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Essiccatore solare fai da te | Come costruirlo in 15 passaggi

Ecco come costruire un essiccatore solare a flusso orizzontale per disidratare gli alimenti tramite un flusso di aria calda e poterli conservare a lungo senza consumi energetici

Tra tanti lettori che hanno superato gli “anta”, fa piacere annoverare ogni tanto qualche giovane che ci propone una sua realizzazione; Simone Moino ha vent’anni e con ben poca spesa ha costruito un essiccatore solare fai da te ispirandosi ai modelli esistenti in commercio, ma con una variante: l’aria non viene riscaldata da una resistenza, bensì dai raggi solari, tramite un preriscaldatore collegato all’essiccatore solare fai da te per mezzo di un tubo flessibile, tipo quelli per lo scarico dei fumi delle caldaie.

Non solo: la ventola che aspira l’aria e la convoglia all’interno dell’essiccatore solare, nel progetto iniziale alimentata a tensione di rete, può essere collegata a un piccolo pannello fotovoltaico e l’intero procedimento avviene così senza alcun consumo di energia elettrica, in modo completamente sostenibile.

La disidratazione degli alimenti , ovvero l’essiccazione, è un modo per conservare alcuni cibi (funghi, ortaggi, frutta, erbe, carne, pesce) dopo averli affettati; per certi versi è migliore della surgelazione perché quest’ultima comporta l’inevitabile perdita di alcune proprietà nutrizionali.

C’è chi si limita a esporre i prodotti al sole, ma anche così avviene un impoverimento: il modo migliore per essiccare è farlo in un ambiente protetto attraverso un flusso d’aria calda, per diverse ore. Dopo l’essiccazione alcuni prodotti possono essere consumati tal quali, per altri è sufficiente l’idratazione e, se occorre, la successiva cottura.

Misure

Corpo riscaldante a forma trapezoidale: base 60cm, altezza max 36cm, altezza min 11cm, lato inclinato 65 cm, larghezza 45cm, foro uscita aria calda di diametro 8cm.

Componente essiccante: altezza 40cm + piedini, lunghezza 50cm, larghezza 31cm.
essiccatore solare

Come costruire un essiccatore solare

taglio compensato

1  In base alle dimensioni stabilite, i singoli pezzi che devono comporre la struttura dell’essiccatore solare si tracciano su un foglio di compensato in modo da avere meno scarto possibile e si procede al taglio con la sega circolare.

Ti serve una sega circolare? Ecco alcuni consigli per l’acquisto

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stesura impregnante all'acqua

2  I pannelli che compongono la cassa dell’essiccatore solare si possono trattare con impregnante all’acqua prima del montaggio, per proteggerli dal sole e dall’umidità.

Ti serve dell’impregnante all’acqua? Ecco i nostri consigli

forare con sega a tazza

3 Sulle due pareti interne che supportano i telai bisogna aprire diverse file di fori affiancati per il passaggio dell’aria, ad altezze corrispondenti a quelle dei telai stessi; si utilizza una sega a tazza montata sul trapano. Tra le file di fori si fissano i listelli di supporto per i telai.

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essiccatoio solare

4 Al centro di uno dei due fianchi si apre un foro, sempre con sega a tazza, commisurato per l’inserimento di uno spezzone di tubo di PVC a filo della superficie interna per l’uscita dell’aria.

5 – 6 Lo stesso lavoro si effettua sul fianco opposto e sul lato interno: perfettamente centrata sul foro di aspirazione dell’aria, si monta la ventola con viti inserite dall’esterno e serrate con dadi dall’interno; si pratica a lato di questa un piccolo foro per il passaggio dei fili di alimentazione e, a ridosso di questo, si monta dal lato esterno l’interruttore che comanda la ventola. Da questo si fa uscire un cavo di alimentazione di lunghezza adeguata, con spina elettrica all’estremità opposta.

7   I telai dell’essiccatore fai da te solare sono costituiti da riquadri di rete metallica a maglie abbastanza fitte, tagliati a misura dello spazio tra le pareti traforate e chiusi ai lati tra spezzoni di piattina di alluminio; sia le piattine sia la rete sono attraversate da rivetti inseriti in fori realizzati allo scopo e messi in trazione con l’apposita pinza.

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come fare un essiccatore

8  I tre angolari d’alluminio fissati ai fianchi e alla base formano la guida per un pannello di plexiglas che si inserisce dall’alto per chiudere la parte frontale, corredato da una maniglia superiore per poterlo rimuovere facilmente. In questo modo si può tenere sotto controllo l’essiccazione senza dover aprire il contenitore; il coperchio va semplicemente appoggiato su di esso prima di inserire il pannello trasparente.

