenti, nonché delle coperture; ciò consente di minimizzare il fabbisogno di energia (per riscaldare, raffrescare e illuminare) di tutti gli impianti che possono essere alimentati da fonti rinnovabili (sole, vento, acqua) ricorrendo a sistemi solari termici, fotovoltaici e geotermici. L’ottimizzazione dell’impianto si ottiene con un sistema a pannelli radianti a pavimento. Per il raffrescamento estivo e per migliorare la circolazione dell’aria, l’architettura bioclimatica si sta orientando sul recupero dalla tradizione di sistemi di ventilazione naturale attraverso torri di ventilazione che richiamano i camini del vento delle architetture mediterranee e mediorientali. Per avere il massimo della biocompatibilità data da un prodotto naturale come il legno, prodotto da foreste nazionali con programma di riforestazione, ci sono i nuovi sistemi di costruzione con tecnologia interamente basata su legname: strutture portanti e pareti in pannelli con incorporati spessori di isolamento termico in fibra di legno. Questa nuova tecnologia consente di realizzare non solo baite o simili, ma bellissime case anche plurifamiliari in tempi ridotti, avendo a monte una progettazione che ottimizza il calcolo degli spessori e dei rendimenti energetici di tutta l’abitazione, oltre ad ottenere caratteristiche antisismiche. Ma visto che il suolo non è una risorsa illimitata e non si può espandere l’abitato sul territorio oltre i limiti peraltro già superati dall’invadente cementificazione, è bene operare una politica di recupero dell’esistente.
Ristrutturazioni integrali
Anche chi abita in una villetta o una palazzina può fare molte cose, se ha a disposizione:
una copertura per produrre energia termica ed elettrica con sistemi ad energia solare, anche integrando l’impianto nel manto tradizionale di laterizio con tegole fotovoltaiche;
un terreno per sfruttare la geotermia, o per realizzare un impianto di raccolta delle acque piovane e, se necessario, chiudere addirittura il ciclo con un impianto di fitodepurazione. Si possono così riutilizzare le acque e risparmiare sull’irrigazione e su tutti gli usi in cui non occorre acqua potabile, come per lo scarico del wc o per lavare la macchina e le aree esterne pavimentate;
un giardino per sfruttare la mitigazione climatica della vegetazione in cui inserire alberi a foglia caduca, per ombreggiare in estate i lati della casa in cui è più forte la radiazione solare e permettere in inverno ai raggi del sole di entrare attraverso le superfici vetrate sfruttando l’apporto gratuito di energia termica dato dall’effetto serra. I sempreverdi possono invece proteggere la casa dai venti sul lato settentrionale ed attenuare il rumore proveniente dalla strada.
In una casa in fase di costruzione, predisporre gli impianti per l’utilizzo dell’acqua piovana raccolta in una cisterna permette di alimentare lo sciacquone del WC, la lavatrice, la lavastoviglie e la caldaia: la durezza dell’acqua piovana è inferiore del 30% rispetto a quella di rete. Inoltre, la si può utilizzare anche per lavare l’auto e per l’irrigazione, unica possibilità, ma non trascurabile, applicabile anche alle abitazioni già esistenti.
Ma il punto fondamentale, ancor prima di produrre energia e parlare di efficienza degli impianti, è conservarla e risparmiarla attraverso tutto ciò che aumenta l’efficacia dell’involucro, ossia: l’isolamento termico. Col sistema detto a cappotto si realizza una coibentazione esterna dei muri perimetrali, aggiungendo gli spessori adeguati di materiale isolante alle pareti e completando il lavoro con la tipologia di finitura adeguata al contesto, tipo intonaco da tinteggiare, oppure con rivestimenti in pannelli che possono essere di legno, di materiale lapideo o di laterizio. L’aumento di spessore delle pareti comporta una variazione alle dimensioni del perimetro dell’edificio e di conseguenza alla sua sagoma, ma fortunatamente la necessità di adeguare i parametri edilizi ai fini del contenimento energetico ha portato alla modifica di molti regolamenti edilizi locali, per cui detto aumento non viene conteggiato come aumento volumetrico. Se la normativa lo consente, e se c’è la possibilità di usufruire di incentivi per integrare l’investimento, si può prendere in considerazione un tipo di facciata che si basa sul principio della parete ventilata. Questo sistema sfrutta il moto convettivo dell’aria che circola nell’intercapedine fra parete solida coibentata e rivestimento esterno per migliorare la prestazione climatica nel periodo estivo. Raggiunte le condizioni migliori di isolamento dell’involucro si può passare all’ottimizzazione degli impianti e alla scelta del tipo più idoneo di generatore di calore.
