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Caminetti a bioetanolo

I caminetti a bioetanolo si stanno affermando per la loro libertà d’installazione e per il loro design

bioetanolo-bruciaUtilizzano bioetanolo, un alcol ottenuto dalla fermentazione di cereali (in particolare mais) o da barbabietole, prodotti agricoli con elevato contenuto di zuccheri e carboidrati. Si montano come un mobile, in un quarto d’ora e senza opere murarie, e possono essere installati ovunque, ad eccezione delle camere da letto o vicino a materiali facilmente infiammabili. A differenza di quelli a gas o elettrici, non devono essere collegati ad alcuna utenza, per cui sono facilmente spostabili da un luogo ad un’altro a seconda delle necessità.

Il processo di combustione nei caminetti a bioetanolo è inodore e non produce fumi, ma solo vapore acqueo e biossido di carbonio, sostanze derivanti anche dalla respirazione: tuttavia, per evitare di aumentare la concentrazione di queste sostanze nell’aria è sempre consigliabile disporre di un ricambio d’aria o di una presa esterna. Non dimentichiamoci che qualsiasi combustione, per avvenire, brucia una parte dell’ossigeno presente nell’aria.         
Esistono modelli di caminetti a bioetanolo di dimensioni ridotte, poco più che un grosso soprammobile che hanno solo una funzione di complemento d’arredo “vivo”, come un piccolo acquario o un minigiardino zen, ma sotto il profilo funzionale un caminetto a bioetanolo può riscaldare comodamente una stanza di 45-50 mq senza necessitare di altri sistemi, se l’isolamento termico è buono ed il soffitto non è troppo alto.

Solitamente, la struttura dei caminetti a bioetanolo, è di acciaio inox, MDF e vetro, con vari rivestimenti che ne fanno complementi d’arredo moderni e suggestivi; l’autonomia dipende dalla capienza del serbatoio, facilissimo da caricare con il combustibile solo quando è spento e si è raffreddato.
Per sicurezza è bene evitare di conservare la scorta di bioetanolo in casa (meglio in cantina o in garage) e non riempire il serbatoio con una quantità eccessiva rispetto al tempo di utilizzo.

Caminetti a bioetanolo: consumi e approvvigionamento

caminetto-bioetanolo-combustibileIl funzionamento di un caminetto a bioetanolo che possa essere utilizzato come riscaldamento integrativo ha un costo non superiore a quello di un caminetto a legna, con il vantaggio che non sporca e non produce cenere. Ci sono molti punti vendita dove è possibile acquistare il bioetanolo in formati da 1 fino a 50 litri, ma per chi avesse difficoltà a reperirlo è facile e conveniente acquistarlo su internet, con consegna nell’arco di una settimana. Uno dei siti più consigliati dagli utenti è www.etilflam.it che ha prezzi compresi tra 106-117 euro per il formato da 25 litri e 175-194 euro per quello da 50 litri (IVA e trasporto inclusi) a seconda della zona d’Italia.
I consumi variano in base alla potenza: mediamente con un litro di combustibile si ha un’autonomia di 2-4 ore con un costo orario compreso tra 0,50-1 euro. Non necessitano di alcuna autorizzazione, in quanto non sono considerati punti di combustione.

Casa di Babbo Natale con fabbrica di regali

La casa di Babbo Natale con fabbrica di regali degli elfi è un originale calendario dell’avvento: un regalo al giorno per ingannare l’attesa della grande festa

È la riproduzione in scala della fabbrica fantastica in cui Babbo Natale prepara i regali: contribuisce ad accentuare l’atmosfera natalizia e tiene buoni i bambini, che possono fare uscire, giorno dopo giorno, tanti microregali per ingannare l’attesa.
La catena di montaggio di questa casa di Babbo Natale è realizzata in modo ingegnoso, utilizzando un nastro abrasivo per levigatrice; la forza motrice è fornita dal bambino che, azionando una manovella, fa avanzare i pezzi fino all’uscita.

Multistrato spesso 12 mm (1 pezzo A 180x860 mm; 2 pezzi B 180x250 mm;1 pezzo C 105x580 mm); multistrato spesso 6 mm  (1 pezzo D 177x725 mm; 1 pezzo E 215x770 mm; 1 pezzo F 500x1150 mm; 1 pezzo G 35x80 mm); tavoletta 15x44 mm (4 pezzi H da 100 mm; 1 pezzo J da 850 mm; 2 pezzi K da 44 mm); listello 15x15 mm (2 pezzi L da 195 mm); barra tonda Ø 18 mm (2 pezzi M da 170 mm e 120 mm); barra tonda Ø 10 mm (1 pezzo N da 40 mm); cartoncino spesso  2 mm (6 pezzi O 80x90 mm; 4 pezzi P 70x160 mm; 6 pezzi Q 11x70 mm); carta abrasiva larga 100 mm (1 rullo da 1500 mm); 2 guarnizioni O-ring; 2 gancetti a legno; cotone idrofilo; nastro telato autoadesivo; colla vinilica; colori acrilici; pupazzi natalizi.
Multistrato spesso 12 mm (1 pezzo A 180×860 mm; 2 pezzi B 180×250 mm;1 pezzo C 105×580 mm); multistrato spesso 6 mm (1 pezzo D 177×725 mm; 1 pezzo E 215×770 mm; 1 pezzo F 500×1150 mm; 1 pezzo G 35×80 mm); tavoletta 15×44 mm (4 pezzi H da 100 mm; 1 pezzo J da 850 mm; 2 pezzi K da 44 mm); listello 15×15 mm (2 pezzi L da 195 mm); barra tonda Ø 18 mm (2 pezzi M da 170 mm e 120 mm); barra tonda Ø 10 mm (1 pezzo N da 40 mm); cartoncino spesso
2 mm (6 pezzi O 80×90 mm; 4 pezzi P 70×160 mm; 6 pezzi Q 11×70 mm); carta abrasiva larga 100 mm (1 rullo da 1500 mm); 2 guarnizioni O-ring; 2 gancetti a legno; cotone idrofilo; nastro telato autoadesivo; colla vinilica; colori acrilici; pupazzi natalizi.

