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Lampade Tiffany

Impariamo la tecnica del Tiffany per creare oggetti ricercati per la nostra casa, come queste lampade Tiffany in vetro soffiato, realizzate con una modesta attrezzatura di base

Le lampade Tiffany sono senza dubbio tra gli oggetti che meglio si prestano ad essere realizzati in vetro con la tecnica Tiffany. Si tratta di lavorazioni che spesso risultano più semplici di quanto potrebbe sembrare a prima vista; ciò che occorre è la capacità di seguire scrupolosamente le indicazioni e, per ottenere un piacevole effetto estetico, il gusto di scegliere la decorazione giusta.
In primo luogo bisogna tracciare, su robusto cartoncino, la sagoma delle varie parti, in scala 1:1 e con tutte le suddivisioni interne; ogni tessera del mosaico va ritagliata con precisione con un cutter ben affilato e poi riportata sul vetro, dove serve da guida per il tagliavetro.
Per meglio scegliere gli accostamenti è opportuno colorare nelle tinte volute le diverse zone da ritagliare, contrassegnando anche i vari pezzi con un numero.
Il taglio del vetro richiede un minimo di manualità e, almeno all’inizio, evitiamo linee troppo tortuose e complesse; piccole modifiche si ottengnono molando le tessere.

Il contorno delle tessere
Ogni singolo pezzo va contornato con l’apposito nastro autoadesivo di rame ed accostato agli altri: quando tutto è pronto si passa alla saldatura, da eseguire con una lega di stagno e con un saldatore  elettrico. Per ottenere una robustezza a tutta prova dobbiamo evitare le cosiddette saldature “fredde”, che si riconoscono dal fatto che le gocce di metallo fuso, raffreddandosi, rimangono opache: questo significa che il supporto (in pratica il nastro di rame) non aveva ancora raggiunto una temperatura sufficiente quando vi è stata fusa la lega di stagno.
Quando tutti i pezzi sono stati assemblati e formano un insieme solido e privo di punti deboli o malfermi si lava accuratamente l’oggetto con acqua e sapone e lo si asciuga con cura prima con uno straccio pulito e poi con un phon per capelli; l’ultima fase richiede una passata d’acido sulle saldature, da erogare con un pennellino, in modo che lo stagno diventi più scuro e rimanga protetto da eventuali formazioni di ossido.

Realizzazione di Lampade Tiffany

Sagoma tessere lampada tiffany Tagliavetro professionale Pinza a becchi piatti

  • La sagoma delle tessere si riporta sul vetro con un pennarello a punta finissima o con una matita (ma poi bisogna tagliare a mano libera) oppure si utilizza come dima per il tagliavetri.
  • Un tagliavetro professionale rende assai più facile tutto il lavoro; si passa più volte sulla traccia prima di usare le pinze.
  • Incisi i contorni sulla lastra, le varie tessere vanno staccate con una pinza a becchi piatti che forza a cavallo della linea di incisione.

 

  1. La molatura dei bordi consente sia di eliminare le asperità più evidenti, sia di sagomare con maggior precisione i contorni.
  2. Il nastro di rame si modella con facilità e, essendo autoadesivo, aderisce ai contorni delle tessere con la semplice pressione delle dita, ma va posizionato con molta cura.Molatura tessere per Tiffany Nastro di rame 

    Saldatura lampada Lavaggio Soluzione acida

  3. L’assemblaggio delle lampade Tiffany si realizza prima con alcuni punti di saldatura poi con cordoni continui di stagno fuso applicati su tutte le linee di giunzione.
  4. Si lava con acqua e sapone l’oggetto finito, da rifinire con una passata di acido.
  5. Ripassando con una soluzione acida (meglio usare i guanti) i vari punti di saldatura, si ottiene il duplice risultato di scurire lo stagno e proteggere il metallo ad essi adiacente dal processo di ossidazione.

Ecco alcuni esempi di lampade Tiffany.

