L’autunno è il momento dell’anno in cui si rivela indispensabile effettuare alcune operazioni di giardinaggio. Il motivo sta nel fatto che risulta una stagione intermedia, tra l’estate appena finita e l’inverno imminente. Un periodo di passaggio in cui la natura si riprende dal caldo e si prepara a temperature più impegnative da sostenere. Ideale per curare il giardino prima che le condizioni climatiche lo rendano più difficile.
Tra le operazioni da fare in autunno c’è anche la potatura di alberi e arbusti, eliminando quei rami che impediscono una crescita più vigorosa e rigogliosa, facilitando così lo sviluppo della pianta e preparandola per la primavera, il momento in cui tornerà la vita in tutta la bellezza e si vedranno i fiori e i frutti del lavoro fatto in autunno.
Tra le attrezzature più adatte per effettuare questo compito c’è la motosega che se scelta a regola d’arte risulta semplice da usare a fronte di una spesa piuttosto economica. Ovviamente è possibile consultare i siti specializzati per avere più informazioni sulle motoseghe da potatura e capire come scegliere quella giusta: sono diversi, infatti, i modelli disponibili e orientarsi può non risultare facile.
Motosega da potatura: quale scegliere?
La motosega permette di eseguire le operazioni di potatura con maggiore velocità rispetto agli strumenti manuali e se hai un giardino ampio o uno piccolo e poco tempo da dedicare all’area green risulterà piuttosto comoda. Le tipologie con cui è disponibile sono:
A scoppio. Queste motoseghe da potatura si caratterizzano per essere potenti come non mai e permettono di tagliare con semplicità i tronchi più grossi. Presentano, tuttavia, due caratteristiche di cui tenere conto nella scelta, legate al motore. Sono più difficili da manovrare rispetto a quelle elettriche e più pesanti. Non solo: la carica finisce, come in qualsiasi macchinario a scoppio compresa l’automobile e bisogna aggiungere carburante. Le motoseghe da potatura a scoppio sono veloci, efficienti e durano nel tempo. Una scelta per chi è abituato a manovrare dispositivi meccanici per il giardinaggio.
Elettriche. Note anche con il termine di “elettroseghe”, sono meno potenti delle precedenti e si caratterizzano per un’alimentazione a elettricità. Questo comporta il collegamento diretto a un cavo elettrico con due conseguenze: una positiva l’altra meno. L’elemento che rende queste motoseghe interessanti è che si possono adoperare per tutto il tempo che lo si desidera a patto, e qui arriva il fattore da considerare, di prestare attenzione al cavo, che deve riuscire ad arrivare ovunque. Le motoseghe elettriche sono semplici da adoperare e sono adatte anche a chi si appresta ad adoperarle per la prima volta, grazie a una maneggevolezza impareggiabile.
Come usare la motosega da potatura
La motosega va adoperata a due mani, una non è sufficiente e soprattutto non è sicuro, anche con i modelli elettrici che risultano più leggeri. Attenzione al montaggio: leggete le istruzioni con attenzione e seguitele alla lettera.
Importante indossare il giusto abbigliamento. Meglio riparare il volto con casco, visiera e cuffie professionali, ma anche il resto del corpo scegliendo pantaloni, giacca e guanti con protezione antitaglio. Non c’è da spaventarsi e predisporre queste semplici accortezze vi renderà il compito della potatura ancora più leggero.
Il progetto qui proposto è costruire un mobile in mansarda di cemento cellulare, per sfruttare lo spazio nella parte più bassa del tetto
Trattandosi di un bagno, oltre alle strutture verticali è stato realizzato anche un ampio piano d’appoggio nella zona in cui il soffitto si presenta più basso ed il tutto è stato successivamente piastrellato. La libertà di movimento è invariata e i sanitari si possono installare dove l’altezza permette una fruibilità ottimale, compatibilmente con la posizione delle colonne di scarico.
La struttura, apparentemente massiccia, non grava granché sul solaio, in quanto il calcestruzzo cellulare è molto leggero e facile da lavorare. Nel realizzare i divisori verticali, è bene prevedere almeno un ancoraggio alla muratura e non affidarsi alla sola colla per legare le lastre tra se stesse, a parete e a pavimento.
Mettere le antine
I vani ricavati con cemento cellulare vanno rivestiti con una intelaiatura in legno fissata con tasselli a espansione. Sulle pareti si fissano anche i listelli di sostegno per i ripiani.
