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Consolle lamellare

Bricolage impegnativo, ma possibile

Tre gambe autocostruite con tondino e piattina di ferro sorreggono un piano semicircolare, la consolle fai da te in lamellare ha una linea essenziale, ma arreda con stile locali sia classici sia rustici, rendendosi utile ovunque.

Nell’ingresso, completata con poche suppellettili, dà un ottimo benvenuto e offre una pratica superficie d’appoggio per chiavi, borsette, guanti. In camera o in soggiorno funge da scrittoio.
In sala, accoppiata in due pezzi uguali, può offrire posto a tavola fino a sei commensali.
La costruzione fai da te della consolle lamellare prevede la preparazione del piano di lamellare, la lavorazione delle gambe di ferro (che può essere affidata ad un fabbro), la finitura di ambo le parti, il montaggio.
Si traccia il profilo curvo, si taglia con il seghetto alternativo, si rettifica e stonda il bordo, si tagliano due traverse con un’estremità fuori squadra e si fissano sotto la faccia inferiore in modo da rinforzare ulteriormente il già robusto lamellare.
Si preparano le gambe saldando, per ciascuna, tre pezzi di tondino ad un piede e ad una piastra d’ancoraggio, disponendoli lievemente a raggiera verso l’alto.
Rifinite le superfici (con prodotti trasparenti quelle di legno, coprenti quelle di ferro), si marcano le posizioni delle piastre seguendo il profilo curvo e si avvitano i pezzi. 

COSTRUZIONE FAI DA TE DELLA GAMBA DI FERRO

SALDATURA GAMBA DI FERRO

  1. La sagoma della piastra da fissare al legno va disegnata su di un foglio quadrettato con gli angoli arrotondati, ritagliata e riportata sulla lamiera. La larghezza massima è di 130 mm, l’altezza di 80 mm. Tenendo la lamiera ferma tra due supporti di legno fissati al banco, si taglia lungo la tracciatura con il seghetto alternativo; le sbavature e gli spigoli si eliminano con la mola da banco e con una lima. 
  2. Con un bulino si segnano i punti dove praticare i fori per il fissaggio al legno.La lamiera va tenuta ferma durante la foratura ed i fori vanno svasati per incassare le teste delle viti.
  3. La piastra va appoggiata ad una tavoletta di legno e le barre laterali, durante la saldatura, sono tenute ferme con chiodi ai lati, mentre un tacco fa da distanziale per la barra frontale.  
  4. Con lo stesso sistema, unendo e pareggiando i tondini, si salda la rondella che funge da piede. Un disco di gomma ottimizza l’appoggio.

MONTIAMO LE GAMBE DI METALLO

MONTIAMO LE GAMBE DI FERRO

  1. L’accoppiamento di metallo e legno si ottiene con viti che oltrepassano il primo restandoci bloccate con lo slargo della testa e vanno a far presa con il filetto nel secondo. Per metterle occorre quindi aprire una serie di fori, con punte adatte ai due materiali e al diametro delle viti. Inoltre, per non lasciare sporgenze, occorre svasare i fori delle piastre con una punta per ferro. Chi impugna e guida saldamente il trapano può effettuare l’operazione a mano libera, appoggiandosi preferibilmente sul banco, frapponendo tra le superfici un piano o un elemento antisdrucciolevole.
  2. Affinché ciascuna gamba presenti verso l’esterno della consolle lamellare uno dei tre tondini di cui è costituita, e precisamente quello un po’ più isolato dei tre, che sta al vertice del triangolo isoscele, le piastre vanno fissate disponendone il lato maggiore parallelo alla tangente che sfiora il bordo in quel punto. In pratica, per trovare la posizione giusta o si fa a occhio (basta un po’ di sensibilità geometrica per riuscirci), oppure ci si aiuta con una falsa squadra  rilevando l’angolazione corrispondente alla corda che taglia quel pezzo di curva.
  3. Infine si segnano i punti per i fori d’avvitatura  e, completata la finitura delle superfici, si uniscono i pezzi. Un bricolage un po´ impegnativo, ma che con pazienza diventa possibile.

