EasyPump è utilissimo in tutte le situazioni, permette di gonfiare ovunque pneumatici di auto e moto, ruote di monopattini e biciclette, anche da corsa, palloni e molto altro! Ha una batteria ricaricabile ovunque, anche in viaggio, tramite il cavetto USB
Un piccolo utensile dalle grandi prestazioni per portare alla pressione corretta qualsiasi tipo di pneumatico di automobili, moto, bici, monopattini, ma anche per gonfiare palloni e piccoli articoli per sport acquatici: EasyPump è il mini compressore Bosch adatto a qualsiasi applicazione fino a 10,3 bar, pratico e facile da utilizzare. Ciò che lo rende prezioso sono l’alimentazione a batteria, la compattezza e la leggerezza, che consentono di utilizzarlo ovunque; a questo si aggiunge la comoda ricarica tramite USB-C™. L’utilizzo di EasyPump è immediato: si collega il tubo flessibile alla valvola, si preme l’avvio e l’apparecchio produce tutta l’aria compressa che serve per il gonfiaggio.
Sul display è possibile visualizzare il valore della pressione in tempo reale; inoltre ha la funzione di preselezione della pressione che permette un gonfiaggio pratico e preciso: il display mostra sempre il valore corrente e quello di riferimento. Il tubo flessibile è rivestito in tessuto ed è dotato di un raccordo metallico filettato abbastanza piccolo da raggiungere anche le valvole in spazi ristretti. Il tubo, lungo 24 cm, è innestabile e si può ruotare di 360°.
Adattatori, comandi e batteria
EasyPump è leggero (pesa solo 450 g) e compatto, per cui è possibile portarlo ovunque con la massima facilità, in auto, in moto e nello zaino.
Il vano accessori di gonfiaggio è incorporato nell’impugnatura dell’attrezzo: è sufficiente far scorrere il coperchio mobile per prelevare l’accessorio necessario.
Sopra il tubo rotabile è presente una lampada LED integrata che proietta un fascio di luce molto intenso.
Garantisce un’elevata precisione di gonfiaggio: una volta impostata la pressione desiderata, si spegne automaticamente quando viene raggiunta.
Caratteristiche tecniche
EasyPump: batteria (integrata) da 3,6V/3 Ah, pressione max 10,3 bar, volume aria 10,6 l/m, funzione pre-set, led, caricabatteria USB-C. Accessori in dotazione: attacco per pneumatici, ago a spillo, adattatore per biciclette, adattatore conico per gonfiabili, cavo USB-C, sacchetto in tessuto. Prezzo: 69,95 euro
Cani e gatti fanno parte della famiglia, anche a loro è giusto concedere qualche comodità in più per ricambiarli dell’affetto che ci manifestano
Se vogliamo bene a qualcuno, ci fa piacere ogni tanto fargli un regalo o una sorpresa e ci sentiamo ricambiati dal loro apprezzamento: vale per le persone, ma anche per i nostri amici animali, ai quali è giusto rendere la vita più piacevole e piena con piccole comodità e giochi stimolanti.
Per esempio, quella di rialzare le ciotole del cibo e dell’acqua inserendole in due seggioline di altezza opportuna evita al cane di chinarsi; con una decorazione appropriata e sobria, le due sedie, pitturate di bianco per essere meno invadenti, diventano un simpatico complemento d’arredo. Questo ci evita di dover collocare le ciotole in una zona marginale e nascosta.
Allo stesso modo, una zona per il riposo che sia confortevole e commisurata alla taglia dell’animale, ma un po’ fuori dagli schemi delle classiche cucce, risulta per lui piacevole da usare e per noi da vedere. Anche i giochi sono importanti, specialmente se alla fine c’è un premio: in alcuni momenti della giornata possiamo nascondere un biscotto all’interno di un cassettino colorato in modo che, per guadagnarselo, debba compiere qualche semplice azione come quella di infilare il muso nell’impugnatura di corda per aprirlo e poi richiuderlo.
Cibo e acqua a portata di muso
Servono una coppia di seggioline di legno con la seduta piana, due ciotole con bordo risvoltato all’esterno, seghetto universale Bosch PST 10,8 Li, un foglio di carta adesiva, matita, cutter, pennello piatto e pennello a punta fine, smalto acrilico bianco e nero.
Tracciamo al centro della seduta un cerchio che abbia il diametro della ciotola misurato all’interno del bordo; apriamo un foro al margine interno della circonferenza per far entrare la lama del seghetto e tagliamo il disco seguendo la tracciatura. Inseriamo la ciotola nella sede ottenuta.
Cerchiamo su internet la sagoma di un osso, stampiamola ingrandita su un foglio di carta adesiva e ritagliamola, ottenendo uno stencil.
Stacchiamo la pellicola protettiva e posizioniamo il foglio di carta adesiva al centro della spalliera; facciamolo aderire senza formare pieghe, soprattutto attorno all’apertura a forma di osso.
Con un colore acrilico nero e pennello piatto riempiamo per bene la sagoma; stacchiamo il foglio prima che il colore asciughi, possiamo riutilizzarlo per la spalliera dell’altra sedia. A colore asciutto, con un pennello a punta fine, scriviamo all’interno degli ossi le scritte che distinguono le due ciotole per il cibo e per l’acqua.
