In questi ultimi mesi tutti abbiamo dovuto imparare e in molti praticare lo smart working, modalità di lavoro, fino a poco tempo fa sconosciuto ai più, confuso con il telelavoro (che sposta semplicemente il lavoro dall’uffico a casa), e che si definisce “lavoro intelligente/agile” perché non prevede vincoli di luogo e di orari. Riguarda esclusivamente il lavoro di ufficio, occorrono un computer, fisso o portatile, uno smartphone, un collegamento internet veloce e, se necessario, la possibilità di accedere alla rete aziendale: la qualità e la quantità dell’attività possono essere misurate con il raggiungimento degli obiettivi. I vantaggi incontestabili sono importanti: risparmio di tempo e di denaro per i mancati spostamenti, minor inquinamento, libertà del lavoratore di gestire il tempo in autonomia. D’altra parte, e l’abbiamo visto in questo periodo di prova obbligata dettata dalla pandemia, questo smart working non è tutto rose e fiori: oltre alla difficoltà dei collegamenti a causa dell’inadeguatezza della rete internet del nostro Paese, c’è sicuramente la diminuzione della produttività per carenze di programmazione, organizzazione ed esecuzione. Ma ciò che sembra più pesante è la perdita dell’aspetto sociale del lavoro, l’isolamento del lavoratore a causa della mancanza di contatto con i colleghi e con l’azienda, tutto il giorno solo con un computer e, in più, disturbato dalle attività domestiche che tolgono concentrazione, quasi inevitabili in un’abitazione: non tutti dispongono di una stanza adibita a studio in cui potersi isolare. La comodità di non muoversi da casa, rimanendo magari in pigiama da mattina a sera… orrore… è qualcosa che, alla lunga, ha fatto tornare in molti addirittura il desiderio di trovarsi in coda in tangenziale per raggiungere l’azienda. Ma aldilà di queste considerazioni, l’atteggiamento del fardasé è di rispondere concretamente al nascere delle nuove esigenze e così in questo numero pubblichiamo un dossier dedicato alla realizzazione di scrivanie e spazi pensati per il lavoro da casa che pare, indipendentemente dal Coronavirus, dovrà entrare sempre di più a far parte della nostra vita. A mio avviso un’evoluzione che andrebbe presa a piccole dosi perché aggiunge poco in termini di benessere e arricchimento alla nostra mente e che può creare problemi psicologici perché non siamo fatti per “dialogare” solo con un video. Come sempre trovo molto più “smart/intelligente” potersi impegnare in laboratorio, luogo in cui, anche se si è soli, mente e mani sono sollecitate da continui stimoli per progettare, risolvere problemi, tagliare, unire, rifinire, trovare le soluzioni migliori per ottenere il risultato perfetto per le esigenze personali.
In questi ultimi mesi tutti abbiamo dovuto imparare e in molti praticare lo smart working, modalità di lavoro, fino a poco tempo fa sconosciuto ai più, confuso con il telelavoro (che sposta semplicemente il lavoro dall’uffico a casa), e che si definisce “lavoro intelligente/agile” perché non prevede vincoli di luogo e di orari.
Riguarda esclusivamente il lavoro di ufficio, occorrono un computer, fisso o portatile, uno smartphone, un collegamento internet veloce e, se necessario, la possibilità di accedere alla rete aziendale: la qualità e la quantità dell’attività possono essere misurate con il raggiungimento degli obiettivi. I vantaggi incontestabili sono importanti: risparmio di tempo e di denaro per i mancati spostamenti, minor inquinamento, libertà del lavoratore di gestire il tempo in autonomia.
D’altra parte, e l’abbiamo visto in questo periodo di prova obbligata dettata dalla pandemia, questo smart working non è tutto rose e fiori: oltre alla difficoltà dei collegamenti a causa dell’inadeguatezza della rete internet del nostro Paese, c’è sicuramente la diminuzione della produttività per carenze di programmazione, organizzazione ed esecuzione. Ma ciò che sembra più pesante è la perdita dell’aspetto sociale del lavoro, l’isolamento del lavoratore a causa della mancanza di contatto con i colleghi e con l’azienda, tutto il giorno solo con un computer e, in più, disturbato dalle attività domestiche che tolgono concentrazione, quasi inevitabili in un’abitazione: non tutti dispongono di una stanza adibita a studio in cui potersi isolare. La comodità di non muoversi da casa, rimanendo magari in pigiama da mattina a sera… orrore… è qualcosa che, alla lunga, ha fatto tornare in molti addirittura il desiderio di trovarsi in coda in tangenziale per raggiungere l’azienda.
Ma aldilà di queste considerazioni, l’atteggiamento del fardasé è di rispondere concretamente al nascere delle nuove esigenze e così in questo numero pubblichiamo un dossier dedicato alla realizzazione di scrivanie e spazi pensati per il lavoro da casa che pare, indipendentemente dal Coronavirus, dovrà entrare sempre di più a far parte della nostra vita.
A mio avviso un’evoluzione che andrebbe presa a piccole dosi perché aggiunge poco in termini di benessere e arricchimento alla nostra mente e che può creare problemi psicologici perché non siamo fatti per “dialogare” solo con un video. Come sempre trovo molto più “smart/intelligente” potersi impegnare in laboratorio, luogo in cui, anche se si è soli, mente e mani sono sollecitate da continui stimoli per progettare, risolvere problemi, tagliare, unire, rifinire, trovare le soluzioni migliori per ottenere il risultato perfetto per le esigenze personali.
