Il termoarredo ROLL di De’Longhi, con il suo design minimale, riscalda e arreda la casa con eleganza
Qual è la forma più semplice e discreta che può avere il caldo? Sicuramente quella di un tubo, ed è questa l’essenza del nuovissimo termoarredo elettrico ROLL di De’Longhi, concepito principalmente per il bagno, ma che, grazie al suo design minimale, può essere installato in ogni ambiente della casa in cui sia richiesta una fonte di riscaldamento integrativa.
ROLL può essere fissato a parete in orizzontale o in verticale; è sufficiente disporre di una presa elettrica nelle sue vicinanze.
È disponibile in diverse dimensioni, potenze e finiture a partire da 99 euro.
Funzionale e versatile
Diverse tecnologie governano questo innovativo corpo scaldante.
ROLL di De’Longhi esiste in più versioni, dalla più semplice con interruttore on-off, alla digitale con termostato a ledprogrammabile, a quella top con termoventilatore integrato; in quest’ultimo una ventola interna diffonde aria calda attraverso la griglia ricavata direttamente sulla struttura del termoarredo.
Per l’installazione in verticale, all’estremità superiore può essere montato il pratico accessorio per appendere le salviette.
Occupa poco spazio ed è facile da montare: ecco un tavolo da parete pieghevole ideale per ambienti poco spaziosi
Sarebbe bello dedicarsi al fai da te nel garage, ma spesso per via del poco spazio ciò non è possibile. Una soluzione perfetta è il tavolo da parete richiudibile in metallo di Sodifer. Chiuso occupa solo pochi centimetri, consentendo di parcheggiare l’auto senza problemi, ma è sufficiente sollevare il tavolo e allargare le gambe di sostegno per ottenere un banco da lavoro ampio e robusto.
Inoltre il pannello salamandra è utile per riporre in perfetto ordine gli attrezzi da lavoro.
Montaggio rapido
Il tavolo da parete in metallo Sodifer è composto da: 2 gambe, 2 montanti laterali, 1 pannello salamandra, 4 viti, 4 tasselli, 1 piano di lavoro, 2 lastrine di giunzione, 2 bulloni, 2 dadi e 4 rondelle, 20 ganci, 4 piedi d’appoggio, 4 viti per metallo con 4 dadi e 8 rondelle.
Si inseriscono i piedi d’appoggio, avvitandoli alle estremità delle gambe.
Si incastra il pannello salamandra ai montanti laterali facendo passare le viti negli appositi fori.
Il pannello va bloccato ai montanti fissando leviti con dadi e rondelle.
Si praticano 4 fori nel muro in corrispondenza delle aperture dei montanti laterali.
I tasselli vanno inseriti nei fori del muro con l’aiuto di un martello.
Si avvitano i montanti al muro, per fissare in maniera stabile la struttura del tavolo.
Una volta allargate le gambe del tavolo, vi si colloca al di sopra il piano di lavoro…
…e lo si fissa con i bulloni e le lastrine di giunzione.
Infine, si collocano sul pannello salamandra i ganci portautensili in dotazione.
La foglia d’oro è uno speciale tipo di decorazione per legno formata da una sottilissima lamina d’oro che si applica con colla, pennello e vernice acrilica
La decorazione di oggetti, mobili e arredi può prevedere l’applicazione di uno speciale prodotto, la foglia d’oro, che permette di stendere su superfici di tipo diverso, anche molto sagomate, uno strato di oro puro, fortemente ancorato, che nobilita qualsiasi oggetto.
Molto usata nel restauro di cornici dorate, la foglia dorata per bricolage (da non confondere con la foglia d’oro alimentare) è realizzata per compressione di oro puro tra piani in cuoio, ottenendo una lamina eccezionalmente sottile e altrettanto delicata.
L’applicazione della doratura prevede la preparazione del supporto con un materiale di colore rosso carico (bolo) che permette alla foglia di assumere una tonalità dorata più profonda e brillante.