Caratteristiche dell’essiccatore solare a flusso orizzontale

L’essiccazione solare a flusso orizzontale è migliore di quella a flusso verticale: tutti i telai vengono investiti da aria asciutta e alla stessa temperatura, quindi, a parità di prodotto, tutto ciò che è disposto sui telai dell’essiccatore solare essicca nello stesso tempo. Nel flusso verticale l’aria, salendo dal basso verso l’alto, arriva ai livelli superiori carica dell’umidità sottratta ai primi telai. Inoltre, i prodotti distesi sui telai più in basso formano una sorta di barriera alla risalita dell’aria: se si alza la temperatura, si rischia di bruciacchiare i primi strati, se la temperatura è troppo bassa quelli in alto rischiano di essiccare in tempi più lunghi o ammuffire.

Come si preriscalda l’aria nell’essiccatore solare fai da te

1  La cassa del preriscaldatore per l’aria è anch’essa fatta di compensato, con i fianchi inclinati a 45° per una maggiore captazione dei raggi solari. Nella parte alta della parete posteriore si aprono alcuni fori per l’ingresso dell’aria, mentre in quella anteriore si inserisce uno spezzone di tubo come si è fatto per l’essiccatore, al quale andrà collegato il tubo corrugato di aspirazione.

2  La lastra di alluminio, verniciata di nero per riscaldarsi di più, appoggia al centro su due listelli verticali incollati lungo la mezzeria del fondo e su altri due listellini incollati ai fianchi, paralleli ai lati superiori.

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3 Quattro cubetti di legno tagliati da listelli e incollati agli angoli, dopo averne bisellato la faccia superiore, formano il supporto per la lastra di plexiglas che incrementa ulteriormente la temperatura all’interno del preriscaldatore. Se non sai tagliare il plexiglas leggi la nostra guida dedicata.

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4 Agli angoli della lastra si praticano quattro piccoli fori, facendo attenzione a non provocare rotture, attraverso i quali si inseriscono le viti autofilettanti che fanno presa nei cubetti di legno, senza serrare eccessivamente.

5 Il preriscaldatore va esposto ai raggi solari un po’ di tempo prima di iniziare l’essiccazione, posizionandolo con l’inclinazione in linea con il percorso del sole; riteniamo che sia preferibile chiudere temporaneamente sia il tubo di aspirazione sia i fori posteriori di presa dell’aria, per mantenere all’interno il calore fino al momento dell’accensione dell’essiccatore.

essiccatoio fai da te

6 Il tubo di alluminio deve calzare perfettamente sugli spezzoni di tubo di PVC per evitare dispersioni: un altro consiglio che ci sentiamo di dare al nostro giovane e intraprendente lettore è di verniciarlo di nero e di esporre anch’esso ai raggi solari in anticipo, inserendolo sul tubo di uscita del preriscaldatore e tappandolo all’estremità opposta. In questo modo accumulerà calore e potrà funzionare come “serbatoio”, evitando che l’aria perda una parte di calore durante il percorso.

Come sostituire una cartuccia monocomando per il rubinetto del bagno

La manutenzione del rubinetto a monocomando si impone quando questo non chiude più bene o vi sono altri segni di malfunzionamento

L’intervento consiste nell’estrarre la cartuccia interna e, se questa è intasata da corpi estranei, eseguire una pulizia accurata di tutte le parti che vengono a contatto con l’acqua, per eliminare ogni particella di calcare o di sabbia.

In alcuni modelli la manopola si smonta allentando la vite a brugola quasi sempre alloggiata sotto la manopola (o sul retro). Si estrae la “cartuccia” e si pulisce l’interno con uno straccio. Se vi sono tracce di calcare si versa un liquido anticalcare e lo si lascia agire per almeno un‘ora, prima di rimontare il tutto e far scorrere abbondante acqua calda per controllare se il problema è risolto. Se il danno è maggiore occorre sostituire la cartuccia con una compatibile.

cartuccia

La grande varietà di rubinetti a monocomando si riflette sulla gamma di cartucce disponibili. Conviene sempre portarsi dietro la cartuccia e indicare la marca del rubinetto quando ne comperiamo una nuova.

COSA SERVE

  • Cacciaviti
  • Liquido o spray anticalcare
  • Nuova cartuccia monocomando
  • Chiave a brugola

monocomando-disegno

La leva superiore aziona una cartuccia in ceramica che apre e chiude l’afflusso dell’acqua. Inoltre miscela, a seconda della rotazione orizzontale, l’acqua calda con quella fredda.