Una struttura di rete metallica riempita di sassi è perfetta per costruire un laghetto fai da te fuori terra
Di solito per disporre di un laghetto in giardino occorre eseguire uno scavo, ma se ci sono bambini lo specchio d’acqua può costituire un potenziale pericolo. Costruire un laghetto fai da te economico fuori terra, ma che permetta di giocare con barchette o osservare i pesci che vi nuotano senza ritrovarsi sommozzatori involontari, può essere un’alternativa più sicura e altrettanto d’effetto.
La struttura
La struttura di questo laghetto fuori terra è composta da un’armatura di rete zincata riempita di sassi: ideale è quella che viene utilizzata per i “gabbioni” di contenimento, ma vi sono anche griglie per recinzione che hanno una grande robustezza e sono adatte allo scopo.
Con un discreto quantitativo di pannelli di questa rete possiamo costruire un laghetto davvero molto bello: componiamo due anelli concentrici alti 400 mm e con diametri rispettivamente di 1250 e 1450 mm.
Questi due anelli sono poggiati al terreno, preventivamente decorticato e spianato, e ad esso affrancati con alcuni fittoni metallici. Lo spazio vuoto tra i due grigliati è riempito con sassi del volume medio di una grossa arancia: si possono trovare nei garden center in varie tipologie di colori. All’interno di questa solida struttura viene realizzato il sistema di contenimento dell’acqua.
Lungo la parete interna della gabbia riempita di sassi si applica uno spesso feltro, oppure una guaina bitumata isolante, da fissare alla rete con alcuni legacci di filo plastificato.
Infine viene steso, all’interno della struttura circolare, un telo per laghetti di robusto PVC di colore nero. Il compito dello strato di feltro è quello di proteggere il telo di plastica che, spinto dal peso dell’acqua, si potrebbe strappare venendo direttamente a contatto con la griglia.
Il telo va abbondantemente ripiegato lungo il bordo superiore della griglia che forma l’anello interno e ad esso affrancato (dall’interno) grazie al peso dei sassi.
La vasca è pronta per essere riempita d’acqua, il cui livello dovrà arrivare a circa 6-8 cm dal bordo superiore. Nel laghetto possiamo inserire una pompa a ricircolo che generi uno zampillo verticale, vasi con piante acquatiche, pesci.
Il laghetto può essere semplicemente di forma circolare oppure completato con un’appendice, costituita, come nel nostro prototipo, da una panca lunga 1600 mm, realizzata con lo stesso sistema della gabbia di contenimento del laghetto.
Questa nuova gabbia, però, è larga il doppio (quindi 400 mm) di quella che contiene il telo, in modo da fornire uno stabile appoggio per il piano di legno che viene collocato sopra di essa e che diventa la seduta.
Tutta la struttura viene circondata da due file di autobloccanti incassati nel terreno che segnano un netto stacco con il manto erboso.
Come costruire un laghetto – I passaggi
I pannelli di grigliato si collegano uno all’altro tramite astine metalliche inserite nelle maglie terminali di pannelli adiacenti.
Si compone tutta la struttura di contenimento che si colloca sul terreno, preventivamente privato dell’erba, dei sassi, spianato e livellato.
La gabbia che fornisce l’appoggio della seduta di legno è a sezione quadrata (400×400 mm) e lunga 1600 mm. Una delle sue estremità viene agganciata all’anello esterno con astine metalliche sagomate.
L’anello interno va rivestito con uno strato di feltro abbastanza spesso in modo da proteggere il telo che contiene l’acqua. Il feltro viene fissato con legacci lungo tutto lo sviluppo. All’interno della gabbia vengono inseriti i sassi.
Si stende il telo per laghetti e lo si ripiega sul bordo superiore per poterlo fermare con i sassi interni al grigliato.
L’ultima operazione consiste del riempire il laghetto, al cui interno è possibile inserire proiettori luminosi e pompe zampillanti.
Altre idee
Oltre che per costruire un laghetto i gabbioni riempiti di ciottoli vengono utilizzati nelle opere ingegneristiche per contenere l’alveo dei fiumi e le scarpate, ma si prestano anche alla realizzazione di recinzioni, aiuole, gradoni calpestabili.
I granulati in pietra naturale, oltre ad essere reperibili di varie dimensioni, sono anche disponibili in diverse colorazioni che possono essere alternate nella realizzazione delle strutture.
Le pietre, pur se racchiuse in una struttura metallica, conferiscono un aspetto naturale alle strutture, che si prestano anche all’inverdimento per un impatto ambientale ancor più… contenuto.
Per costruire un generatore di corrente fai da te si possono utilizzare i pezzi di una macchina da cucire e la pompa di una lavatrice
Il progetto mostra come sia semplice assemblare un generatore di corrente fai da te, azionabile a pedale, efficace per i più disparati utilizzi che non richiedano potenze elevate. Ovviamente si tratta di mettere insieme oggetti di recupero, ma la particolarità sta nella provenienza dei principali elementi necessari: la pompa di una lavatrice e il manovellismo di una macchina da cucire degli anni ’30.