La casa di Babbo Natale è appesa alla parete ed è circondata da un cielo stellato del nord, dipinto su di un pannello di compensato che serve da sfondo; il tetto è naturalmente coperto da nevi perenni in soffice cotone idrofilo. Il tutto si realizza in multistrato e cartoncino, che si tagliano agevolmente con il seghetto alternativo e con il cutter.
Tutti i serramenti sono realizzati in cartoncino bianco, ritagliati con attenzione per mezzo di un cutter; le ante delle porte sono apribili, grazie a due cerniere ottenute incollando alle ante e ai pannelli delle pareti dei quadratini di nastro telato; in questo modo i piccoli doni, trasportati dal nastro fino all’altezza della porta, a fine corsa vengono lasciati cadere all’esterno.
Dopo avere tagliato tutti i pezzi e averli decorati su tutti i lati, assembliamo l’involucro, senza incollare il pannello del tetto.
Per ottenere il nastro azionato a manovella colleghiamo alla tavoletta C, di scorrimento, i quattro supporti H, di cui uno è già forato. Il rullo privo di manovella, che ruota liberamente, è imperniato su due chiodini infissi nei supporti H privi di foro.
Prima di inchiodare la coppia di supporti H inseriamo sul rullo libero il nastro di carta abrasiva.
Dalla parte opposta, prepariamo la manovella priva del braccio di leva e dell’impugnatura, inseriamola nel foro del supporto H, facciamola passare all’interno del nastro, quindi inchiodiamola al quarto supporto H.
Inseriamo il nastro trasportatore dentro la costruzione, applichiamo il fronte forato per fare passare il rullo della manovella e, dalla parte esterna, inchiodiamo braccio e impugnatura che, azionati a mano, muovono il nastro.

La costruzione passo passo della casa di Babbo Natale

babbo-natale-lapponia

 

 

Tagliamo tutte le parti  con il seghetto alternativo ed effettuiamo i fori ciechi e passanti sui quattro supporti che reggono i rulli di scorrimento del nastro. La base, i due fianchi che reggono le porte ed il supporto del nastro trasportatore sono in robusto multistrato da 12 mm di spessore; i pezzi sono assemblati con chiodini e colla vinilica. Il fronte della costruzione è provvisto di una serie di finestre dalle quali si vede comodamente l’interno. Lo sfondo ed il tetto sono in compensato da 6 mm.

 

 

decorazioni-babbo-natale

 

 

Per collegare il fondo ai fianchi provvisti di porte possiamo irrobustire l’unione con quattro listelli incollati e avvitati al fondo dalla parte inferiore; foriamo il fondo prima di avvitare.

 

 

 

regali-natale-bambini

 

 

 

Le ante delle porte e le finestre si tagliano, con il cutter e la squadra, dal cartoncino, utilizzando come supporto morbido su cui lavorare un foglio di linoleum.

 

 

fabbrica di babbo natale

 

 

 

Il meccanismo che sostiene e fa avanzare il nastro è formato da una tavoletta di multistrato, sostenuta alle estremità da quattro supporti provvisti di un foro Ø 19 mm; nei fori ruotano i perni, ricavati dalla barra di legno tondo, con l’aiuto di due guarnizioni O-ring che favoriscono l’aderenza del nastro di carta ai rulli.

 

 

decorazione casa di babbo natale

 

 

 

Applichiamo le finestre dalla parte interna, dopo avere dipinto le parti in legno: le pareti in colore rosso, il nastro in colore bronzo.

 

 

fabbrica degli elfi di babbo natale

 

 

 

 

Il tetto è semplicemente posato sulla costruzione, per permetterci di accedere all’interno e posare i piccoli regali sul nastro trasportatore.
Le stelline si trovano già pronte su supporto autoadesivo; oppure  le ritagliamo da carta  stagnola dorata e le applichiamo con adesivo universale.

 

 

 

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Centrotavola in argilla

L’argilla impastata con acqua si utilizza da tempi remoti, prima per ottenere recipienti per cibo e bevande, oggi per lo più per oggetti decorativi come questo centrotavola in argilla: vediamo le fasi da seguire per ottenere un buon risultato

I pani di argilla si trovano in commercio chiusi in sacchetti di plastica, dai quali si preleva la quantità necessaria, la si impasta a mano con acqua, a lungo, fino a ottenere una certa plasticità.
Gli oggetti possono essere ottenuti per semplice manipolazione, per formatura in stampi o per tornitura su piatti girevoli (vasellame): per elaborare questo centrotavola si utilizza la prima tecnica, sagomando uno a uno i vari elementi della composizione e unendoli di volta in volta con la barbottina. Questa non è altro che la stessa argilla miscelata con una quantità d’acqua eccessiva, fino a ottenere una poltiglia che si comporta come una colla, da conservare a parte. Con una prima cottura l’argilla diventa dura come la pietra e si colora con smalti stabilizzabili con una seconda cottura.

tagliare-argilla

 

 

 

Per asportare dal pane d’argilla la quantità di materiale da lavorare si utilizza un filo metallico ritorto alle estremità su due bastoncini (o su due tappi di sughero). Per poter riutilizzare l’argilla già prelevata e avanzata a fine lavoro occorre avvolgerla in uno straccio bagnato onde evitare che si asciughi.

 

 

 

Cosa serve per modellare

utensili-argilla

 

 

Le mirette sono tipici attrezzi da ceramista con il corpo di legno e profili sagomati metallici alle estremità che servono per asportare in modo mirato l’impasto; occorrono poi stecchi per le incisioni, spatole di legno e metalliche, taglierini. A portata di mano spugne, stracci e mattarello, oltre al filo metallico.

 

 

 

Passo passo la realizzazione del centrotavola in argilla

fare strisce di argillabase per centrotavola di argilla

  • Da due pezzi poco più grossi di un pugno modelliamo i cordoni quanto più possibile regolari, utilizzando come base una tavoletta di legno.
  • Intrecciamo più volte i cordoni in modo da formare una specie di “ghirlanda” ; spalmiamo un po’ di barbottina sulle estremità per unirle e rimodellare la chiusura in modo invisibile.

foglie-di-argillalavorazione-foglie

  • Con il mattarello appiattiamo un altro pezzo di argilla, dal quale ritagliamo le foglie per la composizione.
  • Aiutandoci con le mani, facciamo assumere a ciascuna foglia una forma concava e tracciamo le venature.

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  • Valutiamo la disposizione delle foglie sulla ghirlanda, formiamo le sedi nei punti prestabiliti e incolliamole, sempre utilizzando la barbottina.
  • Per la preparazione dei melograni interi basta formare palline di argilla abbastanza regolari: un po’ di pazienza occorre per quelli aperti, in quanto bisogna ricavare un’apertura lavorando di miretta e, all’interno di questa, disporre ordinatamente le palline più piccole che costituiscono i semi.

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  • Completiamo via via la composizione aggiungendo foglie negli interstizi tra un frutto e l’altro: al termine non devono rimanere spazi vuoti. Al centro si nota già la base centrale predisposta per il cero, modellata a forma concava.
    Le superfici destinate a essere lisce vanno levigate in due fasi: durante il processo di essiccazione dell’argila e a essiccazione ultimata, prima della cottura. Si può utilizzare paglietta fine o una spugnetta.
  • Naturalmente, dopo aver sistemato in posizione ogni singolo particolare del centrotavola, bisogna rimodellare di fino la parte attorno a esso ed eliminare le imperfezioni, nonché arricchire il soggetto con le ultime modanature che gli conferiscono un aspetto realistico.

