Home Blog Page 92

Zuccheriera fai da te in legno | Lavorazione a sbalzo

Questa zuccheriera fai da te in legno è composta da barattolo e coperchio; questi si torniscono con la stessa tecnica trasversale

Un barattolo, cilindrico o panciuto come questa zuccheriera fai da te richiede legno di grana compatta che non rischi di fendersi dove la vena è perpendicolare al bordo (faggio, rovere, carpino e simili). Per usi alimentari il legno dev’essere anche privo di odore, che sarebbe inevitabilmente trasmesso al contenuto.

Si comincia col tracciare le diagonali sulle basi del grezzo per marcarne il centro, quindi si apre il foro d’invito per la vite di trascinamento della testa del tornio. Si smussano gli spigoli del grezzo per renderlo ottagonale e lo si taglia a una lunghezza pari all’altezza del contenitore più la vite di trascinamento. 

Nella prima fase di lavorazione, che può essere più comodamente fatta fra le punte, si inserisce la vite di trascinamento in quella che sarà poi la bocca del barattolo. 

Lavorando prima di sgorbia, poi di scalpello e carta abrasiva, si sbozza e si rifinisce l’esterno. Si svita il pezzo dalla testa motrice e lo si rimonta facendo entrare la vite nel mozzo in modo da poterne tornire a sbalzo la bocca e l’interno. 

Completato e rifinito lo scavo, si stacca la zuccheriera dal mozzo tagliandolo a filo della base con uno scalpello a lancia, prestando attenzione che non scappi!    

Lavorazione

Un potente trapano in grado di azionare mecchie da 70-80 mm di diametro facilita di molto lo scavo interno della zuccheriera fai da te. Anche la morsa che tiene il pezzo deve, però, essere adeguata.
Il portaferri a torretta evita l’ovalizzazione dei fori. Il pezzo ha una coda stretta nel mandrino.
zuccheriera fai da te
Il mandrino a griffe reversibili consente di bloccare sulla testa del tornio i pezzi cavi, quindi permette di lavorare l’interno del pezzo prima dell’esterno. La tornitura inizia sempre dallo sbozzo.
Il bello della lavorazione al tornio è che i pezzi possono essere rifiniti del tutto senza toglierli dalla macchina. La superficie, già lisciata con lo scalpello, va infine levigata con carta abrasiva.
zuccheriera fai da te
In ultimo, lasciando ancora il pezzo sul tornio, si passa alla rifinitura. Un panno morbido facilita la penetrazione della cera nel legno.
Il coperchio, ricavato dallo stesso grezzo tornito per la base per mantenere uniforme l’andamento delle venature, ha la base piatta che poggia sulla battuta aperta nella bocca della zuccheriera.

Leggi anche come realizzare una zuccheriera segmentata fai da te.

Pennelli e rulli | Tipologie e utilizzo

Pennelli e rulli per pittura non sono tutti uguali, ma presentano  rilevanti differenze di forma, dimensione e struttura

Per tinteggiare e pitturare ampie superfici di norma utilizziamo pennelli e rulli. I primi, a plafoncino, sono pennelli rettangolari di grossa dimensione e di buon spessore che permettono, con poche passate, di applicare la pittura con grande regolarità sulle pareti. I secondi, con pelo più o meno lungo, facilitano il lavoro (muri lisci= pelo cortomuri rugosi= pelo lungo),

Per superfici minori dobbiamo valutare la tipologia del pennello e la sua forma. Le case produttrici offrono prodotti diversificati in funzione del tipo di pittura da applicare in quanto le setole sono di materiali diversi e hanno diversa flessibilità.

Scegliamo la forma in funzione del lavoro da svolgere; piccole superfici e finiture precise esigono punte fini.

Attrezzi vari

1: pertica telescopica per pennelli e rulli da pittura; 2, 3, 4: plafoncini per stendere pitture murali su superfici estese; 5: mini rulli di ricambio con cui applicare smalti all’acqua; 6: rullo a pelo lungo per tinteggiature su muri ruvidi; 7: rullo per legno e altri supporti; 8: rullotto per smalti; 9: tamponi per effetti decorativi; 10: pennelli angolati a manico lungo per radiatori; 11: pennelli per pitturare con setole e pelo adatti a tempere, acquerelli ecc.; 12: pennelli “rechampir” a punta per ritocco e rifinitura; 13: pennelli tondi, detti “strozzati”, per decorazione murale; 14: pennelli piatti per prodotti all’acqua che cedono pittura in modo uniforme; 15: pennelli piatti per smalti a solvente, resistenti ai solventi stessi; 16: pennelli piatti per impregnante; 17: pennellino a setole rigide per decorare a stencil; 18: kit con rulli decorativi per pareti e tampone per decorazione muri “alla veneziana”.

Prolunghe

Per lavorare sulle parti alte di pareti e sui soffitti ci conviene utilizzare un’asta telescopica sulla cui testa si inseriscono i manici dei rulli o si fissano quelli dei pennelli. Con questo accessorio possiamo tinteggiare la maggior parte della superficie, lasciando solo alle finiture lungo i bordi il lavoro con il pennello o con il rullo piccolo che ci impongono di salire sulla scala. 

asta telescopica rullo

Rulli e pennelli per imbiancare

  • Pitturare con il pennello: stendiamo la pittura a strisce dall’alto verso il basso e viceversa, alternando le passate che si affiancano.
Pitturare con i pennelli
  • Pitturare con il rullo: scarichiamo la pittura sul muro con passate non troppo veloci stese a zig-zag su un’area di 60-80 cm, quindi uniformiamo la distribuzione della pittura effettuando passate verticali che si sovrappongano.
Pitturare con il rullo

Rullo con vaschetta o serbatoio

Il rullo classico si alimenta facendolo passare in una vaschetta in cui si immette la pittura; il piano inclinato serve per sgrondare il rullo della pittura eccessiva.

pennelli e rulli

Molto pratico è il rullo con serbatoio che contiene la pittura e la cede a poco a poco, evitandoci la perdita di tempo per intingerlo nella vaschetta. 