Entrambi questi elementi hanno importanti caratteristiche: la pompa per lo svuotamento dell’acqua della lavatrice, come anche quella di una lavastoviglie, se abbastanza recente, è una cosiddetta macchina reversibile; detta in parole povere, se le forniamo energia elettrica lei svolge un lavoro meccanico (pompa dell’acqua), al contrario, se le forniamo energia meccanica (facendola girare) lei genera energia elettrica fai da te.
Quindi è estremamente facile trasformare una pompa di questo tipo in un generatore elettrico fai da te.
Il sistema alla base
Per costruire questo generatore fai da te è stata rivalutata la peculiarità del sistema che permetteva alle sarte di lavorare per ore e ore facendo un movimento con le gambe a bassa richiesta di energia e talmente naturale da non esigere alcuno sforzo mentale per essere eseguito, sicché la concentrazione e l’uso delle mani fossero del tutto volti al piano del cucito.
La stessa efficacia viene apportata al progetto del generatore di corrente fai da te con una mossa sapiente, adattando nel modo migliore la spinta di rotazione del manovellismo all’asse del generatore, mediante una puleggia di diametro adeguato.
In questo modo, a seconda della velocità cui si aziona la pedaliera, si ottiene una tensione in uscita perfettamente in linea con quella richiesta in ingresso da numerosi dispositivi tecnologici di uso comune in casa e in laboratorio.
Può sembrare strano, persino estremo, alimentare un modernissimo smartphone con un generatore a pedali, fatto con una macchina Singer che ha un centinaio d’anni ma, oltre a funzionare perfettamente, rappresenta in pieno lo spirito di quell’economia circolare di cui tanto si sta parlando in questi tempi, che noi far da sé abbiamo nel cuore almeno tanto quanto il desiderio di riparare le cose non più funzionanti.
Come costruire un generatore di corrente fai da te
Il sistema di movimentazione dell’alternatore deve fare affidamento su una struttura robusta, in modo che non si verifichino flessioni durante l’azionamento. Si taglia in due pezzi una spessa tavola di legno e si uniscono le due parti a 90° con spinatura cieca o lamelli, rinforzando l’unione con squadrette di ferro messe nello spigolo interno.
L’apparato che raggruppa il manovellismo utile al progetto si fissa facilmente nel nuovo contesto, visto che già era collocato nel mobile della vecchia macchina da cucire. È sufficiente calibrare bene la distanza della grossa puleggia di trasmissione per poter riutilizzare la stessa cinghia di cuoio della Singer, che si adatta anche a questo utilizzo.
Per adattare il sistema alla rotazione dell’albero dell’alternatore è necessario fare alcune modifiche: serve un supporto flangiato per un cuscinetto a sfere; il cuscinetto serve per la rotazione libera di una alberino al quale si innesta da un lato una puleggia piccola per corde da stendere e all’altra estremità un giunto universale di sezione adeguata all’alberino del cuscinetto e all’albero dell’alternatore. Uno zoccolo di legno viene tagliato a misura per alzare il supporto flangiato portandolo a lavorare in asse con l’alternatore.
La pompa trasformata in alternatore
La pompa elettrica della lavatrice normalmente è alimentata da corrente elettrica 230 V e ha un assorbimento di 40-60 W. Per l’utilizzo come alternatore, si deve rimuovere la girante della pompa (l’elica bianca) per innestare sull’albero una puleggia che riceva il moto del manovellismo.
La puleggia deve essere solidale con l’asse. Facendo ruotare l’asse, con lui ruota anche lo statore formato da un nucleo di magneti permanenti oppure elettromagneti, mentre lo statore (la parte che avvolge il tutto) resta fermo e “cattura” la variazione del flusso magnetico dato dalla rotazione dei poli del rotore, restituendo una corrente alternata.
Allestimento finale di tutti i dispositivi
Per completare l’allestimento del generatore di corrente fai da te, all’uscita dell’alternatore si collega una serie di dispositivi ausiliari che permettano di prelevare energia elettrica utilizzandola al meglio.
Per prima c’è una semplice presa di corrente allestita in una scatola per esterni e un mammut per i collegamenti diretti con i fili. Sul loro cartellino indicatore c’è scritto 130 V c.a., cioè la tensione in corrente alternata che esce mediamente azionando in modo continuo la pedaliera, che è sufficiente per tanti dispositivi: basta controllare sulla loro targhetta qual è l’alimentazione consigliata (di solito va bene da 85 a 165 V alternati).
Poi c’è un alimentatore i cui dati di targa sono: input 100-240 V c.a. – output 12 V 3 A. A seguire c’è un adattatore Step-up che permette di ricaricare correttamente la batteria da 12 V di un allarme, usata come sistema tampone e di immagazzinamento. A valle c’è anche un’uscita 12 V c.c. tramite un mammut e un voltmetro in corrente continua che indica in tempo reale la tensione erogata dall’alimentatore.
Questo generatore di elettrico fai da te non produrrà l’energia dei generatori professionali. Ma è perfetto per ricaricare tablet, cellulari e altre batterie, per alimentare router, lampade da tavolo e tanto altro.