Lampade Tiffany Lampade Tiffany

 

Sciroppo di rose

Lo sciroppo di rose, legato alla tradizione della Valle Scrivia e delle zone limitrofe, si ottiene dalla lavorazione dei petali delle rose: alcune sono più adatte allo scopo

Rosanna, titolare dell’agriturismo La Traversina di Stazzano (AL), si considera una predestinata dal suo nome, composto da Rosa e Anna. Le talee di rosa, infatti, si effettuano tradizionalmente nel giorno di S. Anna (26 luglio).
Oltre a una coltivazione di rose che conta 250 varietà, un appezzamento con 403 piante e 50 varietà è destinato alla produzione di rose per farne il dolcissimo sciroppo di rose che, oltre ad avere  proprietà dissetanti e rinfrescanti, è anche ottimo come aperitivo (un dito di sciroppo in un bicchiere di vino bianco Cortese), sul gelato, sulla panna cotta, nelle torte; seguiamone passo passo la preparazione, arricchita con qualche consiglio dettato dall’esperienza.

Quali sono le rose più adatte

Rose adatte per lo sciroppo
La specie più idonea in assoluto, per avere uno sciroppo di rose dal profumo intenso e dal colore rosso rubino acceso, è la Madame Isaac Pereire, una specie rampicante e arbustiva che produce grandi fiori. In senso più generale, per lo sciroppo si utilizzano rose muscose, centifolie e damascene.
I fiori vanno raccolti al mattino, poi i petali vanno distesi sopra un piano pulito per effettuarne la cernita e verificare la presenza di insetti o altre impurità.

La bollitura e la macerazione

limone-spremuto

  • Le proporzioni per la preparazione dell’infuso prevedono un litro di acqua ogni 400 g di petali.
  • Per questa dose dobbiamo avere a portata di mano due limoni da cui ricavare il succo per spremitura: di uno di essi utilizziamo anche la buccia.petali-di-rosa-per-sciroppo
  • Prendiamo una pentola di capienza adeguata, mettiamo l’acqua necessaria e aggiungiamo delicatamente i petali di rosa.
  • Dopo una prima amalgamazione aggiungiamo le scorze e il succo di limoni: mescoliamo e portiamo a ebollizione il tutto.preparazione sciroppo
  • Dopo la bollitura, la base per lo sciroppo va chiusa ermeticamente e posta in un luogo caldo (chi ha una serra, può utilizzarla allo scopo) dove va lasciata riposare per 24 ore.
  • Si può utilizzare una pentola a pressione, oppure chiudere una pentola normale con un coperchio adatto e rivestire la zona di chiusura con pellicola trasparente.

Spremitura e filtrazione

Preparazione sciroppo di rose

  • Dopo un’intera giornata di riposo, possiamo dedicarci alla preparazione dello sciroppo vero e proprio.
  • I petali vanno estratti e “strizzati” per recuperare tutta l’acqua che hanno assorbito: allo scopo è molto utile uno schiacciapatate.
  • Sia la parte liquida rimasta nella pentola, sia quella recuperata dai petali, vanno filtrate attraverso un colino. Meglio far defluire il liquido direttamente in un contenitore graduato, per verificarne la quantità.
  • Poniamo il liquido in una pentola e, per ogni litro di questo, aggiungiamo un chilo e mezzo di zucchero.
  • Per ottenere lo sciroppo dobbiamo far sobbollire la miscela per una ventina di minuti. Attenzione: il fuoco va regolato in modo da non raggiungere il punto di ebollizione, ma molto vicino a esso.
  • L’imbottigliamento avviene quando lo sciroppo è ancora caldo, poi lo si pone in un luogo fresco e buio in attesa del consumo, per il quale è pronto appena raffreddato. In questo modo la bottiglia integra si conserva a lungo, ma una volta aperta, trattandosi di un prodotto privo di conservanti, va tenuta in frigorifero.

Sciroppo di rose limpido

L’aggiunta di succo di limone all’acqua in cui si mettono a bollire i petali conferisce allo sciroppo il tipico colore rosato e contribuisce a renderlo più limpido.

Realizzazione di Rosanna Varese

Barattoli da cucina

Barattoli da cucina in stile Manhattan ottenuti recuperando varie scatole di latta.