La pittura, un poco più diluita del normale, si versa nel serbatoio prima di iniziare il lavoro.

rullo con serbatoio

Pulire facilmente esterni, attrezzature e arredi da giardino con le idropulitrici

La pulizia delle strutture esterne di un’abitazione può essere a seconda dei casi un’operazione agevole o complicata, questo dipende in gran parte se si decide di fare il lavoro manualmente o con l’ausilio di macchinari dedicati come le idropulitrici ad acqua fredda

Pulire manualmente vialetti, muretti, terrazzi e scale o attrezzature come auto e moto può risultare complicato e faticoso. I motivi possono essere diversi.

Molto spesso si ha che fare con superfici che non sono continue o lisce, ma presentano fughe e discontinuità. Proprio in queste zone si annida lo sporco più ostinato da eliminare: si va dalla polvere al fango, dallo smog agli accumuli di materiale organico.

Inoltre, le superfici e i pavimenti ruvidi trattengono dell’acqua, agevolando la proliferazione di muschi e licheni che possono deturpare gli arredi da giardino, specialmente se posti all’ombra.

Pulizia manuale delle superfici

La pulizia manuale, per essere efficace, va eseguita con acquadetergenti (a volte anche solventi) e spazzoloni a setole abbastanza rigide. L’ingrediente principale rimane comunque l’olio di gomito, e il consumo dell’acqua in questi casi risulta essere molto alto.

Pulizia manuale di un pavimento esterno

In genere poi non si riesce mai a togliere ”tutto” lo sporco. Rimangono qua e là residui di vario tipo che si è costretti ad affrontare singolarmente con raschietti, ulteriori spazzolature ecc.

Pulizia con idropulitrice

Con l’idropulitrice tutto l’intervento si risolve in rapidità e senza fatica. Questa macchina è in grado di “sparare” acqua ad alta pressione tra i 100 e i 220 bar per mezzo di particolari lance che in alcuni casi dispongono di un ugello regolabile, in modo da generare getti a ventaglio o ultra concentrati.

Grazie alla potenza dell’acqua in pressione lo sporco può essere eliminato facilmente, compreso quello ancorato nei punti più difficili. Naturalmente si possono utilizzare detergenti di vario tipo che si inseriscono in un apposito serbatoio collegato alla lancia.

utilizzo idropulitrici in esterno

Per grandi superfici sono disponibili particolari accessori (che vedremo in seguito nell’articolo) come le spazzole rotanti o quelle dotate di ventola interna che permettono di esercitare una potente azione meccanica e idraulica ottenendo un risultato perfetto su piani esterni, vialetti, scale e altre strutture.

Caratteristiche di un’idropulitrice

disegno idropulitrici
Illustrazione dei componenti di un’idropulitrice. Nota importante: Il disegno è solo a carattere esemplificativo, in quanto non tutte le idropulitrici hanno la struttura e la disposizione dei componenti come evidenziati nel disegno.

Sembra difficile da credere, ma un’idropulitrice fa risparmiare acqua: il getto a pressione elevata riduce i tempi di pulizia e dà risultati migliori con meno fatica. Nel tempo che un tubo da giardino consuma 300 litri d’acqua un’idropulitrice ne consuma da 30 a 60 e la pressione varia dai 100-220 bar (in funzione del modello) contro i 3 dell’acqua di rete.

Tanta potenza con così poca quantità di acqua permette di lavare superfici e attrezzature con grande efficacia e semplicità.

Il motore collegato al gruppo pompante è il cuore della macchina: ce ne sono di diversi tipi e se si pensa di utilizzare l’idropulitrice in modo continuo e frequente, una testata di ottone o alluminio è preferibile ad una in plastica, infatti in questi casi è più adatto utilizzare un macchinario di tipo semi-professionale o professionale.

idropulitrici

Per utilizzare l’idropulitrice si devono avere alcune accortezze, come collegare il tubo d’ingresso per far entrare l’acqua prima di accendere la macchina, poiché il motore non deve girare a vuoto senza essere rifornito, o scaricare la pressione residua dopo l’uso per staccare il tubo, il cui distacco risulterebbe difficoltoso per la forte tenuta della guarnizione.

Alcuni modelli montano un filtro all’ingresso dell’acqua, da controllare con frequenza per evitare incrostazioni che riducano la portata.

Gli attacchi degli accessori possono essere a baionetta o a vite: il primo permette di sostituire gli accessori più rapidamente, ma il secondo, in media, dura più a lungo.

Tipologie di idropulitrice

Le idropulitrici vengono classificate in base a:

  • pressione erogata
  • portata (potenza)
  • destinazione d’uso
  • frequenza di utilizzo

In termini generali si individuano 5 categorie:

  • Idropulitrici piccole: adatte per utilizzi saltuari e con potenza limitata, vanno bene per pulire la bici, piccole macchine e attrezzature.
  • Idropulitrici hobbistiche: utilizzo saltuario per lavare la macchina, moto, tagliaerba, ecc.
  • Idropulitrici semi-professionali: utilizzo frequente per il lavaggio di auto di grandi dimensioni e superfici esterne.
  • Idropulitrici professionali: utilizzo molto frequente per la pulizia di grandi superfici esterne con sporco ostinato, camion.
  • Idropulitrici Trifase: per utilizzo industriale intensivo.

Come scegliere un’idropulitrice

Nella scelta dell’idropulitrice per la pulizia degli ambienti esterni e delle attrezzature si tende a valutarla in base alla pressione d’erogazione, ma la portata può essere più importante: una buona portata rende più efficace la pulitura delle superfici.

In fase d’acquisto di un’idropulitrice è quindi fondamentale valutare attentamente le nostre esigenze, al fine di evitare l’acquisto di una macchina sovradimensionata, oppure una non in grado di soddisfare le aspettative.

pulizia pavimento con idropulitrice

Sono talmente numerose le occasioni in cui si può utilizzare con soddisfazione una buona idropulitrice che, senza un’esperienza diretta, è persino difficile scegliere il modello che più si adatta alle nostre esigenze.

In questo senso, un valido aiuto è rappresentato dai siti web che mettono in relazione le caratteristiche e la potenza delle idropulitrici. Ad esempio su https://www.agrieuro.com/idropulitrici-acqua-fredda-c-67.html grazie a tutta una serie di indicazioni chiare e inequivocabili, è possibile identificare, in primo luogo, qual è la macchina di cui abbiamo bisogno e quali accessori (tubo di alimentazione, raccordi, ecc) ci sono indispensabili.