TUTTI I PASSAGGI

allentare-vite

Sollevata la manopola, allentiamo la vite (in genere con chiave a brugola) posta nella parte inferiore; in alcuni modelli è coperta da una mascherina che va rimossa facendo leva con un piccolo cacciavite.

 

asportare-manopola

La manopola può essere asportata scoprendo la cuffia di rotazione sottostante e separandola dall’incastro. Manteniamo in ordine i vari pezzi per averli a portata di mano durante il riassemblaggio.

 

svitare-cuffia

Svitiamo delicatamente la cuffia e raggiungiamo il vano in cui è alloggiata la cartuccia miscelatrice. Già da una prima osservazione possiamo verificare la presenza o meno di residui calcarei.

 

liberare-cartuccia

La cartuccia può essere fissata con viti al corpo del rubinetto. Per liberarla allentiamo e togliamo le viti. Non esercitiamo troppa forza per non danneggiare il rubinetto (utilizziamo uno spray sbloccante).

 

estrarre-cartuccia

Estraiamo la cartuccia e verifichiamo lo stato di usura dei dischi superiore e inferiore. Anche in questo caso lavoriamo delicatamente per non forzare eccessivamente il rubinetto.

 

pulire

Spesso basta pulire con un anticalcare e rimontare la cartuccia, in caso contrario dobbiamo sostituirla con una nuova procedendo in ordine inverso rispetto alla sequenza dello smontaggio.

Divano fai da te con ruote piroettanti | Progetto completo passo-passo

1,6 metri quadrati di comodità a disposizione degli ospiti che capitano all’improvviso, agli amici dei figli che si fermano per la notte o anche per un pisolino pomeridiano. Il divano fai da te multifunzione è sempre pronto a correre sulle sue sei ruote pivotanti in soccorso di chi ha bisogno di riposo

Il divano fai da te è pratico, facile da costruire, con tanto spazio a disposizione  e, perché no, anche  comodo e accogliente. A differenza dei divani letto industriali il nostro divano fai da te non ha meccanismi di sorta per la trasformazione, ma semplici sportelli per contenere cuscini, coperte e piumoni.

Dove reperire il legno per costruire un divano

Per costruire divani fai da te tutto il legname è in misure standard e si trova già pronto nei brico o in segheria; ci vuole anche una buona troncatrice per realizzare delle intestature davvero precise se desideriamo ottenere unioni perfettamente ortogonali. Naturalmente serve anche un trapano con punte da legno da 6 e da 8 mm più una fresa Forstner da 30 mm per i fori degli sportelli, poi un cacciavite e un punteruolo per segnare i fori delle viti, marcatori a cappellotto per i fori delle spinature, quattro cerniere e due chiusure magnetiche per gli sportelli più uno spezzone di catenella e 32 viti da 6×100 mm.

Con le ruote pivotanti il divano fai da te si sposta facilmente

Per la mobilità del divano cerchiamo sei rotelle pivotanti da 100 mm con battistrada morbido. Le misure del piano sono quelle di un letto ad una piazza, per cui si può usare comodamente un comune materasso oppure comperare un pezzo di gommapiuma da 2000×800 mm e rivestirlo con un tessuto colorato adatto all’arredamento. In questo caso è consigliabile cucire le fettucce sulla fodera per poterla bloccare alle doghe ed evitare che si muova.

Cosa serve per costruire un divano fai da te

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  1. Per il telaio servono circa 16 metri lineari di travetti di abete da 57×57 mm piallati e smussati, 2,8 m2 di compensato da 15 mm, 11,8 metri di listelli da 30×30 mm e 11 tavole da 117x684x15 mm..
  2. La manovrabilità del divano è assicurata da sei ruotine pivotanti fissate sotto la struttura. Tre ruote, quelle frontali, sono anche provviste di dispositivo di bloccaggio; inoltre la plastica è del tipo morbido che non rovina il parquet.