Cassetto portadolci fai da te
Con multistrato di betulla da 12 mm costruiamo un cassetto che misuri in pianta 250×180 mm, alto 100 mm e una scatola in cui racchiuderlo; per unire i pezzi possiamo utilizzare colla a caldo, spine di legno o semplici viti. Nel cassetto possiamo nascondere di tanto in tanto un biscotto come premio.
Tempo richiesto: 1 ora
Unire i pezzi che formano il cassetto
Tagliati i pezzi necessari (10 in tutto), iniziamo la costruzione del cassetto: per unirli possiamo stendere sui bordi un filo di colla a caldo con la pistola Dremel 930.
Pareggiare le giunzioni e smussare gli spigoli
La colla fa presa rapidamente, perciò, completato l’assemblaggio, possiamo pareggiare le giunzioni e smussare gli spigoli con un piccolo tamburo abrasivo montato sul multiutensile Dremel 3000.
Segnare i punti dove si fisserà la corda
Segniamo sul frontale del cassetto i punti in cui inserire la corda che fa da maniglia.
Fissare la corda
Facciamo due nodi ai capi di un pezzo di corda lungo 250 mm e fissiamoli con due viti.
Tagliare le parti eccedenti delle viti
Con il multiutensile tagliamo a filo le punte delle viti che sporgono all’interno.
Una costruzione all’insegna della robustezza, dell’utilizzabilità e del risparmio, rinforzata quindi nei punti sensibili, fatta di tubi e profilati inox, è costata in tutto meno di 5 euro
Certo, per costruire la cyclette pieghevole, profilati e tubolare inox bisogna averli avanzati da altri lavori, perché è sicuramente più difficile trovarlo di scarto dai fabbri, anche se non impossibile; tutto il resto deriva dal recupero di parti da una vecchia bici demolita, tranne il ciclocomputer, nuovo, acquistato per 4,90 euro in un grande magazzino. Quello su cui non si può andare al risparmio è nella progettazione e nella precisione del lavoro: l’esecuzione dei tagli prima e delle saldature poi deve essere fatta a regola d’arte. Solo così si può ottenere un attrezzo robusto, ben fatto e utilizzabile senza sforzo inutile (tutta la fatica profusa sarà interamente voluta). Il telaio è in tubolare inox spesso 1,5 mm a sezione quadrata, 20×20 mm. Due traverse fanno da piede ad altri due tubi che si incrociano articolandosi con un robusto perno con manopola di serraggio. I tubi terminano saldati, uno con il cannotto dello sterzo recuperato dalla bici, l’altro con il cannotto della sella. Il sistema di “faticamento” della pedalata è affidato a un volano fatto con la flangia idraulica e protetto con un carter di lamiera inox.
Cyclette pieghevole fai da te – I componenti smontati
Come si nota dalla fotografia la cyclette pieghevole è formata da pochi pezzi, indice di una progettazione meticolosa ed efficace. La progettazione non si limita al seppure fondamentale disegno delle parti, ma coinvolge anche il senso del loro congiungimento, sino allo studio delle posizioni dei rinforzi e delle saldature, in modo da attribuire loro la massima efficacia. Questo si traduce in un grande contenimento dei pesi, perché è possibile contenere le sezioni e gli spessori del metallo, ottenendo che i componenti montati siano caratterizzati da un’uguale sopportazione alle torsioni e alle sollecitazioni. La cyclette pieghevole è stata testata da una persona di 130 kg (non quella in foto!) che ha pedalato senza sosta per mezz’ora: non si è notato il minimo segno di flessione e cedevolezza (della bici).
Un punto nevralgico per la robustezza della costruzione è l’incernieramento mobile dei due tubolari portanti. Per impedire ogni possibilità di flessione col peso di una persona, si saldano due rinforzi di piatto inox, sopra e sotto, in tutti e due.
Il cilindro, che contiene il mozzo dei pedali, è saldato al montante del manubrio, più in basso possibile. In prossimità di questo, una staffa a L sostiene la manopola che regola la pressione del tacchetto sul volano.
L’ingombro del mozzo dei pedali è minimo e la cyclette si chiude quasi del tutto su se stessa.
I sensori del ciclocomputer sono collocati in prossimità del volano.
Un gradevole padiglione che, accanto al barbecue, grande o piccolo che sia, permette di imbandire la tavola senza dover andare avanti e indietro dalla cucina di casa
Costruire una cucina da esterno! Nulla di meglio quando fa bel tempo di un’allegra grigliata, in compagnia di amici e parenti, ma se a costine, puntine, salsiccie, wurstel, sgombri, gamberoni e via sfrigolando vogliamo aggiungere una fumante pastasciutta o una fresca insalata ci tocca preparare l’occorrente nella cucina di casa che magari non è proprio a due passi. Ecco come eliminare questo fastidio con una spesa relativa ed un paio di giorni di lavoro.
Costruire una cucina da esterno offre abbondante spazio per preparare, accanto alla griglia ed al tavolo, ogni tipo di pranzo. Finita la festa, un telo impermeabile agganciato alla struttura protegge il piano di lavoro.
Costruire una cucina da esterno
Il padiglione è tutto costruito in legno e attrezzato con un lavello per pulire le verdure e lavare i piatti e con un fornello elettrico o a GPL. Un sottopiano ed un paio di ripiani ci permettono di tenere in ordine ed a portata di mano tutto quanto ci può servire per preparare i pasti.