Se non si affrontano lavori gravosi o pulizie approfondite di grandi superfici non è il caso di investire in una macchina professionale: il lavaggio dell’auto o della moto, la rimozione dei residui dal rasaerba o da altre attrezzature dopo l’uso, il rinnovo del pavimento esterno non soggetto a sporco ostinato sono operazioni di pulizia per le quali è sufficiente un’idropulitrice ad acqua fredda che presenti il giusto compromesso tra portata e pressione d’esercizio.

Quando l’utilizzo va oltre la semplice pulizia e si tratta di “staccare” lo sporco dalle superfici c’è bisogno di un getto più potente, da 160 bar in su; inoltre è opportuno che la macchina sia di tipo semi-professionale o professionale, perché risulta più resistente e monta pompe in ottone e pistoni in ceramica, per utilizzi continuati e frequenti. Anche gli accessori devono essere all’altezza delle esigenze, sicuramente c’è bisogno di una lancia ad alta pressione e di un ugello rotante, per aggredire lo sporco da più direzioni.

Quali operazioni svolgere con le idropulitrici

idrooulitrice semiprofessionale
L’idropulitrice è lo strumento ideale per rimuovere lo sporco dalle pavimentazioni esterne, regolando l’ampiezza del getto in funzione del tipo di superficie: i risultati migliori si ottengono abbinando l’azione della pressione con quella di un detergente e facendo uso degli accessori in dotazione, come la lancia mangiasporco, o disponibili come optional, come il lavasuperfici (utilizzabile anche su pareti verticali). Idropulitrice indicata: semi-professionale
idropulitrici pulizia
Con la lancia dell’idropulitrice si riescono a pulire rapidamente anche oggetti che in altra maniera rappresentano veri e propri lavori da “certosino” quali griglie, inferriate ecc. Idropulitrice indicata: Hobbistica/semi-professionale.
idropulitrice hobbistica
La possibilità di erogare insieme all’acqua un quantitativo calibrato di detergente risucchiato automaticamente da un serbatoio, permette di effettuare lavaggi molto accurati su strutture che permangono all’aperto. Il detergente è collocato in un serbatoio collegato alla lancia, altre volte nel corpo della macchina. Idropulitrice indicata: Hobbistica/semi-professionale.
La lancia flessibile consente di lavare auto, barche, moto e raggiungere zone difficili come l’interno dei parafanghi. Idropulitrice indicata: Semi-professionale.
pulizia moto con idropulitrice
La pulizia energica e approfondita di auto e moto anche dalle incrostazioni più dure, è uno dei lavori in cui l’idropulitrice dimostra la sua utilità. In genere è possibile applicare un sistema di risucchio di sapone liquido che permette di realizzare miscele con l’acqua. Idropulitrice indicata: Semi-professionale.

Accessori per idropulitrici

La versatilità aumenta grazie agli accessori che estendono l’ambito operativo della macchina. Quasi tutte le lance di erogazione permettono di passare dal getto puntiforme, che fornisce la massima potenza abrasiva, al getto a ventaglio, che raggiunge la massima ampiezza (lineare) di intervento.

Da qualche tempo sono entrati nell’uso nuovi ugelli in cui un dispositivo azionato dalla stessa pressione dell’acqua fa rapidamente girare il getto puntiforme, col risultato di esercitare la massima potenza abrasiva su un’ampia zona, questa volta circolare, come il Twin Nozzle.
Questi ugelli sono molto indicati per pulire pietra, blocchetti e piastrelloni di pavimentazioni esterne perché sono in grado di colpire un unico punto con diverse angolazioni.

Per sabbiare

Su molte idropulitrici si può montare l’accessorio per sabbiare: in questo caso il getto d’acqua crea una forte depressione che aspira la sabbia e la spara con violenza sull’oggetto da ripulire, rimuovendo ruggine e croste di smalto dalle superfici metalliche; con lo stesso sistema, ma con un minimo di cautela in più, si possono sverniciare o antichizzare manufatti in legno.

Per superfici estese

Un particolare accessorio pulisce a fondo superfici estese grazie a un energico getto che fuoriesce da una spazzola rotante.

Per lavare vetri e superfici delicate

Su alcune idropulitrici si possono montare degli spazzoloni fissi, snodabili e rotanti per il lavaggio di vetri, vetrate e altre strutture quali serre.

Per sgorgare

accessorio per idropulitrice
Un tubo ad alta pressione di piccolo diametro porta all’estremità uno speciale ugello che spruzza l’acqua all’indietro: collegato l’altro capo all’idropulitrice, si introduce nel tubo da liberare la parte attiva che, proprio grazie alla pressione, si fa strada rapidamente all’interno del condotto, spingendo fuori i detriti vegetali o, nel caso della rete fognaria, sciogliendo le incrostazioni.
pulizia canale di scarico con lancia idropulitrice

Pialla per legno manuale | Caratteristiche e utilizzo

La pialla per legno è un utensile che serve per eseguire lavori di falegnameria finalizzati a lisciare e a levigare il legno

Il legno va lavorato con strumenti affilati e questo principio vale più che mai per la piallatura con la pialla per legno. Quando ancora non esistevano sistemi di levigatura, l’uomo modellava il legno con pietre (prima) e ferri (poi), togliendo strato per strato, un po’ alla volta, quello che non serviva, per ottenere il pezzo desiderato.

Eppure, con tanta esperienza accumulata nel corso dei millenni, oggi è proprio la piallatura che ci mette più alla prova nell’ambito dei lavori con il legno. I motivi di questo fatto vanno ricercati proprio nell’essenza dello strumento, la pialla manuale per legno, che fra tutti gli altri richiede il rispetto di almeno due regole fondamentali.

La prima è una regola che vale per qualsiasi lavorazione, ma in questo caso non ci sono tolleranze possibili: si deve fare esperienza! In questo caso si intende: provare… provare… provare… e poi ancora provare… anche se i risultati non sono confortanti; quando si pensa di aver acquisito un certo livello, ecco che si torna inaspettatamente indietro, solo perché il tipo di legno ha caratteristiche diverse da quello usato in precedenza.

