Il segreto è un’innovativa generazione di pannelli flessibili riscaldanti in fibra di carbonio ricoperti con pannelli di pietra ricomposta. NewStone Heating Wall, un sistema di riscaldamento a parete, è adatto a risolvere situazioni di ambienti freddi o leggermente umidi. Si installa preferibilmente su muri perimetrali e, con un unico intervento, si ottengono una parete calda ed un’elegante finitura, da scegliere tra diversi tipi di pietra.
I pannelli di questo riscaldamento a parete sono costituiti da un supporto in rete di fibra di vetro (maglia da 10 mm) su cui sono disposte resistenze elettriche al carbonio protette da materiale isolante. Sono disponibili pannelli con potenze da 175, 350 e 520 watt. I primi due possono essere interconnessi formando una catena di elementi riscaldanti per coprire tutta una parete, (max 10 elementi da 175 W o 5 da 350 W). I pannelli da 520 W, invece, non possono essere interconnessi. NewStone
DIETRO LA PIETRA BATTE UN CUORE CALDO
E’ bene applicare sulla parete una pannellatura isolante (polistirolo) che evita dispersioni termiche nella muratura.
Il pannello radiante a rete si fissa con alcuni punti di graffatrice.
Si effettuano i collegamenti per connettere più pannelli e riscaldare una parete intera.
Si applica il rivestimento in pietra ricomposta NewStone utilizzando apposite viti autofilettanti che non richiedono l’uso del tassello. La testa della vite si mimetizza con silicone e sabbia colorata.
Il disegno evidenzia gli strati necessari. A: isolante posto a contatto con la parete; B: pannello riscaldante a rete; C: rivestimento con NewStone.
Affascinato dalla stupefacente varietà della flora, l’uomo ha sempre cercato di imitare e riprodurre con materiali meno deperibili di quelli originali quanto la natura produce partendo da acqua, terra e sole e creando con questi elementi tanto le sequoie quanto il capelvenere, foglie enormi e foglie ridotte a semplici spine, fiori bianchi, rossi, gialli, blu, con infinite varietà di corolle, dalla farfalla delle leguminose alla chioma delle dalie, dall’unico petalo delle calle alla corolla delle margherite.
Per riprodurre, più o meno realisticamente, le meraviglie della natura si è ricorso e tuttora si ricorre a tutti i materiali possibili.
Ci sono fiori, foglie e frutti di carta, di ceramica, di seta, di plastica, di marmo e alabastro, di stucco e di cartapesta, di volta in volta lasciati grezzi per metterne in evidenza solo forma e struttura o accuratamente colorati per renderli quanto più possibile simili all’originale.
C’è chi usa il cuoio e chi preferisce il ferro, Giuseppe Carniglia nel suo laboratorio crea i fiori partendo dal legno grezzo, tronchetti che altri userebbero per la stufa, lavorando quasi solo con strumenti manuali, usati con mano ferma e delicata e con la perizia maturata in anni ed anni di lavoro. Ma chiunque abbia la passione per il bricolage può sperimentare questa tecnica.
CALLE E TULIPANI
Va da sé che come in ogni altra attività manuale l’artista è condizionato dalle caratteristiche del materiale usato.
Se la seta permette di creare petali tanto sottili e flessibili da poter imitare quelli delle rose e la carta crespa è ideale per riprodurre i crisantemi, il legno si mostra più adatto a riprodurre col massimo realismo le forme semplici e compatte di fiori come i tulipani e le calle per ottenere magiche sculture di fiori.
GLI ATTREZZI DEL CONTADINO
Il lavoro di sgrossatura comincia eliminando, con una roncola ben affilata, la corteccia ed il primo strato di legno tenero, dando all’estremità del grezzo la forma approssimativa della corolla da realizzare.
Con qualche colpo di segaccio si stacca dal tronchetto il pezzo sgrossato, lungo quanto occorre per ottenerne un tulipano, una calla o qualsiasi altro fiore realizzabile con questa tecnica.
Con un affilatissimo coltello per innesti si comincia a dare forma alla corolla, incidendone la parte esterna.