Un telo impermeabile protegge dalla pioggia e dai ricordini di topi ed uccelli il piano di lavoro quando non lo usiamo. Quello qui illustrato è sistemato su una pavimentazione, ma nulla vieta di metterlo sul prato con l’avvertenza di difenderne i piedi poggiandoli su mattoni o piastrelle e non direttamente sul terreno.
Le pareti in grigliato non ostacolano il passaggio del vento per cui è ridotto al minimo il pericolo che una raffica lo rovesci (in zone molto ventose, comunque, è meglio ancorarlo al suolo o ad alberi).
Il rubinetto è alimentato dalla canna da innaffio, tramite un normale attacco. Per lo scarico, se non ci si può collegare alle fognature, l’acqua di lavaggio di verdure e simili può tranquillamente andare nell’orto o in giardino; quella di rigovernatura è meglio che sia raccolta in un bidone e poi scaricata nel WC. Ok, ora però è giunta l’ora di capire come costruire una cucina da esterno.
Cosa serve per costruire una cucina da esterno
Pino o abete impregnati o da proteggere con impregnanti prima di verniciarli. (Misure in mm)
Sezione 45×95: 2 montanti A da 2000; 2 montanti B da 1820; 3 montanti C da 1800; 1 traversa centrale D da 982.
Sezione 24×95: 2 longheroni E da 2019; 4 fascioni F da 1881; 2 testate G da 1028; 2 testate H da 540; 2 testate J da 452.
Sezione 19×95: 18 pezzi K da 500.
Sezione 45×45: 8 pezzi L da 798.
Sezione 19×45: 8 montanti M da 1420;
Elementi griglia (16 N da 1119; 16 O da 1096; 16 P da 850; 16 Q da 581; 16 R da 313);
1 reggipiano S da 1881.
Sezione 8×27: 2 reggitelo T da 1881.
Mezzotondo Ø circa 30: due fermatelo U da 1881.
Lamellare di legno duro da 28 mm: 1 piano V 1881×620.
Lamellare di legno duro da 21 mm: 2 ripiani X da 1881.
10 listoni a battuta Y da 2100.
Un telo impermeabile Z di circa 1000×1881.
Lavello con rubinetto e piletta di scarico;
tubo di scarico Ø 38 mm;
raccordi a scatto maschio e femmina;
tubo da innaffio;
Viti Ø 3,5×16, 4×35, 4×40, 4×50, 5×60, 5×90 e 5×100;
gruppini 2,5×55 e 1,6×35;
2 piastrine ad L;
cordone elastico;
3 ganci a vite;
2 velette a vite;
colla;
impregnante protettivo;
smalto di finitura
Costruire una cucina da esterno con pareti in grigliato
I quattro telai sono identici: una cornice rettangolare coi lati lunghi (M) di tavole sez. 19×45 mm e quelli corti (L) sez. 45×45 mm, che ospita la trama di tavolette inclinate a 45°.
Per permettere la costruzione anche ai meno esperti, tutte le unioni sono realizzate avvitando fra loro pezzi semplicemente accostati. I più bravi e meglio attrezzati sapranno come ottenere una maggior solidità con l’uso degli incastri volta per volta opportuni.
Tutti gli elementi della nostra cucina vanno rifiniti (levigatura, protezione e verniciatura o smaltatura) prima del montaggio. Costruite le quattro cornici le blocchiamo ben in squadra su un piano di lavoro e cominciamo la “grigliatura” incastrandovi le quattro tavolette più lunghe.
Le blocchiamo con viti 4×40 mm o con spine Ø 8×40 mm attraverso i lati lunghi della cornice. La testa (affogata sotto filo piano) delle viti o delle spine va poi stuccata e riverniciata.
Così fissate saldamente alla cornice le prime quattro tavolette, le altre vengono montate inchiodandovele con gruppini. Se i pezzi sono stati tagliati esattamente a misura e se la cornice è veramente a squadra, il lavoro va avanti da solo.
Inseriamo il grigliato fra i montanti col lato inferiore a 190 mm (si vede il distanziale) dai piedi, blocchiamolo in posizione con quattro morsetti e fissiamolo con viti, spine o tasselli piatti. Qui si vede anche il taglio obliquo da impartire alle pareti per dare la giusta inclinazione al tetto.
Bloccando assieme con morsetti il fondo e le pareti, uniamo i pannelli con viti 5×60 mm, curandone la perfetta squadratura.
Il robusto sottopiano
Montate le tre pareti cominciamo ad irrigidirle inserendovi il sottopiano, formato da quattro tavole poste di coltello coperte da un tetto di tavole distanziate di 10 mm l’una dall’altra, semplicemente inchiodate con gruppini da 35 mm.
Aperta nel piano di lavoro la finestra per il lavello, poggiamolo sul sottopiano per individuare la posizione dello scarico da aprire con l’alternativo o con una sega a tazza.
Poggiamo il sottopiano su quattro distanziali e fissiamolo alle pareti ed al fondo con viti Ø 4×40 mm.
Tetto con tavolo sovrapposte
Completiamo la squadratura della cucina avvitando ai montanti le testate G, i longheroni E e la traversa D. Sapendo e potendo conviene farlo in uno scarico aperto nella sommità dei montanti con la traversa incastrata fra i longheroni a con incastro a tenone e mortasa.
Completiamo il tetto inchiodando su longheroni, testate e traversa, a partire dalla parte più bassa, le tavole a battente.