Prova del funzionamento
Questo è il momento della prima prova, fatta azionando a mano la pedaliera del generatore di corrente fai da te.
Agli attacchi dell’ex pompa, ora alternatore, si collega direttamente un voltmetro che indica la tensione in uscita (129 V c.a.).
Da notare la presenza di un’altra puleggia fissata nel mobile, sul fianco. Si tratta di un elemento importante per due motivi: il primo perché aumenta la superficie di aderenza della cinghia alla piccola puleggia secondaria, garantendo la massima trazione e scongiurando possibili scivolamenti della cinghia; secondo, permette di regolare il tensionamento corretto della cinghia.
Montolit Plume100 si monta sulla smerigliatrice angolare e permette di levigare le piastrelle per sagomarle con rotondità o fare biselli con angoli speciali
Durante la posa dei rivestimenti capita quasi sempre che si debbano adattare alcune piastrelle alla presenza di elementi di forma non regolare. Il più delle volte si rilsolve con tagli rettilinei, usando taglierine o smerigliatrici con dischi da taglio, ma se si tratta di lavorare su forme tondeggianti la soluzione migliore è utilizzare una mola diamantata come questa. Si tratta della Montolit Plume100, una nuovissima mola per levigatura che lavora indifferentemente a secco o ad acqua. Ha un diametro di 100 mm e un foro centrale filettato M14, quindi è idonea al montaggio su smerigliatrice angolare, togliendo le ghiere per i comuni dischi.
Le particolarità della Plume100 sono la leggerezza e la grande efficacia, caratteristiche che la rendono eccellente anche per il montaggio sugli elettroutensili a batteria, ancora un po’ meno performanti rispetto a quelli a filo. È adatta al lavoro anche su grès porcellanato e, grazie al peso piuma (soli 144 g), la smerigliatrice si manovra con grande precisione. Plume100 ha un prezzo al pubblico di euro 117,00. Montolit
Al lavoro in pochi secondi
Si rimuovono le due ghiere normalmente presenti sull’albero della smerigliatrice angolare.
Bloccando l’alberino premendo l’apposito pulsante, si serra il dado della mola diamantata (serve una chiave da 22).
Facendo lavorare uniformemente tutta l’estensione della parte attiva, la mola ottiene la sua massima durata.
La costruzione di questo gazebo fai da te non richiede incastri, ma tanta precisione: è di notevole solidità vista la sezione degli elementi portanti
Un tocco di grecità classica nei timpani, uno di geometrie cinesi nelle ringhiere e una solidità a tutta prova caratterizzano questo gazebo fai da te.
In posizione riparata dal vento basta il suo peso per mantenerlo stabile, altrimenti lo si può ancorare su plinti di calcestruzzo ben interrati. Costruito in sezioni da avvitare fra loro, direttamente o con l’aiuto di ferramenta zincate (i quattro pilastri, i frontoni, le ringhiere e l’orditura del tetto), lo si può preparare in laboratorio e poi montare in una mezza giornata.
I quattro pilastri, di legno impregnato sotto vuoto, sezione 125×125 mm, vengono otticamente alleggeriti dalla smussatura degli spigoli che lascia integri la base ed il capitello. Per adattarsi alla pendenza delle falde la sommità del capitello va tagliata di sbieco, scendendo di 40 mm dal bordo interno a quello esterno.
Vediamo allora come costruire un gazebo in legno fai da te nel dettaglio.
Occorrente
Per la struttura: Abete o pino di prima scelta, impregnato: 4 pilastri (A) 125x125x2020 mm; 2 basi timpano (B) 43x120x2700 mm; 3 traversoni (D) 34x120x1950 mm; 4 spioventi timpano (C) 43x91x1320 mm; 2 traversoni (E) 21x120x2200 mm.
Per le ringhiere: Listello sezione 38×57 mm: 12 pezzi (F) da 669 mm; 18 (G) da 460 mm; 15 (H) da 128 mm; 6 (J) da 1950 mm; 3 corrimano (O) 15x68x1950 mm.
Per il tetto: 4 listelli (K) 38x57x1050 mm; 6 listelli (L) 38x57x2094 mm; 2 listelli (M) 15x43x2200 mm; 3 listelli (N) sezione triangolare 21x21x1270 mm. Multistrato marino da 15 mm: fondali timpano (P) 420×1950 mm; 2 falde (Q) 1220×2200 mm. Circa 7 mq feltro (R) impermeabilizzato (o simili); 6 staffe a U con ali da 43 mm; colla per esterni; chiodi; viti; olio saturante; impregnante protettivo; smalto o vernice; plinti di fondazione (S).
Gazebo fai da te – Realizzazione
Costruire le fiancate
Perché la ringhiera risulti stabile e regolare ogni giunzione richiede due viti 5×80 mm. Per ogni ringhiera si comincia dalle due H orizzontali chiudendo un pezzo da 128 mm fra due da 669 mm. Sui capi delle H si avvitano i pezzi da 460 mm e i due telai risultanti si uniscono avvitandoli ad un terzo pezzo da 128 mm. Il telaio si completa con altri due tratti corti orizzontali e due verticali e con i due correnti da 1950 mm avvitati ai capi dei listelli verticali. La ringhiera si fissa ai pilastri con viti 5×80 mm che attraversano i due pezzi verticali esterni. Un corrimano 15x68x1950 mm incollato ed inchiodato con gruppini senza testa, affogati sotto piano e stuccati, completa la fiancata.