UTENSILI
Punzoni, seghetto alternativo, saldatrice, avvitatore, bulino, smerigliatrice, spazzola, lima

Ripiani con cavi d'acciaio

Struttura quasi trasparente che diventa un moderno ed elegante divisorio fai da te

Abituati come siamo a pareti verticali e soffitti orizzontali, ci troviamo spiazzati quando arrediamo una mansarda con i suoi soffitti inclinati.
Un’intelligente scaffalatura, leggera ed essenziale, con lavoro bricolage, si realizza posizionando cavi d’acciaio con tiranti, placchette a muro e pulegge: fissati a pavimento e a soffitto e ben tesi sono in grado di accogliere diversi ripiani che si appoggiano su blocchetti regolabili a vite.
Una versione più semplice consiste nel fissare a soffitto e pavimento una sola coppia di cavi e collegare a questi dei ripiani che si appoggiano alla parete su apposite mensoline sagomate, fissate a muro con tasselli a espansione.

FORARE E POSIZIONARE

  1. Foriamo la parete inclinata del soffitto, fissiamo la placchetta collegata al cavo d’acciaio con viti autofilettanti o con tasselli, colleghiamo il giunto regolabile.
  2. Fissiamo alla parete inclinata (con tasselli a espansione) un blocchetto di legno sagomato e avvitiamo ad esso il piano in legno della scaffalatura.
  3. I ripiani più bassi si appoggiano (e si bloccano per avvitatura) su listelli fissati a muro con tasselli.
  4. Il saldo collegamento e il sostegno dei ripiani di legno sui cavi d’acciaio è assicurato da morsetti cilindrici regolabili. Gli elementi di fissaggio dei cavi si posizionano forando il soffitto e stringendoli con viti a brugola.

Il bricolage e la tornitura trasversale

Tornitura di testa o trasversale

Per estendere il bricolage all’arte della tornitura con risultati soddisfacenti non servono sforzo e fatica, basta accompagnare l’utensile contro il pezzo fatto girare dal motore.
La tornitura di testa, o trasversale, serve per ottenere pezzi larghi come piatti e vassoi, o recipienti concavi come mortai, bicchieri, barattoli con e senza coperchio, zuppiere e portafrutta. Conviene affrontare questa tecnica solo dopo aver preso bene la mano nella tornitura fra le punte ed aver maturato la sensibilità manuale che ci dice, senza ulteriore controllo, di aver ottenuto superfici perfettamente regolari. In questo caso la principale difficoltà sta nel fatto che la velocità del pezzo varia dal centro, praticamente fermo, alla periferia, che in un pezzo di grande diametro può raggiungere valori tali da arroventare i ferri. Il diametro dei pezzi lavorabili con torni per il fai da te dipende dalla distanza fra le punte di centraggio e la base, ma ci sono anche torni (professionali) in cui è possibile girare di 90° la testa motrice e lavorare frontalmente pezzi anche di un metro e più di diametro.

USARE IL PLATORELLO

  1.  Accessorio presente in tutti i torni, il platorello ha sempre un attacco per la testa motrice e fori che permettono di avvitarvi direttamente il pezzo da tornire, o uno scarto cui fissarvelo con del nastro biadesivo.
  2. Il problema dei fori non importa quando si lavora l’esterno di una coppa perché la parte bucata viene poi eliminata.

PRIMA DI TUTTO SGROSSARE

Il grezzo dev’essere spesso almeno 20 mm più dell’oggetto finito.
Lo fissiamo fra le punte e con bedano e scalpello tenuti fermi sul ventaglio ne facciamo un disco di cui poi arrotondiamo progressivamente, con la sgorbia, lo spigolo fino a dargli una forma a cupola, più o meno vicina a quella dell’oggetto che intendiamo realizzare.
Se il nostro tornio non ha il mandrino dobbiamo lasciare sporgere dal fondo un codolo.

LAVORO DI FINO ALL´ESTERNO

  1. In questa fase il grezzo è trascinato dalla punta a forchetta o dalla coda di porco inserite nel legno che va asportato nella lavorazione successiva. Nella foto la tornitura della pancia ed è ancora presente il codolo d’appoggio della contropunta.
  2. Allontanato il carrello della contropunta, spostiamo il ventaglio portaferri, mettendolo quasi parallelo al pezzo in lavorazione. Eliminiamo il codolo e apriamo nella base una scanalatura in cui possano entrare le griffe del mandrino.
  3. Completato il lavoro di tornitura trasversale, provvediamo a levigare il pezzo con carta abrasiva di grana crescente
  4. Secondo il tipo di legno la levigatura può essere completata da qualche mano di turapori, lisciata con lana d’acciaio  o, per legni duri, da un “massaggio” fatto con i loro trucioli (e i guanti).