Marcatura e taglio della sede del lavandino
I lavelli da incasso non sempre sono accompagnati dalla maschera di taglio che permette di eseguire il foro esattamente a misura. Se manca, poggiamo il lavello, capovolto, sulla faccia inferiore del piano di lavoro, tracciamone il contorno e marchiamo la linea di taglio 15 o 20 mm (dipende dalla sporgenza del bordo) al suo interno.
Fissiamo alla parete di fondo il primo longherone reggipiano e contro questo ed alle pareti le due traverse H cui avvitiamo il secondo longherone.
Avvitiamo al longherone posteriore un paio di piastrine ad L, con l’ala orizzontale a filo del suo bordo superiore.
Preparato il piano di lavoro e montativi rubinetto e lavello, completo di piletta e di scarico del troppo pieno, appoggiamolo sulle tavole reggipiano e blocchiamolo in posizione avvitandolo dal basso alle piastrine ad L.
Facciamo passare il tubo di scarico nel foro aperto in precedenza nel sottopiano ed avvitiamolo alla piletta del lavello. Alla sua estremità inferiore, a lavoro finito, collegheremo un raccordo flessibile che allontani l’acqua dalla cucina.
Alla filettatura inferiore del cannotto del rubinetto avvitiamo un raccordo femmina che ci permette di dargli l’acqua dalla canna per innaffiare. Tenendo questa in pieno sole possiamo perfino godere dell’acqua calda.
Telo protettivo e ripiani
Il telo è lungo quanto il piano di lavoro e più largo di circa un palmo. Un bordo lungo va incollato fra i due listelli (T) e l’altro fra i due mezzi tondi, da attraversare con tre pezzi di cordone elastico, legati a formare un occhiello, e da attaccare a tre ganci aperti avvitati nella parte inferiore della struttura.
Il bordo chiuso fra i listelli viene avvitato contro il fondo.
Sotto il ripiano X inferiore, a circa 50 mm dal suo bordo anteriore, sia avvita il listello (S) che, montato il ripiano, nasconde il telo arrotolato.
I due ripiani vengono fissati alla struttura con viti passanti dall’esterno del grigliato. Il ripiano inferiore poggia sul doppio listello fermatelo e va fissato per primo.
La gamma di prodotti a batteria al litio intercambiabile OneAll continua a crescere con soluzioni sempre più mirate: per gli amanti del fai da te Valex propone la mini sega circolare M-MSC 18 dalle prestazioni professionali. Alimentata da una batteria al litio da 18V, esprime una potenza tale da lavorare ad una velocità a vuoto di 2.950 giri/min.
M-MSC 18 è dotata di due lame di tipo TCT 24T (ø89mm) e HSS 44T, che possono essere cambiate facilmente grazie al blocco del mandrino. La profondità di taglio è regolabile fino a 28,5 mm. Il platorello di alta qualità garantisce un’ottima stabilità durante l’uso e quindi una migliore precisione in qualsiasi lavoro; viene fornita anche di guida per effettuare tagli paralleli.
M-MSC 18 è predisposta per l’aspirazione delle polveri tramite aspiratore esterno, così da mantenere sempre una zona di lavoro pulita. È un utensile leggero e maneggevole, con l’impugnatura morbida per avere sempre una presa confortevole ma sicura; quale protezione ulteriore, è dotata di un interruttore di sicurezza contro l’accensione accidentale.
Viene fornita con 2 lame dal diametro di 89mm e adattatore per aspiratore esterno; è acquistabile separatamente anche lama diamantata da ø89mm
Semplice e squadrato, questo porta tv fai da te è completo di tutto ciò che serve: c’è un ampio cassetto, un vano inferiore chiuso da sportelli e un ripiano con una lampadina che illumina l’interno e diffonde luce frontalmente e sulla parete
Chi l’ha detto che per costruire un porta tv fai da te bisogna avventurarsi in lavorazioni complesse e ricercate? Dipende sempre quali caratteristiche deve avere l’oggetto finito e, in questo caso, quella in cima alla classifica era la funzionalità.
“Grazie a Bricoportale e Far da sé ho imparato a fare tanti lavori, arrangiarmi, essere più creativo”. Sono parole di Paolo Bommartini, 32 anni e la volontà di diventare un buon far da sé, costruendosi da solo il porta TV anche se qualcosa di simile lo si trova facilmente già pronto, al limite solo da personalizzare.
Una frase che sancisce il raggiungimento di due obiettivi: il suo e il nostro. Dalle tecniche utilizzate si capisce che il nostro lettore non dispone ancora di un’attrezzatura variegata, ma l’essere “ingegnosi” consiste proprio nel riuscire a fare le cose con quello che si ha: la dotazione crescerà di pari passo con le capacità.
Così gli scassi per le squadrette e le svasature per incassare i bulloni di fissaggio delle ruote li ha fatti a scalpello, al posto degli incastri o delle spinature ha utilizzato squadrette metalliche, ma ha raggiunto ugualmente il risultato che si era prefissato: un porta tv fai da te che funziona anche come sorgente luminosa d’atmosfera per non stancare la vista quando si guarda la TV.
Il vano a giorno del mobile è corredato da un essenziale quanto funzionale impianto di illuminazione: un portalampada fissato in posizione arretrata collegato a un interruttore passante, avvitato a un fianco, facilmente accessibile in quanto il mobile non è provvisto di chiusura posteriore.