Interventi per il CONDOMINIO
In città, proprio dove si concentrano le emissioni che alterano il microclima e che peggiorano la qualità dell’aria, prevalgono le abitazioni condominiali e spesso ciò ostacola l’applicazione delle buone pratiche per la complessità delle decisioni da prendere, soprattutto per la ripartizione delle spese ma, una volta trovato l’accordo, un condominio può deliberare su vari fattori:
installare sulla copertura un impianto fotovoltaico per integrare il fabbisogno di energia elettrica delle parti comuni (ascensore, illuminazione, autoclavi, ecc);
realizzare l’isolamento esterno a cappotto se le caratteristiche della facciata lo permettono;
rendere più efficiente il generatore di calore sostituendo l’esistente con un tipo di nuova generazione (a condensazione) e installare un sistema di contabilizzazione dei consumi per i singoli appartamenti;
realizzare un impianto di recupero delle acque dai pluviali per l’irrigazione del verde condominiale;
coordinare il rifacimento degli infissi e delle schermature esterne (almeno il tipo e il colore dei tendaggi);
rendere più confortevoli ed ordinate le aree comuni anche con l’eliminazione di barriere architettoniche;
minimizzare l’impatto visivo dei contenitori per la raccolta differenziata e controllarne lo stato di igiene con manutenzioni adeguate;
regolare i temporizzatori dell’illuminazione delle parti comuni interne ed esterne in base alle effettive necessità ed installare lampade a basso consumo o a led.
In alcune città, i gestori di energia svolgono anche attività di consulenza sui fabbisogni energetici e sono in grado di quantificare un bilancio costi/benefici delle opere di miglioramento da sottoporre ai condomini, laddove fossero presenti anche incentivi o riduzioni fiscali. Un insieme sistematico di opere, necessariamente condominiali, può migliorare effettivamente la classe dell’edificio, come risulterebbe dall’analisi dei parametri necessari per la sua certificazione basati sul calcolo delle prestazioni dell’involucro e del sistema di impianti. Se l’edificio risale la classifica, passando per esempio dalla classe G alla classe B, se non addirittura in classe A, si ottiene un aumento del valore immobiliare, oltre al beneficio nel tempo di ridurre le spese generali e di ogni singolo nucleo!
Interventi per L’APPARTAMENTO
Se siamo in una situazione in cui il condominio non è in grado di accordarsi, o comunque si è costretti a far da sé, alcune soluzioni possono essere prese in considerazione.
Isolamento dall’interno
è possibile applicare in corrispondenza delle pareti perimetrali pannelli di materiale isolante che possono essere intonacati o rivestiti secondo lo stile dell’abitazione, magari integrando il rivestimento con l’arredo. Gli spessori devono essere calcolati in base all’efficacia e il materiale deve avere una composizione tale da non favorire la formazione di muffe da condensa. La riduzione di superficie interna verrebbe compensata sia dal risparmio in bolletta che da un certo aumento di valore immobiliare che si otterrebbe in caso di certificazione dell’intervento effettuato. In alcuni casi, nelle abitazioni realizzate intorno agli anni ’70, l’intercapedine d’aria fra muratura esterna ed interna può essere sfruttata per l’inserimento di materiale isolante a base di cellulosa con la tecnica dell’insufflaggio.
Diminuzione del volume d’aria da riscaldare
Si possono realizzare controsoffittature in alcuni vani come corridoi, bagni, ripostigli e zone cucina, diminuendone l’altezza interna fino ai valori consentiti dalla normativa (2,40 e 2,70 metri per camere e vani soggiorno). I controsoffitti di cartongesso sono facili da realizzare, di prezzo accessibile, e spesso migliorano l’aspetto della casa sia perché riproporzionano gli ambienti, sia perché con faretti incassati o colori diversi la rendono più attuale.
Migliorare la tenuta degli infissi
Nell’involucro edilizio le zone finestrate sono quelle critiche per le fughe di calore in inverno. Per questa ragione il vetro è fra i materiali in cui l’innovazione ha fatto passi da gigante nelle prestazioni. Dalla vetrocamera ai vetri basso emissivi con intercapedini a gas argon, fino a quelli con ossidi metallici in grado di mitigare in estate l’effetto serra, i pannelli vetrati e gli infissi sono arrivati ad avere un grado di trasmittanza (u) vicino ai valori delle superfici opache (murarie). In caso di sostituzione degli infissi il costo è compensato dagli incentivi e dalla loro prestazione in termini di abbattimento dei consumi. Senza arrivare ad avere una casa troppo sigillata, gli infissi devono avere una buona tenuta, si deve fare attenzione quando si collocano i telai che non si formino ponti termici ed isolare anche i cassonetti degli avvolgibili.