Tipologie di foglia d’oro
1-2-3: foglia oro decoupage classica nelle diverse tonalità. Si può applicare a mano; eventuali crepe e arricciature danno alla doratura una patina antica. 4: foglia imitazione; è metallo puro con spessore costante, disponibile in oro e argento in diverse tonalità. 5: foglia decalco imitazione; appoggiata a una sottile pellicola per una più semplice applicazione. 6-7: foglia variegata imitazione; un processo di bruciatura crea le sfumature tipiche dell’ossidazione. 8: rotolo decalco imitazione; nastro largo 20 mm e lungo 10 m. 9: tamisé variegato; scaglie di metallo puro sottilissime.
Occorrente
Fondo rosso tipo “bolo”, sostituibile con smalto rosso scuro di tipo acrilico
Colla “missione”
Pennello “bombasino”
Piuma d’oca per stendere, panno morbido, cotone
Vernice acrilica trasparente
Foglia d’oro
Cofanetto dorato
Per rivestire un cofanetto di legno, dobbiamo carteggiarlo accuratamente. Poi lo dipingiamo di bolo rosso (oppure smalto acrilico) e stendiamo sulla superficie uno strato sottile di colla “missione”.
Dopo circa 10-15 minuti la “missione” può ricevere la foglia d’oro che va delicatamente poggiata sulla superficie, senza toccarla con le mani, aiutandoci con il pennello piatto detto “bombasino”.
Con il bombasino, usato con delicatezza, ripieghiamo attentamente la foglia oro lungo i bordi del coperchio. Le parti eccedenti, che eventualmente si staccano, le recuperiamo per altri impieghi.
Dopo alcune ore rifiniamo il cofanetto stendendo sulla doratura una mano di vernice acrilica trasparente che protegge la foglia d’oro e consente di ottenere un effetto brillante più intenso.
Oro antichizzato
Per simulare una vecchia e consunta doratura utilizziamo pezzetti di foglia oro, che applichiamo mediante il pennello sulla superficie precedentemente trattata con la colla “missione”.
Quando l’adesivo ha fatto presa trattiamo la superficie con una carta vetrata finissima (n° 340-380) che spiana le irregolarità e crea una leggera discontinuità. Poi proteggiamo il tutto con vernice.
Glitter dorato
In alternativa alla foglia d’oro possiamo utilizzare i glitter dorati, minuscoli brillantini che si trovano presso i negozi di decorazione e belle arti. Con i glitter è possibile realizzare particolari rivestimenti spargendoli a fontanella su superfici precedentemente cosparse di colla vinilica.
Possiamo ricoprire interamente una superficie o tracciare un disegno con una punta intinta nella colla; in questo secondo caso, i glitter si fissano solo sui tratti disegnati e danno origine a sagome dorate in rilievo sulla superficie dell’oggetto.
Questo piatto in legno di noce dalla linea classica è il risultato di una lavorazione al tornio e di una finitura che ne esalta le venature
Per realizzare un piatto in legno come questo è necessario procedere con il lavoro di tornitura, passando dal pezzo grezzo al finito senza mai toglierlo dal tornio.
L’altezza della testa ci dice il raggio massimo dei pezzi lavorabili. Tra le varie lavorazioni al tornio infatti è possibile ottenere piatti di legno e vassoi tanto più grandi quanto maggiore è l’altezza della testa; nei torni per chi fa da sé il massimo diametro tornibile non supera di regola i 380/400 mm.
Testa girevole
Questo limite può essere superato se la testa motrice è girevole rispetto al banco per cui il mandrino può sporgere frontalmente oltre il bordo anteriore del tavolo.
Il sistema evita di dover lavorare di lato come è necessario nei torni tradizionali in cui il pezzo in lavorazione è trasversale rispetto al banco.