Il tipo di essenza e l’orientamento della fibratura, infatti, rappresentano una variabile “drammaticamente” importante nella piallatura, più che in molte altre lavorazioni del legno. Imparare a piallare il legno, quindi, comporta anche l’acquisizione di determinate conoscenze tecniche delle essenze, nonché la capacità di valutare il pezzo in sé, ovvero l’orientamento delle fibre, la presenza di nodi, fessurazioni o altre ragioni di debolezza e discontinuità.

La seconda regola fondamentale è che l’utensile sia valido, ovvero di alto livello costruttivo e, soprattutto, abbia il tagliente molto ben affilato e ben regolato. Nonostante la pialla sia un utensile estremamente semplice ed essenziale, deve garantire un sostegno al tagliente solido e durevole. L’affilatura del coltello della pialla per legno merita una trattazione a sé stante, dato che, osservate tutte le premesse, se non c’è quella è del tutto inutile procedere con il lavoro.

Ovviamente affilatura non vuol dire pialla per legno nuova, anzi, il più delle volte che se ne acquista una, la prima cosa da fare è la rettifica e l’affilatura della lama, operazione, quest’ultima, da ripetere più spesso possibile.

In realtà, in questa categoria si possono trovare ulteriori suddivisioni. La pialla per sgrossare, lunga dai 25 ai 35 cm, ha la suola piatta, ma il filo tagliente è leggermente convesso in modo da asportare forti spessori di materiale.

Quale pialla per legno utilizzare?

Le pialle manuali sono classificate in base a tre categorie che ne identificano la destinazione d’uso di base: le pialle vere e proprie, le sponderuole e gli incorsatoi. Le pialle per legno vere e proprie sono quelle che si usano per rettificare le superfici, ovvero renderle piane, lisce, uniformi.

pialla per legno

Il pialletto manuale a finire (1), utilizzato per i lavori di fino sulle superfici, ha tagliente con filo diritto con spigoli smussati per non rigare la superficie da lavorare. Il piallone (4), molto lungo, sino a 65-75 cm, permette di eseguire fili diritti sulle assi e rettificare grandi superfici; la sua massa fornisce maggiore inerzia all’utensile e la piallatura risulta più scorrevole, anche su legni con venatura ritorta o con nodi.

La piallatrice legno da bottai è caratterizzata da una suola curva con cui si possono lavorare i pezzi concavi, come per esempio le doghe per la costruzione delle botti o dei tini in legno. Il pialletto manuale a registro (2), più spesso di metallo, ma si trova anche di legno, prevede la presenza di viti di registro che consentono di regolare in modo semplice la sporgenza della lama e l’apertura della feritoia.

La sponderuola (3), solitamente di spessore sottile, è caratterizzata dall’avere il coltello della stessa larghezza del ceppo e da una buca ridottissima perché i trucioli, dopo la feritoia, vengono espulsi dalle aperture laterali. Si usa per eseguire incastri, battenti o modanature.

L’incorsatoio è una pialla caratterizzata dalla sagomatura della suola e del coltello in modo da realizzare cornici o modanature, direttamente sul bordo del pezzo.

Le posizioni della piallatura

piallatura manuale
  1. La pialla per legno manuale va portata con due mani, anche quando non è presente l’impugnatura anteriore.È di fondamentale importanza, infatti, mantenerla saldamente a contatto con la superficie e usare (sviluppandola col tempo) la propria sensibilità nel mantenere la planarità anche con le superfici sconnesse o strette come la tavola della foto.
  2. La passata non deve essere continua, da cima a fondo del pezzo: sono le nostre braccia a imprimere lo slancio e le mani a gestire la pressione sull’anteriore e il posteriore dell’utensile, in modo ritmico e armonioso, senza rigidità e impuntamenti che possono generare terribili scalini sulla superficie.
  3. La principale cautela va osservata all’attacco e all’uscita dal pezzo in lavorazione. Per quest’ultima si veda in basso in questa stessa pagina, mentre per l’estremità di attacco della piallatura di un legno, va tenuto morbidissimo il posteriore dell’utensile facendo dominare leggermente la mano sull’anteriore.
  4. La pialla per legno si può usare anche per stondare i bordi di una tavola e il lavoro, soprattutto se il pezzo è grosso, risulta semplice, anzi, è un bel modo per acquisire sensibilità sull’inclinazione dello strumento.

Supporto di piallatura

Un supporto di legno, realizzato come in figura, consente di appoggiare stabilmente il pezzo per poterlo piallare sulla superficie maggiore, trasversalmente (di testa) e a 45°.

Piallatura di testa o trasversale con la pialla per legno

La piallatura di testa, ovvero fatta portando la pialla trasversalmente rispetto al senso delle fibre del legno, presenta delle difficoltà. La più evidente è il fatto che le fibre vanno tranciate e in questo modo offrono molta resistenza al passaggio della lama. In più, presentandosi “a mazzo”, è frequente la presenza di zone di debolezza dell’essenza; questo si traduce nella classica rottura in uscita dal pezzo (1).

Per evitare questo pericolo non bisogna portare a fondo il passaggio, ma fermare l’azione della pialla a 2/3 circa della lunghezza totale della superficie (2), completando poi il terzo mancante approcciandolo dall’altra estremità.

Una soluzione alternativa al problema è quella di bloccare molto saldamente un pezzo di legno di scarto contro la faccia relativa all’uscita della pialla (3). Il legno deve rimanere a filo della superficie da piallare, in modo da trattenere le fibre del pezzo buono sacrificando le sue per la resa del lavoro.

Come affilare le lame

Come affilare le lame della pialla

come piallare il legno

A mano, usando le pietre, o con l’ausilio della mola ad acqua, l’affilatura è operazione da effettuare con la massima cura, soprattutto sui coltelli delle pialle nuove. Sono pochissime infatti, quelle che vengono vendute perfettamente affilate.

Con le pietre vanno fatti più passaggi con grado di smerigliatura progressivamente più fine, a seconda anche di quanto sia rovinato il filo del coltello. Si inizia con grana 800-1200 per spianare rimuovendo più materiale e si passa alla 4000-8000 per rimuovere la bava.

Il passaggio col cuoio è finale e completa l’opera (notare il secondo disco sulla mola).