Riutilizziamo le scatole di latta delle caramelle, del caffè o del the per ottenere un pratico e allegro contenitore a scomparti per gli attrezzi da cucina.
Arrediamo con originalità il nostro piano di lavoro della cucina, basta con quei barattoli da cucina comuni e senza personalità. L’idea che vi proponiamo è personalizzabile in base alle proprie esigenze di spazio e di colore. Per dipingere le latte vi consigliamo smalti a solvente in modo da essere facili da pulire e resistere all’acqua.

Barattoli da cucina per riporre posate e utensili

pattex

  1. Ritagliamo da una striscia di gomma, compensato sottile o cuoio alcuni spezzoni che serviranno per portare a contatto i barattoli, compensando lo spessore del bordo in cui si incastra il coperchio.
  2. Su una faccia della striscia applichiamo un cordone di Pattex 100% Colla, l’adesivo universale forte e flessibile, resistente all’acqua e al calore. Formiamo una sorta di onda che ci consenta un’adesione uniforme.
  3. Applichiamo la striscia sul fianco di un barattolo, al di sotto del profilo sporgente.
  4. Stendiamo un secondo cordone di 100% Colla sull’altra faccia della striscia e premiamovi contro un secondo barattolo, di altezza diversa rispetto al precedente.

 

incollare barattoli da cucina

Continuiamo in questo modo con gli altri barattoli: possiamo sfruttare anche gli altri lati e conferire al nostro contenitore a scomparti uno sviluppo più elaborato.

 

Modelli esemplari

Editoriale tratto da “Fai da te in Giardino n.48 Giugno-Luglio 2014”

Autore: Nicla de Carolis (Direttore Editoriale)

Molti Italiani sono ormai sfiduciati ed amareggiati per lo spettacolo che quotidianamente offre una parte della politica e della società, anche perché solo questi argomenti hanno costantemente l’onore delle cronache. E le dinamiche delle singole vicende fanno concludere che corrotti e malavitosi fanno la bella vita, non devono lottare con tasse, mutui da pagare e difficoltà quotidiane, ma hanno popolarità e avvocati di grido che, grazie anche ai tempi e ai modi della giustizia italiana, consentono loro di non “pagare dazio”. Fatti che potrebbero disorientare e per un attimo far pensare che sia questo il nuovo modello da seguire. A volte sembra che il nostro Paese sia capace di produrre solo scandali, fatti cruenti, malaffare; ma l’etica, la serietà, la professionalità, la voglia di fare bene, esistono ancora, eccome, ma se ne parla troppo poco.

Personalmente sono affascinata da storie semplici come quella del nostro lettore della provincia di Udine, Armando Sabot, che dopo essere andato in pensione ha deciso di farsi un orto e di rimettersi in gioco imparando “come si fa”. Nel servizio da pagina 64 abbiamo pubblicato le foto che ci ha mandato e il racconto di come ha realizzato questo suo orto veramente ben progettato, partendo dall’irrigazione per poi passare, con metodo, a tutto il resto. Il risultato è sorprendente e gratificante anche per noi della redazione di IN GIARDINO.

Sono altrettanto affascinata dalla innovativa scoperta dell’avvocato Carlo Cignozzi, che più di 10 anni fa, a sessant’anni, abbandonata la toga e la sua Milano, ha avuto il coraggio di cambiare vita per seguire il suo sogno: dedicarsi alla terra e in particolare alla viticoltura. E questo già sarebbe una notizia interessante, ma la storia non finisce qui. L’avvocato Cignozzi, appassionato di musica, ha pensato di “irrorare” con la musica di Mozart i vitigni della sua tenuta “Paradiso di Frassina”in Val D’Orcia, in Toscana e spiega perché: “Come nella medicina il suono può contribuire a curare o alleviare le sofferenze di una persona aumentando la sua gioia di vivere, così anche nel mondo vegetale il suono può accrescere vitalità e vigore, in special modo sulla vite, pianta tra le più complesse e misteriose. Crescere la vigna con note musicali significa, in concreto, avere una piantagione più sana e protetta da agenti patogeni, insetti e predatori.” Non è fantasia, è una teoria che ha riscontri oggettivi, studiata da fior fior di università e premiata dalle Nazioni Unite che l’hanno inserita nei 100 progetti più eco-sostenibili del mondo.
Amar Bose, lo scienziato indiano fondatore della famosa azienda Bose di Boston, leader mondiale nel settore dei diffusori acustici, ha offerto a Cignozzi 56 diffusori professionali resistenti alle intemperie che diffondono musica in oltre 2 ettari di vigna.
Sabot e Cignozzi, modelli esemplari di uomini concreti e sereni e di una realtà che ancora esiste, lontana da intrighi e malaffare.

sabot Paradiso di Frassina

Armando Sabot mostra orgoglioso un bel cavolfiore e Carlo Cignozzi con la figlia all’interno dei vigneti inondati di musica classica dai diffusori Bose.

