I mille usi del bicarbonato di sodio, un comune prodotto che tutti abbiamo in casa e che utilizziamo per dolci e nella pulizia delle verdure, ma che forse non conosciamo in tutte le sue potenzialità
Lo chiamiamo tutti (anche i produttori) Bicarbonato di sodio facendo un grossolano errore di terminologia chimica: andrebbe chiamato carbonato acido di sodio. La sua formula è NaHCO3 ed è un vero amico della nostra vita domestica in quanto, sciogliendosi in acqua, crea una reazione basica (Ph 8,1) che funziona come disaggrappante dello sporco ed ha numerosi effetti positivi su materiali organici (alimenti, corpo umano, ecc) e inorganici (metalli, pietre, ecc.). Pulisce, deodora, disattiva gli acidi, combatte le muffe, sbianca, entra nella preparazione dei lieviti e nelle bevande gassate. Infine spegne i piccoli incendi.
Bicarbonato di sodio per pulire l’argento
Le posate d’argento che tendono ad annerirsi per l’ossidazione si strofinano con una pezzuola di lino inumidita e cosparsa di bicarbonato. Le posate tornano a brillare senza l’utilizzo di prodotti chimici costosi.
Bicarbonato di sodio per gli scarichi
Mezza tazza di bicarbonato versata nella piletta del lavello ed irrorata con un filo di acqua calda, combatte le muffe dello scarico e lo deodora in pochi minuti.
Contro il fumo
Uno strato di bicarbonato sul fondo del posacenere spegne rapidamente la sigaretta ed impedisce che l’odore si diffonda nella stanza.
Nella lavastoviglie
Una manciata di bicarbonato nella lavastoviglie (ma anche sui piatti) permette una facile asportazione dei residui di cibo e deodora l’elettrodomestico.
Pulizia domestica con il bicarbonato di sodio
Il tappo del salterello e la corona della piletta del lavabo tornano a splendere se strofinati con un vecchio spazzolino e bicarbonato con acqua calda. Per pulire e ravvivare i colori di tappeti e moquette si sparge su di essi il bicarbonato lasciandolo agire per qualche minuto. Poi si elimina con l’aspiratore.
Il sistema Isotec Parete di Brianza plastica per il cappotto termico esterno.
Un po’ come si è visto per il tetto, la ventilazione di facciata consiste nell’ottenere un’intercapedine “dinamica” tra la muratura, rivestita a cappotto se del caso, e una pannellatura esterna applicata su un’intelaiatura che funge da supporto per il rivestimento della facciata e da distanziatore. Alla base e alla sommità della pannellatura viene lasciata una fessura di comunicazione con l’esterno, in modo che l’aria possa circolare per effetto camino.
La ventilazione di facciata smaltisce il surriscaldamento estivo, impedisce perdite di calore nei mesi freddi, contrasta la formazione di condensa e protegge l’involucro da intemperie e agenti atmosferici, funzione importante specialmente in presenza di un rivestimento a cappotto, in quanto i pannelli sono più sensibili alle sollecitazioni.
Il sistema Isotec Parete di Brianza Plastica è una soluzione tecnica che permette di realizzare, in un’unica posa, un cappotto termico esterno continuo e omogeneo e una struttura di supporto per il rivestimento esterno.
L’elemento principale è un pannello di poliuretano espanso rigido autoestinguente ricoperto da un involucro impermeabilizzante in lamina di alluminio goffrato. Il pannello viene reso portante da un profilo nervato in Aluzinc che costituisce la camera di ventilazione e la struttura di supporto del rivestimento di facciata.
I fori predisposti sul profilo metallico rendono possibile la ventilazione della facciata e hanno anche la funzione di far scorrere e smaltire le eventuali infiltrazioni di acqua. Il pannello è battentato sui lati in modo da realizzare la continuità dei pannelli tramite incastro, eliminando la possibilità di ponti termici.