La prima cottura

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In base alla massa dell’oggetto, l’essiccazione può richiedere fino a 2 settimane: durante questo periodo va tenuto in un luogo fresco e asciutto. Lo si pone poi in forno e si procede al preriscaldamento graduale per eliminare l’umidità: la prima ora a 50 °C, la seconda a 100 °C, poi 200 e infine 350 °C. Qui termina l’essiccazione e inizia la cottura vera e propria, lasciando salire la temperatura liberamente fino a 920-950 °C (oltre questo limite gli oggetti possono deformarsi) e mantenendola per circa 10 ore.
La fase finale di raffreddamento richiede altre 10 ore durante le quali il pezzo va lasciato in forno.

 

La seconda cottura

colorazione-argillaseconda-cottura-argilla

  • Dopo la prima cottura si ottiene il “biscotto”:  l’argilla passa dal grigio al bianco e può essere completata dalla colorazione con smalti acrilici.
  • Si porta l’oggetto finito nuovamente in forno, per la cottura che stabilizza lo smalto. In questa seconda fase la cottura può salire più rapidamente fino a circa 600 °C quando lo smalto è ancora liquido, poi lentamente fino al punto di fusione, che può arrivare oltre i 1000 °C, ma varia a seconda del tipo di smalto utilizzato.  Il nostro centrotavola in argilla è pronto!

 centrotavola di argilla

Pavimenti in graniglia di marmo

I pavimenti in graniglia di marmo nascono come evoluzione dei pavimenti alla veneziana, anch’essi composti da frammenti di marmo e cemento, ma decisamente più laboriosi, in quanto realizzati artigianalmente sul posto e seguiti da un lungo periodo di maturazione prima di eseguire levigatura e finitura.

Le formelle vengono invece prodotte sottoforma di mattonelle, pur seguendo anch’esse una tecnica artigianale, ed il pavimento viene composto affiancandole, come per una piastrellatura. I loro bordi sono a spigolo vivo, così da ottenere fughe di appena 1 mm, necessarie per consentire al fugante di penetrare a fondo ed attecchire, ma senza impedire di ottenere un pavimento apparentemente monolitico.

Mipa, collezione Cuba

La nascita delle formelle di graniglia risale alla fine dell’800, si affermano rapidamente, ma il loro declino inizia dopo appena mezzo secolo a favore delle pavimentazioni industriali e, poco più tardi, delle piastrelle ceramiche prodotte su larga scala. L’unicità di queste pavimentazioni ha però suscitato l’interesse di alcune aziende che, a distanza di qualche decennio, hanno recuperato gli stampi delle ditte artigiane dell’epoca, insieme alle tecniche realizzative ed alle ricette degli impasti, ed hanno voluto riproporre le formelle di graniglia applicando i vantaggi forniti dal progresso tecnologico, ma rispettandone l’artigianalità e l’utilizzo di elementi naturali. Ancora oggi, una persona è in grado di produrre quotidianamente non più di 4-4,5 m2 di formelle, dove forme e colori danno vita a rivestimenti di elevata qualità.  Le formelle si ottengono da una miscela di marmi in granuli e polvere, la cui granulometria è decisamente inferiore a quella dei pavimenti alla veneziana ed assicura un’elevata uniformità della superficie. Sono monostrato e colorate in massa, quando vengono estratte dallo stampo risultano bifacciali, la faccia inferiore è soltanto più ruvida ed irregolare; la successiva prelevigatura rende liscia ed uniforme la faccia superiore.

Come nasce il decoro delle graniglie di marmo

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Vengono mescolati a secco marmo in polvere e grani (80% circa) prelavato e depolverato, cemento bianco ad alta resistenza ed ossidi naturali non fotosensibili (per inibire variazioni di colore nel tempo per effetto della luce), in base alla colorazione da raggiungere. Il tutto viene miscelato meccanicamente con aggiunta di acqua tramite mescolatori analoghi a quelli delle industrie farmaceutiche.

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Il miscelato, di consistenza cremosa, viene colato manualmente in speciali stampi di bronzo (o acciaio o leghe metalliche) con elementi divisori; ciascuno spazio viene colmato con la miscela di impasto di un determinato colore, a seconda del modello da realizzare. La scelta dei colori ed il posizionamento degli stessi è a discrezione dell’utente finale, il prodotto è quindi totalmente personalizzabile.

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Riempiti i vari settori, l’impasto viene vibrato per uniformarne la distribuzione, poi il divisore interno viene estratto sollevandolo: la consistenza è sufficiente ad impedire ai colori di mescolarsi.

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Il decoro viene completato e livellato superficialmente con cemento grigio e sabbia che costituiscono il sottofondo. Segue una pressatura lenta ed a pressione elevata per eliminare l’acqua in eccesso e l’aria.

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Terminata questa fase le formelle vengono estratte e inserite in una rastrelliera per essere sottoposte ad una stagionatura della durata di circa 12 ore, tramite immissione di vapore che raggiunge rapidamente gli 80°C e degrada poi lentamente. Il giorno successivo si effettua la levigatura definitiva.

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Immagini © MIPA SRL

Per maggiori informazioni circa i pavimenti in graniglia di marmo potete contattare:
MIPA 
www.mipadesign.it
 (via Cantina n° 325, Casoni di ravarino MO tel. 059818201 email info@mipadesign.it)

Lucernari Velux

Sempre più frequente è il recupero dei sottotetti per trasformarli in spazi abitabili indipendenti o per ampliare volumi già esistenti: è imperativo disporre di aperture che garantiscano illuminazione naturale e ricambio d’aria a questi spazi, i lucernari Velux arrivano in aiuto di questa esigenza.

Su queste finestre ci sono diverse considerazioni da fare: dimensioni, posizione, tipo di apertura, più tanti piccoli, ma fondamentali accorgimenti che, se rispettati, permettono di sfruttarle al meglio. Prima di scegliere una finestra da tetto bisogna osservare la pendenza della falda:  se si effettua l’installazione ad altezza d’uomo, meno il tetto è inclinato più dev’essere alta la finestra, così da poter vedere all’esterno tanto da seduti quanto in posizione eretta.
Questa regola soddisfa la vista, ma non necessariamente l’olfatto. I fumi e gli odori, infatti, tendono a salire verso il colmo del tetto ed il ricambio d’aria potrebbe rivelarsi scarsamente efficiente. In alcuni casi conviene prevedere un’ulteriore finestra nel punto più alto, semplice o doppia: quest’ultima si installa a ridosso del colmo, “a capanna”, e deve obbligatoriamente essere azionabile tramite telecomando.