  1. La pietra (può essere di tipo ad acqua o a olio) va appoggiata su una superficie piana. Sotto si mette un pezzo di stoffa che trattiene la pietra impedendole di scivolare.
  2. La rettifica della parte piana è la prima cosa da fare, usando la pietra a grana 800. La zona importante è quella dei 2-3 centimetri all’estremità del coltello: quando la pietra ha lavorato uniformemente su tutta quell’area, il lavoro è fatto, si può passare al bisello.
  3. Nel caso di un filo particolarmente danneggiato, essendo necessario un passaggio con la mola a secco, bisogna raffreddare ripetutamente il ferro per non rovinare la tempra dell’acciaio.
  4. I passaggi sulla parte piana del coltello sono semplici; più difficile è mantenere l’inclinazione quando si passa alla parte bisellata (solitamente l’angolo è di 30°). Per questo esistono delle guide, cui fissare il coltello, che permettono di mantenere costante l’angolo impostato. Il movimento deve essere rotatorio (molti consigliano di tracciare idealmente un 8); il coltello va tenuto leggermente inclinato di lato.
  5. Quando si stringe il coltello della pialla nel bloccalama della mola con acqua bisogna farlo sporgere quel tanto che basta per ottenere esattamente l’angolo di bisello del coltello stesso (i soliti 30°).
  6. Il passaggio al disco con la striscia di cuoio perfeziona il filo rendendolo tagliente come un rasoio. Anche in questo caso va fatto prima un passaggio su un lato e poi sull’altro.

Il filo della lama

La regolazione della sporgenza del filo della lama dalla suola è la fase più importante. Il filo non deve sporgere più di un millimetro, passando il pollice si deve sentire un lieve risalto.

Il truciolo

La parte di lama che fuoriesce deve essere orizzontale, altrimenti la passata asporterà un truciolo a sezione variabile. Se la lama sporge troppo la pialla si impunterà sul legno.

Smontare, rimontare e regolare il coltello

piallare il legno

lavorare il legno

  1. Se per mandare giù il coltello all’interno della fessura basta picchiarci sopra con il martello, per farlo arretrare, allentando nel contempo la pressione del cuneo che lo blocca, si usa sempre il martello, ma picchiando sul retro della pialla. Se è presente il ferro di battuta si può usare un martello comune, altrimenti, per non rovinare il retro della pialla, va usato un mazzuolo di legno.
  2. Per sbloccare la lama va comunque estratto il cuneo di legno. Si appoggia la pialla su un fianco sul banco da lavoro e si forza il cuneo con movimenti laterali oscillanti sino a che si allenta del tutto.
  3. Il cuneo si estrae. Spesso anche questo presenta all’estremità una bisellatura di cui va osservato il verso, al momento di rimontare il coltello. La bisellatura permette di applicare alla mola un tacco di legno più robusto, quindi che supporta meglio il coltello, senza fare spessore nel punto della feritoia.
  4. Per tutte le operazioni di manutenzione e affilatura, il coltello e il controferro, se presente, vanno separati. Il coltello, in questo caso, ha una lunga asola che permette il libero posizionamento e la rimozione del controferro, trattenuto da una grossa vite.
  5. Una volta affilato il coltello, si rimonta il controferro accoppiandolo nel senso corretto. Fra i due ci deve essere un lieve scostamento, ovvero il controferro deve rimanere leggermente arretrato rispetto al coltello, di una misura minima, che dipende anche dall’altezza di piallatura e dalla qualità del legno da piallare.
  6. Se l’altezza è minima e il legno è duro e compatto, lo scostamento deve essere molto ridotto, meno di un millimetro.
  7. L’insieme lama-controferro si riposiziona nella pialla a mano per legno. Notare che la buca presenta uno scasso per l’alloggiamento della testa della vite che sporge dietro il coltello.
  8. In questo modo, inserendo successivamente il cuneo di ritenzione, questo riesce a imprimere al coltello una pressione uniforme contro la parete della buca, stabilizzandolo a dovere e impedendo le dannosissime vibrazioni all’estremità del filo.

Pialla legno – Ricciolo e feritoia

Pialla manuale per legno 13
Quando l’ampiezza della feritoia è regolabile ci si deve assicurare di mantenerla sempre più stretta possibile. In questo modo si garantisce la migliore azione sul legno da parte del coltello, senza l’innesco di vibrazioni. Ovviamente bisogna consentire al truciolo di passare senza che venga trattenuto e ingolfi la feritoia stessa e la buca. Questo può succedere maggiormente con legni teneri, con coltello regolato su alti spessori di piallatura.

Gettare le fondazioni di un edificio | Panoramica generale

Le fondazioni o fondamenta di una casa sono le parti della struttura di un edificio e servono ad ancorarlo al suolo, assorbirne i carichi e scaricarli a terra

Non esiste una casa-campione che possa essere presa a modello per le fondazioni, ma alcuni tra i più rilevanti elementi strutturali sono abbastanza omogenei, mentre i materiali differiscono anche di molto in relazione alla collocazione geografica e climatica.

In genere le case hanno una struttura portante di cemento armato che poggia su fondazioni e pilastri ben ancorati nel terreno. Alcune abitazioni meno recenti e di piccola estensione, di un solo piano, poggiano semplicemente su una platea armata, sempre di calcestruzzo. Se la struttura portante non è di cemento armato gli appoggi possono essere di mattoni e l’abitazione si regge su muri portanti.

Nelle case più antiche o in quelle di campagna che non hanno cantina, la soletta del piano terreno può anche essere formata da un riempimento di pietre (platea) stabilizzato con malta.

le fondazioni

Nella maggior parte dei casi, la soletta dei piani intermedi è costituita da elementi prefabbricati di laterizi particolarmente strutturati che sono legati con malta di cemento e rinforzati con tondini di ferro. Questi elementi poggiano su travi armate, di sostegno. 

Il piano così realizzato poggia, a sua volta, su travi di cemento armato che collegano i pilastri. Su questo piano è posto uno strato di malta cementizia (massetto) che fa da base al pavimento. 

Se bisogna forare la soletta è necessario tenere presente di non fare mai grandi aperture perché si potrebbero tranciare i tondini di ferro e quindi compromettere gravemente la solidità dell’insieme. 