Le antine prefinite (da euro 28,00) sono già dotate di fori tondi in cui inseriamo le teste delle cerniere . Fissiamo le cerniere con viti autofilettanti da legno.
Al telaio, applicato sulla struttura in cemento, avvitiamo le parti fisse delle cerniere, dotate di viti di registro, che servono a regolare millimetricamente la loro posizione per una buona chiusura.
Accoppiamo i due elementi di cerniera stringendo le opportune viti di montaggio e proviamo la chiusura delle antine. Eventualmente regoliamo i registri.
Una gamma completa di adesivi monocomponenti poliuretanici che portano vantaggi rispetto a qualsiasi altro sistema di fissaggio tradizionale e una grande compatibilità di materiali
Testati da anni e ormai diffusi ampiamente nei Paesi nordici, sono oggi disponibili anche per il nostro mercato i sistemi innovativi ad alta tecnologia, studiati per fissare guaine e materiali isolanti anche in condizioni estreme, come sottofondi umidi e/o molto umidi, sui più comuni materiali da costruzione come calcestruzzo, cemento, pietra, legno, mattoni, gesso e pannelli in cartongesso.
Si tratta di adesivi monocomponenti poliuretanici: la stessa tecnologia delle più comuni schiume poliuretaniche riempitive e a bassa espansione ma con maggiori capacità adesive, ideali per la posa di pannelli termoisolanti di qualsiasi natura su superfici murarie anche interrate. Sono prodotti con elevata velocità di indurimento e stabili agli shock termici: hanno mediamente una resistenza alle temperature da -40°C a + 100°C.
Per l’isolamento su copertura, la gamma di Soudal include Soudatherm Roof 330 e 250, adatti per l’incollaggio di pannelli isolanti, mentre Soudatherm Roof 360 è indicato per l’incollaggio di membrane sintetiche. Per le pareti ci sono tre prodotti: Soudabond Easy e Soudabond Easy Turbo per l’incollaggio di pannelli e materiali isolanti in genere, mentre Soudatherm Wall 220 serve per l’incollaggio di pannelli nel sistema a cappotto ETAG 004.
Perfetti per coperture in piano
Soudatherm Roof 330 (canister da 10,4 kg) e Soudatherm Roof 250 (bombola da 800 ml) presentano diversi vantaggi rispetto ai sistemi tradizionali, incollaggio meccanico, a freddo e a caldo: rapidità di applicazione; grande compatibilità con la maggior parte dei materiali isolanti e i sottofondi; migliori prestazioni di elasticità una volta polimerizzati; nessun ponte termico e rischi di infiltrazioni d’acqua; totale continuità della superficie; maggiore resa oraria della manodopera; pulizia nell’applicazione; adesione anche su superfici umide e molto umide.
Il sottofondo può essere di cemento ma anche lamiera, legno, mattoni, pannelli di cartongesso ecc. Soudatherm Roof 330 o 250 si posano per l’incollaggio dei pannelli di isolante anche in più strati, quindi si applica Soudatherm Roof 360 per l’incollaggio della membrana impermeabile sintetica.
Il sistema di applicazione consente una grande rapidità di posa e risulta del tutto pulito.
Soudatherm 360 è ideale per l’incollaggio di membrane impermeabilizzanti sintetiche accoppiate a tessuto non tessuto. Garantisce adesione al 100% con consumo sensibilmente ridotto rispetto ai tradizionali adesivi poliuretanici. L’applicazione avviene a spruzzo con turbina o compressore e una pistola che rende semplice distribuire unifomemente il prodotto.
Adesivi speciali per le pareti
Soudatherm WALL 220 è l’adesivo idoneo per sistemi di isolamento di facciate (sistemi a cappotto). Rispetto ai sistemi tradizionali cementizi permette una notevole riduzione di peso, quindi risparmio nel trasporto, nel sollevamento e sulla statica dell’edificio; maggiore elasticità; minore sensibilità alle temperature; rapidità di applicazione (no tempi di preparazione); rasabile in tempi più brevi.
Soudabond Easy e Soudabond Easy Turbo sono specifici per il fissaggio di pannelli isolanti, cartongesso, fibrocemento, mattoni pieni e forati, calcestruzzo cellulare ecc. Entrambi gli adesivi hanno una bassissima espansione, nessun rischio di sollevamento dei pannelli.