Montaggio a secco
Il materiale di partenza è costituito da tavole di lamellare d’abete in lista unica spesso 28 mm, dal quale si ricavano tutti i pezzi che compongono il mobile, assemblato con squadrette metalliche, corredato di un cassetto e provvisto di quattro ruote piroettanti.
Sui vari pezzi tagliati, con l’aiuto di una squadra a cappello, si traccia la posizione delle squadrette metalliche e si aprono i fori per i perni delle ruote: non essendo previsto l’utilizzo di colla, il mobile può essere smontato facilmente.
Sulla faccia interna della base, vicino agli angoli, si aprono le svasature in cui rimangono incassati sotto filo piano i bulloni di fissaggio delle ruote. Tenendo conto del bordo dei fianchi, che vanno in appoggio sulla base, si aprono anche gli scassi per le relative squadrette d’unione.
Il montaggio inizia assemblando i fianchi alla base, poi si avvitano le squadrette sul lato opposto per il top.
Le due ante inferiori si ricavano in un sol colpo tagliando esattamente a metà una delle tavole; l’articolazione è assicurata da due cerniere per parte.
Sotto il top, tra questo e il vano a giorno, rimane uno spazio sufficiente per collocare un ripiano scorrevole su guide metalliche e chiuso da un frontalino che lo assimila a un cassetto.
Con la sega a tazza si praticano due aperture: una sul ripiano intermedio per inserirvi il portalampada e una sul top per il passaggio del cavo di alimentazione della TV.
Le rotelle sul lato frontale vanno inserite in posizione un poco arretrata, per nasconderle alla vista.
Con il legno di ulivo (la pianta è il simbolo delle civiltà mediterranee) si realizzano oggetti dal sapore rustico resi unici dalle irregolari venature scure
Sacro in Grecia alla dea Atena, messaggio di perdono divino per Noè, talamo nuziale di Ulisse, l’ulivo è presente in tutta la storia del nostro Mediterraneo come simbolo di pace e di fratellanza. La pianta preferisce terreni aridi e calcarei e può raggiungere i 18 metri di altezza e il metro di diametro. Coltivato in tutte le zone temperate del pianeta per la produzione di olio, il suo legno di ulivo è ricercato in ebanisteria e usato per la realizzazione di vari oggetti. La parte più usata dell’albero, il cui tronco è soggetto a contorcersi e a fendersi fino ad aprirsi in vere e proprie caverne, è il colletto, cioè la base del tronco con la radica che, in assoluto, dà i più bei piallacci del commercio. Il legno di ulivo è duro e difficile da lavorare per la fibra spesso contorta, trova nella levigatura a specchio (resa possibile dal contenuto di olio) uno dei suoi pregi principali. Il nostro lettore Giuseppe Canistro raccoglie il legno di ulivo in natura, lo fa stagionare nelle migliori condizioni e lo usa per realizzare tanti rustici oggetti per la sua casa, da regalare agli amici, da mettere in mostra. Nel suo laboratorio sono presenti tutte le attrezzature necessarie per il taglio del legno di ulivo davvero duro e un potente tornio per la lavorazione che meglio mette in risalto le caratteristiche del legno. Un’ampia dotazione di sgorbie, scalpelli e bedani gli consente di ottenere ciotole, vassoi, candelieri, vasi mentre il pezzo di ulivo sgrossato gira sul tornio o di costruire altri oggetti non di forma tonda con una sapiente lavorazione manuale. L’occhio del buon far da sé scruta ogni pezzo di legno e individua, dalle sue dimensioni, dall’andamento della fibra, dal gioco colorato delle sue venature, quale sia l’uso in cui meglio possa essere sfruttato senza sprecarne nemmeno un piccolo pezzo, ottenendo oggetti di pregio che si fanno notare per colore, forma e… profumo.
Lavorazione legno ulivo
Il ceppo di legno di olivo, perfettamente stagionato, viene spaccato a metà con un cuneo di ferro conficcato con la mazza; il taglio è irregolare perché segue la fibra del legno.
Le due facce del ceppo spaccato mostrano in tutta evidenza la bellezza delle venature del legno che sono scure, ora sottili ora più pronunciate, ora quasi diritte ora contorte, e rendono unico il fondo bianco giallastro.
Dallo stesso ceppo si ricavano un tagliere, una ciotola e, dai residui, un simpatico portatovaglioli che ricorda nella sua forma una chiocciola. Il tagliere si ottiene con tagli eseguiti con la sega a nastro, prima per realizzare la tavola piatta e poi per definirne i contorni incerti. Il lavoro si completa con un’accurata levigatura a specchio e con la foratura del manico.
La seconda metà del ceppo, sgrossata con tagli alla sega a nastro, così da ridurla a un blocco che sfrutti la parte più spessa dello stesso ceppo, viene lavorata al tornio prima per renderne perfettamente tondi i bordi e poi per scavarne l’interno; le venature scure vengono esaltate da questo tipo di lavorazione con cui si ottiene anche la perfetta politura (finitura a specchio).
I pezzetti del prezioso legno di ulivo avanzati dalle due precedenti lavorazioni vengono utilizzati per realizzare piccoli oggetti dalle forme elaborate, qui un portatovaglioli. Su una base abbastanza tozza si fissano alla distanza di pochi centimetri due tavolette sagomate a forma di chiocciola (le venature del legno, sfruttate nel loro disegno a spirale, contribuiscono a completare l’immagine del guscio dell’animale).