LO SCAVO DALLA PARTE INTERNA DEL PEZZO

  1.  Staccato il pezzo dalla testa motrice, lo giriamo e lo blocchiamo o con le griffe in espansione nella scanalatura, o con forchetta o coda di porco inserite nel codolo o contro il platorello con biadesivo, velcro o punti di colla termofusibile.
  2. Riportiamo in avanti il carrello della contropunta, mettiamo il ventaglio vicino al pezzo, con un angolo di circa 45°, e cominciamo lo scavo, lavorando di sgorbia dall’esterno verso l’interno, lasciando al centro una colonnina.
  3. Ancora lavorando con la sgorbia (attenzione che il punto è delicato) scaviamo la base della colonnina, affondando il ferro fino a staccarla dal fondo della zuppiera. Allontaniamo la contropunta e, riportato in trasversale il ventaglio portaferri, diamo mano allo scalpello per ultimare la tornitura della concavità.
  4. Quando occorre la levigatura, non è necessario staccare gli oggetti dalla macchina, anzi, se ne sfrutta il movimento. Secondo l’aspetto finale del lavoro di scalpello, si comincia con la carta abrasiva, meglio se avvolta su uno strofinaccio o, meglio ancora, su un pannospugna da cucina, e tenuta coi guanti (l’attrito la fa scaldare fino ad ustionare le mani).

Dopo la carta abrasiva si passa, solo per i legni duri, alla lana d’acciaio. I recipienti per alimentari si finiscono con paraffina o stearina (semplici candele) data con abbondanza nel pezzo in rapido movimento (l’attrito la fa fondere) e tirata e fatta assorbire con uno straccio che non perda peli.

UTENSILI
Tornio, sgorbia, bedano, scalpello

Costruire un mobile a parete per il soggiorno

Un mobile a parete ideale per un soggiorno multimediale

Una volta il televisore era uno scatolone più profondo che largo, con un ingombro e una produzione di calore tali che obbligavano a metterlo su un tavolino, o qualcosa di simile.
La rivoluzione si è avuta con l´avvento degli schermi piatti, al plasma o LCD, che hanno uno spessore di pochi centimetri. Nello stesso periodo il televisore si è arricchito di un’infinità di accessori, lettori per DVD, per gli MP3, i decoder e via multimediando.

UNO + UNO

La sistemazione della parete multimediale fai da te prevede in basso un mobile tv con un vano centrale a giorno. Ai lati ci sono due vani chiusi da sportelli. Il contenitore non poggia a terra, ma è saldamente avvitato ad un’intelaiatura di travetti, montanti e traverse, a loro volta fissati al muro. Il telaio, molto più alto del mobile, regge un grande pannello di MDF che fa da cornice al televisore mediante un’apertura a finestra di stretta misura. Lo spessore complessivo di telaio e pannello dev’essere valutato sulla base dell’ingombro in profondità dello schermo più il suo sistema di attacco alla parete. Sul pannello, ai lati del video, sono montati anche due diffusori, i cosiddetti “satelliti” dell’impianto audio, che fa affidamento su un subwoofer messo in posizione nascosta.

Il sistema fai da te permette di nascondere completamente tutti i cavi di collegamento fra televisore e apparati multimediali che rimangono dietro il pannello, chiusi nello spazio compreso fra i montanti e le traverse, insieme ai collegamenti alla rete elettrica. Un lavoro di bricolage un po’ complesso, ma di indubbia soddisfazione.