Nella lavorazione a sbalzo, a meno che si lavori un’improbabile fetta di un tronco altrettanto improbabilmente rotondo e ben centrato, la vena del legno cambia continuamente direzione col roteare del pezzo per cui il ferro, che incontra strati alternativamente duri e teneri, va guidato con mano assai più sensibile che nella lavorazione fra le punte.
Per un piatto in legno come quello che vediamo nascere sotto i nostri occhi, in noce, occorre una tavola compatta, priva di nodi e di fenditure, in pezzo unico o costituita da più elementi solidamente incollati a filo piano.
Per farsi la mano si possono usare multistrato o MDF di grosso spessore (qui ne occorrerebbero due pezzi da 25 mm incollati l’uno sull’altro). Trovato il centro della tavola, incrociando due diagonali, col compasso si disegna un cerchio di 15 o 20 mm più grande del necessario e se ne segue il contorno coll’alternativo o con la sega a nastro.
Sempre guidandosi col centro e le diagonali, si fissa il pezzo alla testa di trascinamento o direttamente, con il platorello, il mandrino o altri sistemi di cui sia dotata la macchina.
Tornire un piatto legno
Nella lavorazione delle facce ci troviamo davanti al secondo problema della lavorazione a sbalzo: la velocità di rotazione del pezzo.
Il suo centro infatti, a 300 o 3000 g/m, è praticamente fermo; allontanandosi la velocità aumenta rapidamente: a 600 g/m un punto a 50 mm dal centro viaggia a 3,14 m/s, un punto a 100 mm dal centro va a 6,28 m/s; a 250 mm il piatto in legno in questione va a 15,7 metri al secondo.
Calcolando per il noce una velocità di lavoro ottimale di 7 m/s vediamo che i ferri lavorano bene solo a circa 120 mm dal centro; più in centro tenderanno a raspare anziché tagliare, più in fuori tenderanno a scivolare.
L’inconveniente, come è ovvio, si presenta solo per pezzi di grande diametro e può superarsi con un variatore di velocità comandato a pedale (non tutti i motori lo accettano e bisogna sincronizzare piede e mani) o imparando, sbaglio dopo sbaglio, ad aumentare progressivamente l’angolo di spogliadel ferro dal centro alla periferia e viceversa.
Piatto in legno perfettamente circolare
Il particolare tipo di tornio a testa girevole permette di eseguire la tornitura a sbalzo, frontalmente anziché di lato, di grandi pezzi sporgenti oltre il bordo del tavolo.
Messo in moto il tornio alla minima velocità, col compasso a punte metalliche si marca la circonferenza esatta del piatto di legno e si elimina, con lo scalpello o il bedano, l’eccedenza lasciata dalla sega rendendo la tavola perfettamente rotonda. Reso circolare il pezzo, se ne comincia la lavorazione dal fondo, tornendo una serie di gradini concentrici che poi vengono raccordati in una curva continua.
Il fondo del piatto di legno
Su pezzi di grande diametro la velocità aumenta rapidamente passando dal centro, praticamente immobile, alla periferia. Occorre una mano esperta e sensibile per capire se convenga di più variare la velocità della macchina o l’angolazione dello scalpello.
Con la matita sul ventaglio poggiaferro, in questo tornio, sul ferro a U che lo sostituisce nella lavorazione di testa, si marcano sul legno portato alla sagoma finale i segni per la creazione delle nervature a somiglianza dei piatti di ceramica.
Con l’intagliatore si scavano i solchi più o meno profondi che, in tutta verosimiglianza, disegnano il fondo del piatto in legno.
La lucidatura
La prima fase di lucidatura, avviene lavorando il pezzo con una smerigliatrice che monta sul platorello cilindrico, un disco di feltro.
Completata la levigatura con la carta abrasiva, il legno si porta a specchio premendogli contro, mentre gira a buona velocità, una manciata dei suoi stessi trucioli che possono essere considerati un abrasivo “dedicato”.