Nelle case che hanno una struttura portante di cemento armato, i muri perimetrali sono molto differenti da quelli interni, mentre nelle case che poggiano su muri portanti questa diversità è, in genere, minore. 

Le fondazioni – Come si realizzano

La platea

Utilizzata per strutture piccole o in presenza di terreni deboli, è un solettone a cui si aggiungono nervature secondarie per garantire un ulteriore irrigidimento. Viene utilizzata in zone sismiche.

platea

I plinti

Ideali per strutture a telaio con carichi elevati. Viene ingrossata la base del pilastro con un plinto, di solito a forma piramidale. Spesso i plinti vengono collegati con cordoli di calcestruzzo armato.

le fondazioni plinti

L’armatura

Ogni gettata di fondazione deve essere armata con un’intelaiatura di tondini di ferro corrugati (ad “aderenza migliorata”), opportunamente piegati e collegati l’uno all’altro con filo di ferro.

armatura

La gettata

Si effettua dopo aver  realizzato opportune casseforme di contenimento. Per piccole gettate si utilizza la betoniera, mentre per le maggiori si usa il calcestruzzo impastato fornito con autobetoniera.

gettata

La presa

Il calcestruzzo opportunamente assestato nella cassaforma, affinché non rimangano vuoti e livellato superiormente, si lascia stabilizzare per alcuni giorni prima di proseguire nel lavoro.

presa

La soletta

Tolta la cassaforma rimane la struttura in cemento armato su cui si possono erigere muri e innalzare pilastri. L’indurimento finale del calcestruzzo si realizza in circa 28 giorni.

soletta

Trave rovescia

La trave di fondazione (detta anche trave rovescia) è una struttura adottata spesso per le fondazioni superficiali, nel caso in cui ci siano problemi di cedimenti differenziali; infatti le travi rovesce sono le fondazioni più comunemente adottate in zona sismica

trave di fondazione, trave rovescia

Si realizza con calcestruzzo armato, a forma di parallelepipedo, con spessore che varia in genere da 40 a 80 cm, larghezza variabile da 50 a 200 cm, campate longitudinali in genere da 2 a 6 m

La sezione è normalmente un rettangolo. La sua base di appoggio a contatto con il piano di fondazione deve avere una larghezza maggiore, ed è correlata alla capacità portante del terreno e ai carichi provenienti dalla sovrastruttura.

Comunità degli oggetti e comunità del fare

Tratto da “Far da sé n.498 – Settembre 2019″

Autore: Nicla de Carolis

Ridotti al rango non di cittadini ma di consumatori, assistiamo a fenomeni sconcertanti che derivano appunto dall’essere “passivi tubi digerenti di beni”. È raro sentire qualcuno che si ribelli per essere chiamato consumatore, termine davvero sminuente e pur accettato tanto che ci sono le associazioni dei consumatori. Sembra non sia più di moda essere comunità fatte di persone che provano passioni politiche e si identificano con un ideale; o di artisti, architetti che credono nella loro missione di lasciare opere che educhino al bello o “sciocchezzuole” analoghe. I poteri che regolano l’economia e soprattutto la finanza e comandano il mondo di oggi, per crescere e prosperare, hanno bisogno di una società dei consumi globalizzata e pensano alle persone solo come consumatori preoccupandosi di catturare informazioni per conoscerne i gusti e farli consumare di più.

Se “il credo” è il consumo, le persone in cui è insito, quasi sempre, il desiderio di appartenere a un gruppo con cui si condivida qualcosa, hanno dato vita inconsapevolmente al fenomeno delle comunità degli oggetti. Solo per fare qualche esempio basti pensare agli smartphone: c’è la comunità dei sostenitori dell’Iphone di Apple e quella dei Samsung ognuno dei quali mai comprerebbe l’altro. Stesso vale per le automobili: il porschista (il propretario di una costosa tedesca Porsche) guarda con sufficienza il proprietario di un’altrettanto costosa Ferrari e viceversa.

Ma una riflessione parte da un’altra grande comunità degli oggetti, quella dei cosiddetti harleysti, i motociclisti che si contraddistinguono per abbigliamento e accessori particolari e scelgono le rumorose e originali moto americane (da pagina 20 c’è la costruzione di una bellissima moto a dondolo ispirata a una Harley Davidson) anche loro in contrapposizione con la comunità dei bmwisti, quelli che optano per le comode e silenziose tedesche BMW.

Infatti la storia di queste mitiche moto americane inizia da qualcosa di molto vicino a chi fa da sé, altrettanto lontana da quella delle comunità degli oggetti. Nel 1901, a Milwaukee (Stati Uniti, Stato del Wisconsin) due ventenni amici d’infanzia William Silvester Harley e Arthur Davidson, montando su una bicicletta un motore da loro costruito, crearono un prototipo di bici a motore.

Questo mezzo venne realizzato nel garage dell’abitazione di Davidson, che misurava 3 metri per 5 (la foto dell’incredibile laboratorio è qui a fianco) e fu un disastro per le abbondanti perdite d’olio e le forti vibrazioni scaricate sul telaio da bicicletta non sufficientemente robusto. I due amici però, aiutati da Walter Davidson fratello maggiore di Arthur e da Ole Evinrude, pioniere motoristico e futuro inventore del motore fuoribordo per uso nautico, riuscirono a produrre nel 1903 la prima vera Harley Davidson.

Una storia vibrante ed emozionante se si pensa alla passione che questa piccola comunità di giovani, con pochi mezzi, avrà profuso per realizzare qualcosa che ha dato vita a un’industria arrivata fino ai nostri giorni; la passione di chi ama FARE, ben diversa da quella di chi si limita ad acquistare un oggetto, sia pur esclusivo, e si bea, per questo, di appartenere a una comunità.

Tinteggiatura più facile e v­­eloce con i prodotti Nespoli Group

Pitturare pareti, infissi e altre superfici può essere un’attività complicata oppure facile e divertente, anche in funzione degli attrezzi e degli accessori che utilizziamo

La linea di prodotti Nespoli fornisce a chi pittura un aiuto con particolari soluzioni le cui peculiarità risultano decisive. Profilatori; sistemi “intelligenti” per rulli; rulli al Teflon® Surface Protector (*); pennelli ergonomici salvapittura; bacinelle e pot, possiedono interessanti qualità e contengono adeguate soluzioni tecniche che fanno la differenza.