Lampada originale sospesa utilizzando uno spremiagrumi e pochi componenti elettrici
Cambiare funzione agli oggetti più comuni è una delle attività preferite dal fai da te: in questo caso si apprezza una vena creativa femminile che inventa per un banale spremiagrumi il nuovo e originale utilizzo come lampada originale. Un adesivo universale come Pattex 100% Colla rende il lavoro particolarmente facile perché è efficace su ogni tipo di materiale. Basta accertarsi che la superficie da incollare sia pulita, asciutta e libera da residui di grasso, di polvere o di vecchi adesivi e rispettare i tempi di asciugatura ed essiccazione tra un incollaggio e l’altro. Qualche attenzione è richiesta solo per i collegamenti elettrici del cavo di alimentazione con il portalampada. La lampada originale così ottenuta è molto leggera e non ci sono quindi problemi di sospensione del medesimo: lasciamo il cavo lungo in modo che la lampada scenda molto in basso e la luce arrivi proprio sul piano di lavoro.
Come costruire la lampada originale con lo spremiagrumi
La bacinella in cui si raccoglie il succo degli agrumi spremuti è di plastica trasparente: la foriamo usando una punta Ø 6 mm per consentire il passaggio del cavo elettrico.
Pattex 100% Colla agisce efficacemente su qualsiasi tipo di materiale (tranne PE, PP, teflon); ne stendiamo un velo leggero sulla boccola a cui verrà avvitato il portalampada e attendiamo due minuti, evitando però che il prodotto solidifichi in superficie. Per materiali poco assorbenti (metallo o vetro) è meglio pulire entrambe le superfici con un panno umido immediatamente prima di applicare la colla.
Incolliamo la boccola sulla bacinella centrando il foro appena eseguito. In questo caso l’assemblaggio non è sottoposto a tensioni e quindi non servono morsetti, lasciamo però riposare per 30 minuti.
Stendiamo un velo di colla sul retro della griglia metallica dello spremiagrumi nel punto in cui dovrà aderire alla bacinella.
Posizioniamola e teniamo premuto per qualche minuto lasciando poi riposare l’incollaggio.
Avvitiamo il tige filettato e le altre parti del portalampada dopo aver fatto i necessari collegamenti elettrici con il cavo di alimentazione. Fissiamo, sempre con la stessa colla, anche la cupola di plastica gialla (che lascerà passare la luce) alla griglia metallica. Gli incollaggi sono definitivi dopo 24 ore.
TaskRabbit è una piattaforma sul WEB per la soluzione di problemi connessi ai piccoli lavori di casa che mette in contatto persone a cui serve aiuto con altre in grado di darlo; lavori come montare un mobile in kit, riparare un rubinetto che perde e altri interventi minimi che implichino un po’ di manualità che, a quanto pare, non possono ancora “autosvolgersi” grazie alla tecnologia. Mi spiego meglio, compriamo una TV superevoluta, in grado di farci vedere meraviglie, a cui possiamo dare comandi a voce, che si connette con il mondo, ma quando arriviamo a casa non si libera dell’imballo da sola, non è in grado di verificare i collegamenti di corrente, di antenna, di WIFI e non si appende al muro autonomamente dopo aver fatto i fori con il trapano, messo i tasselli e avvitato le viti… e così per infinite altre cose. Con il tempo e l’avanzare della tecnologia e del benessere, la manualità è stata messa in secondo piano; da anni, ormai, un giovane che “studia” viene spesso tenuto, dai genitori, a distanza da qualsiasi attività pratica. Questo senza che siano venute meno le esigenze a essa legate, prova ne è la nascita di piattaforme come TaskRabbit e non credo che, per lo meno a breve, potremo tutti utilizzare i ROBOT per queste attività. Certo i piatti non li laviamo più a mano e neanche la biancheria, per i pavimenti c’è il robottino che aspira e lava, stiamo iniziando a costruire le case con stampanti 3D… ma sono ancora infiniti gli interventi per cui serve l’utilizzo di mente e mano. Penso a tutte le riparazioni domestiche, al lavoro dell’idraulico, dell’elettricista, del posatore di pavimenti, a diversi lavori di giardinaggio, solo per citare i primi che mi vengono in mente.