Dovendo servire per uso alimentare il piatto in legno non può essere rifinito a smalto o flatting: il sistema più bello e naturale è impregnarlo, mentre gira sul tornio, di cera vergine che poi si tira prima con un panno di lana e poi con un tampone di lino.
Le nervature
Le nervature si abbozzano con le punte piccole di un calibro d’acciaio o di un compasso da meccanici. Vanno ben marcate, a fare da guida per il successivo lavoro di scalpello che spiana la base creandovi all’interno una concavità larga e bassa.
Una casetta per bambini è uno spazio esclusivo dedicato ai più piccoli; si realizza rapidamente e può essere resa più comoda con morbide imbottiture
Una casetta per bambini: ecco cosa ci accingiamo a regalare al piccolo di casa, magari costruendola col suo aiuto. La casetta è composta da listelli piallati d’abete, tutti della medesima sezione e tagliati nelle misure indicate (che, comunque, possono essere variate a piacere).
L’assemblaggio dei componenti si realizza con viti zincate a testa svasata, dopo aver praticato i relativi fori d’invito e aver creato la sede di incasso per la testa con una punta a svasare.
Nella parte inferiore del telaio si inseriscono e si avvitano in posizione tre basse spondine sempre in abete, che delimitano il perimetro della casetta, lasciando libero solo l’ingresso.
Le unioni per avvitatura possono essere rinforzate e stabilizzate applicando un velo di colla vinilica sulle superfici di contatto.
Ad assemblaggio ultimato si stuccano le teste delle viti e si carteggiano le superfici per renderle perfettamente lisce e senza asperità.
Infine si applica la pittura acrilica del colore preferito. Si può applicare a pennello, ma l’utilizzo di una pistola a spruzzo ci permette di ottenere una finitura migliore.
Le casette per bambini possono essere rese più comode e gradevoli realizzando imbottiture con fogli di gommapiuma dello spessore di 20 mm, rivestiti in tessuto, a coprire il fondo e le spondine laterali cui vengono fissati con velcro.
Occorrente
Listelli di abete sezione 38×38 mm:13 lunghi 700 mm (A1, A2, A3), 2 lunghi 500 mm (B), 2 lunghi 462 mm (C);
tavole di abete sezione 18×200 mm: 2 lunghe 624 mm (D), 1 lunga 700 mm (E);
50 viti per legno zincate 4×80 mm;
pittura acrilica all’acqua;
foglio di poliuretano espanso (gommapiuma) spesso 20 mm;
punta per trapano ø 4 mm, punta a svasare;
colla vinilica;
carta vetrata;
stucco per legno;
velcro adesivo.
Tagli diritti e inclinati
La semplice struttura della casetta per bambini è costituita da un telaio che si sviluppa a forma di parallelepipedo con una parte superiore formata da quattro puntoni inclinati a simulare la forma di un tetto.
Tutti i tagli dei listelli del telaio sono perpendicolari al loro sviluppo a eccezione di quattro puntoni del tetto. Una delle loro estremità va tagliata a 45 gradi in modo che nella parte superiore possano congiungersi a i con il listello che funge da trave di colmo.
Le misure indicate possono essere modificate a piacere sia nelle estensioni dei componenti sia nelle loro sezioni.
Naturalmente va tenuto conto che le sezioni determinano un ricalcolo delle lunghezze di alcuni elementi, come quelli che vengono uniti di testa alla struttura del telaio.
I listelli piallati da 38×38 mm di sezione vanno tagliati nelle misure indicate con un seghetto a lama frontale. Le superfici di taglio vanno accuratamente carteggiate e spianate.
Per praticare i fori passanti per le viti ø 4 mm conviene bloccare stabilmente i listelli e tenere il trapano ben perpendicolare alle facce.
L’assemblaggio si realizza inserendo le viti e serrandole con l’avvitatore. Applicando un velo di colla vinilica sulle zone di contatto, le unioni dei vari componenti risultano ulteriormente rinforzate e stabilizzate.