Per rispondere alle esigenze di isolamento termico nelle diverse zone climatiche, il pannello è proposto in spessori di 60-80-100-120 mm e si applica sia a nuove costruzioni sia in interventi di recupero e di miglioramento prestazionale di edifici esistenti. Il sistema fornisce il supporto per rivestimenti di varia natura e peso: per esempio, tavelle in cotto, legno, lastre di cemento intonacate, lastre metalliche, fibrocemento. La ventilazione che si ottiene arriva a superare i 200 cm2/metro, si elimina così la dispersione di calore nei mesi invernali e si contiene l’innalzamento termico nel periodo estivo, con un consistente risparmio economico. l Isotec Parete è un prodotto Brianza Plastica (www.brianzaplastica.it).
Cappotto termico esterno – I vantaggi
Isolamento termico. Il poliuretano espanso è tra i migliori isolanti termici esistenti.
Ventilazione. La ventilazione indotta nella camera d’aria tra isolante e rivestimento esterno migliora la termoregolazione naturale dell’edificio, sia in estate sia in inverno.
Eliminazione di ponti termici.
Protezione dall’umidità e dalle infiltrazioni accidentali.
Risparmio energetico. La coibentazione completa dell’involucro edilizio, abbinata alla ventilazione di facciata, consente di risparmiare sulle spese di riscaldamento.
Rapidità ed economia di installazione. Migliora le tradizionali fasi di posa, rendendole più semplici, sicure ed economiche.
Cappotto termico esterno – Come si utilizza Isotec Parete
Il pannello viene fissato alla superficie esterna della struttura portante tramite tasselli o viti di ancoraggio passanti attraverso il correntino in Aluzinc, adattandosi con facilità a eventuali imperfezioni delle pareti esistenti. Il sistema così creato costituisce un cappotto isolante dotato di profili orizzontali di supporto per gli elementi di finitura della facciata e consente l’applicazione di differenti tipologie di rivestimento esterno, sia leggere sia pesanti. La creazione di una camera d’aria ventilata continua tra isolante e rivestimento riduce al minimo il surriscaldamento estivo della parete, limitando i rischi di fenomeni di condensazione nel periodo invernale e proteggendo, grazie al rivestimento impermeabile di alluminio, la parete da infiltrazioni accidentali di acqua piovana.
Gradevoli per la vista e deliziose per l’olfatto, le ghirlande profumate al sapone e spezie miscelano armoniosamente profumi e colori. A seconda delle dimensioni possono essere usate come profumatori per armadi o per interi ambienti
Queste ghirlande profumate si realizzano principalmente con sapone naturale e spezie. Le spezie vengono utilizzate sia per profumare sia per abbellire una stanza. Scateniamo la fantasia componendo originali profumatori per l’ambiente da appendere utilizzando quindi cannella, anice stellato, eucalipto e rametti.
Materiali: sapone naturale, elementi di poutpourri botanico, legni secchi, carta abrasiva, cera a mordente, spago colorato, trapano a punta fine, seghetto.
Preparazione delle ghirlande profumate
Scegliamo due o più legni di dimensioni adatti alla ghirlanda profumata che vogliamo realizzare; è meglio utilizzare legni “vissuti”, levigati dal mare o da un fiume o comunque ben secchi. Tagliamoli della lunghezza desiderata, puliamoli e carteggiamoli con pazienza. Con uno straccetto imbevuto di cera a mordente lucidiamo i legni; in alternativa utilizziamo una vernice vetrificante per renderli lucidi e protetti. Foriamoli simmetricamente con il trapano a punta fine, nei punti dove abbiamo deciso di far passare lo spago.
Prendiamo un pezzo di sapone naturale artigianale profumato, scegliendo il colore e l’aromatizzazione che preferiamo (eventualmente realizziamoli da noi) e tagliamolo a quadretti con un seghetto. Con il trapano a punta fine pratichiamo un foro al centro di ogni quadretto di sapone; foriamo anche i vari elementi di poutpourri, selezionati in modo che colori e profumi armonizzino con quelli del sapone.