UN SOLO ATTREZZO NON MANUALE
Per scavare l’interno della corolla senza rischiare di fenderne le pareti l’autore ricorre al trapano elettrico. Lavorando contro fibra non conviene usare una mecchia di grande diametro che sforzerebbe e, arroventandosi, brucerebbe il legno. La cavità si ottiene pazientemente con molti fori stretti.
Un po’ alla volta, foro dopo foro, il grezzo viene svuotato quasi del tutto. Con ulteriore lavoro di trapano, prima con la punta e poi con una raspa rotativa, lo spessore delle pareti viene progressivamente ridotto fino a quasi raggiungere quello finale.
FISSAGGIO DEL GAMBO
Sbozzata la corolla, se ne poggia il bordo, ancora piatto ed a squadra, sul piano del trapano montato a colonna e vi si apre il foro di innesto del gambo che così risulta in asse col diametro della corolla.
Lo stelo, in tondino di legno duro più o meno grosso, secondo il tipo di fiore, si innesta e si incolla solo dopo aver quasi completata la rifinitura della corolla.
CARTA VETRATA E MANO LEGGERA
Mentre l’interno del tulipano viene levigato a specchio prima dell’innesto del gambo, la levigatura finale dell’esterno (peraltro già in fase molto avanzata) si completa dopo aver innestato il gambo.
Nel levigare i petali, tagliati contro fibra occorre molta attenzione per non spezzarli.
Non tutti i fiori possono essere replicati in legno pieno.
La tecnica per realizzare sculture di fiori si adatta a quelli, come il tulipano o la calla, che presentano superfici esterne ed interne abbastanza estese e compatte da ridurre al minimo la possibilità di rottura dei petali che risultano sempre tagliati contro fibra.
Tre gambe autocostruite con tondino e piattina di ferro sorreggono un piano semicircolare, la consolle fai da te in lamellare ha una linea essenziale, ma arreda con stile locali sia classici sia rustici, rendendosi utile ovunque.
Nell’ingresso, completata con poche suppellettili, dà un ottimo benvenuto e offre una pratica superficie d’appoggio per chiavi, borsette, guanti. In camera o in soggiorno funge da scrittoio. In sala, accoppiata in due pezzi uguali, può offrire posto a tavola fino a sei commensali. La costruzione fai da te della consolle lamellare prevede la preparazione del piano di lamellare, la lavorazione delle gambe di ferro (che può essere affidata ad un fabbro), la finitura di ambo le parti, il montaggio. Si traccia il profilo curvo, si taglia con il seghetto alternativo, si rettifica e stonda il bordo, si tagliano due traverse con un’estremità fuori squadra e si fissano sotto la faccia inferiore in modo da rinforzare ulteriormente il già robusto lamellare. Si preparano le gambe saldando, per ciascuna, tre pezzi di tondino ad un piede e ad una piastra d’ancoraggio, disponendoli lievemente a raggiera verso l’alto. Rifinite le superfici (con prodotti trasparenti quelle di legno, coprenti quelle di ferro), si marcano le posizioni delle piastre seguendo il profilo curvo e si avvitano i pezzi.
COSTRUZIONE FAI DA TE DELLA GAMBA DI FERRO
La sagoma della piastra da fissare al legno va disegnata su di un foglio quadrettato con gli angoli arrotondati, ritagliata e riportata sulla lamiera. La larghezza massima è di 130 mm, l’altezza di 80 mm. Tenendo la lamiera ferma tra due supporti di legno fissati al banco, si taglia lungo la tracciatura con il seghetto alternativo; le sbavature e gli spigoli si eliminano con la mola da banco e con una lima.
Con un bulino si segnano i punti dove praticare i fori per il fissaggio al legno.La lamiera va tenuta ferma durante la foratura ed i fori vanno svasati per incassare le teste delle viti.
La piastra va appoggiata ad una tavoletta di legno e le barre laterali, durante la saldatura, sono tenute ferme con chiodi ai lati, mentre un tacco fa da distanziale per la barra frontale.
Con lo stesso sistema, unendo e pareggiando i tondini, si salda la rondella che funge da piede. Un disco di gomma ottimizza l’appoggio.