Le tre spondine in tavolette di abete vanno fissate per avvitatura dopo aver praticato i fori passanti sui quattro montanti. Tutti i fori devono essere svasati per far affondare le teste delle viti a filo della superficie.
Le teste delle viti vengono accuratamente stuccate e, a stucco indurito, si passa la carta vetrata per pareggiare la superficie.
Con la pistola a spruzzo applichiamo la pittura acrilica all’acqua su tutta la superficie del legno. Conviene stenderne più mani.
Fori svasati e viti incassate
Durante l’assemblaggio conviene porre particolare attenzione al fissaggio delle spondine in quanto le viti di unione si inseriscono nel loro spessore, che è appena di 18 mm.
È necessario, pertanto, praticare opportuni fori di invito, di adeguata profondità, nello spessore delle spondine, affinché la penetrazione delle viti avvenga senza causare delle spaccature.
Bisogna porre attenzione anche alla profondità delle svasature che deve essere sufficiente per far affondare le teste delle viti al di sotto della superficie del legno. Se qualche testa fosse solo lievemente sporgente potrebbe causare inconvenienti al bimbo.
Gli incavi delle svasature vengono pareggiati con stucco da legno e successiva carteggiatura.
Questa scrivania con libreria incorporata è un’ampia struttura in grado di accogliere pc, libri e oggetti diversi, divenendo postazione di studio
Mettendo insieme diversi elementi e sfruttando uno spazio della casa dove nessun altro mobilio poteva trovare sistemazione, abbiamo realizzato questa scrivania con libreria incorporata e cassettiera.
Inoltre si è tenuto conto della finestra presente, in modo da garantire il passaggio della luce e illuminare la zona PC attraverso la libreria realizzata a giorno.
Vediamo nel dettaglio come montare questa scrivania con libreria integrata.
Montaggio
Per sostenere il piano della scrivania libreria si usano alcuni moduli costruiti in precedenza, posizionando sul lato sinistro, perpendicolarmente alla parete d’appoggio, una base a tre elementi che misura 450x670xh700 mm. Il primo modulo è provvisto di antina e ripiano, a seguire una cassettiera a 5 cassetti e un elemento aperto tipo tavolo di 300x500xh700 mm; dal lato opposto, a destra, si pone come base, per reggere il piano scrivania, uno scaffale aperto a giorno di 300x400xh700 mm, destinato ad ospitare il tower-case del PC.
Si appoggia un piano in lamellare di abete da 2000x600x28 mm sulle basi contro il muro e si verifica l’altezza rispetto al pavimento.
In posizione perpendicolare sul lato sinistro si accosta il secondo piano da 1000x500x28 mm giuntato con sistema a pastiglie.
Sul piano perpendicolare alla parete si dispongono cinque tondi in legno di faggio Ø 60 mm che terminano e sorreggono il piano d’appoggio più alto della libreria con scrivania da 700x500x18 mm; altri tre tondi più corti terminano sotto il secondo ripiano da 1000x500x18 mm attraversato dai primi cinque tondi. Su questi gli anelli di tenuta in legno autocostruiti bloccano e sorreggono il resto del piano dopo averlo messo con ripetuti controlli in bolla.
Anche la prima mensola, costruita con un avanzo di lexan trasparente, sagomato a forma di semiluna per dare leggerezza alla scrivania con libreria, viene sorretta da quattro anelli passanti fissati sui tondi anteriori e su quelli centrali posteriori.
Ultimata la costruzione e l’assemblaggio in bianco si applicano in sequenza una mano di turapori, una di impregnante noce chiaro e una di finitura trasparente con vernici all’acqua.
Maggiore stabilità
Per assicurare stabilità alla libreria, in corrispondenza dei tondi aderenti alla parete si fissano dei tasselli a vite M8 ricadenti leggermente sotto i ripiani più alti.