Rendere più efficienti gli impianti
Se l’impianto è autonomo, è conveniente sostituire la caldaia con un tipo a condensazione che sfrutta il recupero del calore dei fumi in uscita, ottenendo un rendimento che arriva a essere maggiore anche del 20%. Dato che l’impianto può lavorare a temperature più basse (40 °C dell’acqua rispetto ai 65 °C dei sistemi tradizionali), conviene aumentare la superficie radiante: l’optimum sarebbe abbinarla ad un sistema di pannelli radianti a pavimento che danno un ottimo comfort, ma nel caso più semplice si possono aumentare gli elementi dei radiatori in base al calcolo del fabbisogno che si rende necessario per legge.
Regolare le temperature
In base alle dimensioni, al numero dei vani ed all’esposizione delle pareti esterne, si può intervenire sulla variazione delle temperature all’interno del singolo alloggio attraverso dispositivi che aiutano a ridurre i consumi: oltre al termostato ambiente, le valvole termostatiche applicate ai radiatori permettono di regolare la temperatura di ogni singolo vano in base all’uso effettivo ed alle abitudini soggettive. Se si pensa che ogni grado in più rispetto ai 20 °C comporta un maggior consumo del 6%, una temperatura interna in inverno di 24 °C fa aumentare di un quarto la spesa che, per un appartamento di 100 mq di un alloggio in classe G (80% degli edifici esistenti), si attesta mediamente intorno ai 1500 euro/annui.
Chiudere i rubinetti e spegnere le luci
Senza imporsi un regime punitivo, conviene rivedere alcune abitudini per eliminare gli sprechi. Per esempio, quando ci si lavano i denti è inutile lasciar scorrere l’acqua dal rubinetto per riversarla direttamente nello scarico, si sprecano circa 18 litri di acqua in due minuti, che moltiplicati per 365 giorni fanno 6570 litri l’anno, più di 6 tonnellate e mezzo di acqua. Tradurre anche piccoli consumi in numeri fa sempre un certo effetto: se consideriamo che si consumano circa 220 litri di acqua potabile al giorno per persona, di cui circa 50 finiscono nel WC, si può cominciare a pensare che anche piccoli gesti contribuiscono al risparmio collettivo di risorse e di emissioni che vanno a inquinare aria, acqua e suolo.
Si possono usare alcuni dispositivi che migliorano le prestazioni e la sostenibilità senza comprometterne la qualità:
i riduttori di flusso per rubinetti e docce consentono un risparmio dal 40 al 60% miscelando aria nel flusso per avere un bel getto alla giusta pressione;
con un impianto di addolcimento dell’acqua si migliorano la resa e la durata di lavatrici e lavastoviglie, e si può ridurre la quantità di detersivo;
in classe A, lavatrici e lavastoviglie consentono lavaggi efficaci a basse temperature e tutti gli altri elettrodomestici (frigo, climatizzatori, computer) consumano meno energia elettrica;
usando le prese multiple con interruttore si possono collegare TV, lettori, stereo, PC e tutti gli apparecchi che in stand by consumano anche se sono spenti, per attivarli solo in caso di uso effettivo;
gli apparecchi illuminanti sono in continua evoluzione: oltre a sostituire le lampadine con quelle prive di componenti a mercurio, l’illuminazione a led in alcune situazioni offre scenari luminosi suggestivi che variano per intensità e colore, specialmente se disposti secondo un “lighting design” che individua zone della casa differenziate in base a ciò che vi si svolge: studio, relax, corridoi, guardaroba…
Una rappresentazione intuitiva per capire il significato delle classi energetiche: la dimensione di ogni casa esprime il fabbisogno energetico, con i colori che virano dalla tonalità fredda del “verde ecologico” a quella calda “rosso infernale” tipico delle dispersioni termiche
Torniamo a costruire lasciando che sia il clima a disegnare la casa. Orientamento, forma del tetto, uso di materiali naturali, rapporto tra pieni e vuoti, posizione delle finestre, ecc: lasciamoci ispirare dalla natura per il nostro benessere
In tutte le tradizioni locali, l’orientamento rispetto al sole, la forma dei tetti secondo le condizioni di pioggia o neve, l’esigenza di proteggersi dal caldo o dal freddo eccessivi, hanno saputo costruire nel tempo, più che uno stile, un vero e proprio linguaggio strutturato e complesso, tanto che si può dire che è il clima che ha disegnato la casa e il suo intorno; da questi principi basilari nasce l’architettura bioclimatica che si lega alla geografia di un dato luogo e si sviluppa nella storia: ambiente esterno e saperi dell’uomo danno vita a modelli costruttivi con infinite variazioni sul tema, in cui la differenza diventa ricchezza, e le analogie ne sono il carattere distintivo. E proprio come cambia il clima, dal nord al sud dell’Italia, cambiavano le forme delle abitazioni, cambiavano i colori dei tetti e delle facciate, secondo l’impiego delle tecniche costruttive e dei materiali locali più adatti.