Per l’alleggerimento ottico dei pilastri se ne incide ogni spigolo con un segaccio, a 325 mm dalla base ed a 295 dalla sommità con due tagli a 45°.
I due tagli vengono raccordati da un terzo che elimina un listello a sezione triangolare. Un ulteriore tocco di classicità si otterrebbe scanalando le facce e la smussatura con una fresa semicircolare.
Ai pilastri del gazebo fai da te si fissano con staffe ad U alettate due dei traversoni D di base.
I traversoni E (col bordo superiore bisellato a seguire la sommità di pilastri) si avvitano direttamente ai capitelli, a filo del bordo basso della bisellatura.
Le ringhiere sono di elementi tutti sfalsati fra loro ed è facile unirli con viti che attraversano un listello e penetrano lungo vena nell’altro.
I timpani
Sul foglio di multistrato che farà da fondo si disegna un triangolo rettangolo con un cateto di 1250 mm e l’altro di 400. Adagiando lungo l’ipotenusa le tavole C si determinano gli angoli di taglio dei loro capi.
Sagomati i capi della trave B come da disegno (o come si crede meglio), vi si avvitano i due spioventi C, tenendone uniti con morsetti i capi superiori. La tavola di fondo, tagliata a misura ed inchiodata a tergo delle tre tavole le blocca e completa il frontone.
Montaggio solido
Preparati i due timpani, le due fiancate e la terza ringhiera, si solleva una fiancata e la si blocca in posizione (eventualmente fissandola ai plinti di calcestruzzo) con un paio di puntelli.
Si fa lo stesso con la seconda fiancata e si inserisce nelle staffe ad U il terzo traversone D. Montando anche la terza ringhiera la struttura risulta abbastanza solida da potervi avvitare contro i timpani (nella foto grande a sinistra si vedono due listelli sporgenti, provvisori, che aiutano a sistemare in posizione il timpano).
Quest’ultima operazione rende il gazebo fai da te abbastanza robusto da potervi montare sopra per fissare il rivestimento del tetto.
Il tetto
Con quattro listelli 38x57x1050 mm e sei 30x57x2094 mm, uniti come si è fatto per le ringhiere, si fanno i due telai destinati a reggere il tetto, da avvitare all’interno dei timpani a filo del bordo superiore delle loro tavole di fondo.
Sui telai e sui traversoni E si avvitano le due falde di multistrato bordandone la sporgenza coi listelli 15x43x2200 mm. Sulle falde si stende il feltro catramato (o qualsiasi altra copertura impermeabile) sovrapponendo i bordi dei fogli dall’alto verso il basso.
I listelli a sezione triangolare inchiodati e incollati sugli spioventi dei oltre che per ornamento servono per facilitare lo scolo della pioggia.
Se per realizzare il gazebo fai da te non si è usato legno già impregnato, prima di verniciarlo o smaltarlo lo si protegge con olio “da ponte”.
Pattex Millechiodi presenta una gamma di adesivi per interni ed esterni, bianchi, trasparenti e cristallini, per unioni rapide e resistenti
Gli adesivi di montaggio hanno come caratteristico punto di forza la tenacia dell’unione di due pezzi, che possono essere dello stesso materiale oppure di materiali diversi. La gamma Pattex Millechiodi propone un ventaglio di adesivi di montaggio che si differenziano leggermente uno dall’altro per aggiungere specifiche peculiarità: per esempio per la massima resistenza in presenza di umidità, per avere presa immediata, per una formulazione cristallina, per la massima tenacia sulle superfici lisce, per il mantenimento della flessibilità ecc.
In più si presentano in diverse confezioni, in modo da evitare gli sprechi, nel caso dei tubi da 100 g, i più piccoli della gamma, oppure fondere il risparmio con la semplicità d’uso, nel caso dei tubi di media capienza da 200 g, oppure per avere una maggiore disponibilità di prodotto per lavori più importanti, con la confezione in cartuccia da 400 g. Nella gamma c’è anche la versione Removibile, nonostante la forte tenuta, e il classico Nastro biadesivo. Pattex
Montaggio e installazione a muro
Millechiodi Forte & Rapido e Millechiodi Trasparente sono a base acqua, mentre gli altri sono a base polimerica. Sono indicati per l’utilizzo con i più disparati materiali come mattone, ceramica, legno, calcestruzzo, compensato, cartongesso, pietra, MDF, metallo ecc.
Pattex Millechiodi “Forte & Rapido” è disponibile anche in una confezione in tubo rigido che, grazie alla pressurizzazione, permette l’estrusione del prodotto senza pistola: è sufficiente tirare la leva incorporata, dopo aver ruotato in apertura il beccuccio erogatore. La confezione è da 260 g.
L’aria di un ambiente chiuso può avere caratteristiche peggiori rispetto a quella dell’esterno: per questo è fondamentale l’uso dei purificatori d’aria
La crescente consapevolezza degli effetti dannosi dell’aria inquinata sulla salute sta portando all’adozione di purificatori d’ariaavanzati, non solo in spazi commerciali come uffici, aeroporti, stazioni della metropolitana, ospedali, centri commerciali, hotel, industria ecc, ma anche nel settore residenziale dei paesi europei.