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Per la larghezza, il limite massimo corrisponde alla distanza tra due puntoni del tetto con i quali, in quanto elementi strutturali, l’apertura non deve interferire. Dovendo installare più finestre per illuminare una singola zona, è meglio sovrapporle che non affiancarle: si risolve l’inconveniente già esaminato e si evita di sacrificare spazio ad un’altezza utile per collocare gli arredi in uno spazio che, lungo il perimetro, di libertà non ne lascia granché.
Come una qualsiasi altra finestra, quella da tetto deve disporre di sistemi oscuranti e filtranti della luce: anzi, la necessità è maggiore, trattandosi di una superficie inclinata e non perpendicolare, molto più esposta alle radiazioni solari. Il sensore di pioggia qui assume un’importanza rilevante, per chiudere immediatamente ed in modo automatico la finestra in caso di precipitazioni. Alcune motorizzazioni possono essere alimentate dall’energia solare captata da un piccolo pannello ed immagazzinata in un accumulatore, così da garantire la movimentazione anche in caso di black-out.                        

Dimensioni

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A parità di superficie vetrata, l’illuminazione è migliore installando più finestre piccole di quanto non sia possibile con una sola grande finestra.

Luminosità
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Un rivestimento attorno alla finestra divaricato verso il basso e verso l’alto permette l’ingresso di una maggiore quantità di luce.

Circolazione

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Un rivestimento inclinato verso l’interno assicura anche una migliore circolazione dell’aria calda, evitando formazioni di condensa.

Sicurezza

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La dimensione della finestra non deve interferire con gli elementi strutturali del tetto, eventuali modifiche alla struttura devono garantire solidità al tetto.  

Estetica

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Le finestre da tetto vanno disposte armonicamente rispetto a quelle di facciata, per non interferire negativamente con l’architettura dell’edificio.

Un’installazione
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Determinata la posizione, evitando di interferire con la struttura principale del tetto, si eliminano le tegole necessarie in base alle dimensioni del telaio.

velux-installazione1I listelli reggitegola vanno tagliati a filo della luce, quindi si fissa il telaio per mezzo di squadrette metalliche o supporti simili.  

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Se il telaio è preassemblato basta controllarne la squadratura prima di fissarlo, altrimenti nel montaggio bisogna verificare la corrispondenza delle diagonali. Ai lati bisogna rimuovere una fila di tegole per disporre la scossalina sotto la copertura ed evitare infiltrazioni; nella parte inferiore, invece, la si fa sormontare le tegole per consentire lo scolo dell’acqua piovana.

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Attorno al telaio completato si dispongono i profili semirigidi, ben raccordati alle tegole, per convogliare le acqua pluvie lateralmente. Anche se le guarnizioni ed i profili garantiscono la tenuta stagna, si possono rifinire le giunzioni più esposte con un silicone elastico, resistente al calore, all’umidità ed ai raggi UV.
Il lavoro si conclude con il montaggio dell’anta.

Impermeabilizzazione terrazze

Tra i sistemi di impermeabilizzazione di terrazze che adottano tecnologie di ultima generazione ce n’è uno che spicca per la facilità e la flessibilità di posa; è specifico per balconi e terrazzi, ma è idoneo anche per  le piscine.

Uno dei punti critici dell’edilizia è riuscire a garantire un’efficace e duratura impermeabilizzazione per terrazze e superfici esterne, specialmente quando queste non sono soltanto aggettanti, ma costituiscono una copertura piana di spazi abitativi. Per risolvere questo inconveniente ci sono vari sistemi, ma Aquaexpert 1 è certamente uno dei più interessanti, in quanto è rapido, semplice e amico dell’ambiente.
Il prodotto chiave di questo sistema è una membrana eco-compatibile che si chiama Nanoflex® ed è un premiscelato in polvere da diluire in acqua che presenta una “reologia variabile”, ossia permette di regolare la fluidità dell’impasto in base alle condizioni, semplicemente variando la quantità di acqua. Questo si traduce già di per sé nella possibilità di avere un impasto lavorabile per un tempo maggiore rispetto a molti altri sistemi. Di fatto, si potrebbe dire che il sistema è costituito dal prodotto stesso, in quanto per realizzare uno strato impermeabilizzante finito e pronto a ricevere il rivestimento occorre aggiungere soltanto lo speciale nastro per sigillare i giunti; la membrana, infatti, non ha bisogno di essere armata per garantire una tenace aderenza al supporto cementizio. La rete d’armatura è necessaria solo per superfici di maggior estensione che prevedono giunti di dilatazione: in questi casi si ricorre al sistema Aquaexpert 2, sempre basato su Nanoflex®.
La struttura di Nanoflex® forma un reticolo di particelle a pori aperti la cui dimensione è, al massimo, 200 volte superiore a quella di una molecola di vapore, perciò assicura un’elevata traspirabilità della membrana ed evita la formazione di pressioni interne determinate dall’umidità residua presente nei sottofondi. Anche in caso di fessurazione del massetto, la membrana mantiene costanti nel tempo la sua flessibilità e la sua coesione, proteggendo il supporto dalle infiltrazioni.
La membrana Nanoflex® è indicata anche per la protezione impermeabile della piscina, in quanto è resistente all’attacco delle acque clorate.

sistema-impermeabilizzante

Si inizia con la preparazione del sottofondo (1) verificandone planarità, consistenza, assenza di umidità, per passare all’impermeabilizzazione del giunto parete-pavimento (2) e del sottofondo (3). Segue la posa del pavimento (4) completa di stuccatura e sigillatura, quindi l’impermeabilizzazione degli angoli interno (5) ed esterno (6), poi del giunto sotto la soglia (7). Il prodotto Nanoflex® va sempre utilizzato in abbinamento con il nastro di polipropilene non tessuto AquaStop 70 applicato a tutti i giunti perimetrali, tranne nel caso che il giunto parete-pavimento presenti un risvolto di guaina bituminosa (8): in questa situazione è previsto l’impiego del nastro adesivo in butile AquaStop BT.
Kerakoll

Impermeabilizzazione del sottofondo

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Stesa una striscia di 10 cm a ridosso delle pareti, si applica il nastro seguendo il giunto ed esercitando una forte pressione.

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Un massetto leggermente inumidito favorisce l’adesione di Nanoflex®, che va applicato con manara liscia a spessori di 1-2 mm, lo spessore realizzato dipende dalla finitura superficiale e dalla planarità del sottofondo. Durante l’applicazione della prima mano si ricopre la porzione orizzontale del nastro per giunti fissato in precedenza.

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A prodotto indurito si applica la seconda mano con uno spessore uniforme di circa 2-3 mm. In questa fase si ricopre la parte verticale del nastro per giunti.

Posa del pavimento

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Trascorse 24 ore dalla seconda mano si può iniziare la posa del pavimento utilizzando un collante compatibile con lo strato impermeabilizzante, a giunto aperto e con fughe di 3-5 mm a seconda del formato delle piastrelle.

Posa-pavimento2

Occorre prevedere un giunto elastico di almeno 5 mm tra pavimento e parete.
La superficie da pavimentare dev’essere continua e non superiore a 15 mq (max 4 metri lineari). Il battiscopa va posato sollevato rispetto al pavimento, in modo che risulti incollato solo a parete.
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La stuccatura delle fughe va eseguita evitando di riempire i giunti elastici.  I giunti elastici vanno sigillati con prodotti siliconici adatti alla situazione.