SOLIDI PANNELLI IN MDF

  1.  Stabilite le dimensioni effettive del mobile e tagliati a misura tutti i pezzi, apriamo nei due bordi corti e in uno di quelli lunghi di tetto e base una serie di fori Ø 4,5 mm svasandone l’imbocco per incassare sotto filo piano la testa delle viti Ø 4×40 mm (in alternativa spinatura cieca o tasselli piatti). La costruzione del mobile va, comunque, preceduta dal fissaggio al muro della stanza del telaio di sostegno che descriviamo alle pagine seguenti. Prima di procedere nel lavoro apriamo nelle pareti i fori per i supporti del ripiano centrale e quelli per eventuali ripiani da inserire nei due vani laterali. Per i reggipiano a chiodo  occorre un foro d’invito Ø 1,2 mm che ci permetta di fissarli a martellate senza demolire il mobile. Montiamo prima le pareti esterne, chiudendole fra tetto e base, con le viti o con l’altro sistema scelto.
  2. Irrigidiamo e mettiamo in squadra il mobile montando i due supporti posteriori già forati per le viti o i bulloni che lo fisseranno al telaio imbullonato al muro.
  3. N elle due pareti intermedie apriamo gli scarichi per i supporti e poi aiutandoci con distanziali ricavati da listelli di scarto, inseriamole dentro il mobile, incollandole e avvitandole al tetto ed alla base.
  4. Nel bordo posteriore del ripiano centrale apriamo con il seghetto alternativo un comodo passaggio per i cavi elettrici.

LA PANNELLATURA DI FONDO

  1.  Dato che la parte inferiore del telaio deve reggere a sbalzo il mobile, bisogna fissarlo alla parete nel modo più solido possibile, usando i tasselli e la bulloneria più adatti al tipo di muro. Il pannello anteriore si avvita contro gli altri due montanti di sezione 58×58 mm, distanziati esattamente come quelli avvitati alla parete (larghezza del televisore più 5 mm per parte)
  2. Il pannello poi si unisce al telaio a muro mediante la coppia di tavole di MDF 19x190x800 mm avvitandole, dall’esterno, ai quattro montanti
  3. Sulla sommità del pannello inferiore si avvita il profilato di alluminio con gola da 10 mm in cui incastrare il pannello superiore. Il sistema è studiato per poter facilmente rimuovere il pannello per interventi di manutenzione sul televisore.
  4. Secondo il numero ed il tipo di apparecchiature elettroniche che intendiamo installare nella nostra parete multimediale dobbiamo fare delle aperture nei panne
  5. Fissiamo ai montanti sottili i due pannelli laterali, dopo avervi aperto le eventuali finestre per dispositivi ad incasso.
  6. Scatole di distribuzione, interruttore e portaneon vengono fissati e cablati all’esterno delle pareti, dove restano raggiungibili per un’eventuale manutenzione, ma non visibili, grazie al pannello frontale che deborda abbondantemente sui lati.
  7. Avvitati fra loro tutti gli elementi, e terminato tutto il cablaggio sino al più vicino attacco di rete elettrica, si procede alla stuccatura prima ed alla levigatura poi di tutte le sedi della testa di viti incassate che restano sul pannello frontale.

UNA CORNICE ALLA TELEVISIONE

  1. Si apre nel pannello anteriore la finestra per la TV aumentata di 5 mm per lato rispetto alle misure del televisore.
  2. Lungo i lati verticali della finestra si fissano gli altri due montanti 40×40 che si incastrano e si avvitano fra le pareti incorniciando il televisore.
  3. Ultimato il lavoro di montaggio e ovviamente prima di inserire il televisore, si passa alla finitura, a smalto o come meglio si preferisce e si conclude l’opera avvitando le maniglie.

UTENSILI

Seghetto alternativo, sega circolare, trapano, avvitatore, sega a tasca, metro, squadra, cacciavite, pennello.

Sottopiatti di multistrato

Il sottopiatto che funge anche da tagliere

Bricolage doppia funzione: i dischi in legno da usare come sottopiatti, all’occorrenza possono fungere anche da taglieri, perciò devono avere un certo spessore; per avere un servizio completo almeno per sei persone, bisogna sacrificare un po’ di spazio in cassetti o mobili.

Se ad uno di questi dischi diamo la funzione di supporto a parete, otteniamo un simpatico ed utile complemento fai da te da cucina, da appendere senza sprecare spazio.

TRANQUILLI…REGGE!

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Il disco che fa da supporto va forato cieco con una punta Forstner in base al diametro del tondino utilizzato. Affinché il retro del sottopiatto risulti piano, bisogna però che la piastrina di aggancio sia incassata appena sotto il filo piano, praticando inoltre un piccolo scasso in questa stessa sede per l’inserimento del gancio del tassello fissato a parete.

In alternativa, si può fissare il tondino a parete, forando il muro dello stesso diametro del tondino per inserirlo e bloccarlo con una flangia.