Come fare un divano fai da te

progetto divano fai da te

telaio divano in legno

  1. Durante la fase preparatoria si tagliano a misura tutti i pezzi di listello da 57×57 mm e si levigano accuratamente le superfici smussando con la levigatrice orbitale tutti gli spigoli, compresi quelli delle teste.
  2. Le connessioni della struttura sono affidate a spine di faggio e viti: si preparano due fori da 6 mm ortogonali per le viti e uno da 8 mm leggermente disassato per la spina.
  3. Con il marcatore inserito nel foro della spina si sovrappone, ben allineata, la testa del montante sul traverso e con una martellata si ottiene l’incisione necessaria per centrare il foro della spinatura. Si ripete l’operazione per tutte le giunzioni della struttura.
  4. Quando tutti i fori sono incisi si calzano i montanti sulle spine allineando bene i lati prima della successiva fase.
  5. Si inseriscono le grosse viti da 6×100 mm con filettatura parziale serrando fino a che la testa piana non è affondata leggermente nel legno lasciando in superficie solo la parte bombata.
  6. La doppia foratura e la spinatura si ripetono per tutti i punti. La struttura completa del divano letto diventa molto robusta senza superare il peso di 25 kg.
  7. Per offrire un sostegno al piano di appoggio del materasso e a tutte le pareti si preparano dei listelli da 30×30 mm forandoli con una punta da 3 mm a distanze regolari.
  8. I listelli del piano del divano in legno fai da te si incollano a 15 mm dal bordo dei travetti, in modo da poter incassare le tavole, senza che sporgano oltre il telaio; una vite ogni 300 mm blocca i pezzi in attesa che la colla asciughi completamente.

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Tavole, pannelli e ante per il divano fai da te

come costruire un divano

  1. Il piano che sorregge il materasso è formato da 11 tavolette da 684x117x15 mm spaziate di 50 mm e ancorate con una vite ad ogni estremità.
  2. Si fissano i listelli da 30×30 mm per tutti i pannelli di chiusura laterali con colla e viti, lasciando uno scalino da 15 per poter incassare il multistrato da 10 mm. In questo modo la pannellatura risulta incassata di 5 mm con un gradevole effetto decorativo. Soltanto i vani frontali non hanno bisogno di questa battuta dato che sono a giorno o chiusi da sportelli incernierati.
  3. Con altra colla e qualche morsetto si fissano al loro posto tutti i pannelli laterali. Le stesse operazioni si ripetono per i pannelli inferiori lasciando, in questo caso, il multistrato a filo interno della struttura di sostegno per ottenere un piano unico.
  4. Al centro dei due pannelli mobili si praticano, con una fresa Forstner da 30 mm, i fori da usare al posto delle maniglie.
  5. Si attrezzano i due sportelli con due cerniere d’ottone da 20 mm posizionandole sul bordo dei pannelli e lasciando sporgere il perno verso l’esterno.
  6. Le cerniere a libro si fissano in basso con viti d’ottone in modo che il pannello risulti incassato rispetto al telaio quanto i pannelli laterali. Si completa lo sportello con una chiusura magnetica e una catenella di arresto.
  7. Il trattamento superficiale del legno consiste in un’ultima passata con carta abrasiva, un’accurata spolverata e una passata con vernice bianca all’acqua.
  8. Per ultime si montano le sei ruote pivottanti sotto ciascun montante fissando le tre munite di bloccaggio sul lato frontale.

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  1. Per l’unione dei travetti usiamo viti da 6×100 mm in grado di assicurare un’eccellente resistenza. I fori per le spinature si eseguono con punta da 8 mm munita di limitatore di profondità.
  2. I due sportelli racchiudono il necessario per la trasformazione da divano a letto e viceversa. Il vano a giorno invece ha la funzione di comodino e permette di riporre libri, riviste e tutto quello che serve per la notte.
  3. Con le ruote pivotanti si può portare il divano letto dove è più necessario e il battistrada morbido non lascia segni sul parquet.

L’abilità manuale fa bene anche al paesaggio

Tratto da “Far da sé n.471 – Aprile 2017″

Autore: Nicla de Carolis

Mentre stiamo andando in stampa, oggi, 14 marzo, è stata presentata dal Ministero dei beni culturali e del turismo, la prima edizione della Giornata nazionale del Paesaggio “…istituita, al fine di richiamare il paesaggio quale valore identitario del Paese e trasmettere alle giovani generazioni il messaggio che la tutela del paesaggio e lo studio della sua memoria storica costituiscono valori culturali ineludibili e premessa per un uso consapevole del territorio ed uno sviluppo sostenibile…” Una piacevole e lodevole sorpresa per chi, come noi, adora il meraviglioso Paese, culla della civiltà, dove ha avuto il privilegio di nascere e che vorrebbe contribuire a mantenerne la bellezza e l’unicità.