Cos’è il nanoflex?

NANOFLEX

E’ un prodotto premiscelato la cui struttura chimica gli conferisce alta resistenza all’acqua e affinità elevata alla matrice cementizia, da miscelare con acqua per ottenere la migliore lavorabilità. Il prodotto è calibrato per superare i movimenti dei sottofondi e garantire la massima adesione, contiene il 30% di materie prime riciclate ed è certificato anche per il contatto con acqua potabile, idoneo per impermeabilizzare cisterne. Ha una resa superiore del 30% rispetto ai prodotti impermeabilizzanti bicomponente.

Gres porcellanato effetto pietra

Solo un paio di decenni fa non era neppure pensabile imitare così fedelmente un rivestimento di elevato pregio utilizzando un materiale che, seppur robusto ed affidabile, ha un’identità completamente diversa e viene prodotto industrialmente è il Gres porcellanato effetto pietra.

E’ grazie alla tecnologia digitale che si è potuti intervenire sull’aspetto dei materiali e fondere praticità, bellezza e robustezza: pietre originali e preziose destinate ad uso esclusivo di palazzi signorili ora possono entrare anche nelle nostre case, in fedeli riproduzioni meno costose e più facili da gestire.    

Bisogna fare attenzione a non lasciarsi trascinare con eccessivo entusiasmo dal fascino di questi materiali: ogni riproduzione, pietra o marmo che sia, pone comunque vincoli estetici al pari dell’originale. Le sfumature dell’alabastro, per esempio, si apprezzano maggiormente nei grandi formati perché sono proprio le venature a disegnare una sorta di percorso sulle superfici,quindi richiedono grandi ambienti ed un arredo sobrio e minimalista, sarebbe una vera follia desiderare un pavimento di questo tipo e nasconderlo con mobili e tappeti.

Le imitazioni possibili, comunque, non riguardano solo le pietre preziose e i marmi, caratterizzate da finiture lucide, ma anche cotto, graniti, ardesie ed altre pietre che possono essere indicate per ambienti rustici. La cosiddetta “ceramica tecnica” non conosce limiti.

Sfumature di alabastro

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Grès porcellanato colorato in massa ad effetto alabastro in 7 essenze più un bianco ottico, disponibile con finitura lucida o naturale nei formati 80×180 – 60×120 – 80×80 cm; la gamma si completa con piastrelle a mosaico 30×30 cm, anche in versione 3D, battiscopa ed elementi per gradini. Florim Ceramiche – Rex

Superfici High Tech

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Quello che la natura realizza nel corso di millenni viene ora portato a termine in poche ore grazie a processi tecnologici brevettati. Niente più estrazione e lavorazione dei blocchi di marmo, le splendide sfumature vengono riprodotte su lastre di grandi formati che ne imitano l’aspetto alla perfezione; inoltre il grès porcellanato non ha la porosità del marmo, bensì risulta molto compatto e con un assorbimento quasi nullo.  
Grazie alla tecnologia moderna è possibile riprodurre fedelmente anche marmi che possono considerarsi esauriti in natura da tempo: si parte da materie prime selezionate e minerali miscelati e pressati con elevata potenza, poi tutto viene sottoposto ad altissime temperature. Nascono così prodotti come le collezioni Marmi High-Tech, che sfociano nel grande formato 150×75 cm della gamma Innovative Slabs. Ariostea

gres-pavimentoPer il loro aspetto straordinariamente realistico, queste lastre vengono utilizzate anche negli edifici storici importanti e ad alta frequentazione, dove le qualità del grès porcellanato garantiscono robustezza e maggior facilità di manutenzione. Qui siamo a Palais Garnier, sede dell’Opéra di Parigi, tutelato dal Ministero della Cultura francese, dove è sono state utilizzate lastre rosso alicante.

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Nelle foto piccole è evidenziata la differenza tra la corrispondente lastra di marmo di cava e l’imitazione di grès porcellanato, qui nella versione Nero Marquinia Extra. Lo spessore scende a 9 mm, le lastre sono rettificate e squadrate, superficialmente possono essere levigate e lucidate oppure soltanto prelevigate.

 

Pucciplast

Pucciplast

È diventata grande mantenendo intatti lo spirito intraprendente, la passione per il lavoro e per l’innovazione che erano le caratteristiche del suo fondatore, Dorino Marabese.

Ha fatto tante esperienze, in Italia e in giro per il mondo, e da ognuna ha saputo ricavare nuovi stimoli e conoscenze, fondamentali per la sua crescita.

Pur muovendosi in un mercato fortemente competitivo, ha conservato una profonda fiducia nell’etica del lavoro, nell’importanza delle buone idee e nelle persone che le portano avanti con determinazione e coraggio.

Da sempre curiosa e versatile, oggi è ancora più aperta al nuovo che avanza, alle tecnologie veramente utili e ai metodi più innovativi, alle intuizioni e alle consuetudini che hanno cambiato il modo di vivere la quotidianità, soprattutto nella stanza da bagno, che è diventata il luogo della cura di sé.

Pucci si dimostra sempre attenta e sensibile alle esigenze degli altri, di tutti gli altri: gli utenti e i collaboratori, i dipendenti e i professionisti. Con questo “stile” si è guadagnata il consenso degli addetti ai lavori e del grande pubblico, diventando un marchio di qualità e di fiducia.

Pucci è capace di grandi prestazioni ma dedica un’attenzione particolare anche ai più piccoli dettagli. 

Nella sua lunga storia ha già raggiunto risultati importanti, ma ha ancora la voglia di migliorare e progredire, di creare prodotti utili, funzionali e di qualità per il nuovo bagno, al servizio della gente, dei suoi desideri e delle sue necessità.

Sempre orgogliosa delle sue radici, Pucci vive il presente in modo consapevole, mantenendo uno sguardo lucido verso il futuro, con spirito positivo e ottimismo.

Concreta e determinata, innovativa e propositiva, aggiornata e dinamica, sempre fedele ai propri principi ma sempre in continua evoluzione…

Pucci produce cassette al 100% italiane, dalla progettazione alla realizzazione di ogni singolo componente. Secondo l’azienda piemontese, produrre in Italia rappresenta una garanzia in fatto di controllo qualità, disponibilità dei ricambi, servizio alla clientela, soddisfazione delle esigenze del pubblico, rispetto delle norme ambientali e dell’etica del lavoro.

Come isolare con i pannelli ISOTEC PARETE

Riqualificare un’abitazione dal punto di vista energetico è oggi ancora più semplice e rapido, grazie al sistema Isotec Parete: basta fissare i pannelli alla muratura portante ed applicare il rivestimento di facciata, con una drastica riduzione dei tempi di cantiere e dei conseguenti disagi e costi.