Comunque la curiosità e le aspettative per l’evoluzione dei ROBOT è tanta; trovo veramente carini quelli che ho avuto occasione di vedere dal vivo con le loro allegre voci metalliche: a chi non piacerebbe avere in casa un servizievole “personaggio” del genere? Gli studi della robotica vanno avanti e uno degli esempi interessanti nel campo dell’edilizia è quello della Canvas, un’azienda di San Francisco, che ha messo a punto un gioiellino che sfrutta l’intelligenza artificiale per intonacare le pareti: si tratta di una macchina, la vedete nella foto in basso, dotata di uno scanner laser e di un braccio robotico. Quando entra in una stanza, il robot scansiona le pareti, il suo sensore valuta quelle non ancora intonacate e poi si mette al lavoro. Non fa pausa né per il caffè né per il pranzo, non si lamenta per la ripetitività del lavoro e non corre rischi per la sua incolumità…
Però qui torniamo alla vita reale di oggi con le sue esigenze pratiche non soddisfatte, per il momento, dai ROBOT e quindi non possiamo che elogiare per l’ennesima volta la bellezza e l’utilità del saper fare, del sapere com’è fatto, tipici del fardasé: una competenza che dà indipendenza, genera l’ammirazione di chi non sa fare e gratifica.
La trasformazione di uno scolapasta da cucina Ikea che diventa abat-jour o lampadario
Anziché comprare lampade ikea già pronte, vi proponiamo di modificare uno strumento da cucina: lo scolapasta!
Vi proponiamo due versioni di lampade ottenute dal medesimo accessorio, un’abat-jour e un lampadario.
Lo scolapasta va privato dei manici che ne impedirebbero un corretto appoggio e va dotato di sei punti luce. Per una maggiore sicurezza utilizziamo faretti che emanino poco calore come gli Inreda Ikea che utilizzano lampadine a LED. In alternativa scegliamo comunque faretti a bassa tensione.
Per la costruzione servono: uno scolapasta di tipo smaltato (Gemak Ikea, euro 9,99) o in acciaio inossidabile; 6 faretti con trasformatore; nastro biadesivo Millechiodi; feltrini autoadesivi.
LAMPADA DA APPOGGIO
I faretti vengono applicati sulla superficie esterna del portalampada tramite alcuni pezzetti di nastro biadesivo Millechiodi, facendo passare i loro cavetti di alimentazione nei fori dello scolapasta in modo da raggrupparli al suo interno.
I cavetti vanno quindi inseriti nella morsettiera del trasformatore. Questo va fissato sul fondo con un paio di pezzetti di filo di ferro plastificato bianco legato attraverso i fori dello scolapasta.
La lampada è pronta per essere poggiata su un piano (il posto ideale è ovviamente la cucina) e diffondere la sua luce… culinaria.
Lo scolapasta dev’essere liberato dalle impugnature per potelo capovolgere e poggiare al piano, senza ostacoli.
Sul retro dei faretti applichiamo alcuni pezzetti di nastro biadesivo che serve per il fissaggio degli stessi.
Facciamo passare i cavi di alimentazione attraverso i fori dello scolapasta e applichiamo i faretti sulla sua superficie esterna, premendo bene per far aderire il nastro biadesivo.
Tutti i cavetti provenienti dai faretti vanno collegati alla morsettiera del trasformatore.
Dopo aver inserito il trasformatore all’interno dello scolapasta ed averlo fissato con una legatura di filo plastificato bianco, applichiamo tre feltrini autoadesivi lungo il bordo in modo da non segnare il piano d’appoggio.
Lampade ikea già pronte? No un LAMPADARIO SOSPESO con il colapasta!
Lo scolapasta arricchito con i faretti, può anche diventare un interessante lampadario da sospendere al soffitto. La costruzione della parte illuminante è identica a quella esaminata nelle pagine precedenti, ma bisogna provvedere alla realizzazione degli elementi di sospensione.
Si tratta di tagliare quattro catenelle in uguale lunghezza e collegarle allo scolapasta con quattro anelli metallici. Ideali sono quelli utilizzati per le chiavi di casa.
Le catenelle vanno collegate all’estremità opposta e sospese al gancio a soffitto per mezzo di un altro anello metallico.
Il cavo di alimentazione, collegato a quello che fuoriesce dal soffitto, va dotato di una presa volante da collegare alla spina del trasformatore.
Il cavo che scende si fissa ad una delle catenelle con alcune fascette di plastica.
Per trasformare lo scolapasta in lampadario ci servono, oltre ai materiali da utilizzare per l’abat-jour, alcune fascette in plastica, catenelle metalliche, anelli portachiavi, filo elettrico.