EasyLiner®

In particolare EasyLiner® è ideale per profilare con pittura murale su tutti i tipi di superficie lungo zoccolini, porte, finestre, angoli fra pareti e soffito, senza applicare il nastro adesivo di mascheratura.

EasyLiner
EasyLiner®
https://www.youtube.com/watch?v=PWYgjxYae-U

RollMatic®

RollMatic®, invece, è provvisto di un meccanismo automatico che consente con un semplice click di sganciare il rullo dal manico e dispone di un contenitore dove poter riporre il rullo sporco evitando così che la pittura si possa seccare.

RollMatic
RollMatic®
https://www.youtube.com/watch?v=q_B8Y-Exu0I

 Nespoli Group 

Altri prodotti Nespoli

Teflon Surface Protector®

EasyWash®

FreshBox48®

AirTouch®

Vaschetta EasyTouch®

Barattolo EasyTouch®

Clicca qui e acquista on-line.

(*) Teflon® è un marchio registrato della società Chemours ed è usato sotto licenza da Nespoli Group.

Nastro per mascheratura | Delimitare le aree da dipingere

Il nastro per mascheratura è uno scotch di carta che consente di delimitare zone da tinteggiare evitando sbavature di colore

La tinteggiatura di pareti e la decorazione di mobili e oggetti con smalti di vario tipo non possono prescindere dall’utilizzo di un nastro per mascheratura che delimiti con precisione le aree da dipingere, evitando di schizzare, debordare o gocciolare su altre superficie.

Questi nastri di carta adesiva sono prodotti in versioni differenti, ma tutti si ancorano facilmente grazie a un tenace adesivo e si lasciano asportare con altrettanta facilità, senza distaccare parti del supporto.

nastri per mascheratura

Alcuni nastri sono specializzati per impieghi esterni, altri per delimitare zone molto sagomate. Aderiscono praticamente su tutti i materiali, a patto che non siano presenti polvere o unto, su cui non hanno buona presa.

Alcuni nastri per mascheratura sono accoppiati a un telo protettivo che attrae le gocce di pittura grazie all’elettricità statica e poi le trattiene grazie alla struttura a micro pori. Serve per proteggere ampie superfici dagli schizzi di pittura adattandosi facilmente a ogni dimensione.  

La superficie crespa di alcuni nastri consente loro di adattarsi molto facilmente a curve strette e sinuose, ideali per decorazioni elaborate.

Nastro per mascheratura su mobili e serramenti

Riquadri precisi

Per formare riquadri e bordature su porte e mobili tracciamo le sagome a matita e poi applichiamo il nastro di carta per mascheratura seguendo le tracce.

nastro adesivo di carta

La pittura

Con un pennello di adeguate dimensioni pitturiamo l’area individuata insistendo lungo il perimetro del nastro. A pittura essiccata togliamo il nastro adesivo di carta. 

nastro di carta

Proteggere il vetro

Quando si pitturano le finestre o le porte a vetri è necessario contornare il vetro per evitare che le pennellate lo sporchino stendendo il nastro lungo tutto il perimetro.

scotch di carta

Mascherature per verniciatura sulle pareti 

Per cornici e bordini

Il gesso e il polistirolo, con cui sono realizzati i profili decorativi delle pareti, sono molto assorbenti e se non protetti sarebbe impossibile rimuovere le sbavature.

verniciatura bordo

Per spatolati

Lo scotch di carta consente di definire le aree in cui usare spatole, pennelli e spugne con assoluta precisione senza sbavature o colature su superfici già asciutte.

mascherature per verniciatura

Facile asportazione

Quando le pitture sono asciutte togliamo il nastro carta tirandolo lentamente. Il suo adesivo non asporta scaglie di pittura, come succede con nastri inadeguati.

nastro per mascheratura

Nastro mascheratura per decorare

Il nastro per mascheratura ci facilita notevolmente il lavoro quando intendiamo eseguire una decorazione geometrica ripetitiva.

Nel caso visibile in foto si tratta di pitturare tanti triangoli uguali sui bordi di un tavolo.

Preparata una dima di forma e dimensioni opportune la poggiamo sulla parte da pitturare e tracciamo il contorno a matita.

decorazione mobile

Poi, con il nastro da mascheratura, seguiamo tutte le tracce e completiamo il lavoro rapidamente.

Se il supporto su cui lavoriamo non è liscio, ma scabro, curiamo particolarmente l’adesione dei bordi del nastro per evitare infiltrazioni della pittura sotto di esso.

Pistola a spruzzo per verniciare | Caratteristiche e utilizzi

La pistola a spruzzo consente di verniciare pareti, oggetti e carrozzerie d’auto in maniera uniforme grazie alla tecnica a spruzzo

La pistola a spruzzo serve per verniciare e spruzzare liquidi ad alta pressione, generata da un compressore d’aria cui è collegata tramite un tubo flessibile. È fornita di serbatoio, superiore o inferiore, in cui si immette il liquido da spruzzare.

Azionando il pulsante di erogazione, l’aria compressa realizza il potente convogliamento del liquido collocato nel serbatoio e la conseguente spruzzatura. L’ugello anteriore, attraverso cui passa il liquido, può essere regolato per ottenere un getto di diversa ampiezza.

Si possono anche regolare la quantità di pittura prelevata dal serbatoio, la pressione dell’aria e la forma del ventaglio dello spruzzo.

Molto pratiche sono le pistole a spruzzo integrali, fornite di un piccolo ma potente compressore per verniciare da indossare a tracolla o da appoggiare nei pressi della zona di lavoro.

La pistola per verniciare a spruzzo è perfetta per dipingere casa, ringhiere, oggetti di vario genere e la carrozzeria delle automobili.

Effetto nebbia

L’effetto “nebbia” è generato da particelle di vernice che, essiccando durante il percorso dall’ugello alla superficie da verniciare, si depositano sulla stessa già parzialmente solidificate e danno origine a una finitura ruvida e poco brillante.