Infiliamo i pezzi di sapone e gli elementi di poutpourri in uno spago di colore adatto, alternandoli con gusto e infine infiliamo l’estremità dello spago nel foro del legno. Alle estremità degli spaghi fissiamo con un nodo una piccola conchiglia o un elemento di poutpourrri, in modo che tutto rimanga ben fermo. Creiamo un cappio in alto per appendere le ghirlande profumate.
Fino a 60 anni or sono gran parte dei cittadini italiani avevano un orto, anche chi abitava in città aveva un pezzetto di terra da coltivare, assegnato dal Comune, in quartieri che spesso si chiamavano proprio ORTI. Gli Italiani, dalla metà del secolo scorso gradualmente “affrancati” dalla faticosa vita contadina e convertiti a quella urbana-industriale, al posto in fabbrica o dietro una scrivania, sembra che oggi sentano, in maniera prepotente, il bisogno di un riavvicinamento alla terra producendo frutta e verdura in proprio, “sporcandosi le mani”. Un ripensamento forse dettato dalla crisi, dall’aver preso coscienza di quanto possa diventare pesante vivere sempre al chiuso, facendo vita sedentaria, respirando aria inquinata, dalla scoperta o dalla riscoperta di quanto una piccola fatica fisica possa essere piacevole e premiata dal miracolo dei frutti della terra. Atteggiamento diverso nei confronti di attività manuali fa registrare una crescita significativa della popolazione che coltiva appezzamenti di terreno in aree urbane di proprietà del Comune per produrre ortaggi.
Oggi nel mondo occidentale la pratica dell’orto è un fenomeno che si sta diffondendo a maccha d’olio e viene sostenuta con enfasi da urbanisti, psicologi, dietologi etc… Così si parla di orti sociali come una delle vie per “riappropriarsi dei non-luoghi spersonalizzati delle città”, per riqualificare aree dismesse impedendo consumo di suolo e preservare aree verdi interstiziali tra quelle edificate, per lo più incolte e destinate all’abbandono e al degrado. Si parla di orti per “rivitalizzare socialmente le metropoli”, rendendoli luoghi condivisi di socializzazione basata sulla convivialità, sul mangiare insieme, dialogare, riposare, giocare a bocce. Orti per evitare l’isolamento e l’incapacità di comunicare propria dei nostri giorni, per stimolare i sensi grazie al contatto con il ciclo di crescita naturale e la creatività del giardinaggio. E ancora orti come partenza e messaggio per impare a mangiare in maniera corretta, inserendo nell’alimentazione un’abbondante varietà di ortaggi freschi e sani, seguendo l’esempio di Michelle Obama che ne ha realizzato uno biologico dentro i giardini della Casa Bianca.
Concludendo, gli orti sarebbero un elemento essenziale per la salute psico-fisica e per migliorare la qualità della vita.
Riflessioni e conclusioni, queste, fatte da fior fior di studiosi in vari settori, che sono assolutamente condivisibili: il tutto per sostenere la valenza e la bontà di un’antica realtà sociale, l’orto, che una volta era considerata una cosa di buon senso, fonte di sussistenza per le famiglie e solo inconsapevolmente era una delle cose che contribuiva a mantenere l’equilibrio tra uomo e natura.
Orti in auge in tempi di crisi: nella foto l’incredibile campo di grano nei giardini del Foro Romano a Roma durante la 2° guerra mondiale quando, per sopperire alla scarsistà di cibo, ogni lembo di terra in città veniva utilizzato come orto di guerra.