L’obiettivo della giornata non è solo quello di evidenziare il valore del paesaggio inteso come bellezza della natura ma anche tutto ciò che di impareggiabile ha fatto nei secoli l’uomo, contribuendo a rendere il territorio sempre più godibile, ahimé, forse solo fino a un certo punto perché, negli ultimi 70 anni, sembra che troppo spesso si sia preferito profanare il territorio con un’edificazione pessima e con un’arte spesso incomprensibile. Comunque questa importante e vasta aggiunta di bello al paesaggio, fatta nei secoli, frutto dell’abilità dell’uomo, si scorge in ogni angolo sperduto d’Italia, ogni volta lasciandoci senza fiato. Giorni fa, per esempio, la scoperta è stata quella di una cittadina del Piemonte, Saluzzo, Capitale di un Marchesato quattro volte secolare, che conserva un meraviglioso insospettabile borgo, pressoché intatto nelle soluzioni urbanistiche di fine ’400, disteso a ventaglio sulla collina e in origine racchiuso da una duplice cerchia di mura.

Sovrastato dall’imponente Castiglia, il borgo è tutto un susseguirsi di viuzze acciottolate, ripide gradinate, chiese ed eleganti palazzi nobiliari con logge e altane, raccolti attorno a giardini nascosti. Per noi, così sensibili all’abilità manuale, il contesto ha provocato un forte stupore, non solo per la sua bellezza ma, abituati come siamo a considerare come si fa, per il lavoro certosino della posa di chilometri e chilometri di questa magnifica pavimentazione che lascia respirare il terreno grazie agli spazi tra una ciottolo e l’altro. E anche per l’architettura dei porticati, delle lunghissime volte a botte, delle facciate di struttura trecentesca in rosso mattone locale e grigiazzurra pietra alpina che hanno come sfondo le Alpi Cozie dominate dal Monviso, un insieme di impareggiabile armonia. Un’architettura frutto dell’intelligenza, del buon gusto e della manualità dell’uomo che fa parte del paesaggio e lo valorizza ulteriormente come si può ammirare nella foto qui sotto di Saluzzo antica.

Dal dire al fare…

Tratto da “Rifare Casa n.50 – Marzo/Aprile 2017″

Autore: Nicla de Carolis

Andiamo in stampa e si sta per aprire MADE expo 2017, la più importante fiera dell’edilizia, appuntamento atteso perché interessante sia per gli addetti ai lavori, architetti, imprese, artigiani e commercianti, sia per i privati, i committenti di costruzioni e ristrutturazioni, percentuale bassa quest’ultima rispetto alla prima categoria che può comunque contare sugli approfondimenti che man mano faremo sulle pagine di questa rivista analizzando “in cantiere” le novità della fiera. Con i suoi quattro saloni specializzati (costruzioni e materiali, involucro e serramenti, interni e finiture, software, tecnologie e servizi) e gli oltre 1.400 espositori è un’imperdibile vetrina a 360° sul mondo dell’edilizia e del design. Lo slogan molto incisivo di quest’anno, parafrasi del noto proverbio, è “dal dire al fare, MADE”, proprio a sottolineare la concretezza che vuole avere questa esposizione dedicata a un settore tanto importante per la nostra economia. Slogan calzante, quindi, parlando di costruzioni e ristrutturazioni in generale, perché chi ha già vissuto questa piacevole avventura (mettere a nuovo una casa o addirittura costruirsene una), superata la gratificante parte creativa della progettazione su carta, la scelta dei pavimenti, dei sanitari, dei colori e dei tanti dettagli importanti per rendere la nostra casa unica e tagliata su misura, sa che ha dovuto affrontare le complicazioni in corso d’opera che spesso portano a dover modificare il progetto perché ci sono impedimenti oggettivi, passaggi di impianti imprevisti, impossibilità strutturali.

Per non parlare di scelte sbagliate a monte che non avevamo ben valutato e che portano a dover spaccare per realizzare le modifiche necessarie. Tutte cose risolvibili solo con il sudore della fronte frutto di un sano fare. Quindi vanno bene i tanti confronti per documentarsi sulla scelta dei prodotti, per definire lo stile che vogliamo dare alla casa, l’estetica nel suo insieme, ma altrettanto importante è avere un progettista che valuti e segua molto il cantiere e artigiani che abbiano un bel curriculum e non facciano della nostra ristrutturazione la palestra per sperimentare operazioni mai realizzate prima. La concretezza e l’esperienza sono fondamentali per affrontare lavori di riqualificazione di una casa perché l’imprevisto è sempre in agguato e per risolvere i problemi le parole non servono; proprio come dice il proverbio tra il dire il fare c’è di mezzo il mare e in questo caso aggiungerei che tra il dire il fare la differenza è fare.