SAGOMARE I DISCHI

  1. Per tagliare i cerchi di multistrato con l’alternativo bisogna prima bloccare il pannello ad un’altezza sufficiente a consentire l’escursione della lama, con tutta la circonferenza fuori dal supporto.
  2. Una piastra a depressione collegata ad un aspiratore mantiene bloccato il cerchio grazie al risucchio dell’aria, mentre si fresa il bordo.

SUPPORTO A MURO

  1. Sul retro del supporto si applica la piastrina di aggancio che va fissata esattamente in corrispondenza del foro cieco sul lato opposto, altrimenti i sottopiatti rustici pendono scentrati rispetto al supporto.
  2. Si inserisce il cilindro nel foro cieco, utilizzando colla vinilica se è di legno, un adesivo idoneo se è di metallo.
  3. Per evitare cadute accidentali e rifinire esteticamente il supporto basta inserire sul tondino una pallina forata in modo che entri forzata, ma che si possa rimuovere per prelevare i sottopiatti.

UTENSILI

Seghetto alternativo, fresatrice, trapano a colonna, punta Forstner, cacciavite, pennello

Mobile bar restauro fai da te

Moderno recupero fai da te di un vecchio mobile bar

Valorizziamo col bricolage un vecchio mobile bar in colori “vivaci”… molto somiglianti allo Stregatto di Alice nel Paese delle Meraviglie.
Regaliamo una nuova veste ad un vecchio mobile bar degli anni ’40, smaltandolo con un colore più attuale, in due diverse tonalità, per ottenere un pezzo d’arredo simpatico e originale.

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La trasformazione fai da te inizia con lo smontare le parti asportabili, carteggiarle per renderle scabre ed applicare un primer che favorisca un buon supporto per lo smalto di finitura.

Utilizziamo smalti lucidi all’acqua che stendiamo con rullo e pennello creando bande colorate contrastanti per mezzo di mascherature con nastro di carta. Con gli stessi smalti possiamo colorare anche le maniglie, rendendo ancor più prezioso il risultato del nostro bricolage.

RITOCCHI E RESTAURO DEL VECCHIO MOBILE BAR

  1.  I fori lasciati dai tarli del legno vanno trattati con un prodotto antitarlo da spruzzare direttamente nei fori.
  2. Prima di passare alla finitura stucchiamo eventuali imperfezioni e copriamo i fori lasciati dai tarli.
  3. Per poter trattare in maniera opportuna il mobile bisogna togliere gli sportelli; poi si smontano le maniglie. Avvolgiamo un pezzo di legno con la carta vetrata per levigare in maniera uniforme anche le parti curve.

FONDO E COLORE

  1. La smaltatura deve essere preceduta da una mano di fondo. Ad essiccazione avvenuta del fondo carteggiamo delicatamente e stendiamo lo smalto del colore predominante su tutte le parti in vista.
  2. Seguendo la tracciatura stendiamo il nastro per mascheratura, ricoprendo le zone che devono mantenere il colore scuro.
  3. Il nastro per mascheratura ci consente di non preoccuparci delle sbavature e di stendere lo smalto chiaro in modo uniforme.

UTENSILI

Pennello, spatola, nastro maschera, tampone abrasivo, rullo

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Come restaurare un tavolino

Il fascino dei mobili di epoche passate

Alcuni stili non tramontano mai, ci sono complementi d’arredo provenienti da epoche passate che ancora oggi conservano un loro fascino e, anche se malandati, meritano di essere rigenerati. L’incuria e l’abbandono accelerano il degrado di questi manufatti in legno, ma con alcuni interventi mirati di bricolage possiamo recuperarne lo splendore originale.

Restaurare un tavolino di queste dimensioni sembrerebbe un intervento piuttosto rapido, ma per un lavoro a regola d’arte ci vuole comunque tempo e la pazienza del fai da te.

PRIMA STIMARE I DANNI

Occorre valutare lo stato del mobile e capire se i danni sono solo superficiali o anche strutturali: se si devono solo rinforzare le unioni non è un problema, purché le parti combacino. 
Riportare il legno a nudo può rivelarsi un lavoraccio, in questo caso complicato dalla tornitura della gamba: certe vernici di una volta si asportano con difficoltà, meglio accontentarsi di uniformare il colore.
Se l’essenza è pregiata, piuttosto che una ceratura, il tavolino da restaurare merita una finitura a gommalacca, lunga e non semplice da eseguire, tanto che un artigiano di un secolo fa lasciava passare, tra una mano e l’altra, anche dieci giorni; questo perché la fretta è nemica del risultato. Infatti, se si tenta di lucidare la gommalacca non asciutta la superficie rimane irrimediabilmente macchiata, bisogna ricominciare dopo aver rimosso la gommalacca applicata con lana d’acciaio finissima. 