La pianta di ulivo
Pianta tipicamente mediterranea è simbolo di pace; albero tra i più longevi, raggiunge i 500 anni, cresce in terreni aridi e sassosi ed è molto esigente in fatto di clima che deve essere mite (non resiste al freddo, ma nemmeno all’eccessivo calore). Il legno, molto duro, è caratterizzato da bellissime venature; difficile da lavorare, grazie al contenuto in olio può essere levigato a specchio.
Duramen. Bianco giallastro con venature più o meno scure molto pronunciate e ad andamento irregolare.
Alburno. Bruno chiaro con tendenza a scurire col tempo.
Fibra. Contorta, spesso con andamento a spirale.
Odore. Tipico d’oliva matura.
Pregi. Compatto, omogeneo, resiste agli insetti, prende una politura splendida.
Difetti. Se mal stagionato si torce e si spacca; difficile da piallare; chiodi e viti richiedono fori d’invito per evitare fenditure.
Uso. Soprattutto per impiallacciature e placcature; ricercato in ebanisteria fine e per la tornitura; ottimo legno per carissimi pavimenti; usato anche per fare utensili da cucina come mestolame, mortai, pestelli, taglieri e simili.
Grande collaborazione e complicità fra padre e figlio che, condividendo la passione per il fai da te, hanno progettato e realizzato insieme un letto soppalco fai da te in legno
Questo soppalco fai da te in legno è un magnifico esempio di collaborazione e di intesa familiare. Davide Forghieri, appassionato e capace far da sé, ha saputo trasmettere la nobile arte del “saper fare” al figlio Enrico; la realizzazione di queste pagine ne è la prova tangibile, visto il risultato ottenuto con l’unione della competenza, da un lato, con le idee e la vitale motivazione dei giovani.
Stufo di mescolare disordinatamente nella propria camera le attività di studio e tempo libero con quelle della notte, Enrico ha deciso di rivisitare in modo consistente l’ambiente, senza effettuare opere murarie, ma sfruttando tuttavia la notevole altezza del soffitto. Questa permette il posizionamento di un soppalco fai da te al di sopra del quale allestire la zona notte, mantenendo nello spazio sottostante la zona studio con il computer, l’impianto stereo e la scrivania.
Un solido progetto alla base del soppalco fai da te
L’ideazione e la fase progettuale sono i primi passi; fra le altre cose si decide il riutilizzo, con alcune modifiche, di alcuni mobili già presenti nella stanza: il tavolo, ampliato per diventare una più comoda scrivania, due scarpiere, una delle quali diventa il mobiletto per l’impianto stereo, alcuni sgabelli.
Proprio questi ultimi sono stati utilizzati per realizzare una scala di accesso al soppalco del tutto particolare. I singoli mobiletti, tutti rivestiti sul loro piano superiore con le stesse perline utilizzate per il soppalco, sono disposti a scalare, incastrati e fissati con viti in modo che, sfruttando le diverse altezze e alcune sovrapposizioni, si costituisse una progressione di gradini da salire per accedere al letto.
Letto a soppalco a piani sfalsati
Non solo soppalco, ma anche mobilio di recupero
La scarpiera a sinistra della scrivania è stata modificata per inserirvi l’impianto stereo, realizzando un comparto su misura. La cassettiera con sopra lo scanner del computer trova finalmente posto sotto la scrivania, grazie a un’operazione di prolungamento delle gambe mediante inserimento di uno spessore in testa, al di sotto del piano.
Come costruire un letto a soppalco in legno
Lungo le pareti, posizionate perfettamente in bolla, si applicano con tasselli a espansione le staffe a 90° destinate a reggere due delle quattro travi perimetrali del soppalco. Nell’angolo si mettono due staffe, una su una parete e una sull’altra, più vicine possibile, ma senza che ci siano sovrapposizioni.
Le altre due travi del soppalco fai da te convergono invece verso il centro stanza. Nel loro punto d’incontro si consolidano con una staffa piatta a L e una staffa a 90°. Il vertice appoggia su un pilastro formato da una terza trave di identica sezione, fissata sia sopra, sia al pavimento.
Mano a mano che si procede con il rivestimento della struttura, si provvede anche alla stesura dell’impianto elettrico. Quando i fili devono attraversare lo spessore di una trave si praticano fori di un paio di millimetri di diametro più ampi del conduttore.
La travatura è completata da traverse intermedie con funzione strutturale; in corrispondenza del vano incassato, invece, i segmenti aggiunti servono per delimitarne lo spazio, realizzando una sorta di contenitore. In questo caso il fissaggio avviene avvitando nell’angolo tacchi di legno triangolari.
Il vano, una specie di secretaire, è chiuso da uno sportello realizzato con le stesse perline maschiate della copertura, tenute insieme da due listelli.
Dopo aver ricoperto tutta la parte superiore della struttura del soppalco si riveste con le stesse perline maschiate quella inferiore. Il fissaggio delle tavole avviene tramite apposite piastrine messe in corrispondenza della trave, fatte in modo che aggancino un lembo della perlina, quindi si avvitano alla trave.