Pavimento in tessuto

Molto utilizzato nei grandi alberghi è, al contrario della moquette, una soluzione all’avanguardia.

Il pavimento in tessuto consiste in una trama vinilica colorata fusa con un supporto costituito da PVC integrato con fibre di vetro. Questo tipo di materiale è disponibile in rotoli larghi 2×25 metri, in piastrelle da 50×50 cm e in altre forme (triangolari, esagonali, rettangolari ecc) che permettono di rivestire i pavimenti ottenendo effetti ottici e cromatici di grande effetto, specialmente alternando la direzione delle trame durante la posa: si possono così ottenere effetti tridimensionali.

Il pavimento in tessuto è un rivestimento che migliora l’isolamento acustico dai rumori di calpestio, resiste bene alle sollecitazioni, comprese quelle delle sedie a rotelle degli uffici (purché siano di gomma); è indicato per spazi soggetti a calpestio continuo, con una garanzia di 10-15 anni a seconda del prodotto. É resistente all’acqua, ma non può ritenersi impermeabile, pertanto non può essere utilizzato nei bagni o in ambienti simili.

Bolon (www.bolon.com). Distribuito in Italia da Liuni (www.liuni.com)

Pavimento in tessuto – Il rivestimento

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Su massetti grezzi occorre stendere uno strato sottile di malta autolivellante, successivamente carteggiata a macchina. La superficie va aspirata e ripulita; poi si divide la stanza in quattro parti tracciando due linee perpendicolari e si inizia a stendere la colla su una di queste. Le piastrelle possono essere posizionate affiancate, sfalsandone la trama, partendo dal centro e procedendo verso il perimetro di un primo settore, per poi passare agli altri. Prima che la colla asciughi, ciascuna fila va rullata.

Pavimento in tessuto – Manutenzione

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La pulizia ordinaria si effettua passando un’aspirapolvere; in base alle dimensioni dell’area, si può poi utilizzare una macchina lavasciuga o uno spazzolone, con acqua calda in cui diluire una dose minima di detergente multiuso (pH 7-8,5) per evitare di dover risciacquare. Se si usa lo spazzolone manuale, occorre ripassare l’aspirapolvere per asciugare.

Pavimento in sughero

Difficilmente si pensa al sughero al momento di realizzare una pavimentazione, forse perché non viene ritenuto “all’altezza” per tale impiego. Il pavimento in sughero ha, invece, una resa estetica e funzionale straordinaria

Le caratteristiche di questo materiale sono perfette per realizzare un pavimento in sughero, in quanto assicura superfici calde e piacevoli da calpestare a piedi scalzi, essendo in grado di deformarsi sotto pressione per riprendere istantaneamente alla forma originale, come la pelle umana, quindi è molto resistente agli urti: una soluzione validissima se in casa ci sono bambini, anche perché è un materiale anallergico, resistente ai batteri e non assorbe la polvere. Può essere utilizzato nei bagni e nelle cucine perché è totalmente impermeabile, può resistere in immersione per anni senza alterazioni; è un ottimo isolante termico e soprattutto acustico.

In commercio lo si trova sotto forma di piastrelle, listoni o lastre da incollare o da posare flottanti anche su pavimenti preesistenti. Per la finitura di un pavimento in sughero possono essere utilizzate vernici, cere o anche prodotti coloranti, se l’aspetto naturale non si addice agli ambienti; oltre a essere un materiale ecologico e naturale, si mantiene con estrema facilità, è sufficiente l’uso di un’aspirapolvere o una pulizia con stracci umidi e detergenti adeguati al tipo di finitura.