Gli anelli portachiavi si inseriscono nei fori presenti vicino al bordo dello scolapasta.
Agli anelli colleghiamo quattro catenelle da riunire alle estremità opposte e sospendere al soffitto.
Un accessorio che si può realizzare con un paio d’ore di lavoro e ci evita di pizzicare le dita o stressare il palmo della mano come può accadere con quelli tradizionali
Costruire uno schiaccianoci fai da te è un ottimo metodo per cimentarsi in costruzioni basilari per famigliarizzare con il legno e gli utensili. Dall’autunno inoltrato e per tutto l’inverno, specialmente nel periodo delle feste natalizie, è consuetudine concludere il pasto con la frutta secca: le noci, in particolare, sono tra i frutti più apprezzati, ma bisogna guadagnarsi il gheriglio frantumando il legnoso e resistente guscio. Lo schiaccianoci a pinza non è piacevole da usare: mentre una mano preme le impugnature, l’altra deve chiudersi attorno alle ganasce per impedire la proiezione di frammenti di guscio ed è facile pizzicarsi le dita. In più le noci sono come le ciliegie: se si incomincia si va avanti per un bel po’. Questo schiaccianoci fai da te rende meno rischiosa e stancante questa operazione: può essere usato anche per nocciole o mandorle e può essere appeso in un angolo della cucina o della taverna. Ci vuole un legno bello e robusto, che possa essere lasciato al grezzo senza ulteriori finiture in quanto va a contatto con alimenti: per proteggerlo è sufficiente massaggiarlo periodicamente con un po’ di olio di oliva, in modo che possa mantenere il suo aspetto naturale.
Cosa serve per costruire uno schiaccianoci fai da te:
Tavolette di rovere: 2 pezzi 14x80x280 mm e 4 pezzi 14x60x150 mm
Tondino di faggio: 1 pezzo Ø 20×155 mm.
Accessori: una striscia di cuoio, ricavabile da una vecchia cinghia, 490×30 mm;
4 viti ottonate a testa svasata Ø 3,5×30 mm;
4 feltrini;
colla vinilica
Schiaccianoci fai da te – Il progetto
Schiaccianoci fai da te passo-passo
i posiziona la noce nell’incavo che ne impedisce lo scivolamento.
Si appoggia la parte superiore dello schiaccianoci sul frutto e si abbassa l’impugnatura senza premere, per poter stabilizzare la noce tra gli incavi. A questo punto basta una leggera pressione sull’impugnatura e il guscio si rompe.
L’impugnatura va risollevata non appena il guscio si frantuma, per non ridurre in pezzi anche il gheriglio.
La striscia di cuoio ripiegata sotto la base riduce la superficie di contatto dello schiaccianoci al piano di appoggio: possiamo rimediare applicando 4 feltrini di uguale spessore negli angoli della base.
Tavolette incollate e “cerniera” di cuoio
er ottenere dalle tavolette un unico pezzo in cui inserire l’impugnatura dobbiamo sovrapporne 4, unendole previa stesura di un cordone di colla vinilica sulle superfici di contatto. Accoppiandone due più lunghe ricaviamo la base.
Manteniamo le tavolette ben allineate e serriamole tra morsetti, interponendo due tavolette di scarto che abbiano dimensioni un poco superiori; lasciamo in morsa per 24 ore.
A presa della colla avvenuta possiamo livellare i blocchetti ottenuti su tutte le facce: se disponiamo di una levigatrice a nastro possiamo utilizzarla capovolta e guidare il pezzo sull’abrasivo in avanzamento, altrimenti dobbiamo metterlo in morsa, tra due superfici di materiale morbido, e utilizzare una levigatrice orbitale.
A una delle estremità, di testa, individuiamo il centro e pratichiamo con una punta Forstner un foro Ø 20×20-25 mm in cui inserire il tondino di legno che costituisce l’impugnatura.
All’altra estremità, su due lati contrapposti, tracciamo un quarto di cerchio il cui raggio corrisponda all’altezza del blocchetto; asportiamo la maggior quantità di legno in eccesso con il seghetto alternativo, sempre con il pezzo bloccato in morsa, e regolarizziamo la curva con la levigatrice.