ALMANACCO 2017: “punta” e raddoppia

Tratto da “Almanacco far da sé n.470 – Marzo 2017″

Autore: Nicla de Carolis

I pericoli della rete messi in evidenza da politici, forze dell’ordine, insegnanti e genitori, nella prima giornata contro il cyberbullismo del 4 febbraio scorso, gettano una macchia su quel che di buono può offrire internet, questo strumento ormai diventato per tutti noi insostituibile. Secondo un’indagine realizzata per monitorare l’attività dei più giovani sulla rete, il 40% degli intervistati fra ragazzi dagli 11 ai 19 anni dichiara di trascorrere on-line più di 5 ore al giorno tra WhatsApp, Facebook e altri social; quindi molte ore spese per “socializzare”, in alcuni casi, purtroppo, esercitando il cyberbullismo, ovvero pubblicando foto, filmati o testi che ridicolizzino e insultino il compagno preso di mira agli occhi di migliaia di persone, spesso causando traumi terribili e che hanno addirittura fatto registrare casi di suicidio della vittima.

Un tema forte che non può lasciare insensibili, la cui causa ovviamente non è la rete, ma la carenza di educazione in famiglia, l’abolizione di quella educazione civica magari implementata con regole di comportamento su internet – educazione digitale – e l’assenza di provvedimenti che devono venire da chi ha il compito di formare e star vicino ai più giovani, dalla società in generale, forse ancora impreparata alle insidie di questo mezzo meraviglioso, se utilizzato nel modo corretto. Anche noi, concreta gente del fare, non possiamo non riconoscere la bontà delle informazioni che, sapendo selezionare, possono venirci da internet. Nell’ALMANACCO di quest’anno, come potete vedere, molte pagine delle merceologie sono contrassegnate con un QRCODE (per le spiegazioni leggete le due pagine seguenti) che vi consentirà di andare agli approfondimenti realizzati nei nostri laboratori sugli utensili e materiali proposti. La rivista di carta rimane un punto fermo di rapida e immediata consultazione, da tenere sempre in laboratorio, magari con segnalini sulle pagine che contengono ciò che vorremmo acquistare, come un insostituibile promemoria.

Le potenzialità di internet si aggiungono e fanno sì che il binomio carta stampata e nuove tecnologie siano in grado di dare un’informazione ancora più completa. Questa è una delle chiare dimostrazioni di quanto la rete, se utilizzata per ampliare le nostre conoscenze, sia uno strumento magico che ci dà la possibilità di condividere, senza limiti di spazio, di luogo, di lingua, un’enorme quantità di informazioni. Ma il mezzo internet non sarebbe niente se a monte non ci fosse la concretezza di chi, nel nostro caso, produce contenuti testando utensili e materiali, fotografando e filmando il loro utilizzo, scrivendo testi. Così come, per fare un altro esempio, l’e-commerce non esisterebbe se non ci fosse chi progetta, fabbrica, produce, imballa trasporta le merci e così via. Quindi, per quanto affascinati e rapiti da questa realtà virtuale, con piacere realizziamo ancora una volta che nulla nella nostra vita può prescindere dal concreto fare, di cui da sempre siamo sostenitori e che non passerà mai di moda. E adesso, come dei bambini, divertiamoci a sfogliare e leggere le tante novità sulle pagine di Almanacco, ma anche a “puntare lo smartphone” per vedere raddoppiati i suoi contenuti con séguiti mirati ed esclusivi. Buona lettura e buona visione!

Lavorare l’orto fa salire il BIL

Tratto da “Almanacco in giardino n.58 – Marzo 2017″

Autore: Nicla de Carolis

«Il fine naturale dell’uomo e di ogni vivente, in ogni momento della sua esistenza sentita – scriveva il grande poeta, pessimista cosmico, Giacomo Leopardi -, non è né può essere altro che la felicità». Una «felicità possibile» collegata al tema dell’«umana operosità». E, nonostante oggi il denaro sembri essere l’unica meta a cui tendere per raggiungere la felicità, per definire il benessere di una nazione si comincia a parlare, oltre che di PIL – prodotto interno lordo ovvero la ricchezza che un certo Paese è in grado di produrre nell’arco temporale di un anno – anche di BIL – benessere interno lordo -, un valore determinato non solo da quanto denaro hai in tasca ma da un insieme di cose che possono portare le persone a essere più o meno felici. Un valore spiegato sinteticamente, in maniera assai lungimirante nel 1968, pochi mesi prima di essere assassinato, dal politico statunitense Robert Kennedy: “Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni… ll PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria, la pubblicità delle sigarette e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana… Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi”. è importante che la politica, nel governare, prenda coscienza di tutte queste considerazioni, oggi più che mai, e in effetti qualcosa si sta muovendo, soprattutto nelle amministrazioni comunali; in diverse città italiane c’è da qualche anno l’assessore con delega al «Benessere e Felicità», parole che indicano bene l’obiettivo verso cui tendere: la qualità della vita dei cittadini.