L’unico neo è il prezzo, poco superiore a quello di un parquet, sia per il materiale sia per la posa in opera. Haro (www.haro.com)

Pavimento in sughero – Una resa sorprendente

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Pavimento in sughero – La pianta da cui decorticato

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Il sughero si ricava in natura dalla corteccia di un particolare tipo di quercia, definita appunto “da sughero”. La prima decorticazione, su una pianta di 15-20 anni, produce il sughero “maschio”, di scarsa qualità; il sughero “femmina” si ottiene con le successive decorticazioni, da effettuarsi a cicli pressoché decennali per avere spessori sufficienti e di buona qualità. Cicli più ravvicinati di decorticazione producono qualità scadenti.

Portaombrelli fai da te

Sembra un ombrello e accoglie 6 parapioggia con un minimo ingombro – ecco il portambrelli fai da te

Questo capace portaombrelli è costituito da tasche coniche di diversa altezza, ognuna delle quali accoglie un solo ombrello, che quindi si posiziona e si estrae con facilità. La struttura consiste in una base circolare in legno, che sorregge un’asta costituita da un tondino in legno scanalato, a cui sono fissate sei tasche ricavate da fogli di plastica trasparente.

Base e asta
Il materiale di base è il lamellare da 28 mm di spessore da cui ricaviamo un disco Ø 250 mm che tagliamo col seghetto alternativo. Al suo centro pratichiamo un foro del diametro di 28 mm. La parte portante della struttura è costituita da tondino di legno Ø 28 mm, lungo 750 mm. All’atto dell’acquisto facciamo praticare un taglio longitudinale passante largo 3 mm che vada dall’estremità inferiore fino a 80 mm da quella superiore.

I coni di plastica
Il contenitore si realizza con sei fogli di plastica tagliati a triangolo e ripiegati a formare dei coni. La misura dei triangoli deve rapportarsi, naturalmente, all’altezza dell’asta. • I fogli di plastica rigida si trovano nelle cartolerie o presso i centri di bricolage e costano pochi euro al mq.

Inserire i coni
Quando abbiamo tutti i triangoli tagliati di misura (3 grandi e 3 piccoli) li pieghiamo a cono e li graffettiamo con qualche punto per tenerli ben uniti. Il lembo di plastica che sporge longitudinalmente, cioè quello graffettato, va inserito nel taglio longitudinale dell’asta (infilandolo dal basso) e incollato in sede con adesivo di montaggio.

Il bloccaggio
L’asta va, infine, inserita nel foro della base, dopo aver cosparso le parti combacianti con colla vinilica. L’inserimento permette di bloccare la plastica, stringendo l’asta che, a sua volta bloccata nel foro di base con l’aiuto della colla, viene trattenuta saldamente come in una morsa. Sulla parte superiore inseriamo e incolliamo un pomolo di legno (opportunamente forato) Ø 70 mm.

Portaombrelli – Schema illustrativo

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Portaombrelli – La realizzazione

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  1. Per la realizzazione servono: 1 pezzo di legno lamellare spesso 28 mm da cui ricavare un tondo Ø 250 mm. Un tondino di legno Ø 28 mm lungo 750 mm. Fogli di plastica rigida (per realizzare 3 coni ricavati da triangoli da 650×400 mm; 3 coni da 300x240mm); un pomolo di rifinitura.
  2.  Individuato il centro del lamellare tracciamo un cerchio Ø 250 mm. Per tagliare con il seghetto alternativo la base del portaombrelli, assicuriamo il pezzo al banco per mezzo di uno strettoio. Poi rifiliamo il taglio con raspa fine e carta vetro.
  3. Con una comune graffatrice da ufficio cuciamo i lembi dei fogli di plastica triangolari in modo da formare dei coni. Fissiamo i punti in modo da lasciare un margine di circa 10 mm per l’inserimento nella scanalatura.
  4. La flessibilità del legno ci consente di allargare la scanalatura praticata longitudinalmente al tondino per inserire tutti i lembi di plastica all’interno; con adesivo di montaggio rendiamo solidale il tutto.

 

 

Lampada alogena – Panoramica completa

Luminosa, duratura e versatile, la lampada alogena si adatta ad ogni impiego… bisogna però sapere quale tipo usare. Scopriamolo.