Con un’altra punta Forstner, questa volta Ø 35 mm, realizziamo due cave esattamente corrispondenti sul blocchetto e sulla base, in modo che quella del blocchetto si trovi il più possibile in prossimità dell’impugnatura. Affondiamo in entrambi i pezzi per circa 8-10 mm. Terminata questa operazione, possiamo inserire il tondino nella sua sede, dopo aver spalmato la colla vinilica sulla porzione che affonda nel blocchetto.
Sovrapponiamo i due pezzi e valutiamo la lunghezza della striscia di cuoio; centriamola sui pezzi e marchiamo i punti in cui vanno inserite le viti, quindi pratichiamo i fori necessari con una pinza fustellatrice.
Stendiamo un filo di colla vinilica al centro della striscia, sulla faccia inferiore, e riposizioniamola al suo posto.
Inseriamo le viti mantenendola centrata e tesa, poi mettiamo il tutto sotto pesi fino ad asciugatura della colla.
Questi mobili angolari in stile provenzale fai da te rendono più morbida la squadratura delle pareti senza ingombrare, permettendo di sfruttare spazi difficili; richiedono pazienza ed impegno per eseguire con precisione i tagli sbiechi
Per la costruzione di mobili in stile provenzale fai da te come questi sono preferibili i legni chiari, purché a venatura regolare e poco nodosi: il lamellare è il legno più indicato per chi dispone di attrezzature da bricolage, come spessore va bene il 18 mm per le parti verticali e per i fondi, mentre per le parti da modanare è meglio il 28 mm, per avere una costa più spessa a fronte dell’asportazione.
Ciascuna credenza in stile provenzale fai da te si compone di due corpi separati con una base ed un top, quello superiore leggermente più stretto: chi non dispone di fresatrice o toupie può ricorrere a listelli di riporto per le modanature.
Lo zoccolo
La parte frontale, a vista, è fissata da dietro con viti ad un listello applicato sotto il ripiano con un rientro di 9 mm rispetto al filo inferiore del bordo modanato. La parte nascosta si applica da sopra con viti prima di giuntare i dorsi ed è fatta in modo che il peso del mobile venga scaricato anche sul battiscopa. Per fare questo, si calcola lo spessore del listello in base al battiscopa e si lascia sporgere il piede di 9 mm, assicurando sia l’appoggio che un minimo di camera d’aria tra mobile e parete.
Complementi
Due coppie di cerniere anuba forniscono l’articolazione a ciascuna credenza; servono quattro serrature da incasso con bocchetta di ottone ed i pomellini in tono per i cassetti.
Solida base con cassetto
I due lati verticali delle fasce e quello ad esse tangente dei dorsi presentano tagli sbiechi a 67,5°; i dorsi sono uniti tra loro ad L, pertanto uno dei due è più corto dell’altro quanto lo spessore del legno.
Il top, con i tre lati a vista sporgenti e modanati con la fresatrice, viene avvitato alla struttura dopo aver preforato e svasato le sedi per le viti per poterle incassare.
Per costruire il cassetto bisogna prima fissare sulla base le fasce di giunzione con l’alzata e misurare lo spazio disponibile in profondità. Dorso e sottofrontale vanno inseriti tra i fianchi e non viceversa.
Preparate ed incollate al ripiano le guide ottenute con listelli giuntati ad L, si presenta il cassetto per poter fissare il frontalino ben centrato, con colla e viti inserite dall’interno
Alzata con vetrina
Il taglio sbieco dei listelli che formano la cimasa, sempre a 67,5°, viene eseguito di testa, pertanto può bastare utilizzare la troncatrice girevole o, a mano, una guida tagliacornici.
I ripiani interni vanno collocati ad altezze tali da rimanere nascosti alla vista dai listelli orizzontali della quadrettatura; meglio farli entrare tutti di traverso prima di fissarne anche soltanto uno.
I due corpi del mobile vanno rifiniti con carta vetrata a grana fine, utilizzando la levigatrice per le superfici lineari, con tacchetti e tondini di supporto per l’abrasivo nelle modanature e nelle giunzioni.
Il vetro va inserito da dietro a battuta contro la cornice perimetrale e fissato con chiodini alla traditora; la quadrettatura è in listelli troncati a V capovolta con angolazione di 45°, applicati con nastro biadesivo.