Le otto torri bioclimatiche, progettate dall’architetto Manfredi Nicoletti lasciandosi ispirare dall’ambiente naturale con le sue forme curve e svirgolate, destinate a sorgere in Malesia a 30 km da Kuala Lampur, sono l’espressione di una rinnovata attenzione alla natura e di un’architettura ecocompatibile.
Fino al diffondersi del moderno “stile internazionale” i caratteri delle architetture tradizionali erano ancora presenti nel paesaggio e nella scena urbana, dato che, prima della diffusione dei moderni impianti tecnici a combustibili derivati dal petrolio, le costruzioni dovevano fare i conti col caldo e con il freddo, con la neve e con la pioggia. A partire dall’espansione urbana del secondo dopoguerra, impiegando su larga scala a tutte le latitudini il sistema costruttivo del cemento armato, si è di fatto rivoluzionato l’aspetto dei borghi e delle città. Nelle nuove costruzioni, le murature massicce venivano sostituite con grandi vetrate, le coperture piane prendevano il posto dei tetti a falda e, senza più aggetti, le facciate nude diventavano più esposte alla pioggia o al sole battente. Per vari decenni l’architettura si è fidata più della tecnologia e della sua estetica, (una casa doveva assomigliare ad una macchina per abitare) che della natura, ma proprio perché qualcosa sta cambiando, l’attuale crisi economica ed energetica ha portato a rivalutare quelle conoscenze e tecniche che hanno saputo legare natura e saperi. A partire dal principio base del riparo, nell’architettura bioclimatica ogni parte della costruzione risponde in modo ottimale a complessi fenomeni, oggi spiegati dalla fisica dei fluidi e della termodinamica, per ridurre i fabbisogni energetici, come un organismo che cerca di autoregolarsi. L’involucro, il guscio o pelle esterna interagisce con l’ambiente sia difendendosi, sia catturando l’energia naturale del sole, del vento, dell’aria, della pioggia, per regolare il clima interno e ottenere riparo e benessere: tutto ciò che è favorevole alla vita (bios).
La forma del tetto, la consistenza delle pareti, il rapporto dei pieni e dei vuoti, la posizione delle finestre, i colori: niente è casuale o arbitrario, tutti gli elementi hanno una loro forma che è anche funzione e bellezza.
Il fascino delle diversità e il grande comfort ambientale rendono le architetture spontanee meta di un rinnovato interesse per un turismo di qualità e la ricerca di un nuovo modo di abitare.
Costruire secondo i principi della bioclimatica significa creare un legame talmente profondo fra forma e funzione, materiale e colore, unendo bellezza a utilità e solidità, che si può veramente parlare di vere architetture che si sono sviluppate in modo spontaneo, attraverso un’evoluzione lenta, ma continua e che stanno per ritornare ad essere la base di un nuovo modo di progettare uno scenario sostenibile.
Legno e posizione contro il freddo
Le costruzioni del nord sono caratterizzate dal tetto spiovente a falde molto inclinate e dall’impiego del legno come materiale da costruzione. L’inclinazione del tetto permette di far scivolare rapidamente la pioggia e la neve che altrimenti graverebbero col loro peso sulla copertura causando cedimenti e infiltrazioni. Lo spessore della neve che rimane fa invece da strato isolante “naturale”.
Il legname dei vicini boschi di conifere, fornisce il materiale prevalente da costruzione, tronchi, tavole, fibra, un vero esempio di “filiera corta”. Come l’albero della foresta, la casa alpina si radica sulla roccia. Su un basamento di pietra locale, i piani soprastanti sono costituiti da strutture di legno, che da sempre sfruttano spontaneamente tutte le caratteristiche di questo materiale di contenere il calore e far respirare la casa profumandone l’interno. Spesso la casa alpina ha alle spalle un bosco o un pendio che la protegge dal vento del nord mentre si affaccia sul lato più soleggiato di un prato o di una valle, per captare l’energia termica e luminosa del sole e per poterla immagazzinare al suo interno.