RESTAURARE IL TAVOLINO

  1. Dopo aver smontato tutte le unioni lasche ed asportato con scalpello e carta vetrata tutti i residui di colla, bisogna verificare che i pezzi siano esattamente combacianti, per procedere ad un nuovo incollaggio. 
  2. La vecchia vernice si può eliminare con carta vetrata passata accuratamente su tutta la superficie del tavolino dal restaurare, se si tratta di smalto può rivelarsi necessario l’utilizzo di uno sverniciatore chimico. 
  3. Lavando con poca ammoniaca diluita in acqua si possono eliminare eventuali macchie ed uniformare la tinta. Se si deve intervenire su diverse parti, conviene estendere il trattamento a tutto il mobile.
  4. L’antitarlo può essere inoculato direttamente nei fori con una siringa oppure, nel caso di zone piuttosto estese, distribuito a pennello su tutto il mobile, per poi rivestirlo con un nylon ed attendere un paio di giorni affinché il prodotto faccia effetto.
  5. I fori vanno poi otturati con una miscela di colla e segatura molto fine stesa con una spugna, eliminando con un panno la pasta eccedente.
  6. La gommalacca va versata in un contenitore largo abbastanza da immergervi il tampone, che può essere costituito da una pezzuola di lana non colorata da inzuppare, strizzare ed avvolgere in un telo di lino per strofinare la superficie.

UTENSILI

Morsetto, scalpello, segaccio, pennello, spatola, tampone abrasivo, siringa, spugna

Cornice decorativa con cartone e foglia oro

Realizziamo con i tubi di cartone una cornice decorativa utilizzando la foglia d’oro

Per realizzare la cornice decorativa tagliamo i tubi di cartone lungo lo sviluppo longitudinale, ottenendo due parti identiche, con cui possiamo realizzare splendide cornici da decorare con foglia d’oro o colori acrilici. Il supporto per la cornice è costituito da un foglio di cartone ondulato, le cui dimensioni influiscono su quelle delle porzioni di tubo da utilizzare.

REALIZZARE LE CORNICI

cornice decorativa

  1. Con il cutter tagliamo i tubi longitudinalmente, ricavando così due porzioni esattamente uguali. Ripetiamo l’operazione anche con altri tubi, in modo da ottenere diversi elementi .
  2. La lunghezza delle porzioni ricavate dipende dalla dimensione della cornice che vogliamo realizzare, il cui supporto sarà costituito da un foglio di cartone ondulato. Tagliamo le estremità con un angolo di 45°, in modo che possano combaciare perfettamente.
  3. Incolliamo le porzioni tagliate a 45° al foglio di cartone utilizzando colla vinilica: in questo modo abbiamo creato la cornice.
  4. Stendiamo la “missione” sulle porzioni di tubo che costituiscono la cornice con un pennellino.
  5. Procediamo successivamente all’applicazione della foglia d’oro, la quale può essere applicata sia intera sia a piccoli frammenti, ottenendo un effetto più “movimentato”. Utilizzando invece smalti colorati possiamo ottenere cornici da abbinare alla tinta delle pareti.

Controlli periodici sull’automobile

Bricolage da garage!

Nel vano motore di una vettura di oggi, tra impianti di climatizzazione, centraline elettroniche, cavi e tubi, se scivola di mano una vite possiamo considerarla persa.

Tutto è sotto controllo, ma gran parte dei controlli periodici sono rimasti invariati e possiamo occuparcene noi stessi; oltre alla pulizia, alcuni semplici interventi fai da te permettono di muoversi in sicurezza, evitando situazioni dannose (e costose) per la vettura e potenzialmente pericolose per i passeggeri.

1 SU 4 RISCHIA

Proprio così: il 25% degli automobilisti trascura particolari tanto banali quanto responsabili di incidenti anche gravi: pneumatici usurati che provocano acquaplanning, spazzole tergicristallo che “raschiano” il parabrezza limitando la visibilità, luci malfunzionanti… non serve un’officina specializzata per evitare situazioni di questo tipo.