MONTIAMO LE GAMBE DI METALLO
L’accoppiamento di metallo e legno si ottiene con viti che oltrepassano il primo restandoci bloccate con lo slargo della testa e vanno a far presa con il filetto nel secondo. Per metterle occorre quindi aprire una serie di fori, con punte adatte ai due materiali e al diametro delle viti. Inoltre, per non lasciare sporgenze, occorre svasare i fori delle piastre con una punta per ferro. Chi impugna e guida saldamente il trapano può effettuare l’operazione a mano libera, appoggiandosi preferibilmente sul banco, frapponendo tra le superfici un piano o un elemento antisdrucciolevole.
Affinché ciascuna gamba presenti verso l’esterno della consolle lamellare uno dei tre tondini di cui è costituita, e precisamente quello un po’ più isolato dei tre, che sta al vertice del triangolo isoscele, le piastre vanno fissate disponendone il lato maggiore parallelo alla tangente che sfiora il bordo in quel punto. In pratica, per trovare la posizione giusta o si fa a occhio (basta un po’ di sensibilità geometrica per riuscirci), oppure ci si aiuta con una falsa squadra rilevando l’angolazione corrispondente alla corda che taglia quel pezzo di curva.
Infine si segnano i punti per i fori d’avvitatura e, completata la finitura delle superfici, si uniscono i pezzi. Un bricolage un po´ impegnativo, ma che con pazienza diventa possibile.
UTENSILI Punzoni, seghetto alternativo, saldatrice, avvitatore, bulino, smerigliatrice, spazzola, lima
Struttura quasi trasparente che diventa un moderno ed elegante divisorio fai da te
Abituati come siamo a pareti verticali e soffitti orizzontali, ci troviamo spiazzati quando arrediamo una mansarda con i suoi soffitti inclinati. Un’intelligente scaffalatura, leggera ed essenziale, con lavoro bricolage, si realizza posizionando cavi d’acciaio con tiranti, placchette a muro e pulegge: fissati a pavimento e a soffitto e ben tesi sono in grado di accogliere diversi ripiani che si appoggiano su blocchetti regolabili a vite. Una versione più semplice consiste nel fissare a soffitto e pavimento una sola coppia di cavi e collegare a questi dei ripiani che si appoggiano alla parete su apposite mensoline sagomate, fissate a muro con tasselli a espansione.
FORARE E POSIZIONARE
Foriamo la parete inclinata del soffitto, fissiamo la placchetta collegata al cavo d’acciaio con viti autofilettanti o con tasselli, colleghiamo il giunto regolabile.
Fissiamo alla parete inclinata (con tasselli a espansione) un blocchetto di legno sagomato e avvitiamo ad esso il piano in legno della scaffalatura.
I ripiani più bassi si appoggiano (e si bloccano per avvitatura) su listelli fissati a muro con tasselli.
Il saldo collegamento e il sostegno dei ripiani di legno sui cavi d’acciaio è assicurato da morsetti cilindrici regolabili. Gli elementi di fissaggio dei cavi si posizionano forando il soffitto e stringendoli con viti a brugola.
Per estendere il bricolage all’arte della tornitura con risultati soddisfacenti non servono sforzo e fatica, basta accompagnare l’utensile contro il pezzo fatto girare dal motore.
La tornitura di testa, o trasversale, serve per ottenere pezzi larghi come piatti e vassoi, o recipienti concavi come mortai, bicchieri, barattoli con e senza coperchio, zuppiere e portafrutta. Conviene affrontare questa tecnica solo dopo aver preso bene la mano nella tornitura fra le punte ed aver maturato la sensibilità manuale che ci dice, senza ulteriore controllo, di aver ottenuto superfici perfettamente regolari. In questo caso la principale difficoltà sta nel fatto che la velocità del pezzo varia dal centro, praticamente fermo, alla periferia, che in un pezzo di grande diametro può raggiungere valori tali da arroventare i ferri. Il diametro dei pezzi lavorabili con torni per il fai da te dipende dalla distanza fra le punte di centraggio e la base, ma ci sono anche torni (professionali) in cui è possibile girare di 90° la testa motrice e lavorare frontalmente pezzi anche di un metro e più di diametro.
USARE IL PLATORELLO
Accessorio presente in tutti i torni, il platorello ha sempre un attacco per la testa motrice e fori che permettono di avvitarvi direttamente il pezzo da tornire, o uno scarto cui fissarvelo con del nastro biadesivo.