Il fenomeno, tipico delle pistole che funzionano ad aria compressa, viene contrastato dai produttori di vernici aggiungendo al solvente particolari additivi, detti “rallentanti”. Sulle confezioni di diluente alla nitro, troviamo, infatti, la dicitura “antinebbia”.  

Con serbatoio superiore

Alcune pistole per verniciare sono dotate di un serbatoio superiore in cui si immette la vernice, che affluisce per caduta nel condotto di soffiaggio. Questo sistema, per gravità, impedisce che rimangano residui nel serbatoio. L’aria compressa  giunge alla pistola tramite un tubo flessibile collegato alla base dell’impugnatura.

pistola a spruzzo

Premendo la leva si aziona lo spruzzo. Questo è regolabile sia in intensità sia in ampiezza con ghiere di comando ed è anche regolabile la corsa della leva in modo da facilitare il lavoro. Un gancio permette di appendere la pistola senza inclinarla.

pistola per verniciare

Con serbatoio inferiore

La pistola a spruzzo con serbatoio inferiore risulta più comoda quando si devono verniciare superfici estese (come per esempio quando è necessario imbiancare a spruzzo). Si può contare su una maggiore capacità del serbatoio.

pistola a spruzzo

Il fatto di avere il peso (e anche il baricentro) in basso anziché in alto, rende meno faticosi per il polso i movimenti da eseguire per ottenere una copertura uniforme.

pistola per verniciare

Il flusso d’aria proveniente dal compressore e diretto all’ugello forma una depressione nel tubicino pescante nella vernice e la richiama verso l’alto.

La pulizia avviene con lo stesso solvente usato per diluire: lo si immette nel serbatoio e si fa funzionare più volte la pistola.

Dotazione integrale

Il termine “aerografo” identifica tutte le pistole a spruzzo usate per la verniciatura ma, nel linguaggio comune, si riferisce a quei modelli di piccolissime dimensioni che funzionano con aria compressa a bassa pressione e che si usano nei settori della decorazione, del modellismo e della grafica.

aerografo

Questi attrezzi hanno un consumo d’aria molto ridotto ma, per lavori di un certo pregio, non possono essere alimentati con un compressore qualsiasi, che potrebbe erogare aria con tracce di olio: servono i compressori tipo “oilless” (senza lubrificazione). 

La pittura si immette in un piccolo serbatoio e la si spruzza attraverso l’ugello anteriore, regolabile. Data la sua forma questo attrezzo viene denominato anche “aeropenna”.

Pistola a spruzzo prezzi

I prezzi di una pistola da verniciatura dipendono da dimensioni, marca e potenza. Una pistola base costa intorno ai 40-70 euro, mentre una pistola per verniciare professionale può costare diverse centinaia di euro (da 150 a 400 euro).

Traforo a mano | Attrezzatura e utilizzi

Il traforo a mano si effettua tramite un apposito archetto con lama e molteplici attrezzi impiegati per i lavori di precisione e di finitura

L’archetto da traforo a mano è costituito da un’impugnatura di legno o plastica e da una sagoma metallica a forma di U orizzontale, che può essere di piattina metallica o di tubolare. Data la lunghezza dei bracci (circa 30-35 cm) l’arco metallico presenta una certa elasticità ai due estremi che gli permette di mantenere in tensione una sottile lama dentata che si blocca alle estremità con due morsetti dotati di vite a galletto.

traforo a mano

In genere nella confezione che contiene l’archetto da traforo e le lame è compreso anche il trapano a vite che serve per effettuare tagli “interni” e la tavoletta di supporto con relativo morsetto che serve per bloccarla a un piano.

Le confezioni più complete, come quella qui sotto raffigurata, contengono anche attrezzi di misura, da taglio e da rifinitura e altro per avere tutto a portata di mano per non solo i lavori con il traforo, ma anche le operazioni di misurazione, sgrossatura e rifinitura.

traforo a mano attrezzatura
Archetto portalama con lame (1-2); Basetta a coda di rondine (3); Morsetto (4); Martello leggero (5); Tenaglie (6); Pennello (7); Morsetto da banco (8); Succhiello (9); Squadra (10); Cacciavite (11-12-13-14-15); Chiavetta serraggio farfalle (16); Segaccio (17); Lime-raspe (18-19); Sega a dorso e dima (20-21); Metro (22); Trapano a manovella (23); Tampone per carteggiatura (24); Trapano a vite (25); Pialla (26); Colla (27).

Lame

Per il seghetto da traforo sono disponibili lame con dentatura di diversa densità e dimensione. Le dentature più grossolane sono l’ideale pera i materiali teneri e spessi mentre quelle fini si adoperano per i metalli e il legno duro o sottile.

La tensione

La lama del traforo si monta sull’archetto con dadi a farfalla. Prima si fissa a una estremità, poi, tenendo premuto l’archetto in modo che si stringa, si fissa all’altra. L’archetto la mantiene ben tesa.

Tagli interni

Per realizzare tagli di parti interne si realizza un foro, con il trapano a vite. Poi, scollegata la lama da un morsetto del seghetto per traforo, la si inserisce nel foro e la si ricollega all’archetto, quindi si taglia.

Il taglio nel traforo a mano

Si esegue azionando l’archetto nel senso alto-basso-alto, ma l’avanzamento avviene solo mentre l’archetto scende. Il compensato va appoggiato sull’apposita tavoletta sagomata, fissata a un piano.

Su legno

Per realizzare il traforo legno l’archetto va azionato con un movimento costante senza premere in avanti per non uscire dalla traccia. Le curve si eseguono ruotando sia il pezzo da lavorare, sia angolando l’archetto. 

traforo a mano

Su metallo

Si agisce con movimenti più brevi e più veloci senza mai angolare l’archetto, ma muovendo solo il pezzo da lavorare con la mano libera. Quando una lama non avanza bene la si sostituisce.

Traforo su carta e stoffa 

Per ricami e smerlature su carta, plastica e tessuto, possiamo avvalerci di semplici strumenti come le punzonatrici a pinza con le quali ritagliamo un disegno ripetitivo lungo il margine del foglio.

I decoratori per i bordi sono apparecchi adatti a realizzare bordature lineari e ricami su biglietti, cartoline e pizzi di carta. Sono moltissimi i motivi decorativi intercambiabili tra cui scegliere.