Il suo lavoro consiste nel fare pulizia nella sala Murat del comune di Bari; quando è arrivata sul posto ha visto degli scatoloni di cartone accatastati e della carta di giornale sparsa sul pavimento. Combinazione il camion della spazzatura stava passando proprio in quel momento: ha raccolto tutto e l’ha consegnato ai netturbini e, tutta soddisfatta di aver già fatto un lavoro straordinario, è tornata alle pulizie di routine. Apriti cielo! Cartoni e carta da giornale erano “opere d’arte” di un “artista” dei nostri giorni… La notizia fa sorridere, ma in realtà ne è nato un caso con intervento di assessori e assicuratori (speriamo solo che a qualcuno non sia venuto in mente di prendersela con una donna onesta e meticolosa che ha la sola colpa di essere dotata di comune buon senso). Non intendiamo suscitare le ire funeste di qualche appassionato di arte contemporanea, capace di emozionarsi di fronte a sacchi di iuta variamente strappati o colorati, a rottami di ferro casualmente saldati insieme, a costruzioni che assemblano in modo improbabile materiali diversi, dicendo che, se l’opera d’arte fa pensare alla spazzatura, forse l’artista o il critico che lo pompa dovrebbero porsi delle domande molto serie. Ve la immaginate la donna delle pulizie di Leonardo da Vinci che butta nella spazzatura la Gioconda o quella di Michelangelo che rotola nella scarpata una sua scultura? Ma forse questa posizione dipende dalla frequentazione di tanti seri e concreti far da sé le cui opere sono sempre d’immediata e chiarissima lettura: possono piacere o no, essere lineari o arzigogolate, utili o superflue, ma hanno un senso, un’utilità, un’idea alla base che può essere da tutti capita. Anche i far da sé riciclano: usano cestelli di lavatrice per fare tavolini, scolapasta per fare lampade, bobine di cavi elettrici per fare poltrone, dischi musicali per fare orologi, attaccapanni per fare fruttiere, porte per fare testiere da letto ecc. Chiunque capisce l’oggetto nuovo che ha davanti e l’autore non ha la pretesa che quella sua costruzione sia un’opera d’arte. Se dei cartoni e della carta da giornale accatastati non dicono niente, non comunicano, e devono essere tradotti da un mare di parole altrettanto incomprensibili, allora è bene che tornino a essere utili per lo scopo per cui sono nati oppure che siano buttati nella spazzatura. Senza rimpianti.
Questo sapone fatto in casa sembra un dolcetto pronto per essere gustato… In realtà si tratta di piccole saponette colorate e decorate da usare tutti i giorni o da disporre sul bordo della vasca, magari proprio in un barattolo di vetro rubato dalla cucina!
Per realizzare un sapone fatto in casa senza utilizzare la soda, è sufficiente procurarsi delle scaglie di sapone (anche di recupero da sciogliere) o più semplicemente come abbiamo fatto nelle foto di seguito, munirsi di sapone per colate. Il sapone per colate può essere bianco o trasparente, va sciolto semplicemente a bagno maria e poi colato in uno stampo. Naturalmente possiamo colorarlo o farci delle inclusioni (magari con quello trasparente) per renderlo più ricercato.
Un modo facile e veloce che permette di ottenere un ottimo sapone fatto in casa è quello di utilizzare sapone puro alla glicerina, disponibile in commercio in confezioni più o meno grandi, che, a differenza delle saponette già pronte acquistabili nei supermercati, è molto morbido (ricorda la consistenza del burro) e si estrae facilmente dalla confezione. Lo sciogliamo a bagno maria fino a quando non è completamente liquido.
Amalgamiamo alcune gocce di colorante e mescoliamo fino ad ottenere la colorazione desiderata.
Con l’aiuto del cucchiaino riempiamo gli stampi di sapone liquido. Facciamo indurire per una decina di minuti.
Estraiamo le piccole saponette dagli stampi premendo lievemente sul fondo fino a che non entra un po’ d’aria che ne consente il completo distacco.