Costruzioni radicate nel paesaggio
Il radicamento della casa nel paesaggio del centro Italia, tanto che la costruzione sembra nascere spontaneamente dalla natura circostante, si deve al forte legame della costruzione con il clima del luogo e con le risorse dell’ambiente circostante. Le spesse murature in pietra locale, le coperture in coppi ricavati dalla cottura delle argille, le finestre piccole che permettono di mantenere il calore dei camini all’interno e la frescura in estate, sono le caratteristiche tipiche delle case coloniche che vivevano in autonomia sfruttando il sole, la pietra, l’acqua e la vegetazione come risorse rinnovabili e …a chilometri zero.
Bianco e roccia difendono dal caldo
L’architettura spontanea dei trulli è caratterizzata dalla forma compatta e dallo spessore delle murature che arriva addirittura a due metri. L’interno circolare è particolarmente protetto dalle variazioni estreme del clima esterno, tanto che sembra di essere in un uovo. Senza spigoli, la muratura, lisciata dalla calce bianca, con le sue cavità e i suoi rilievi, diventa anche arredo essenziale. Il bianco purissimo del latte di calce, da sempre usato nel sud per purificare l’intonaco e rinnovarlo, ha una funzione preziosa per il raffrescamento: sul bianco delle superfici si riflette la radiazione solare in modo che l’onda termica non attraversi lo spessore murario e non penetri all’interno, come avverrebbe su una superficie scura. Questo fenomeno, che viene definito “albedo” è molto importante per il calcolo delle capacità termiche delle superfici.
Torri che captano il vento e raffrescano
La torre del vento di Dowlat-abad a Yazd, una delle più alte esistenti.
La capacità di raffrescamento naturale delle abitazioni dei climi caldi del sud del mondo sta diventando sempre più l’oggetto della ricerca attuale dei sistemi e delle caratteristiche costruttive in grado di rendere autonome le case dall’impiego di combustibili o quanto meno ridurne i consumi. Gli studi più avanzati puntano sullo studio delle proprietà delle costruzioni dell’area mediorientale che con le loro “torri del vento” captavano ogni brezza e riuscivano, senza macchine e senza elettricità, a far circolare aria fresca dai sotterranei alla sommità. Camini e canali d’aria emettevano l’aria riscaldata secondo moti naturali che lo studio della fisica dei fluidi riproduce nelle moderne tecnologie di regolazione del clima interno.
Ristrutturare completamente il bagno per una vasca scheggiata? Forse non è necessario: basta trovare il modo di riparare la superficie danneggiata con prodotti lucenti e di lunga durata
Le vasche da bagno di lamiera o ghisa smaltata sono soggette, in caso di forti urti, al distacco di frammenti di smalto che lasciano un’antiestetica macchia nera. Anche l’eccesso di zelo delle massaie che porta ad usare detergenti abrasivi danneggia la lucentezza dei sanitari. Non rivanghiamo gli errori del passato, ma pensiamo a come rimediarli: esiste in commercio una categoria di prodotti adatti a formare uno strato molto lucente, duro e uniforme anche sullo smalto dei sanitari più consumati.
Molto importante è il lavoro preliminare di preparazione delle superfici per ottimizzare l’aderenza delle vernici. Sia nelle piccole riparazioni, sia nelle riverniciature estese, è fondamentale rimuovere con una soluzione acida i residui di sapone e sporco, quindi rendere lo smalto ruvido con carta abrasiva.
Per le piccole scheggiature sono adatti stucchi poliestere che possono riempire anche incisioni profonde. Per trattamenti più estesi su superfici opache, ma livellate, esistono kit contenenti il necessario per la preparazione di una vernice epossidica bicomponente molto resistente e lucida.
Ritoccare la scheggiatura
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Dopo aver lavato bene la vasca con una soluzione acida carteggiamo la zona scheggiata per eliminare le ultime impurità.
Prepariamo lo stucco poliestere ceramico bicomponente miscelando la resina e l’indurente. Approntiamone solo una piccola quantità dato che in pochi minuti indurisce diventando inservibile.
Con una spatolina applichiamo lo smalto sulla zona scheggiata. Durante questa operazione usiamo sempre i guanti.