Un’occhiata ai livelli ed alla pressione degli pneumatici ogni due settimane, a seconda dell’utilizzo, ci porta via pochi minuti, ma può evitarci rischi, spese e soste forzate per strada.

Al di là della sicurezza, l’efficienza della vettura è affidata anche ad una periodica pulizia ed al mantenimento di alcuni componenti. Le guarnizioni seccano se non le si mantengono morbide con prodotti siliconici, serrature e cerniere vanno lubrificate e la sporcizia, le foglie ed altri detriti, incastrati nelle bocchette di aspirazione, possono limitare il raffreddamento del motore.

I LIVELLI

Il liquido di raffreddamento è impropriamente chiamato “antigelo”, definizione assolutamente restrittiva: è un glicole da usare puro o diluito in diverse proporzioni in funzione della temperatura stagionale, ma ha soprattutto la funzione di mantenere il circuito privo di incrostazioni che, accumulandosi, possono causare pericolosi surriscaldamenti.

LE LAMPADINE

Per prolungarne la durata è importante accendere le luci solo dopo aver avviato il motore: in questa fase, i picchi rapidissimi causano un forte stress ai filamenti, contribuendo a farli bruciare più rapidamente. Meglio anche attenersi al tipo di lampadina adottato dalla casa, anche come colore della luce: molte modifiche non sono ritenute legali.

BATTERIA

Ormai sono tutte del tipo “senza manutenzione”, altra affermazione teorica: ci si può permettere, al massimo, di verificare il livello del liquido con intervalli di tempo più lunghi e rabboccare con acqua distillata fino a copertura degli elementi.

La formazione di ossido sui morsetti, da rimuovere con una spazzola di ferro, riduce il buon contatto dei poli: non è vero che i morsetti si ossidano quando la vettura è usata poco, il fenomeno si manifesta anche con l’utilizzo continuo. Prevedendo di lasciare la vettura ferma per un paio di settimane o più, è bene staccare uno dei due poli: la sola corrente consumata dall’orologio e dal led di segnalazione dell´antifurto può azzerare la carica.

PNEUMATICI

La pressione ottimale è riportata sul libretto di manutenzione e per legge non deve mai essere inferiore a 1,8 bar;
se troppo bassa lo sterzo risulta più duro ed il consumo degli pneumatici è maggiore all’esterno, se eccessiva il consumo aumenta al centro.
La pressione va verificata a pneumatici freddi ed anche l’usura va tenuta sotto controllo: ormai quasi tutti gli pneumatici sono provvisti di “spie” che appaiono quando lo spessore del battistrada è prossimo al minimo ammesso (1,6 mm di spessore).
L’usura può essere controllata con un calibro o più semplicemente con una moneta da 1 euro: lo spessore della moneta deve sparire all’interno della scanalatura.
SERRATURE E CERNIERE
Una periodica lubrificazione dei meccanismi di apertura e delle articolazioni scongiura inconvenienti che possono manifestarsi all’improvviso, dovuti alla secchezza ed al conseguente attrito tra organi in movimento. Un buon lubrificante non untuoso fa da sbloccante, protettivo antiumidità ed arresta i cigolii. Per le cerniere ed i meccanismi di chiusura è bene utilizzare anche una modesta quantità di grasso ai saponi di litio.
CINGHIE E GUARNIZIONI

Ogni volta che si lava l’auto bisogna asciugare con cura anche le guarnizioni interne che assicurano la perfetta tenuta di portiere n> e cofani, impedendo ristagni d’acqua che a lungo andare possono portare alla corrosione del profilo metallico su cui sono incastrate. La loro pulizia può essere fatta con sapone di marsiglia, spruzzandole periodicamente con un prodotto siliconico per mantenerle elastiche senza incorrere in crepe dovute alla secchezza. Lo stesso spray può essere utilizzato per la pulizia delle cinture di sicurezza.

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TERGICRISTALLI

L’inefficacia del loro funzionamento è tra le prime cause d’incidente: una spazzola usurata corrisponde ad una mancata pulizia del vetro in caso di pioggia.
Le spazzole vanno sostituite non appena l’aderenza al cristallo non è uniforme e bisogna azionarle solo con il vetro bagnato e privo di incrostazioni o insetti, da rimuovere manualmente.
Se il liquido non arriva nonostante il rabbocco ed il buon funzionamento della pompa bisogna controllare che i tubicini siano collegati agli erogatori e, se occorre, agire su questi con uno spillo.

