Resilienza con detrazioni al 90/65%

Tratto da “Rifare Casa n.66 – Novembre/Dicembre 2019″

Autore: Nicla de Carolis

Si parla spesso di resilienza, letteralmente la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi, ma questo concetto è stato preso in prestito in altri ambiti del sapere quali la psicologia che lo utilizza per definire la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà, difendendosi con determinati comportamenti e “autoriparandosi”, riorganizzando positivamente la propria vita. E poi viene usato anche dall’ecologia: a tal proposito è da segnalare il progetto Città Resilienti, a cui hanno aderito in Italia Milano e Roma, che si inserisce, però, in una più ampia rete internazionale. Si tratta del network 100 Resilient Cities, città europee, statunitensi, africane, sud americane e di altri Stati, costituitosi con l’obiettivo di rafforzare la “resilienza” delle città che vi aderiscono, ovvero di aumentare la loro capacità di affrontare le principali sfide ambientali, sintetizzabili in tre punti principali: aumentare le aree verdi, ridurre il consumo delle risorse e riprogettare gli spazi, dando risposta anche ai problemi sociali ed economici dei cittadini attraverso lo sviluppo di strategie condivise. Città che resistono, sopravvivono, si adattano e crescono a prescindere dagli stress cronici come la scarsa qualità dell’aria, la carenza di alloggi, la disoccupazione, i trasporti non efficienti ecc e dagli shock acuti, disastri ambientali come le alluvioni, gli incendi,
il terrorismo ecc.

Siamo quindi ridotti a “resistere” ai danni del progresso che, insieme a tante innovazioni positive, abbiamo generato, allontanandoci sempre più dall’idilliaco modello rinascimentale della città ideale, realizzato da Federico da Montefeltro, nella seconda metà del 1400, con l’edificazione di Urbino. Questa città ideale, pensata per conciliare tessuto urbano e natura, “una città colta e felice che asseconda le forme del territorio su cui sorge”, ancor oggi apprezzabile nella sua dimensione, è lontanissima dalle megalopoli inquinate, con un traffico insostenibile, dove povertà e delinquenza crescono in maniera esponenziale. Da un rapporto ONU del 2016, il 50% della popolazione mondiale vive nei centri urbani che occupano in realtà solo il 3% della superficie terrestre ma che consumano oltre il 75% delle risorse e producono il 50% delle emissioni gas clima alteranti. E la tendenza è in aumento, nel giro di qualche decennio ci saranno città con 50 milioni di abitanti.

Per fortuna, oltre ad avere il privilegio di vivere in un Paese ricco di bellezze artistiche e paesaggistiche, di storia, tradizione, cultura e infinite altre eccellenze, sembra imbrobabile pensare alla futura eventualità di città così grandi qui da noi.
E, a proposito di resilienza dei centri urbani, come privati cittadini uno dei contribuiti più semplici e utili che possiamo dare all’ambiente è il cappotto termico esterno degli edifici: consente di ridurre i consumi energetici, l’inquinamento e il surriscaldamento. La detrazione fiscale del 90% sul rifacimento delle facciate (intonacatura, verniciatura, rifacimento di ringhiere, decorazioni, marmi di facciata, balconi, ma anche impianti di illuminazione, pluviali, cavi che portano il segnale televisivo ecc) previsto dalla legge di bilancio 2020, non ancora del tutto approvata al momento in cui andiamo in stampa, che, se come pare, si potrà sommare al 65% per l’ecobonus, l’efficientamento energetico che ovviamente contempla il cappotto termico, potrà essere una motivazione in più per mettere in pratica un’azione che contribuisca alla resilienza della città e a migliorare il nostro benessere.

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