Dopo aver lasciato indurire ed essiccare lo smalto epossidico, carteggiamo la zona trattata manualmente o con una levigatrice orbitale.
Utilizzando carta abrasiva a grana fine, rifiniamo ulteriormente per pareggiare esattamente il profilo della zona stuccata.
Per ripristinare il colore “bianco sanitario” utilizziamo uno smalto bianco spray che spruzziamo attraverso il foro di un cartoncino.
Cosa usare
I piccoli danneggiamenti si risolvono con uno stucco poliestere che si presenta come una pasta piuttosto viscosa da miscelare con una piccola quantità di catalizzatore; successivamente si mescola molto bene fino ad ottenere un impasto di colore uniforme. Da questo momento si ha a disposizione una decina di minuti per livellare la superfice dopo di che inizia il processo di indurimento. Il kit di riverniciatura contiene tutto il necessario per preparare le superfici: la soluzione acida per pulire residui di sapone, la resina e il catalizzatore da miscelare per ottenere lo smalto epossidico, una spatola per mescolare il prodotto, un pennello ed un rullo in lana rasata per l’applicazione, la carta abrasiva per la levigatura e i guanti da lavoro.
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Rivestimento vasca da bagno – Rinnovo totale
Utilizzando un forte detergente e una soluzione acida, eliminiamo dalla vasca tutte le incrostazioni formate nel tempo dal calcare e dal sapone.
Con la levigatrice orbitale, carteggiamo tutta la vasca in modo da eliminare il primo strato di smalto e preparare il fondo alla successiva verniciatura.
Usando un pennello, stendiamo un abbondante strato di smalto ceramico su tutta la vasca partendo dalla zona del bordo e lasciando colare il prodotto fino in fondo alla vasca.
Dopo circa 20 minuti ripassiamo con un rullo di lana rasata per livellare la superficie della vernice. Il prodotto asciuga in superfici in poche ore, ma prima di riempire la vasca con l’acqua è necessario attendere almeno 3 giorni.
Finitura con smalto epossidico
SOLUZIONE ACIDA: per detergere le superfici prima della verniciatura si adopera una soluzione a base di acido cloridrico. Libera la porosità dei sanitari dalle incrostazioni calcaree e dal sapone e migliora l’adesione della pittura sulle superfici non porose. Dopo il trattamento si procede ad un’abbondante risciacquatura e si lascia asciugare perfettamente. SMALTO EPOSSIDICO LACCA CERAMICA: adatto per vasche, lavandini, piastrelle e sanitari. è una lacca epossidica ultrabrillante bicomponente con catalizzatore alifatico che ha, dopo la miscelazione, un tempo di applicazione di circa 45 minuti. Formulato per ceramiche, pavimenti, materie plastiche (escluso polistirolo) e alluminio anodizzato. Il kit è composto da un barattolo di smalto, un vasetto di catalizzatore, una spatola, carta abrasiva, guanti e libretto di istruzioni.
Sulla lamina in alluminio si lavora con calma e precisione usando un bulino che “sbalza” l’immagine: ecco, unita al medaglione di legno, una prestigosa decorazione natalizia
Materiali: medaglione di legno diametro cm 15; Fondo Opaco; Missione all’Acqua; Foglia Argento Imitazione; Gloss Shine Blu; stencil con motivo natalizio country; lamina in alluminio anodizzato per sbalzo; Ceramic Color Bianco, Blu Cobalto e Diluente; Craft Rilievo Glitter Blu; Decoglass Volume Incolore; pennelli piatti; bulino e tappeto per sbalzo.
Stendere due mani di Fondo Opaco, lasciar asciugare e carteggiare. Stendere la Missione all’Acqua e, una volta che diviene appiccicosa, applicare la Foglia Argento imitazione.
Stendere due strati spessi di Gloss Shine lasciando asciugare bene tra una mano e l’altra. Non è necessario fissare la foglia con Lacca Decerata, in questo caso il Gloss Shine farà anche da fissante.
Sbalzare l’immagine dello stencil utilizzando il bulino. Se questo fa attrito sporcare leggermente la punta del bulino con cera neutra.
Smaltare l’immagine tridimensionale così ottenuta con Ceramic Color, creando con i due colori anche gradazioni intermedie. Una volta essiccato il colore, evidenziare qualche dettaglio con Craft Rilievo Glitter. Riempire l’incavo della figura sbalzata con Decoglass Incolore ed applicarla al medaglione. Attendere l’essiccazione.