Decoriamo i dolcetti-saponi con piccole guarnizioni di zucchero. Per attaccarle alla saponetta utilizziamo una goccia di sapone ancora liquido. Il nostro sapone fatto in casa fa bella mostra di sé in contenitori di vetro trasperenti. Possiamo anche regalare le mini saponette ai nostri amici rifinendo le confezioni con nastrini e stoffe colorate.
Montare una mensola non è un lavoro difficile, ma occorre farlo con precisione.
Ci sono vari tipi di supporti a scomparsa per il montaggio dei ripiani a giorno che assicurano un risultato estetico migliore rispetto ai sostegni visibili; inoltre, lo spazio da lasciare in altezza tra un ripiano e l’altro si riduce e anche la posa di ripiani sfalsati in larghezza è facilitata, permettendo un miglior sfruttamento della parete. In base allo spessore della parete possiamo utilizzare coppie di tasselli mensola o supporti metallici in cui sono ricavate le due protuberanze che penetrano nel ripiano. Il diametro dei tasselli va scelto in base al peso che dovranno sostenere e che determina lo sbalzo e lo spessore del ripiano.
Come montare una mensola – è utile sapere che…
Le mensole per l’installazione a scomparsa esistono di diversi spessori e profondità: se i tasselli non sono compresi nella confezione bisogna tener conto di queste misure e osservare il diametro dei fori sul retro per scegliere quelle giuste, vendute a coppie.
L’installazione
Ripiani spessi 4-5 cm possono adottare supporti con una piastra provvista di due sporgenze, da fissare al muro con tasselli a espansione di diametro contenuto: ideali per murature di spessore ridotto.
Sfiliamo il supporto metallico dal ripiano e appoggiamolo a parete per marcare, con una matita grassa, i punti esatti in cui effettuare i fori. La livella a bolla ci aiuta nell’allineamento.
Praticando i fori nella parete, è bene che il trapano disponga dell’accessorio per l’aspirazione delle polveri. Il foro dev’essere un paio di millimetri più profondo della lunghezza del tassello.
Solitamente nella confezione sono presenti anche i tasselli di nylon. Le alette laterali ne bloccano la rotazione durante l’avvitatura e il collare fa rimanere il tassello a filo, impedendogli di penetrare nella muratura.
Inserito anche l’ultimo tassello, appoggiamo il supporto e iniziamo a fissarlo con un paio di viti, una in alto da un lato e una in basso dall’altro, senza tirare a fondo: abbiamo così le mani libere per inserire le altre.
Il ripiano va semplicemente inserito sui supporti e spinto a parete: lo spessore del supporto scompare all’interno di un incavo sul dorso del ripiano. Per stabilizzarlo, si inseriscono due viti da sotto che premono sui supporti.
I tasselli a scomparsa
I tasselli a scomparsa sono di acciaio zincato e confezionati a coppie: si tratta di un tassello a espansione maggiorato che forma corpo unico con una barra, a sezione esagonale, la quale deve inserirsi in sedi calibrate ricavate nel profilo posteriore del ripiano. Il profilo esagonale permette la totale espansione della barra, facendola ruotare con una chiave a forchetta, fino a quando il collare tra le parti interna ed esterna della barra stessa rimane a filo muro. Si possono fissare ripiani profondi da 9 a 23 cm e spessi da 2,5 cm in su.
Prepariamo delle saponette fai da te senza soda, colorate e profumate da regalare ai nostri amici
Per realizzare saponette fai da te si possono utilizzare due tecniche: la tecnica a freddo, nella quale gli ingredienti vengono lavorati senza essere scaldati, e la tecnica a caldo, nella quale gli ingredienti vengono sciolti a bagnomaria.