Isotec Parete è un pannello composto da un corpo centrale di poliuretano espanso rigido ed autoestinguente, attualmente tra i migliori isolanti termici esistenti. È disponibile negli spessori 60-80-100-120 mm, ed ha grandi dimensioni per accelerare la posa ed ottenere la necessaria continuità dell’isolamento, assicurata anche dai profili battentati con incastri a coda di rondine. È ricoperto da una lamina di alluminio goffrato che lo rende impermeabile ed è reso portante da un correntino d’acciaio preforato, che garantisce la ventilazione tra rivestimento di facciata e muratura portante, ma funziona anche come supporto per qualsiasi rivestimento esterno, di tipo leggero o pesante.

Oltre all’efficace isolamento termico, è lo strato di ventilazione interna che esalta le qualità del sistema Isotec Parete: questa camera d’aria, il cui spessore va dimensionato in funzione dell’altezza della parete, per differenza tra la temperatura esterna e quella al suo interno, genera un effetto camino, ovvero un flusso continuo di aria dal basso verso l’alto che migliora la termoregolazione dell’edificio. Il rivestimento di alluminio dei pannelli protegge dalle infiltrazioni accidentali dovute alla pioggia battente, assicurando l’espulsione dell’acqua attraverso l’intercapedine.

Il risparmio sulle spese da sostenere per il riscaldamento e il raffrescamento degli ambienti si apprezza da subito, tanto nelle nuove costruzioni quanto nelle ristrutturazioni di edifici esistenti. Infatti, l’accoppiamento tra lo strato isolante e quello di ventilazione limita notevolmente gli scambi termici tra interno ed esterno e, di conseguenza, favorisce la riduzione dell’apporto energetico necessario per la climatizzazione interna nelle diverse stagioni dell’anno.

Un’esperienza acquisita in oltre 25 anni di attività nel campo dell’isolamento ha permesso di raggiungere una tale costanza nella qualità del prodotto da poter garantire il sistema Isotec Parete per 10 anni.

POSA RAPIDA COMPLETAMENTE A SECCO

  1. Il fissaggio dei pannelli alla muratura avviene con l’inserimento di tasselli e viti che attraversano i correntini metallici. Le eventuali imperfezioni delle pareti vengono automaticamente corrette dalla posa dei pannelli.
  2. La battentatura ad incastro favorisce il perfetto affiancamento dei pannelli. Le linee di giunzione si rivestono con la speciale guaina adesiva d’alluminio in rotoli.
  3. Le grandi dimensioni dei pannelli Isotec Parete (2400 mm di lunghezza e fino a 730 mm di altezza) minimizzano le giunzioni, annullando la possibilità di ponti termici. Le file di pannelli vanno preferibilmente sfalsate.
  4. In questo caso il rivestimento esterno è in lastre di grès.

UN SISTEMA ADATTO A QUALSIASI RIVESTIMENTO

Il sistema Isotec Parete può essere utilizzato indipendentemente dal peso del rivestimento previsto per la facciata, quello che cambia è soltanto il sistema di fissaggio a seconda del carico applicato. Nel caso di carichi moderati come pannelli di legno o lastre di cemento intonacate  il rivestimento viene fissato al correntino tramite viti; quando invece si tratta di carichi consistenti, come le tavelle di cotto, lastre di grès o lastre di fibrocemento, il rivestimento viene ancorato tramite staffe reggilastra che si agganciano al profilo metallico.
In entrambi i casi, i pannelli vengono fissati alla struttura portante del muro con tasselli ad espansione e viti d’ancoraggio che attraversano il correntino d’acciaio; il tipo ed il numero dei fissaggi dipendono dalla natura della struttura portante e dal peso del successivo rivestimento.
Il sistema Isotec Parete si adatta alle più svariate tipologie di rivestimento, sia nelle nuove costruzioni che nelle ristrutturazioni: lastre di pietra, listoni di legno (1), pannelli di cemento, lastre di grès (2), lastre di HPL, tavelle di cotto (3), lastre d’acciaio, lastre di fibrocemento (4), lastre di vetroresina.

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Risparmio economico, sostenibilità e “buone pratiche”

Le buone pratiche rappresentano l’applicazione delle teorie orientate alla sostenibilità. Sono tutte le azioni ed i progetti che hanno come obiettivo la salvaguardia dell’ambiente e delle sue risorse, e sono in grado di rispondere alle necessità del presente

Sostenibilità significa anche ridurre i consumi energetici per contenere le emissioni inquinanti; nonostante sia necessario un investimento iniziale, questo si traduce, nel tempo, in un risparmio economico sulle bollette e nella salvaguardia dell’ambiente.

strutture aggettanti sostenibiltà
Le strutture aggettanti (terrazzi) possano essere concepite per bloccare le radiazioni solari estive, più dirette, e lasciar passare quelle invernali, più incidenti. Alberi e specchi d’acqua contribuiscono a mitigare l’aria.

Le buone pratiche riguardano sia chi si appresta a costruire una nuova casa, sia chi decide di intervenire con una ristrutturazione, ma interessano tutti in vista di un cambiamento necessario nello stile di vita quotidiano, una sorta di ecologia domestica per mantenere o migliorare la qualità di vita, potendo agire sulle quantità di energia che si consumano.
Dato che finalmente anche in Italia l’innovazione nel campo edilizio e la tradizione architettonica offrono molte soluzioni di sostenibilità, occorre orientarsi sulle possibilità concrete a partire dalle differenti situazioni abitative.

Certamente, costruire una casa singola che non consuma energia, completamente autonoma e autosufficiente, è il coronamento di tutte le buone pratiche… ma non è per tutti.
Cosa fare se si abita in un appartamento che fa parte di un condominio in città e non si ha un tetto per metterci i pannelli solari, o un terreno per usare la geotermia?
Se in un palazzo d’epoca la facciata non permette il ricorso al cappotto esterno, si può considerare che fino alla ricostruzione del dopoguerra, ossia fino agli anni ’40, le costruzioni venivano fatte con solide murature, e si può intervenire dall’interno, integrando il grado di isolamento, oppure si può agire sugli infissi sostituendo i vetri delle finestre con vetrocamere, o si può agire sull’efficienza degli impianti.

Proviamo quindi ad individuare le soluzioni che si adattano ad ognuno, partendo dal top, dalla casistica più ampia, fino a trovare anche piccoli accorgimenti che aiutano a concretizzare una nuova consapevolezza ambientale, nella scelta di materiali per arredi e finiture, o dispositivi tecnici per la riduzione dei consumi.

Il top: costruire ex novo un’abitazione a contatto con la natura

Questa situazione ideale di sostenibilità consentirebbe di:

  • studiare l’orientamento giusto rispetto al ciclo solare diurno e annuale;
  • scegliere la posizione ottimale rispetto all’andamento del terreno ed alle condizioni climatiche prevalenti.