La lampada alogena si chiama così perché all’interno dell’ampolla invece di esservi il vuoto o un gas inerte (come nelle normali lampadine a incandescenza) c’è una miscela di gas “alogeni” che hanno la proprietà di proteggere il filamento allungandogli considerevolmente la vita.

L’ampolla, inoltre, non è in semplice vetro, ma è in vetro al quarzo molto resistente anche a lunghissimi periodi di accensione. Alcune di queste lampade alogene sono dotate di un proiettore “dicroico” che crea una luce particolarmente “fredda” e la moltiplica notevolmente.  Le lampade alogene vengono prodotte in due famiglie distinte: quelle che funzionano a bassa tensione (e che quindi abbisognano di un trasformatore) e quelle a normale tensione di rete (220 V) ; alcune sono anche dotate di “virola” (cioè l’attacco a vite) come nelle classiche lampadine a incandescenza. Le prime, a bassa tensione, hanno potenze limitate e sono adatte per illuminare mobili, quadri, vetrine, perché non scaldano. Le seconde, invece, hanno potenze anche rilevanti e sono adatte a ogni tipo di illuminazione ambientale, fari, proiettori, ecc. 

Lampada alogena- Differenti modelli

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  1. Lampada con riflettore dicroico. A bassa tensione (12 V). Potenze da 20 a 45 watt, durata 5000 ore.

  2. Lampada senza riflettore. A bassa tensione (12 V). Potenze 20 e 50 watt. Durata 2000 ore.

  3. Lampada con fascio di luce fredda. A bassa tensione (12 V). Potenze da 50 a 100 watt. Durata 3000 ore.

  4. Faretti di elevata emissione luminosa. A bassa tensione (6 e 12 V). Potenze da 20 a 50 watt. Durata 2000 ore.

  5. Lampada con proiettore. A tensione di rete (220 V). Pot. 20 watt. Durata 5000 ore.

  6. Lampada con riflettore con fusibile incorporato. A tensione di rete (220 V). Potenza da 40 a 100 watt. Durata 2500 ore.

  7. Lampada con proiettore dicroico. A tensione di rete (220 V). Pot.40 e 50 watt. Durata 2000 ore.

  8. Lampada a capsula senza proiettore. A tensione di rete (220 V). Pot.100 e 150 watt. Durata 2000 ore.

  9. Lampade compatte senza proiettore con finitura chiara e smerigliata. A tensione di rete (220 V). Pot. 40-60 watt. Durata 2000 ore.

  10. Lampada lineare per proiettori. A tensione di rete (220 V). Potenza da 60 a 2000 watt. Durata 2000 ore.

  11. Lampade con normale attacco a vite e involucro di sicurezza. A tensione di rete (220 V). Potenze da 40 a 150 watt. Durata 2000 ore.

  12. Faro riflettente. A tensione di rete (220 V). Potenza 60 watt. Durata 2000 ore.

  13. Lampada doppio involucro per proiettori di sicurezza A tensione di rete (220 V). Pot. 500 watt. Durata 2000 ore. Il costo delle lampade alogene è più elevato delle normali lampadine a incandescenza ma la loro durata è tale da renderle comunque molto vantaggiose.

Lampada alogena – Veri e propri punti luce

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Le lampade alogene, disponibili in diverse forme e finiture, sono particolarmente indicate per creare illuminazioni distribuite su molti punti luce, ognuno dei quali può diffondere la luminosità oppure concentrarla in una direzione ben definita grazie alla forma della lampada o al suo inserimento in un opportuno proiettore. Uno degli impieghi più comuni è l’illuminazione da controsoffitto sia con modelli a bassa tensione sia con proiettori a tensione di rete. Alcune sono dotate di sistemi ad incasso da fissare al soffitto, inserendo poi la lampada a pressione o a scatto, oppure avvitandola con una normale “virola” a vite.
Le diverse tipologie consentono di realizzare sistemi che alternano lampade a luce diffusa e faretti a luce concentrata che evidenziano particolari architettonici come quadri, piante, mobili, ecc.