Restauro fai da te di una Lambretta

La storia

Il termine motor-scooter significa, stranamente, “monopattino a motore” ed era il termine con cui l’USAF designava certi strani veicoli in dotazione ai paracadutisti e che i giovanissimi degli anni ’40 apparivano quanto mai buffi e ridicoli.
Non fu così per la Piaggio e la Innocenti che tre o quattro anni dopo, dovendo riconvertire la produzione da bellica a civile, scelsero la linea della motorizzazione di massa.
Pioniere fu l’ing. Innocenti che affidò la progettazione del nuovo veicolo a quell’ing. D’Ascanio che poi, lasciata la Innocenti per contrasti tecnici e personali, andò alla Piaggio e nel giro di pochi mesi mise a punto la Vespa.
Se all’epoca il ciclismo era imperniato sulla lotta fra Coppi e Bartali così fu per il popolo delle due ruote, nettamente diviso fra Vespisti e Lambrettisti. Piaggio e Innocenti si battevano a colpi di prestazioni tecniche e di eleganza, ma la gara, com’è oggi palese agli occhi di tutti, fu vinta dalla prima e la Innocenti, dopo il fallito tentativo di un colpo d’ala affidato a Bertone, dovette chiudere i battenti nel 1971, vendendo progetti e macchinari ad un’industria indiana che sei anni dopo cessò definitivamente la produzione.

Lambretta 50 special
Lo scooter, che per i primi vent’anni del dopoguerra aveva motorizzato l’Italia, con cilindrate cresciute fino a 250 cc, dovette cedere il passo alla Fiat 500 che con un prezzo meno che doppio ed un consumo di poco superiore, offriva prestazioni di gran lunga migliori del più grosso e potente scooter.
Piaggio e Innocenti, fiutato il vento e rinunciando a fare concorrenza alle quattro ruote puntarono su veicoli di piccola cilindrata, i “cinquantini”, relativamente economici, soprattutto nel consumo ed agili da disimpegnarsi anche nel traffico che già pochi anni dopo era cresciuto a dismisura e diventato caotico ed è appunto uno di questi, il 50 Special prodotto nel 1968.

 RITORNO ALL’ANTICO SPLENDORE DELLA LAMBRETTA

La lambretta, assurdamente ridipinta di verde, era rimasta per anni abbandonata, non proprio esposta alle intemperie, ma certamente non in condizioni ideali. Ruggine e umidità avevano completamente bloccato ogni movimento dei pezzi, tranne, per fortuna, quello del pistone, che, smontata la testata, è bastato lubrificare. 
Prima si smontano le ruote, poi tutti i cavetti con le relative guaine, numerandoli e descrivendoli su un registro usato per annotare, una dopo l’altra, tutte le operazioni così da poterle poi seguire a ritroso nel rimontaggio.
Si prosegue col manubrio e con la forcella, col pedale del freno e infine col motore. Il sedile, completamente distrutto, è stato rifatto uguale in una selleria.
Riuniti e riordinati tutti i pezzi, ripuliti e/o rifatti, il lavoro è ripartito al contrario, cominciando dal cavalletto e via via rimontando in sequenza tutti gli elementi fino a chiudere con l’applicazione dei fregi e delle scritte accuratamente rilucidate a specchio.

A vederla così non sembrava possibile nessun tipo di ripristino e invece con solvente, detersivo, idropulitrice, spazzole metalliche, carte abrasive e ore di sano bricolage ha ritrovato una seconda vita.
Il gruppo meccanico sembra un mucchio di ferraglia piena di ruggine e di fango: idropulitrice, svitol, spazzola metallica montata sul trapano ed infinita pazienza lo hanno riportato a nuovo.

 

I quattro elementi della carrozzeria (scocca, parafango anteriore e copriruota) sono stati sabbiati e fatti riverniciare in bianco latte.
Uguale trattamento per le due semiscocche del manubrio, mentre per le leve di cambio e frizione sono bastati Sidol e olio di gomito.

UTENSILI
Trapano, spazzola di ferro, carta vetrata, pennello, idropulitrice, smerigliatrice