Tutte le fresature per i mobili in stile provenzale fai da te
I profili della cimasa e dello zoccolo
I fregi alla base ed al top della credenza sono semplici listelli di lamellare con diversa sezione, il cui profilo a vista viene fresato diversificando le modanature (1 e 2), ma in modo che assiemandoli si ottenga un’insieme armonioso. In particolare, la cimasa è formata da listelli applicati sovrapposti e diversamente sporgenti rispetto al top; il fissaggio al mobile avviene da sopra per mezzo di viti a testa incassata.
La battuta del cassetto
Sul retro del frontale, alle estremità laterali, va ricavata la battuta per la chiusura del cassetto, effettuando una fresatura larga 6 mm e profonda 9 mm con una fresa per battute con (3) o senza (4) cuscinetto per rifilatura. Il fondo, in compensato da 6 mm, deve essere inserito in una scanalatura ricavata sulle quattro pareti, a qualche millimetro dalla base, prima di assemblare l’ultimo lato.
Cornici delle antine: metodo facile
Il sistema più semplice per ottenere sia le modanature, sia l’eventuale battuta posteriore per l’inserimento della fodrina, è senz’altro quello di effettuare le fresature sul listello prima di sezionarlo con i dovuti tagli a 45°. Le frese più adatte sono quelle provviste di guida a cuscinetto piuttosto che a perno; quest’ultimo, infatti, ruota insieme al tagliente e può bruciare il legno se la passata non è abbastanza veloce, mentre il cuscinetto è indipendente dall’utensile.
Metodo difficile
Le frese componibili permettono di ottenere profili anche complessi in una sola passata: quella per ottenere contemporaneamente incastro e modanatura del telaio delle antine è composta da un disco piatto per realizzare la scanalatura ed uno a profilo biconvesso. Si compone una prima volta la fresa sul gambo, interponendo un cuscinetto, e si fresa il montante; poi si invertono le posizioni sul gambo degli utensili da taglio e si effettua la fresatura sul traverso, lavorando però con questo posizionato sottosopra.
Assemblare l’antina
Tra le diverse lavorazioni possibili per realizzare l’anta inferiore, è stato scelto di predisporre una cornice di listelli uniti per spinatura, divisa verticalmente lungo la mezzeria da un ulteriore listello, con il risultato che, a prima vista, le ante sembrano due. Sul retro, i lati rivolti verso la specchiatura interna riportano una battuta larga e profonda quanto basta ad inserirvi la fodrina centrale dopo che è stata modanata, per bloccarla a filo della cornice con listellini (2) applicati tutt’attorno a ridosso della linea d’incastro cornice/fodrina. Lo smusso perimetrale di quest’ultima si ottiene con un taglio inclinato da effettuare su ogni lato con la circolare da banco (1), seguito da un secondo taglio perpendicolare che elimina la striscia formando un piccolo dente prima dello smusso.
Il perimetro del rilievo centrale della fodrina viene rifinito con una fresatura leggera. Mentre nella pagina precedente si illustra come il perimetro interno della cornice possa essere sagomato di fresatura, prima dell’assemblaggio, in questo caso è stato lasciato ad angolo retto e rifinito con l’applicazione di un’ulteriore cornicetta di listelli sagomati che rimane in rilievo rispetto al telaio dell’anta.
La finitura
L’aspetto finale che devono assumere le due credenze può variare di molto in base ai gusti ed allo stile dell’arredamento; la stessa scelta del legname di base è diversa se si pensa di rifinirlo a smalto o se si vuole mantenere l’aspetto naturale, nel qual caso è bene ricorrere a tavolame privo di vizi e con venature apprezzabili. Per la finitura a smalto si possono utilizzare tinte diverse per evidenziare le modanature, previa l’applicazione di una mano di cementite; per mantenere l’aspetto naturale conviene affidarsi ad aniline colorate, anche qui in tonalità diverse per evidenziare i particolari, e concludere con una buona finitura a cera.