Queste sono le condizioni alla base di una corretta progettazione bioclimatica che consenta di applicare le tecniche di produzione di energia da fonti rinnovabili.
Su questi principi sono nate le tecnologie applicate alle case passive, con un altissimo grado di isolamento termico delle pareti perimetrali opache e trasparenti, nonché delle coperture; ciò consente di minimizzare il fabbisogno di energia (per riscaldare, raffrescare e illuminare) di tutti gli impianti che possono essere alimentati da fonti rinnovabili (sole, vento, acqua) ricorrendo a sistemi solari termici, fotovoltaici e geotermici.
L’ottimizzazione dell’impianto si ottiene con un sistema a pannelli radianti a pavimento.
Per il raffrescamento estivo e per migliorare la circolazione dell’aria, l’architettura bioclimatica si sta orientando sul recupero dalla tradizione di sistemi di ventilazione naturale attraverso torri di ventilazione che richiamano i camini del vento delle architetture mediterranee e mediorientali.
Per avere il massimo della biocompatibilità data da un prodotto naturale come il legno, prodotto da foreste nazionali con programma di riforestazione, ci sono i nuovi sistemi di costruzione con tecnologia interamente basata su legname: strutture portanti e pareti in pannelli con incorporati spessori di isolamento termico in fibra di legno.
Questa nuova tecnologia consente di realizzare non solo baite o simili, ma bellissime case anche plurifamiliari in tempi ridotti, avendo a monte una progettazione che ottimizza il calcolo degli spessori e dei rendimenti energetici di tutta l’abitazione, oltre ad ottenere caratteristiche antisismiche.
Ma visto che il suolo non è una risorsa illimitata e non si può espandere l’abitato sul territorio oltre i limiti peraltro già superati dall’invadente cementificazione, è bene operare una politica di recupero dell’esistente.

Ristrutturazioni integrali

Anche chi abita in una villetta o una palazzina può fare molte cose, se ha a disposizione:

  • una copertura per produrre energia termica ed elettrica con sistemi ad energia solare, anche integrando l’impianto nel manto tradizionale di laterizio con tegole fotovoltaiche;
  • un terreno per sfruttare la geotermia, o per realizzare un impianto di raccolta delle acque piovane e, se necessario, chiudere addirittura il ciclo con un impianto di fitodepurazione. Si possono così riutilizzare le acque e risparmiare sull’irrigazione e su tutti gli usi in cui non occorre acqua potabile, come per lo scarico del wc o per lavare la macchina e le aree esterne pavimentate;
  • un giardino per sfruttare la mitigazione climatica della vegetazione in cui inserire alberi a foglia caduca, per ombreggiare in estate i lati della casa in cui è più forte la radiazione solare e permettere in inverno ai raggi del sole di entrare attraverso le superfici vetrate sfruttando l’apporto gratuito di energia termica dato dall’effetto serra. I sempreverdi possono invece proteggere la casa dai venti sul lato settentrionale ed attenuare il rumore proveniente dalla strada.

recupero acqua piovana e sostenibilità
In una casa in fase di costruzione, predisporre gli impianti per l’utilizzo dell’acqua piovana raccolta in una cisterna permette di alimentare lo sciacquone del WC, la lavatrice, la lavastoviglie e la caldaia: la durezza dell’acqua piovana è inferiore del 30% rispetto a quella di rete. Inoltre, la si può utilizzare anche per lavare l’auto e per l’irrigazione, unica possibilità, ma non trascurabile, applicabile anche alle abitazioni già esistenti.

Ma il punto fondamentale, ancor prima di produrre energia e parlare di efficienza degli impianti, è conservarla e risparmiarla attraverso tutto ciò che aumenta l’efficacia dell’involucro, ossia: l’isolamento termico. Col sistema detto a cappotto si realizza una coibentazione esterna dei muri perimetrali, aggiungendo gli spessori adeguati di materiale isolante alle pareti e completando il lavoro con la tipologia di finitura adeguata al contesto, tipo intonaco da tinteggiare, oppure con rivestimenti in pannelli che possono essere di legno, di materiale lapideo o di laterizio. L’aumento di spessore delle pareti comporta una variazione alle dimensioni del perimetro dell’edificio e di conseguenza alla sua sagoma, ma fortunatamente la necessità di adeguare i parametri edilizi ai fini del contenimento energetico ha portato alla modifica di molti regolamenti edilizi locali, per cui detto aumento non viene conteggiato come aumento volumetrico.
Se la normativa lo consente, e se c’è la possibilità di usufruire di incentivi per integrare l’investimento, si può prendere in considerazione un tipo di facciata che si basa sul principio della parete ventilata. Questo sistema sfrutta il moto convettivo dell’aria che circola nell’intercapedine fra parete solida coibentata e rivestimento esterno per migliorare la prestazione climatica nel periodo estivo.
Raggiunte le condizioni migliori di isolamento dell’involucro si può passare all’ottimizzazione degli impianti e alla scelta del tipo più idoneo di generatore di calore.

condominio passivo

Interventi per il CONDOMINIO

In città, proprio dove si concentrano le emissioni che alterano il microclima e che peggiorano la qualità dell’aria, prevalgono le abitazioni condominiali e spesso ciò ostacola l’applicazione delle buone pratiche per la complessità delle decisioni da prendere, soprattutto per la ripartizione delle spese ma, una volta trovato l’accordo, un condominio può deliberare su vari fattori:

  • installare sulla copertura un impianto fotovoltaico per integrare il fabbisogno di energia elettrica delle parti comuni (ascensore, illuminazione, autoclavi, ecc);
  • realizzare l’isolamento esterno a cappotto se le caratteristiche della facciata lo permettono;
  • rendere più efficiente il generatore di calore sostituendo l’esistente con un tipo di nuova generazione (a condensazione) e installare un sistema di contabilizzazione dei consumi per i singoli appartamenti;
  • realizzare un impianto di recupero delle acque dai pluviali per l’irrigazione del verde condominiale;
  • coordinare il rifacimento degli infissi e delle schermature esterne (almeno il tipo e il colore dei tendaggi);
  • rendere più confortevoli ed ordinate le aree comuni anche con l’eliminazione di barriere architettoniche;
  • minimizzare l’impatto visivo dei contenitori per la raccolta differenziata e controllarne lo stato di igiene con manutenzioni adeguate;
  • regolare i temporizzatori dell’illuminazione delle parti comuni interne ed esterne in base alle effettive necessità ed installare lampade a basso consumo o a led.

In alcune città, i gestori di energia svolgono anche attività di consulenza sui fabbisogni energetici e sono in grado di quantificare un bilancio costi/benefici delle opere di miglioramento da sottoporre ai condomini, laddove fossero presenti anche incentivi o riduzioni fiscali.
Un insieme sistematico di opere, necessariamente condominiali, può migliorare effettivamente la classe dell’edificio, come risulterebbe dall’analisi dei parametri necessari per la sua certificazione basati sul calcolo delle prestazioni dell’involucro e del sistema di impianti.
Se l’edificio risale la classifica, passando per esempio dalla classe G alla classe B, se non addirittura in classe A, si ottiene un aumento del valore immobiliare, oltre al beneficio nel tempo di ridurre le spese generali e di ogni singolo nucleo!