Il 92% della popolazione mondiale vive in luoghi in cui la qualità dell’aria PM 2,5 supera i livelli di sicurezza di 10 microgrammi per metro cubo e proprio per questo motivo le persone iniziano a essere più sensibili alla questione.
Anche il mondo del lavoro trae vantaggio dall’utilizzo dei purificatori: modesti miglioramenti della qualità dell’aria interna infatti possono avere un profondo impatto sul processo decisionale e sulle capacità cognitive dei lavoratori.
Purificatori TruSens
Si tratta di depuratori d’aria innovativi dotati di comodo display che informa sulla qualità dell’aria che si respira.
Esistono diverse tipologie di purificatore in base all’ampiezza della stanza:
Per ambienti piccoli (fino a 23 m²);
per ambienti medi (fino a 35 m²);
per ambienti grandi (fino a 70 m²).
TruSens diffonde aria pulita ovunque, non solo vicino al purificatore. La maggior parte dei purificatori d’aria può lasciare delle zone morte nella stanza dove l’aria non circola. La tecnologia PureDirect garantisce due flussi d’aria separati per ridurre al minimo le zone morte.
Il flusso d’aria bidirezionale distribuisce l’aria purificata nella stanza con maggiore efficacia. Le prove effettuate sulle diverse configurazioni del flusso d’aria in un laboratorio indipendente confermano che due flussi separati distribuiscono l’aria in modo più diffuso e uniforme in tutta la stanza.
SensorPod
Si tratta di un componente che monitora la qualità dell’aria dell’intero ambiente. Posizionato nella stanza, SensorPod misura gli inquinanti e comunica i risultati al purificatore. Questo assicura che l’intera stanza abbia aria più pulita.
Questo interruttore intelligente permette di pilotare le luci con gli interruttori esistenti e nel contempo aggiunge le moderne funzioni domotiche
L’intervento rientra nella categoria della domotica, dato che può essere considerato un piccolo tassello di un progetto molto più ampio, volto a controllare luci e altri dispositivi distribuiti all’interno e all’esterno della casa. Tuttavia ha la particolarità di “tendere una mano” al normale impianto filare, presente nell’abitazione. Si tratta di un interruttore intelligente, d’ora in avanti smart switch, per chiarezza, ovvero un interruttore pilotabile tramite smartphone.
Fra i tanti tipi di questi dispositivi, ne abbiamo individuato uno che avesse due fondamentali caratteristiche: lasciare intatta la normale funzionalità dei frutti esistenti; avere dimensioni ridotte, tanto da potere essere collocato direttamente nella scatola del frutto o in una scatola di derivazione.
La prima è voluta per il desiderio di continuare a usare anche i normali interruttori, oltre a godere dei privilegi degli automatismi domotici: quindi poter accendere le luci di casa come si è sempre fatto (una sicurezza a cui non conviene rinunciare), ma in più accensione/spegnimento da smartphone oppure automatici con programmazioni varie o, ancora, richiamati da determinati eventi (ritorno a casa, rilevazione di presenza ecc).
Sono tanti gli smart switch che offrono le proprietà domotiche menzionate, ma sono ancora pochi quelli che permettono di usare, in combinazione, anche i normali interruttori; questo tipo particolare di interruttore intelligente ha un terminale capace di rilevare lo stato fisico della lampada, ovvero se sta ricevendo o meno il comando d’accensione dai normali interruttori.
La seconda caratteristica, ovvero la miniaturizzazione, è quella che permette di inserire lo smart switch nella scatola elettrica, dove si possono intercettare i conduttori utili alla sua corretta integrazione. È molto importante questo, perché lo spazio di solito è esiguo e lo smart switch deve trovare posto insieme ai frutti e ai vari conduttori già presenti.
Attenzione:
Le modifiche all’impianto elettrico non si possono effettuare in proprio a causa della normativa vigente, volta a salvaguardare l’incolumità di chi effettua l’intervento e delle persone che abitano la casa.
Tali modifiche, quindi, vanno affidate a personale qualificato. Ribadiamo che in questo articolo mostriamo la procedura in tutti i dettagli solo a scopo informativo, per mettere il lettore al corrente dei fatti e poter interloquire con i tecnici sapendo cosa si può chiedere e cosa è lecito ottenere.
Una scelta ponderata
Chi in casa abbia già dispositivi come Alexa, Google Home o Apple HomeKit, deve cercare accessori domotici che rispettino lo standard in proprio possesso. È solo per questo motivo che in questo servizio è stato scelto uno smart switch compatibile con Apple HomeKit: nell’abitazione, infatti, è in funzione una Apple TV di 4a generazione che fa da Hub per coordinare le azioni domotiche fra vari accessori smart rispondenti a questo standard.
L’interruttore intelligente Fibaro modello Single Switch non è fra i più economici (su Amazon costa circa 50 euro), ma presenta molti vantaggi: può essere configurato per interfacciarsi con interruttori standard o a pulsante; può memorizzare l’ultimo stato della luce e, in caso di mancanza di alimentazione, ripristinare lo stato precedente; effettua la misurazione del consumo istantaneo e tiene memoria del consumo totale ecc.