Un corpo aggiunto sul retro di una casa di campagna, utilizzato per diversi anni come riparo per attrezzature da lavoro e accessibile solo dall’esterno, è stato messo in comunicazione con i locali a pianterreno aprendo una porta nell’ex muro perimetrale e, dopo aver completato la parte muraria, con adeguato isolamento termico, è stato trasformato in un bagno di servizio muratura ampio e confortevole
Il ricovero attrezzi…
… che diventerà bagno
Un ampliamento è consentito dalle legge, in linea di massima, quando si tratti di un adeguamento igienico-sanitario, come un bagno di servizio in muratura, meglio se in un contesto di interventi migliorativi dal punto di vista energetico: è proprio questo il caso, anche perché i volumi erano già abbastanza definiti per poter essere annessi all’abitazione. La situazione di partenza evidenzia uno spazio che era chiuso con un semplice portone di legno e riceveva luce da una finestra con telaio in ferro, appena sufficiente per mettere al riparo gli attrezzi dalla pioggia e dalle intemperie. Il primo è stato chiuso completamente, mentre la luce della finestra è stata ridimensionata per installare un serramento più idoneo. Esternamente, la muratura è stata rivestita a cappotto, mentre la copertura piana è stata trasformata in una falda ricoperta di laterizio, opportunamente impermeabilizzata e isolata. Per isolare meglio dal terreno il nuovo pavimento del bagno di servizio, è stato necessario realizzare un massetto, indispensabile anche per includere i nuovi impianti idraulici per i sanitari e per il riscaldamento: questo ha comportato un rialzo del piano di calpestio, in origine pressoché allineato a quello interno, per cui il passaggio dagli ambienti domestici al bagno di servizio, attraverso una nuova porta interna, avviene salendo uno scalino, anche se di alzata ridotta. Ma, come si vede dal risultato finale, ne è valsa sicuramente la pena.
Impianti nuovi per il bagno di servizio in muratura
Dopo il completamento della muratura e l’apertura del nuovo accesso dall’interno si procede con la stesura degli impianti che corrono a pavimento e risalgono la parete in corrispondenza degli utilizzi nelle scanalature aperte nei laterizi, successivamente richiuse con malta. I tubi bianchi sono quelli multistrato per la mandata idraulica dell’acqua calda e fredda, facili da modellare per seguire il percorso più consono; quelli blu sono relativi al riscaldamento per lo scaldasalviette.
Per WC e bidet sono stati utilizzati telai registrabili che appoggiano sul massetto e si fissano alla muratura, scanalati in modo da poter ospitare i supporti per i sanitari, anche questi registrabili. I due scarichi comunicano, attraverso il foro che si vede alla base del muro, con la tubazione di collegamento alla fossa biologica, annegata in uno scavo.
Nella muratura viene anche inclusa la cassetta di risciacquo, con sistema anticondensa e rivestita con rete portaintonaco. Si nota la “protezione cantiere” montata sui comandi per evitare l’ingresso di sporco durante le fasi di finitura dei muri, da rimuovere solo dopo aver piastrellato per montare la placca di comando.
Si nota anche una scanalatura nell’ex muro perimetrale che racchiude la derivazione dell’impianto elettrico per alimentare una fonte d’illuminazione.
Il lavabo è separato dalla vasca da una semiparete di laterizi che, oltre a consentire l’installazione di un portasciugamani, forma un ripiano utilizzabile come mensola.
Gli spigoli vanno rivestiti con profili annegati nella colla delle piastrelle.
Il bagno di servizio in muratura è ora completato!
In tutte le configurazioni e sistemi di apertura, con cristalli spessi 6 mm e scelta dei soffioni fra forma quadrata e rotonda
Ci sbilanciamo con piacere nel consigliare un box doccia che unisce doti di qualità, disponibilità di numerose varianti e particolare attenzione alla semplicità di montaggio. Si tratta del box Niki di F.lli Della Fiore, che viene proposto in quattro versioni: angolare, semicircolare, rettangolare e quadrata, per rispondere a qualsiasi esigenza di collocazione.
Inoltre è possibile scegliere tra la chiusura con porta scorrevole, doppia o a soffietto. I profili sono cromati lucidi. Le pareti e le ante, alte 190 cm, sono di cristallo temperato con spessore di 6 mm. L’abbinata perfetta è quella con i soffioni e i miscelatori della serie M’AMO, questi ultimi disponibili, oltre che per la doccia, anche per gli altri sanitari del bagno: per il bidet, il lavabo e la vasca.
Miscelatori e soffioni coordinati
Le collezioni Brera e SanSiro fanno parte della linea M’AMO e sono realizzate in acciaio inox AISI 304 cromato. Il miscelatore da incasso per doccia, modello Brera, è disponibile con o senza deviatore. Tutti i soffioni hanno il sistema anti-calcare softjet. I modelli Brera hanno forma quadrata e sono disponibili con misure di 20×20 cm, 25×25 cm e 30×30 cm, mentre i soffioni San Siro, di forma rotonda, sono disponibili con diametro di 20 cm, 25 cm e 30 cm.