Il problema dei fori non importa quando si lavora l’esterno di una coppa perché la parte bucata viene poi eliminata.
PRIMA DI TUTTO SGROSSARE
Il grezzo dev’essere spesso almeno 20 mm più dell’oggetto finito.
Lo fissiamo fra le punte e con bedano e scalpello tenuti fermi sul ventaglio ne facciamo un disco di cui poi arrotondiamo progressivamente, con la sgorbia, lo spigolo fino a dargli una forma a cupola, più o meno vicina a quella dell’oggetto che intendiamo realizzare.
Se il nostro tornio non ha il mandrino dobbiamo lasciare sporgere dal fondo un codolo.
LAVORO DI FINO ALL´ESTERNO
In questa fase il grezzo è trascinato dalla punta a forchetta o dalla coda di porco inserite nel legno che va asportato nella lavorazione successiva. Nella foto la tornitura della pancia ed è ancora presente il codolo d’appoggio della contropunta.
Allontanato il carrello della contropunta, spostiamo il ventaglio portaferri, mettendolo quasi parallelo al pezzo in lavorazione. Eliminiamo il codolo e apriamo nella base una scanalatura in cui possano entrare le griffe del mandrino.
Completato il lavoro di tornitura trasversale, provvediamo a levigare il pezzo con carta abrasiva di grana crescente
Secondo il tipo di legno la levigatura può essere completata da qualche mano di turapori, lisciata con lana d’acciaio o, per legni duri, da un “massaggio” fatto con i loro trucioli (e i guanti).
LO SCAVO DALLA PARTE INTERNA DEL PEZZO
Staccato il pezzo dalla testa motrice, lo giriamo e lo blocchiamo o con le griffe in espansione nella scanalatura, o con forchetta o coda di porco inserite nel codolo o contro il platorello con biadesivo, velcro o punti di colla termofusibile.
Riportiamo in avanti il carrello della contropunta, mettiamo il ventaglio vicino al pezzo, con un angolo di circa 45°, e cominciamo lo scavo, lavorando di sgorbia dall’esterno verso l’interno, lasciando al centro una colonnina.
Ancora lavorando con la sgorbia (attenzione che il punto è delicato) scaviamo la base della colonnina, affondando il ferro fino a staccarla dal fondo della zuppiera. Allontaniamo la contropunta e, riportato in trasversale il ventaglio portaferri, diamo mano allo scalpello per ultimare la tornitura della concavità.
Quando occorre la levigatura, non è necessario staccare gli oggetti dalla macchina, anzi, se ne sfrutta il movimento. Secondo l’aspetto finale del lavoro di scalpello, si comincia con la carta abrasiva, meglio se avvolta su uno strofinaccio o, meglio ancora, su un pannospugna da cucina, e tenuta coi guanti (l’attrito la fa scaldare fino ad ustionare le mani).
Dopo la carta abrasiva si passa, solo per i legni duri, alla lana d’acciaio. I recipienti per alimentari si finiscono con paraffina o stearina (semplici candele) data con abbondanza nel pezzo in rapido movimento (l’attrito la fa fondere) e tirata e fatta assorbire con uno straccio che non perda peli.
Un mobile a parete ideale per un soggiorno multimediale
Una volta il televisore era uno scatolone più profondo che largo, con un ingombro e una produzione di calore tali che obbligavano a metterlo su un tavolino, o qualcosa di simile.
La rivoluzione si è avuta con l´avvento degli schermi piatti, al plasma o LCD, che hanno uno spessore di pochi centimetri. Nello stesso periodo il televisore si è arricchito di un’infinità di accessori, lettori per DVD, per gli MP3, i decoder e via multimediando.
UNO + UNO
La sistemazione della parete multimediale fai da te prevede in basso un mobile tv con un vano centrale a giorno. Ai lati ci sono due vani chiusi da sportelli. Il contenitore non poggia a terra, ma è saldamente avvitato ad un’intelaiatura di travetti, montanti e traverse, a loro volta fissati al muro. Il telaio, molto più alto del mobile, regge un grande pannello di MDF che fa da cornice al televisore mediante un’apertura a finestra di stretta misura. Lo spessore complessivo di telaio e pannello dev’essere valutato sulla base dell’ingombro in profondità dello schermo più il suo sistema di attacco alla parete. Sul pannello, ai lati del video, sono montati anche due diffusori, i cosiddetti “satelliti” dell’impianto audio, che fa affidamento su un subwoofer messo in posizione nascosta.