Lampada alogena – I circuti

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Esistono modelli a bassa tensione che devono essere dotati di un trasformatore che riduce la tensione da 220 a 12 volt (o altro valore, a seconda del tipo). Il trasformatore può servire più lampade e va collocato in un punto non in vista.

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I  modelli con attacco a vite sono disponibili con virole E27 (larghe 27 mm) ed E14 (14 mm) per essere avvitati in tutti i portalampade delle normali lampadine a incandescenza (rispetto alle quali sono molto più durature).

Lampada alogena – Situazioni differenti

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Alcune lampade a tensione di rete con attacco a vite sono dotate di un fusibile incorporato e sono disponibili con ampolla trasparente o opalina. 

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Nei proiettori per esterno si utilizzano alogene lineari a tensione di rete che raggiungono potenze di illuminazione molto elevate.

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I faretti (definiti “d’accento”) a bassa tensione (o a 220V) servono per illuminare una parte limitata di spazio per valorizzare un elemento dell’arredamento. 

Tavolino con elettricità

Un tavolino con elettricità, una pratica soluzione che ci consente di avere prese di corrente molto vicine alle apparecchiature grazie a una multipresa incassata nel tavolino.

Il computer c’è, l’hard disk esterno, il router e l’hub pure… non resta che collegare il tutto alla corrente, ma la presa è lontana alcuni metri per cui si forma la solita matassa di cavi.
La soluzione a questo problema c’è: consiste nell’installare una multipresa (la cosiddetta ciabatta) direttamente nella struttura del tavolo, in modo da poter collegare tutti gli utilizzatori con il minimo sviluppo di cavi elettrici.
L’intervento principale consiste nel realizzare la sede per l’installazione della ciabatta: nel caso proposto si è utilizzata la sega a tazza azionata dal trapano, per aprire un foro iniziale nella traversa corta sotto il piano, ed il seghetto alternativo per sagomare ed ampliare l’apertura, in funzione della forma della presa. Per togliere di mezzo anche il cavo di alimentazione della ciabatta si realizza un lungo foro all’interno della gamba più vicina utilizzando una punta per legno di adeguata lunghezza.

Materiali per la costruzione del tavolino con elettricità
Materiali per la costruzione

  • Tavolino di recupero;
  • multipresa componibile e relativo cavo di alimentazione con spina;
  • primer universale;
  • smalto acrilico;
  • viti autofilettanti;
  • rullo per pittura.

Preparazione della sede per la presa
Come inserire una ciabatta elettrica nel tavolino

  1. Utilizzando la ciabatta come dima, tracciamo sul bordo del tavolino una sagoma di riferimento utile per eseguire il taglio che ci consentirà di realizzare la sede in cui incassare la presa multipla.
  2. Pratichiamo un foro in corrispondenza della parte curva della traccia. Per quest’operazione utilizziamo il trapano munito di sega a tazza di diametro opportuno.
  3. Completiamo l’apertura della sede con il seghetto alternativo, asportando per intero la parte interna.
  4. Rifiniamo eventuali imperfezioni e sbavature utilizzando una raspa per legno. Cerchiamo di lisciare i bordi senza allargare eccessivamente la sede.
  5. Realizziamo una scanalatura, in prossimità della zona curvilinea della sede, che permetterà il corretto posizionamento del cavo di alimentazione della presa multipla. Utilizziamo il trapano munito di fresa cilindrica.
  6. Per inserire il cavo di alimentazione della presa multipla all’interno di una gamba del tavolino, dobbiamo praticare un foro longitudinale, utilizzando una punta per legno di  lunghezza adeguata.
  7. L’uscita del cavo si ottiene forando la gamba in diagonale per intercettare il foro effettuato in precedenza. Successivamente occluderemo il foro che rimane a vista.­­­

 

Finitura colorata del tavolino con elettricità
Ricolorare il tavolino restaurato

  1. Stendiamo, su tutte le superfici, il primer universale e lasciamo asciugare per almeno 24 ore.
  2. Occultiamo alla vista il foro esterno (effettuato per intercettare quello interno alla gamba) inserendo, solo per alcuni mm, una spina di legno. A colla vinilica asciutta asportiamo l’eccedenza con la sega.
  3. Rifiniamo la zona in cui abbiamo inserito la spina con uno strato di stucco per legno, utilizzando una spatola.
  4. Coloriamo il tavolino con uno smalto acrilico. Utilizziamo il rullo per una finitura più uniforme.