Interventi per  L’APPARTAMENTO

Se siamo in una situazione in cui il condominio non è in grado di accordarsi, o comunque si è costretti a far da sé, alcune soluzioni possono essere prese in considerazione.

  • Isolamento dall’interno

è possibile applicare in corrispondenza delle pareti perimetrali pannelli di materiale isolante che possono essere intonacati o rivestiti secondo lo stile dell’abitazione, magari integrando il rivestimento con l’arredo.
Gli spessori devono essere calcolati in base all’efficacia e il materiale deve avere una composizione tale da non favorire la formazione di muffe da condensa.
La riduzione di superficie interna verrebbe compensata sia dal risparmio in bolletta che da un certo aumento di valore immobiliare che si otterrebbe in caso di certificazione dell’intervento effettuato.
In alcuni casi, nelle abitazioni realizzate intorno agli anni ’70, l’intercapedine d’aria fra muratura esterna ed interna può essere sfruttata per l’inserimento di materiale isolante a base di cellulosa con la tecnica dell’insufflaggio.

  • Diminuzione del volume d’aria da riscaldare

Si possono realizzare controsoffittature in alcuni vani come corridoi, bagni, ripostigli e zone cucina, diminuendone l’altezza interna fino ai valori consentiti dalla normativa (2,40 e 2,70 metri per camere e vani soggiorno).
I controsoffitti di cartongesso sono facili da realizzare, di prezzo accessibile, e spesso migliorano l’aspetto della casa sia perché riproporzionano gli ambienti, sia perché con faretti incassati o colori diversi la rendono più attuale.

  • Migliorare la tenuta degli infissi

Nell’involucro edilizio le zone finestrate sono quelle critiche per le fughe di calore in inverno.
Per questa ragione il vetro è fra i materiali in cui l’innovazione ha fatto passi da gigante nelle prestazioni.
Dalla vetrocamera ai vetri basso emissivi con intercapedini a gas argon, fino a quelli con ossidi metallici in grado di mitigare in estate l’effetto serra, i pannelli vetrati e gli infissi sono arrivati ad avere un grado di trasmittanza (u) vicino ai valori delle superfici opache (murarie).
In caso di sostituzione degli infissi il costo è compensato dagli incentivi e dalla loro prestazione in termini di abbattimento dei consumi.
Senza arrivare ad avere una casa troppo sigillata, gli infissi devono avere una buona tenuta, si deve fare attenzione quando si collocano i telai che non si formino ponti termici ed isolare anche i cassonetti degli avvolgibili.

  • Rendere più efficienti gli impianti

Se l’impianto è autonomo, è conveniente sostituire la caldaia con un tipo a condensazione che sfrutta il recupero del calore dei fumi in uscita, ottenendo un rendimento che arriva a essere maggiore anche del 20%.
Dato che l’impianto può lavorare a temperature più basse (40 °C dell’acqua rispetto ai 65 °C dei sistemi tradizionali), conviene aumentare la superficie radiante: l’optimum sarebbe abbinarla ad un sistema di pannelli radianti a pavimento che danno un ottimo comfort, ma nel caso più semplice si possono aumentare gli elementi dei radiatori in base al calcolo del fabbisogno che si rende necessario per legge.

  • Regolare le temperature

In base alle dimensioni, al numero dei vani ed all’esposizione delle pareti esterne, si può intervenire sulla variazione delle temperature all’interno del singolo alloggio attraverso dispositivi che aiutano a ridurre i consumi: oltre al termostato ambiente, le valvole termostatiche applicate ai radiatori permettono di regolare la temperatura di ogni singolo vano in base all’uso effettivo ed alle abitudini soggettive.
Se si pensa che ogni grado in più rispetto ai 20 °C comporta un maggior consumo del 6%, una temperatura interna in inverno di 24 °C fa aumentare di un quarto la spesa che, per un appartamento di 100 mq di un alloggio in classe G (80% degli edifici esistenti), si attesta mediamente intorno ai 1500 euro/annui.

  • Chiudere i rubinetti e spegnere le luci

Senza imporsi un regime punitivo, conviene rivedere alcune abitudini per eliminare gli sprechi.
Per esempio, quando ci si lavano i denti è inutile lasciar scorrere l’acqua dal rubinetto per riversarla direttamente nello scarico, si sprecano circa 18 litri di acqua in due minuti, che moltiplicati per 365 giorni fanno 6570 litri l’anno, più di 6 tonnellate e mezzo di acqua.
Tradurre anche piccoli consumi in numeri fa sempre un certo effetto: se consideriamo che si consumano circa 220 litri di acqua potabile al giorno per persona, di cui circa 50 finiscono nel WC, si può cominciare a pensare che anche piccoli gesti contribuiscono al risparmio collettivo di risorse e di emissioni che vanno a inquinare aria, acqua e suolo.

Si possono usare alcuni dispositivi che migliorano le prestazioni e la sostenibilità senza comprometterne la qualità:

  • i riduttori di flusso per rubinetti e docce consentono un risparmio dal 40 al 60% miscelando aria nel flusso per avere un bel getto alla giusta pressione;
  • con un impianto di addolcimento dell’acqua si migliorano la resa e la durata di lavatrici e lavastoviglie, e si può ridurre la quantità di detersivo;
  • in classe A, lavatrici e lavastoviglie consentono lavaggi efficaci a basse temperature e tutti gli altri elettrodomestici (frigo, climatizzatori, computer) consumano meno energia elettrica;
  • usando le prese multiple con interruttore si possono collegare TV, lettori, stereo, PC e tutti gli apparecchi che in stand by consumano anche se sono spenti, per attivarli solo in caso di uso effettivo;
  • gli apparecchi illuminanti sono in continua evoluzione: oltre a sostituire le lampadine con quelle prive di componenti a mercurio, l’illuminazione a led in alcune situazioni offre scenari luminosi suggestivi che variano per intensità e colore, specialmente se disposti secondo un “lighting design” che individua zone della casa differenziate in base a ciò che vi si svolge: studio, relax, corridoi, guardaroba…

Una rappresentazione intuitiva per capire il significato delle classi energetiche: la dimensione di ogni casa esprime il fabbisogno energetico, con i colori che virano dalla tonalità fredda del “verde ecologico” a quella calda “rosso infernale” tipico delle dispersioni termiche
Una rappresentazione intuitiva per capire il significato delle classi energetiche: la dimensione di ogni casa esprime il fabbisogno energetico, con i colori che virano dalla tonalità fredda del “verde ecologico” a quella calda “rosso infernale” tipico delle dispersioni termiche

Articolo a cura dell’Architetto Elena Ciappi