Il modulo multifunzione FIBARO è un dispositivo che funziona con la piattaforma Apple HomeKit, che funziona con la tecnologia Bluetooth
Il modulo funziona nell'ambito di temperature da 0 a 35 °C e consente di controllare l'illuminazione, accendere e spegnere la presa e gestire i dispositivi ad essa collegati, che utilizzano fino a 1840 W di potere, da remoto
FIBARO Single Switch è progettato per l'installazione in scatole di commutazione a muro standard o in qualsiasi altro luogo in cui sia necessario il controllo di dispositivi elettrici
Compatibile con qualsiasi controller Z-Wave o Z-Wave+
Supporta la modalità protetta (modalità di sicurezza di rete Z-Wave) con crittografia AES-128
Controllo avanzato del microprocessore
Funzionalità di misurazione della potenza attiva e dell'energia
Funziona con vari tipi di interruttori: momentanei, commutabili
Installazione interruttore intelligente
Cosa deve esserci nel cassetto
Prima ancora dell’acquisto dello smart switch conviene fare il controllo della disponibilità dei cablaggi necessari, all’interno dei cassetti della stanza in cui va messo.
Il dispositivo, infatti, essendo attivo, ha bisogno di essere alimentato, quindi va messo in un cassetto in cui siano presenti i conduttori di fase e neutro, oltre a quelli riguardanti la circuitazione della lampada.
L’installazione di questo interruttore intelligente è fatta sulle lampade di un soggiorno che si accendono da un solo punto, ma è possibile installare lo smart switch anche se si accendono da due o più punti di comando.
Nel primo caso, per verificare, si apre la scatola elettrica dove c’è l’interruttore: vi si accede facendo leva lateralmente con un cacciavite a taglio…
… e poi svitando le due viti che bloccano la mascherina portafrutti.
In questo caso, all’interno si trovano solo i due fili collegati all’interruttore; ci si accerta subito che a essere interrotta sia la fase. La prova va effettuata a luce spenta (quella pilotata dall’interruttore) usando un cacciavite cercafase, appoggiandolo sui terminali dell’interruttore stesso; il terminale che fa accendere la spia del cercafase indica il contatto caldo; lo si marca.
Nella situazione mostrata manca il neutro, che va recuperato nella scatola di derivazione più vicina, portandolo al cassetto dell’interruttore. In molti casi, per fortuna, il filo del neutro passa nella scatola dell’interruttore, diretto a una presa di corrente.
Tutti i collegamenti all’interruttore intelligente
Prima di affrontare questa fase del lavoro è assolutamente necessario staccare la corrente dal quadro generale dell’abitazione.
Si preparano due spezzoni di filo spellati alle loro estremità.
Si collegano ai terminali dello smart switch: uno a S1 e uno alla seconda L.
Rimossi i due fili originariamente collegati all’interruttore, vi si innestano i due appena applicati allo smart switch. È indifferente la loro posizione.
Si preparano i tre fili presenti nel cassetto, accorciandoli se necessario e spellandoli quel tanto che basta per l’inserimento nella morsettiera dello smart switch.
Il grigio (fase in questo caso) va nel morsetto L, il nero (linea di comando verso la lampada) va nel morsetto Q e il blu (neutro) nel morsetto N.
Si colloca lo smart switch dentro la scatola elettrica, mettendolo da un lato, per ingombrare il meno possibile; anche i fili a lui collegati si cerca di raccoglierli in modo ordinato all’interno.
Prima di chiudere la scatola si ripristina la corrente armando l’interruttore generale sul quadro e si testa il funzionamento dell’interruttore.
Al primo utilizzo va fatto l’abbinamento
Tutti i dispositivi “intelligenti” diventano tali dal momento in cui possono essere regolamentati. Di solito si usa un device come uno smartphone, un tablet, un computer o un’interfaccia come Alexa, Google Home ecc, con la complicità della rete wi-fi di casa. Tuttavia la presenza dello smartphone è quasi sempre necessaria, non fosse altro, per far riconoscere il nuovo interruttore intelligente al nostro “sistema casa” e configurarlo.
Prima di chiudere la scatola si ripristina la corrente armando l’interruttore generale sul quadro e si testa il funzionamento dell’interruttore.
Come tutti gli altri, anche il Fibaro appena installato, richiede lo scaricamento sullo smartphone di un’App attraverso la quale effettuare, una tantum, l’abbinamento; l’azione è facilitata dall’App stessa che a un certo punto richiede di puntare la fotocamera del telefono verso il codice stampato sul libretto di istruzioni e il gioco è fatto.
Differenze fra uno o più punti di accensione della luce
La morsettiera di Fibaro Single Switch presenta sei contatti, anche se uno (S2) non è implementato. A prescindere dalle configurazioni possibili, alcune connessioni hanno una posizione obbligata: l’alimentazione dell’interruttore intelligente (su L la fase fissa, in questo caso tramite il conduttore grigio, e su N il neutro, conduttore blu) e la connessione che comanda la lampada, che va al terminale Q.
Questo disegno mostra come si devono effettuare gli altri collegamenti nel caso in cui la luce da “domotizzare” sia accesa da un unico interruttore tradizionale. Dal secondo terminale L (di fianco a L con il grigio) esce una fase da inviare all’interruttore; S1 è il contatto dello switch che resta in “ascolto” per rilevare se l’interruttore tradizionale è premuto per accendere le luci (presenza di corrente) o meno (assenza).