Assemblaggio della presa
Come assemblare una ciabatta elettrica

  1. Le prese multiple assemblabili presenti in commercio possono essere di varie tipologie: scegliamone una che sia abbastanza sottile e poco ingombrante.
  2. Utilizzando la pinza spellafili, asportiamo un pezzo di guaina dai cavi interni, portando in evidenza i conduttori di rame.
  3. Fissiamo i fili nell’apposita sede e serriamo le viti di bloccaggio.
  4. Smaltiamo il coperchio della ciabatta nello stesso colore con cui abbiamo smaltato il tavolino.

Inserimento cavo alimentazione

  1. Inseriamo, all’interno del foro praticato longitudinalmente nella gamba, una sonda per cavi elettrici.
  2. Colleghiamo alla testa della sonda i tre fili del cavo di alimentazione, inserendoli nell’apposito foro.
  3. Blocchiamo momentaneamente in posizione i fili alla testa della sonda con alcuni giri di nastro isolante.
    cavo-elettrico
    Completamento tavolino con elettricità
  4. Tiriamo la sonda in modo da far penetrare e stendere il cavo di alimentazione lungo il foro interno.
  5. Inseriamo, dall’interno,  la ciabatta nella sede e chiudiamola avvitando le viti di bloccaggio.
  6. Colleghiamo il cavo di alimentazione alla spina tripolare che verra inserita in una presa a muro.
A lavoro ultimato, il tavolino presenta, lungo un bordo, una serie di prese di corrente (sei in questo caso), in cui possiamo inserire le spine di alimentazione di vari apparecchi.
A lavoro ultimato, il tavolino presenta, lungo un bordo, una serie di prese di corrente (sei in questo caso), in cui possiamo inserire le spine di alimentazione di vari apparecchi.

 

Liquore al basilico

Il liquore al basilico è un ottimo digestivo per il dopo pasto… ecco come prepararlo

Liquore al basilico – Le erbe aromatiche si utilizzano in cucina, non solo per insaporire i piatti, ma anche per preparare gustosissimi liquori dal gradevole sapore da sorbire come rimedi naturali per alleviare lievi disturbi digestivi.

Anche con il basilico, notissimo ingrediente base del pesto genovese, si può ottenere un liquore.  Gli ingredienti sono quelli classici di qualsiasi tipo di liquore: zucchero, alcool a 95 gradi, e una bella manciata di foglie di basilico (da 80 a 100).

La semplicità della preparazione del liquore al basilico ci può spingere anche alla coltivazione della pianta: basta un vaso capiente, anche da tenere sul terrazzo. Lo riempiamo di terriccio per vasi e seminiamo il basilico ad aprile, tenendo il vaso in mezza ombra.

Liquore al basilico – la preparazione

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  1. I pochi ingredienti per preparare il liquore al basilico in casa: •1 litro di acqua distillata • 700 g di zucchero • 1 litro di alcool per dolci a 95° • 80 foglie di basilico lavate e ben asciugate.
  2. Mettiamo le foglie di basilico in un recipiente di vetro. Lo colmiamo di acqua distillata calda, ma non bollente e lasciamo le foglie in infusione per un giorno intero.
  3. Ci procuriamo  un vaso di vetro, ben pulito, con chiusura a scatto e guarnizione di gomma. Mettiamo sull’imboccatura del vaso un imbuto con filtro e versiamo l’infuso trattenendo le foglie di basilico.
  4. Aggiungiamo 1 litro di alcool nel vaso di vetro (che deve essere abbastanza capiente da contenere tutti gli ingredienti).
  5. Uniamo all’infuso e all’alcool 700 grammi di zucchero semolato. Chiudiamo ermeticamente lasciando riposare ii preparato in un luogo buio e asciutto per due giorni. Il vaso va agitato ogni tanto.
  6. Trascorsi i due giorni filtriamo il liquore aiutandoci con un apposito filtro di carta (o di tulle) e travasiamo definitivamente il liquido così ottenuto in una bottiglia. Prima di servirlo lasciamo riposare per almeno quattro mesi.