Scelta delle essenze in base ai tipi di pelle
Pelle normale
Bergamotto, Camomilla, Lavanda, Rosa
Pelle secca
Arancio, Gelsomino, Geranio, Mirra, Sandalo, Ylang-Ylang
Pelle grassa
Cipresso, Limone, Menta, Mirto, Patchouli
Pelle matura
Carota, Rosa
Pelle impura
Achillea, Cedro, Camomilla blu, Galbano, Rosa
Saponette fai da te con la tecnica a freddo
Prepariamo dentro un catino un impasto con 250 g di scaglie di sapone, 1 cucchiaino di essenza di lavanda, 3 cucchiaini di olio di mandorle, 1-2 cucchiaini di colore alimentare e 5 cucchiai di acqua calda. Impastiamo fino ad ottenere un composto di colore omogeneo.Mettiamo l’impasto tra due fogli di plastica trasparente (in alternativa anche la carta forno va bene) e stendiamo l’impasto con l’aiuto di un mattarello fino ad ottenere un composto dell’altezza di 1-2 centimetri. Con gli stampi per biscotti ricaviamo le saponette dalle forme più svariate o tagliamo l’impasto a rettangoli.
Le saponette fai da te vanno riposte su un vassoio e lasciate asciugare per 24 ore.
Saponette fai da te con la tecnica a caldo
Versiamo 100 g di scaglie di sapone alla glicerina in un recipiente di vetro a bagnomaria su fuoco basso e rimestiamo fino allo scioglimento. Aggiungiamo mezzo cucchiaino di colorante alimentare diluito con un cucchiaio di acqua e qualche goccia di olio essenziale ed eventualmente fiori secchi. Togliamo il recipiente dal fuoco e versiamo il composto direttamente in uno stampo ben pulito e unto con un po’ di olio essenziale. Lasciamo riposare la forma di sapone per circa 24 ore. Estraiamola e tagliamo tante saponette fai da te. Prima di utilizzarle dovremo attendere che si siano ben solidificate lasciandole tre settimane circa in scatole di latta.
Antiaderente facile da girare e pulito. Abbiamo fatto due fori nella parte inferiore per poter spremere facilmente lo stampo in silicone dalla scatola di legno. Non disturbarti per la rimozione.
Con prodotti di legno di alta qualità, silicone di qualità alimentare. Non tossico e sicuro senza rischi.
Anti-polvere e nocivi. Abbiamo fornito un coperchio di legno per coprire il vostro sapone per essere contaminato da parassiti e polvere quando il sapone è congelato. Sapone fai da te mostrerà la vostra forma più bella.
Vieni con 2 pezzi quarto round-foglia di trifoglio stampi in silicone e porta sapone in legno. È possibile effettuare due più piccoli sapone carina fai da te e mettere sul supporto per l'uso quotidiano.
Può essere lo strumento più interessante e pratico o giocattolo. Si può fare questo con i vostri figli per formare la capacità del bambino di praticare e di pensiero. Anche è possibile trascorrere del tempo significativo con la vostra famiglia durante il fine settimana.
Uova di Pasqua decorate con una tecnica semplice e divertente per creare in pochi minuti uova marmorizzate dalle tonalità accese e brillanti o uova giocose decorate con i fumetti per i più piccoli
Diamo il via ai lavoretti di Pasqua! Per queste uova di Pasqua decorate utilizziamo i colori Marabu Easy Marble che sono adatti per marmorizzare plastica, polistirolo, carta, legno, metallo, cartapesta ecc…
Per cominciare riempiamo d’acqua un contenitore, ad esempio un vasetto grande dello yogurt.
Con l’apposito contagocce facciamo cadere sulla superficie dell’acqua alcune gocce di colore di due/tre tonalità diverse (ne sono disponibili addirittura 20) e mescoliamo velocemente con uno stecchino.
Infilziamo l’oggetto da decorare su uno stuzzicadenti e immergiamolo completamente nell’acqua, procedendo con lentezza e gradualità; estraiamolo quindi molto rapidamente e lasciamolo asciugare.
Prima di immergere altri oggetti, rimuoviamo con un foglio di carta la pellicola di colore rimasta sull’acqua. Con questa tecnica possiamo decorare uova pasquali, palline di Natale, candele, biglietti di auguri…
Uova di Pasqua decorate con découpage
Un’altra idea che vi suggeriamo per decorare le uova di Pasqua in compagnia dei vostri bambini, è quella del découpage. In questo caso abbiamo utilizzato dei ritagli di carta presi da pagine di fumetti (tipo quelle del Topolino).