Ovviamente le iniziative di un semplice assessore non possono incidere sulle impostazioni di rotta dell’economia occidentale, ma decisioni giuste, che riguardano il quotidiano delle persone, possono contribuire a migliorare la qualità della vita di una comunità: tra queste c’è anche dare la possibilità di svolgere un lavoro/svago all’aria aperta negli orti. In particolare, a Milano, proprio l’assesore al benessere e alla felicità segue il progetto per l’assegnazione ad associazioni e ONLUS di terreni dismessi della città. Si tratta di un progetto forte, che va avanti da parecchi anni grazie all’energia positiva dei partecipanti che vengono coinvolti da una motivazione altruista che è il bene per l’ambiente e la riduzione delle emissioni di CO2. Trovano in esso anche un valore più personale, legato alla salute fisica e psicologica, grazie al movimento e alla migliore alimentazione fatta con frutta e ortaggi a km zero, freschi di giornata. Un progetto che si allarga a tutti gli spazi che diventano disponibili, perché la cultura in questo senso prende sempre più piede e le persone sentono che il contatto con la terra e la natura è uno dei tasselli che può regalare momenti di benessere e felicità.

Elogio del ferramenta ma anche del far da sé

Tratto da “Far da sé n.469 – Febbraio 2017″

Autore: Nicla de Carolis

Tempo fa la comica Luciana Litizzetto, in uno dei suoi esilaranti monologhi, ha tessuto le lodi del ferramenta come una delle due categorie sopravvissute di maschi (l’altra è quella dei pompieri) “… in un mondo di maschi con il risvoltino e le sopracciglia a rondine…”. Definisce la ferramenta un luogo magico, perché “… sai quando entri e non sai quando esci…”. Il ferramenta infatti si trova spesso con i clienti che chiedono cose impossibili come una vite introvabile, individuata dopo lunghe ricerche che però “… non va bene perché ha la capocchia piatta e io la volevo bombata…” e, sempre pazientemente, dopo aver dedicato tanto tempo al cliente della vite, si accontenta di battere uno scontrino di 75 centesimi. È un vero maschio perché sa ascoltare le donne che, a volte, non sanno esattamente cosa chiedere e comunque “lui” riesce a risolvere il loro problema.

Il ferramenta sa un sacco di cose e, se non le sa, s’ingegna per risolvere concretamente i quesiti dei clienti; dal ferramenta non succede, prosegue la Litizzetto, che “… chiedi una brugola e ti portano una trappola per topi…” come può accadere per l’incompetenza di giovani dipendenti di grandi centri di bricolage di origine francese. Effettivamente non è un lavoro facile quello del ferramenta perchè richiede una competenza a 360 gradi su interventi che vanno dalla muratura, all’idraudica, all’elettricità, ai montaggi, al funzionamento di meccanismi di una quantità enorme di oggetti che utilizziamo quotidianamente. Nel suo negozio le referenze sono decine di migliaia, basti pensare alle scaffalature scorrevoli contenenti un’infinità di cassettini ognuno con qualcosa di diverso che ha uno o più utilizzi, dalle minuterie metalliche, alle viti, ai rivetti, alle attaccaglie, alle chiusure magnetiche, agli anelli, alle guarnizioni, agli accessori per tende, solo per citarne alcuni.

Eppure “lui”, alla nostra richiesta, si dirige sempre senza indecisione verso il cassettino giusto ed estrae miracolosamente il pezzo che ci serve. Senza parlare della vendita degli utensili elettrici di cui il ferramenta conosce le caratteristiche, il funzionamento e perché preferirlo a seconda del lavoro da affrontare; il cliente si rivolge fiducioso a “lui” nella scelta di acquisti importanti, per avere un confronto e le rassicurazioni di un interlocutore preparato. La figura del ferramenta si avvicina molto a quella del far da sé perché tutti e due hanno un sapere maturato con il tempo, la passione e l’esperienza diretta, perché tutti e due “in un mondo dove ci sono APP per poter fare tutto e nessuno sa più fare una mazza…”, citando sempre la Litizzetto, ferramenta e far da sé hanno una mente e due mani che sanno come affrontare e risolvere problemi pratici, con soddisfazione dei clienti, i primi, e delle persone vicine, i secondi. Due categorie speciali, guardate con ammirazione e invidia dagli “incapaci di piantare un chiodo”, siano essi intellettuali o non, troppo poco elogiate.