Il sistema fai da te permette di nascondere completamente tutti i cavi di collegamento fra televisore e apparati multimediali che rimangono dietro il pannello, chiusi nello spazio compreso fra i montanti e le traverse, insieme ai collegamenti alla rete elettrica. Un lavoro di bricolage un po’ complesso, ma di indubbia soddisfazione.
SOLIDI PANNELLI IN MDF
Stabilite le dimensioni effettive del mobile e tagliati a misura tutti i pezzi, apriamo nei due bordi corti e in uno di quelli lunghi di tetto e base una serie di fori Ø 4,5 mm svasandone l’imbocco per incassare sotto filo piano la testa delle viti Ø 4×40 mm (in alternativa spinatura cieca o tasselli piatti). La costruzione del mobile va, comunque, preceduta dal fissaggio al muro della stanza del telaio di sostegno che descriviamo alle pagine seguenti. Prima di procedere nel lavoro apriamo nelle pareti i fori per i supporti del ripiano centrale e quelli per eventuali ripiani da inserire nei due vani laterali. Per i reggipiano a chiodo occorre un foro d’invito Ø 1,2 mm che ci permetta di fissarli a martellate senza demolire il mobile. Montiamo prima le pareti esterne, chiudendole fra tetto e base, con le viti o con l’altro sistema scelto.
Irrigidiamo e mettiamo in squadra il mobile montando i due supporti posteriori già forati per le viti o i bulloni che lo fisseranno al telaio imbullonato al muro.
N elle due pareti intermedie apriamo gli scarichi per i supporti e poi aiutandoci con distanziali ricavati da listelli di scarto, inseriamole dentro il mobile, incollandole e avvitandole al tetto ed alla base.
Nel bordo posteriore del ripiano centrale apriamo con il seghetto alternativo un comodo passaggio per i cavi elettrici.
LA PANNELLATURA DI FONDO
Dato che la parte inferiore del telaio deve reggere a sbalzo il mobile, bisogna fissarlo alla parete nel modo più solido possibile, usando i tasselli e la bulloneria più adatti al tipo di muro. Il pannello anteriore si avvita contro gli altri due montanti di sezione 58×58 mm, distanziati esattamente come quelli avvitati alla parete (larghezza del televisore più 5 mm per parte)
Il pannello poi si unisce al telaio a muro mediante la coppia di tavole di MDF 19x190x800 mm avvitandole, dall’esterno, ai quattro montanti
Sulla sommità del pannello inferiore si avvita il profilato di alluminio con gola da 10 mm in cui incastrare il pannello superiore. Il sistema è studiato per poter facilmente rimuovere il pannello per interventi di manutenzione sul televisore.
Secondo il numero ed il tipo di apparecchiature elettroniche che intendiamo installare nella nostra parete multimediale dobbiamo fare delle aperture nei panne
Fissiamo ai montanti sottili i due pannelli laterali, dopo avervi aperto le eventuali finestre per dispositivi ad incasso.
Scatole di distribuzione, interruttore e portaneon vengono fissati e cablati all’esterno delle pareti, dove restano raggiungibili per un’eventuale manutenzione, ma non visibili, grazie al pannello frontale che deborda abbondantemente sui lati.
Avvitati fra loro tutti gli elementi, e terminato tutto il cablaggio sino al più vicino attacco di rete elettrica, si procede alla stuccatura prima ed alla levigatura poi di tutte le sedi della testa di viti incassate che restano sul pannello frontale.
UNA CORNICE ALLA TELEVISIONE
Si apre nel pannello anteriore la finestra per la TV aumentata di 5 mm per lato rispetto alle misure del televisore.
Lungo i lati verticali della finestra si fissano gli altri due montanti 40×40 che si incastrano e si avvitano fra le pareti incorniciando il televisore.
Ultimato il lavoro di montaggio e ovviamente prima di inserire il televisore, si passa alla finitura, a smalto o come meglio si preferisce e si conclude l’opera avvitando le maniglie.