Quest’altro disegno mostra lo schema di un impianto dove la luce è accendibile da due punti, quindi con due deviatori: come differenza si nota che la seconda L non è utilizzata. Questo avviene perché lo switch va posizionato vicino al secondo deviatore, quello da cui parte il filo di comando per la lampada; questo conduttore va portato al terminale S1 dove lo switch può rilevare la presenza o meno di corrente (fase) data dal pilotaggio dei due deviatori; nel caso di accensione da tre punti, non cambia nulla, perché lo smart switch va sempre messo vicino al secondo deviatore: la presenza dell’invertitore messo nel mezzo, non modifica le cose. La fase fissa arriva al polo centrale del primo deviatore.
Quando una lampada non si accende può essere la lampadina che va sostituita, ma se seguita a non funzionare il problema è l’alimentazione elettrica
Se una lampada non si accende può essere a causa dell’interruttore volante, inserito lungo il cavo di alimentazione, quindi soggetto a involontarie sollecitazioni che finiscono per produrre la rottura del conduttore. La mobilità dell’interruttore, inoltre, può ripercuotersi sull’innesto del cavo nella spina inserita a muro, soggetto a trazione ed esposto a danneggiamenti.
C’è poi il caso estremo in cui il cavo è diventato vecchio, manca di elasticità, l’isolante può essersi screpolato e causa interruzioni o cortocircuiti. Occorre valutare se sia necessaria la sostituzione totale del cavo e dei suoi annessi con materiali nuovi e più sicuri, dopo aver scollegato la lampada dalla rete.
Se la lampada non presenta parti metalliche, il cavo di terra è superfluo in quanto non esiste possibilità di toccare parti sotto tensione.
Alcune lampade “della nonna”, pur avendo la carcassa o alcuni particolari di metallo, sono alimentate da piattine bipolari senza cavo di terra: un cavo spellato può esporre a scariche elettriche da contatto.
Quando una lampada non si accende e abbiamo verificato che la causa non è una semplice lampadina bruciata bisogna intervenire sul cavo elettrico.
Prepariamo il filo all’inserimento dell’interruttore volante. Incidiamo la guaina tra i conduttori a circa 20 cm dalla base della lampada, separiamoli e tagliamone soltanto uno, spellandone le estremità.
Inseriamo il conduttore integro a un lato dei morsetti dell’interruttore in modo che non dia fastidio nella chiusura, mentre i due terminali dell’altro vanno inseriti e stretti nei rispettivi morsetti.
Chiudiamo l’interruttore e colleghiamo l’estremità del cavo a valle dell’interruttore alla spina, inserendo i terminali spellati nei morsetti laterali. Serriamo il cordone nel fermacavo e chiudiamo.
Il portalampada di metallo può non essere più affidabile, anche perché il cavo non è provvisto di terra (in passato non c’era molta attenzione per la sicurezza). Approfittiamone per sostituirlo con uno nuovo di plastica.
Facciamo passare il cavo nel corpo dell’abat-jour da sotto fino ad arrivare alla base del portalampada. Spelliamo nuovamente le estremità e stringiamo i terminali nei morsetti del portalampada, poi ricomponiamo i pezzi.
Con la lampada completamente smontata abbiamo l’occasione per eseguire una pulizia approfondita delle parti e della superficie interna del diffusore, così da sfruttare al massimo la luce emessa dalla lampadina.
S&R PINZA SPELLAFILI PROFESSIONALE 🔹 Pinza Spelafili per Strippaggio Crimpatura e Taglio di cavi fino a 24 AWG. Lame di acciaio speciale per utensili WEDM Cr12MoV per tutti i tipi di filo 10-24 AWG (0,2-6mm²) La pinza spelafili S&R è dotata di un meccanismo automatico che semplifica il processo di spelatura.
MULTIFUNZIONALITÀ 3 IN 1 🔹 La pinza offre non solo la funzione di spelatura, ma è anche progettata per il taglio e la crimpatura. Questa versatilità consente di affrontare diverse fasi della preparazione del cavo con un unico strumento, migliorando l'efficienza complessiva del lavoro. Pinza Spelacavi per terminali isolati 22-10 AWG (0,2 a 6 mm) e terminali non isolati 10-22 AWG
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In alcuni casi la lampada che non si accende può essere di una tipologia fissata direttamente alla parete. L’alimentazione è fornita da conduttori che corrono sottotraccia fino al suo dorso, provenienti dalla più vicina scatola di derivazione. L’accensione avviene tramite un interruttore, anch’esso a parete (più raramente volante), nelle sue vicinanze.
Nel caso di una lampada a muro è ancor più importante togliere tensione prima di effettuare qualsiasi operazione, in quanto dobbiamo staccare il corpo della lampada dalla parete per agire sui cavi collegati direttamente alla linea elettrica.
Dato per scontato che l’impianto generale sia a posto, il guasto può interessare i cavi che dalla scatola di derivazione vanno all’interruttore e alla lampada.
Se anche qui tutto funziona, non resta che verificare i contatti del portalampada e gli spezzoni di conduttori all’interno dell’applique.