Cassetti per l’ordine o per i segreti più profondi?

Tratto da “Fai da te n.80 – Febbraio/Marzo 2017”

Autore: Nicla de Carolis

L’invenzione del cassetto si fa risalire al XV secolo. Allora l’assemblaggio delle tavole veniva fatto raramente con la colla, le assi venivano chiodate, ma soprattutto incastrate con le tecniche tuttora utilizzate come tenone e mortasa, canale e linguetta e, successivamente, quello a coda di rondine. I cassetti nascondevano i cosiddetti “segreti” e i “doppi fondi”, nascondigli per riporre oggetti preziosi. I cassetti poi sono stati spesso inseriti nelle opere d’arte di artisti importanti addirittura all’interno di corpi umani. Nessun altro complemento, apparentemente con una sola funzione pratica, è mai assurto ad interpretazioni così profonde!

Venere di Milo con cassetti”: i cassetti ricorrono spesso nelle opere di Salvador Dalì e alludono metaforicamente alle zone più profonde e segrete dell’inconscio e possono essere aperti solo con la psicanalisi di Sigmund Freud.

Chest with legs” (cassetti con gambe) Un’analogia linguistica e un busto umano diventa cassetto. In inglese chest significa torace e cassettiera, la parola così si presta all’inarrivabile gioco torace di cassetti di André Breton, padre del surrealismo.

Rifare casa… aria fresca!

Tratto da “Rifare Casa n.49 – Gennaio/Febbraio 2017”

Autore: Nicla de Carolis

Antonio Scalvenzi, che si definisce, gratificandoci molto, “un vostro appassionato lettore”, ci scrive della sua casuale scoperta: l’anagramma di RIFARE CASA è ARIA FRESCA! Sorpresi e lieti per la simpatica segnalazione ci siamo stupiti anche per l’attinenza che l’anagramma ha con le parole che identificano la nostra testata. In una casa ristrutturata o nuova si respira sicuramente aria pulita, fresca e tutto ciò non è determinato dal fatto che in fase di ristrutturazione e di costruzione tutto è aperto e l’aria circola liberamente nei locali, ma da tanti altri interventi dei quali parliamo su RIFARE CASA. Può sembrare un controsenso perché le case nuove o riqualificate hanno requisiti per non far passare l’aria, per essere degli ambienti quasi ermetici, ma al discorso isolamento si aggiungono le altre innovazioni che rendono l’aria delle abitazioni leggera e piacevole, senza odori e senza umidità.

Basti pensare ai sistemi di rinnovo e purificazione dell’aria (quasi d’obbligo nelle nuove costruzioni e comunque inseribili anche in fase di ristrutturazione) con recupero del calore e filtraggio degli inquinanti che vengono da fuori e di quelli che possono provenire anche dall’interno come le emissioni dei materiali utilizzati per gli arredi, l’umidità e il rilascio nell’ambiente di agenti batterici generato dalle persone e dagli animali domestici. Oltre a questo, affinché gli odori della cucina, i più invasivi, non si propaghino nelle altre stanze, ci sono cappe che funzionano decisamente bene, a cominciare da quelle che aspirano l’odore appena si crea direttamente dal piano di cottura a quelle che emettono anche getti di aria controllata che impediscono il formarsi della condensa.

Anche le semplici finiture ci possono aiutare nell’obiettivo di purificare l’aria: ci sono smalti e pitture murali che sviluppano un efficace effetto ionizzante ed eliminano batteri e spore, odori di cibo e sigarette. E poi le ceramiche per pavimenti e rivestimenti, che sfruttando il processo di fotocatalisi attivato dalla luce solare o da luce artificiale, abbattono gli agenti inquinanti organici e inorganici, purificano l’aria e igienizzano le superfici. Tutti argomenti proposti e approfonditi più volte su Rifare Casa; anche in questo numero affrontiamo il discorso aria fresca nel servizio su un isolamento innovativo (da pagina 78) che propone tutti gli interventi necessari per trasformare un appartamento in vero nido coibentando dall’interno ogni sua superficie, eliminando già così la possibilità di formazione di muffe, e suggerendo i sistemi di ricambio aria efficaci e poco invasivi.