UTENSILI
Seghetto alternativo, sega circolare, trapano, avvitatore, sega a tasca, metro, squadra, cacciavite, pennello.
Bricolage doppia funzione: i dischi in legno da usare come sottopiatti, all’occorrenza possono fungere anche da taglieri, perciò devono avere un certo spessore; per avere un servizio completo almeno per sei persone, bisogna sacrificare un po’ di spazio in cassetti o mobili.
Se ad uno di questi dischi diamo la funzione di supporto a parete, otteniamo un simpatico ed utile complemento fai da te da cucina, da appendere senza sprecare spazio.
TRANQUILLI…REGGE!
Il disco che fa da supporto va forato cieco con una punta Forstner in base al diametro del tondino utilizzato. Affinché il retro del sottopiatto risulti piano, bisogna però che la piastrina di aggancio sia incassata appena sotto il filo piano, praticando inoltre un piccolo scasso in questa stessa sede per l’inserimento del gancio del tassello fissato a parete.
In alternativa, si può fissare il tondino a parete, forando il muro dello stesso diametro del tondino per inserirlo e bloccarlo con una flangia.
SAGOMARE I DISCHI
Per tagliare i cerchi di multistrato con l’alternativo bisogna prima bloccare il pannello ad un’altezza sufficiente a consentire l’escursione della lama, con tutta la circonferenza fuori dal supporto.
Una piastra a depressione collegata ad un aspiratore mantiene bloccato il cerchio grazie al risucchio dell’aria, mentre si fresa il bordo.
SUPPORTO A MURO
Sul retro del supporto si applica la piastrina di aggancio che va fissata esattamente in corrispondenza del foro cieco sul lato opposto, altrimenti i sottopiatti rustici pendono scentrati rispetto al supporto.
Si inserisce il cilindro nel foro cieco, utilizzando colla vinilica se è di legno, un adesivo idoneo se è di metallo.
Per evitare cadute accidentali e rifinire esteticamente il supporto basta inserire sul tondino una pallina forata in modo che entri forzata, ma che si possa rimuovere per prelevare i sottopiatti.
UTENSILI
Seghetto alternativo, fresatrice, trapano a colonna, punta Forstner, cacciavite, pennello
Moderno recupero fai da te di un vecchio mobile bar
Valorizziamo col bricolage un vecchio mobile bar in colori “vivaci”… molto somiglianti allo Stregatto di Alice nel Paese delle Meraviglie.
Regaliamo una nuova veste ad un vecchio mobile bar degli anni ’40, smaltandolo con un colore più attuale, in due diverse tonalità, per ottenere un pezzo d’arredo simpatico e originale.
La trasformazione fai da te inizia con lo smontare le parti asportabili, carteggiarle per renderle scabre ed applicare un primer che favorisca un buon supporto per lo smalto di finitura.
Utilizziamo smalti lucidi all’acqua che stendiamo con rullo e pennello creando bande colorate contrastanti per mezzo di mascherature con nastro di carta. Con gli stessi smalti possiamo colorare anche le maniglie, rendendo ancor più prezioso il risultato del nostro bricolage.
RITOCCHI E RESTAURO DEL VECCHIO MOBILE BAR
I fori lasciati dai tarli del legno vanno trattati con un prodotto antitarlo da spruzzare direttamente nei fori.
Prima di passare alla finitura stucchiamo eventuali imperfezioni e copriamo i fori lasciati dai tarli.
Per poter trattare in maniera opportuna il mobile bisogna togliere gli sportelli; poi si smontano le maniglie. Avvolgiamo un pezzo di legno con la carta vetrata per levigare in maniera uniforme anche le parti curve.
FONDO E COLORE
La smaltatura deve essere preceduta da una mano di fondo. Ad essiccazione avvenuta del fondo carteggiamo delicatamente e stendiamo lo smalto del colore predominante su tutte le parti in vista.
Seguendo la tracciatura stendiamo il nastro per mascheratura, ricoprendo le zone che devono mantenere il colore scuro.
Il nastro per mascheratura ci consente di non preoccuparci delle sbavature e di stendere lo smalto chiaro in modo uniforme.