Possiamo utilizzare uova vere svutotate, o più semplicemente quelle di polistirolo o legno che possiamo acquistare già pronte per la decorazione nei centri bricolage e nei supermercati nel periodo pasquale. Ritagliamo le vignette ed incolliamole sulle uova. Per incollarle utilizziamo una soluzione di acqua e colla vinilica (3 parti di colla vinilica e 1 parte di acqua). Una volta asciutto rifiniamo il lavoro con un paio di mani di vernice da découpage che rende la decorazione lucida e impermeabilizza la superficie.
Uova di Pasqua con i bottoni
Infine vi suggeriamo un’idea facile e veloce per le vostre uova di Pasqua decorate. Incolliamo dei bottoni colorati sulla superficie. Dotiamo le uova di cordino per appenderle.
Ecco altre utili guide passo-passo per realizzare lavoretti di pasqua:
I sistemi ad energia eolica di piccola taglia, detti minieolici, si adattano all’ambito residenziale per trasformare l’energia cinetica del vento in energia elettrica, attraverso generatori: una tecnologia che fino a oggi è rimasta “all’ombra” del fotovoltaico, ma in determinate zone del territorio potrebbe essere addirittura più conveniente
Le turbine eoliche (o aerogeneratori) che forniscono energia eolica, derivano sostanzialmente dai mulini a vento: il gruppo generatore è posto alla sommità di un palo che più si trova in alto e più è esposto alle correnti d’aria. Nella fascia destinata all’installazione residenziale rientrano impianti eolici fino a 20 kW di potenza e con altezze inferiori a 30 metri (niente paura, ne bastano molti di meno); il costo di un impianto minieolico varia, in media, tra 3.500 e 5.000 euro per ogni kW di potenza installata, tenendo presente che è più oneroso un impianto da 4-5 kW rispetto ad uno superiore a 10 kW.
Non necessariamente il palo di supporto dev’essere innalzato da terra, anche un tetto ben esposto può ospitare un generatore eolico. Entro i 20 kW non è neppure necessaria la VIA (Valutazione di Impatto Ambientale), anche se occorre accertarsene presso il proprio Comune. Ma, mentre il sole splende più o meno su tutti e con una discreta frequenza, il vento non è altrettanto democratico e costante, per cui si tratta di una scelta non sempre attuabile: bisogna che il punto d’installazione sia esposto a venti con velocità tra 5 e 20 m/sec (15-60 km/h), considerando le velocità intermedie come quelle ottimali per il miglior rendimento.
Oltre velocità di 13-14 m/sec, infatti, un impianto di piccola taglia non produce una quantità di energia superiore, in quanto viene “frenato” dai sistemi di sicurezza che proteggono il rotore da eccessive sollecitazioni, arrivando anche a fermarlo temporaneamente in caso di venti molto intensi.
Si tratta di una tecnologia affidabile, pulita, che assicura una produzione di energia già con venti deboli e un recupero dell’investimento in pochi anni, se i sopralluoghi e le verifiche preliminari soddisfano i requisiti.
Detrazioni e incentivi energia eolica
Le detrazioni riferite alla riqualificazione energetica valgono anche per gli impianti eolici: 50% della spesa, incluse le prestazioni, da detrarre dall’Irpef in 10 anni fino al 30 giugno, data oltre la quale la percentuale di spesa detraibile si abbasserà al 36%.
Per gli impianti di energia eolica tra 1 e 20 kW di potenza, ovvero la fascia che interessa il residenziale, il Gse ha stabilito una tariffa incentivante di 0,291 €/kWh per 20 anni, contro i 0,30 €/kWh per 15 anni in vigore con il precedente decreto. I costi di gestione dei piccoli impianti (1-3 kW) non renderebbero appetibile l’installazione, che diventa interessante per impianti superiori a 10 kW, con possibilità di ritorni economici del 10-12% annuo.