Per il posizionamento della rete del letto, è sufficiente realizzare una specie di cornice di contenimento, naturalmente con il legno. Si forma un rettangolo con listelli a sezione quadrata, avvitandoli sul soppalco. Questi servono per quel minimo di sollevamento, rispetto al piano, che necessita alla rete a doghe; mentre il contenimento laterale si fornisce fissando esternamente al primo rettangolo, sempre con viti, altri quattro listelli, questa volta più sottili e alti.
Al termine tutte le superfici verniciabili, a partire dal legno del soppalco, ai mobili della parte studio, a quelli che fanno supporto della scala, sino alle casse acustiche, vengono colorati con smalto bianco, per avere un unico tono che contraddistingue l’ambiente.
Prima e durante il rivestimento della struttura del soppalco, va dedicata molta cura alla stesura e alla distribuzione dei conduttori elettrici, per l’impianto elettrico e d’illuminazione, necessari sia per la zona notte (sopra), sia per la zona studio (sotto), nonché quelli dell’impianto audio, il tutto per fare in modo che, terminato il lavoro, non resti visibile alcun filo.
Le finiture colorate esistono in tinte pastello o in diverse tonalità del legno e, a differenza degli smalti, hanno il pregio di tingere la superficie lasciando visibili le venature: ci sono diversi modi per ottenere colorazioni più o meno intense, striate o uniformi
Oltre ai classici impregnanti che proteggono il legno e gli conferiscono una colorazione su base trasparente, ma in linea con il suo aspetto naturale, esistono colori acrilici non coprenti in tinte pastello con i quali si può ottenere un differente livello di copertura in base alla diluizione e alle modalità di applicazione. L’effetto visivo che si ottiene con i colori acrilici non coprenti è un compromesso tra l’utilizzo dei classici impregnanti per legno e la stesura di uno smalto: il colore naturale del legno viene alterato dalla colorazione pastello, ma la sua natura rimane evidente. Il resto lo fa l’utilizzo intercalato di pennelli e spugne, con passate successive di applicazione e asportazione (o uniformazione) del colorante.
Molti di questi colori acrilici non coprenti sono pronti all’uso, ma ce ne sono alcuni tipi che hanno caratteristiche simili ai classici mordenti: si presentano concentrati e si prestano a differenti gradi di diluizione con acqua che producono effetti molto diversi, specialmente se il legno è ricco di anelli nodali e striature leggermente incavate o a rilievo. Dopo pochi istanti dall’applicazione del colorante, se si passa in modo leggero la spugna, si distende il colore fino ad asportarne una parte dalla superficie più a rilievo, mentre nelle zone un poco depresse la tinta rimane più concentrata.
Uno degli effetti, che più spesso si cerca di ottenere, è il classico aspetto “jeans”, applicando in più passate lineari, con il solo pennello, il colore diluito senza utilizzare la spugna. I migliori risultati si ottengono preparando il supporto grezzo con un lavaggio seguito da una carteggiatura con abrasivo medio-fine.
Colori acrilici non coprenti di ottima qualità si possono trovare presso i rivenditori di materiali per le bella arti.
Vediamo nel dettaglio come dipingere il legno in acrilico.
Colori acrilici non coprenti su bordini sagomati
Per bagnare in modo uniforme il legno in presenza di modanature complesse ci si deve aiutare con un pennello piatto intinto più volte in acqua.
Dopo l’asciugatura, quando il legno ha rialzato il pelo, si pone lo stesso problema: la lisciatura uniforme degli arrotondamenti e delle zone difficili si ottiene con una spugnetta abrasiva a consistenza morbida.
I punti più nascosti si raggiungono tamponando la zona con la punta di un tovagliolo di carta intinto nel colorante.
Su listoni da rivestimento
Lo sporco e la vecchia finitura si asportano dapprima in modo grossolano con una levigatrice in movimento continuo per evitare di lasciare i segni del passaggio della macchina. Nelle zone in cui la macchina non può lavorare in modo efficace si agisce a mano. Si elimina lo spolvero e si lava la superficie.
Dopo aver fatto asciugare il legno, si effettua una carteggiatura leggera con abrasivo fine.
La superficie va nuovamente spolverata prima di applicare i colori acrilici non coprenti nel senso delle venature.
Come preparare i preparare i colori acrilici non coprenti
Macchie di resina o colla si eliminano dal legno grezzo intervenendo sullo sporco in rilievo con uno scalpello, poi rifinendo con acqua calda saponata e sciacquando con acqua pulita.
e nessuna pulizia è necessaria, basta bagnare il legno con una spugnetta imbevuta d’acqua tiepida per far rigonfiare le fibre e rizzare il pelo.
Si lascia asciugare spontaneamente il legno per una notte, poi si leviga superficialmente con carta vetrata a grana 240 passata in direzione delle venature.
Con un pennello o una spazzola a setole morbide si elimina completamente lo spolvero. Se la superficie è estesa, conviene utilizzare un aspirapolvere, senza strisciare la bocchetta sul legno.
Il colorante si applica con un pennello initinto moderatamente: il legno tende ad assorbirlo subito, quindi possono formarsi macchie di tonalità differente prodotte dal passaggio delle setole. Bisogna applicare il colore su una porzione ridotta di legno e distenderlo con una spugna asciutta per eliminare i segni del pennello. Entrambe le operazioni vanno effettuate nel senso delle fibre.