Alcuni stili non tramontano mai, ci sono complementi d’arredo provenienti da epoche passate che ancora oggi conservano un loro fascino e, anche se malandati, meritano di essere rigenerati. L’incuria e l’abbandono accelerano il degrado di questi manufatti in legno, ma con alcuni interventi mirati di bricolage possiamo recuperarne lo splendore originale.
Restaurare un tavolino di queste dimensioni sembrerebbe un intervento piuttosto rapido, ma per un lavoro a regola d’arte ci vuole comunque tempo e la pazienza del fai da te.
PRIMA STIMARE I DANNI
Occorre valutare lo stato del mobile e capire se i danni sono solo superficiali o anche strutturali: se si devono solo rinforzare le unioni non è un problema, purché le parti combacino. Riportare il legno a nudo può rivelarsi un lavoraccio, in questo caso complicato dalla tornitura della gamba: certe vernici di una volta si asportano con difficoltà, meglio accontentarsi di uniformare il colore. Se l’essenza è pregiata, piuttosto che una ceratura, il tavolino da restaurare merita una finitura a gommalacca, lunga e non semplice da eseguire, tanto che un artigiano di un secolo fa lasciava passare, tra una mano e l’altra, anche dieci giorni; questo perché la fretta è nemica del risultato. Infatti, se si tenta di lucidare la gommalacca non asciutta la superficie rimane irrimediabilmente macchiata, bisogna ricominciare dopo aver rimosso la gommalacca applicata con lana d’acciaio finissima.
RESTAURARE IL TAVOLINO
Dopo aver smontato tutte le unioni lasche ed asportato con scalpello e carta vetrata tutti i residui di colla, bisogna verificare che i pezzi siano esattamente combacianti, per procedere ad un nuovo incollaggio.
La vecchia vernice si può eliminare con carta vetrata passata accuratamente su tutta la superficie del tavolino dal restaurare, se si tratta di smalto può rivelarsi necessario l’utilizzo di uno sverniciatore chimico.
Lavando con poca ammoniaca diluita in acqua si possono eliminare eventuali macchie ed uniformare la tinta. Se si deve intervenire su diverse parti, conviene estendere il trattamento a tutto il mobile.
L’antitarlo può essere inoculato direttamente nei fori con una siringa oppure, nel caso di zone piuttosto estese, distribuito a pennello su tutto il mobile, per poi rivestirlo con un nylon ed attendere un paio di giorni affinché il prodotto faccia effetto.
I fori vanno poi otturati con una miscela di colla e segatura molto fine stesa con una spugna, eliminando con un panno la pasta eccedente.
La gommalacca va versata in un contenitore largo abbastanza da immergervi il tampone, che può essere costituito da una pezzuola di lana non colorata da inzuppare, strizzare ed avvolgere in un telo di lino per strofinare la superficie.
Realizziamo con i tubi di cartone una cornice decorativa utilizzando la foglia d’oro
Per realizzare la cornice decorativa tagliamo i tubi di cartone lungo lo sviluppo longitudinale, ottenendo due parti identiche, con cui possiamo realizzare splendide cornici da decorare con foglia d’oro o colori acrilici. Il supporto per la cornice è costituito da un foglio di cartone ondulato, le cui dimensioni influiscono su quelle delle porzioni di tubo da utilizzare.
REALIZZARE LE CORNICI
Con il cutter tagliamo i tubi longitudinalmente, ricavando così due porzioni esattamente uguali. Ripetiamo l’operazione anche con altri tubi, in modo da ottenere diversi elementi .
La lunghezza delle porzioni ricavate dipende dalla dimensione della cornice che vogliamo realizzare, il cui supporto sarà costituito da un foglio di cartone ondulato. Tagliamo le estremità con un angolo di 45°, in modo che possano combaciare perfettamente.
Incolliamo le porzioni tagliate a 45° al foglio di cartone utilizzando colla vinilica: in questo modo abbiamo creato la cornice.
Stendiamo la “missione” sulle porzioni di tubo che costituiscono la cornice con un pennellino.
Procediamo successivamente all’applicazione della foglia d’oro, la quale può essere applicata sia intera sia a piccoli frammenti, ottenendo un effetto più “movimentato”. Utilizzando invece smalti colorati possiamo ottenere cornici da abbinare alla tinta delle pareti.