Le aree rosse e arancio sono le più battute dai venti.
Il fatto che l’Italia sia una penisola farebbe pensare ad un territorio facilmente esposto ai venti, ma le mappe eoliche sembrano attestare il contrario. Tuttavia, queste mappe hanno un valore puramente indicativo, in quanto nel dettaglio di una stessa zona possono coesistere zone a ventosità molto diversa, per altitudine o per ostacoli paesaggistici alle correnti d’aria: l’unico modo per avere dati concreti riguardanti il sito in cui si ha idea di installare generatori eolici rimane quello di affidarsi ad una perizia anemometrica o, se ci si trova abbastanza vicini ad una stazione meteo, farsi dare indicazioni in base ai valori in loro possesso. Accedendo al sito AtlaEolico si può trovare una mappa simile a questa, dove è possibile attivare uno zoom ed avere informazioni più attendibili.
Le diverse tipologie di generatori e di installazione
Ad asse orizzontale
Le pale (solitamente tre) sono unite a un mozzo collegato ad un albero che trasmette il movimento al generatore elettrico. In alcuni casi è presente un moltiplicatore che ha il compito di far girare più velocemente il generatore rispetto alle pale.
Questi elementi sono racchiusi in un contenitore, detto navicella, montato su un perno che permette all’insieme di ruotare per seguire la direzione del vento, operazione facilitata da un’aletta verticale posta in coda (timone) che fa muovere la navicella in direzione del vento. In caso di vento troppo forte un sistema di sicurezza disattiva il generatore.
Ad asse verticale
Consiste in una struttura molto più longilinea, prende il vento da qualsiasi direzione soffi ed è più semplice anche a livello costruttivo, con meno parti mobili. La minore invasività, non soltanto in larghezza, ma anche in altezza (possono bastare strutture alte 6 metri) li rende preferibili per installazioni in zone abitative, anche se per il momento hanno un costo superiore rispetto a quelli ad asse orizzontale e risultano meno efficienti; quest’ultimo aspetto è compensato dal fatto che, con la loro struttura, possono tollerare anche venti forti, perciò funzionare anche quando quelli ad asse orizzontale verrebbero disattivati dal sistema di sicurezza. Inoltre, anche la rumorosità di funzionamento è inferiore agli impianti ad asse orizzontale, praticamente irrilevante.
Energia eolica: impianti “stand alone” o “grid connect”
Nel primo caso si tratta di impianti “a isola”: l’energia prodotta dal generatore eolico viene immagazzinata in batterie di accumulo. Un sistema di regolazione provvede a mantenere in carica le batterie e a regolarne la tensione in base al carico scelto dall’utente, mentre un inverter a rapporto fisso può alimentare i carichi domestici.
Nel secondo, l’energia viene immessa direttamente in rete e conteggiata tramite un contatore, in accordo con il Gse come avviene per il fotovoltaico (scambio sul posto). Esiste un’opzione ibrida che utilizza entrambi i sistemi, anche affiancati ad altri (solare, fotovoltaico ecc), con circuiti di scambio.
Energia eolica dal mulino a vento ad oggi
Già intorno al 3000 a.C., in Persia (Iran), i mulini a vento venivano utilizzati per azionare le macine e, in seguito, anche per prelevare acqua dai pozzi: l’energia eolica veniva trasformata in energia meccanica.
Oggi si punta ad utilizzare l’azione del vento per produrre energia elettrica in modo assolutamente ecologico, ma non dimentichiamo che l’energia eolica ha accompagnato la storia dell’uomo gonfiando le vele delle imbarcazioni che hanno portato alla scoperta di nuovi mondi, nonché di prodotti alimentari, e non, che utilizziamo ogni giorno.