Raggiunta una colorazione omogenea, ma che lascia a tratti evidenti le venature, si lascia asciugare completamente la superficie, che può essere successivamente protetta e valorizzata applicando una finitura incolore.
Il sistema che proponiamo per fare un vialetto in giardino riguarda la preparazione di un camminamento costituito da ghiaietto, per il quale occorre predisporre un adeguato sottofondo. Chi non voglia o non possa sobbarcarsi tanto lavoro può adottare altre soluzioni, non altrettanto valide sul piano della durata, ma assai meno faticose e dispendiose: ecco qualche alternativa.
La più semplice ed economica prevede l’uso dei quadrotti forati di PVC verde, che possono essere fissati con picchetti metallici direttamente sull’erba, previamente rasata a zero. L’erba, potendo crescere e svilupparsi nei fori, non tende a sollevare il riquadro.
Leggermente più complicato fare un vialetto in giardino con quadrotti pieni di plastica o con piastrelloni di cemento a vista o cosparso di ciottoli, o con beole, perché questi vanno infossati a filo terra, previo diserbo della base (se ne segue il contorno affondando verticalmente una cazzuola che poi ci aiuta a sollevare e tirar via la zolla di prato) e sostituzione del terriccio con sabbia e ghiaia. Anche questi è consigliabile fissarli con picchetti.
Più decorativi ed ecologici, e più costosi, i quadrotti di legno impregnato che, oltre al lavoro appena visto, richiedono anche l’interposizione di un robusto foglio di plastica, bucherellato per lo scolo dell’acqua, fra il legno ed il terreno. Il vialetto di quadrotti, piastrelloni o beole non richiede cordolatura né che gli elementi siano accostati fra loro: anche posti ad una trentina di centimetri l’uno dall’altro risultano comodi da percorrere.
Altra soluzione abbastanza rapida ed economica, ma già più faticosa, è la preparazione di un vialetto inghiaiato che richiede uno scavo di almeno mezzo palmo delimitato da mattoni di costa, grosse pietre o, se proprio si vuole, da una gettata di calcestruzzo con un primo strato di breccia mista a sabbia, bagnata e compattata prima, ricoperta di ghiaietto poi.
Lo stesso lavoro di scavo e di delimitazione si deve fare per fare un vialetto in giardino con gli autobloccanti (calcolare la larghezza del vialetto secondo multipli interi della larghezza degli elementi), ma senza breccia e ghiaia, sostituite da uno spesso strato di sabbia, bagnata e compattata. Sabbia asciutta, sparsa in abbondanza sulla pavimentazione e pazientemente distribuita con una scopa di saggina a colmare le fessure su tutta la superficie, completa il lavoro fai da te.
Comanda la livella
Delimitato con i picchetti il percorso del vialetto, si elimina lungo il tracciato l’erba, sollevandola con tutta la zolla e, una volta ripulito il terreno, si tende fra di essi la lignola, livellandola all’altezza del bordo superiore della vanga affondata di 15 cm.
Si comincia lo scavo con la vanga, affondandola fino a che il bordo superiore sfiori la lignola, e si apre nel terreno un solco profondo appunto 15 centimetri e largo una decina. In questo solco si inseriscono, su un letto di sabbia, i cordoli che dovrebbero sporgere di circa 6 cm.
Con la tipica precisione fai da te se ne controllano l’esatta verticalità ed orizzontalità, che si ottengono aggiungendo o togliendo sabbia.
Batti e ribatti
Bordato tutto il tracciato coi cordoli e coi pilastrini seguicurva, e controllato con la livella che le due sponde siano a pari, abbassiamo di una decina di centimetri il terreno del vialetto, sarchiandolo quanto più profondamente possiamo per eliminare le radici delle piante.
Annaffiamo, quanto basti a inumidirlo, il terreno così spianato e diserbato, camminandoci sopra avanti e indietro per compattarlo. Sul terreno stendiamo uno strato di sabbia fine (grana 0/32) spesso fino a circa metà altezza dei cordoli.
La sabbia (se non era già bagnata all’origine) va annaffiata e stesa con cura aiutandosi con una stecca lunga quanto è largo il vialetto e con sopra fissata una livella. La dobbiamo poi compattare bene o con la mazzeranga o con un pesante rullo da giardino.
Più strati di varia consistenza
Sullo strato di sabbia compattata stendiamo un secondo strato di breccia di misura medio piccola (grana 16/32), spesso fra i 7 e i 10 cm, quanto basti ad arrivare tre dita sotto il bordo dei cordoli. È ovvio che il lavoro va fatto facendo camminare la carriola all’esterno del vialetto.
l nemico principale dei vialetti inghiaiati, lastricati o ammattonati senza un sottofondo in calcestruzzo (e a volte anche con) è l’erba che, tenace ed immortale, riesce a passare anche nelle fessure più piccole. Per difendere il nostro lavoro stendiamo quindi sul brecciolino una protezione di tessuto-non tessuto, reperibile nei centri bricolage, permeabile all’acqua, ma non alle piante.
Il tessuto deve non solo coprire interamente lo spazio fra i cordoli, ma risalire sulle pareti almeno due dita per parte. Facendoci aiutare da un altro bricoleur che lo tenga ben più teso di quanto mostri la foto, diamo l’ultimo tocco al vialetto coprendo il telo con tanto ghiaietto da salire fino ad un dito sotto le sponde. Una passata di rastrello fine ed il lavoro è finito.