Sulle viti si infilano degli anelli distanziatori in legno…
…e si avvitano i collari a omega destinati a bloccare saldamente i tondi in legno.
La lavatrice svolge un servizio indispensabile, ma ogni tanto ha bisogno della nostra assistenza. Vediamo quali sono tutti i passaggi per effettutare una manutenzione lavatrice perfetta
Pur essendo diventata indispensabile, la lavatrice è quasi sempre confinata in un locale secondario ed utilizzata, quindi, solo quando necessario. Eppure ci sono controlli fai da te tanto semplici quanto necessari che possono farci risparmiare l’intervento di un tecnico. Effettuare una manutenzione lavatrice periodica è di fondamentale importanza per garantire un utilizzo prolungato
Occhio al filtro e al calcare
Per effettuare una manutenzione lavatrice corretta Dobbiamo tenere sotto controllo in particolar modo i possibili danni derivanti dal calcare contenuto nell’acqua e verificare il filtro ogni qual volta si effettua il lavaggio di tappeti o altri complementi simili, soggetti a sfrangiarsi e a intasare il filtro, con difficoltà da parte della macchina a espellere l’acqua e a effettuare correttamente i lavaggi successivi.
Come pulire la lavatrice e i componenti interni
Durante il funzionamento della lavatrice o al termine dei lavaggi può capitare di notare qualche piccolo laghetto d’acqua ai piedi della macchina.
L’uso di detersivi a basso costo e il calcare possono aver deteriorato le guarnizioni, oppure il vecchio tubo di scarico non riesce a svuotarsi del tutto e, essendo inserito nella macchina in un punto più basso rispetto allo scarico nel sifone, una minima parte di acqua refluisce verso la macchina ed esce da una cattiva giunzione.
Senza aspettare che il danno peggiori è bene controllare gli innesti, specialmente all’uscita del tubo di scarico dalla pompa. L’azione di serraggio della molletta che lo tiene bloccato al bocchettone si esercita su una porzione ridotta di tubo e può lentamente inciderlo e provocare perdite. Si tratta di controlli facili da effettuare e la sostituzione di particolari usurati si esegue senza alcuna difficoltà. Manutenzione lavatrice – è ora di iniziare!
Come è fatta la lavatrice?
Nel disegno sono indicati gli elementi principali della lavatrice. Non è stata raffigurata la zavorra che la stabilizza per maggiore chiarezza dei dettagli.
Abbassare la durezza dell’acqua
La prima regola di una manutenzione lavatrice corretta è l’abbassamento della durezza dell’acqua. La presenza di calcio e magnesio nell’acqua ne determina la durezza che si misura in gradi francesi. Più alta è la durezza dell’acqua (oltre i 25 gradi francesi) maggiore è la quantità di detersivo necessario per ottenere risultati accettabili dal punto di vista della pulizia e dell’igiene. L’acqua è “dolce” con una durezza minore di 15 gradi francesi.
è possibile misurare il grado di durezza dell’acqua utilizzando particolari “strisce-test” (in vendita nelle ferramenta e nei negozi di acquari) che cambiano colore quando sono immerse nell’acqua.
per correggere un’acqua troppo dura è bene installare, sulle tubature di adduzione, un addolcitore> che trattenga il calcare.
Oblò e guarnizione
L’inconveniente più ricorrente è la perdita d’acqua, a causa di un danno o del degrado della guarnizione anulare situata tra l’oblò e la vasca del cestello. Le vibrazioni possono causare l’allentamento delle viti dell’oblò.
Tempo richiesto: 30 minuti
Staccare il labbro anteriore della guarnizione della carcassa
Staccando il labbro anteriore della guarnizione dalla carcassa si accede alla fascetta che blocca il labbro interno e si individua il bullone di serraggio. É utile un cacciavite a bussola col gambo flessibile; la testa del bullone si tiene ferma con una chiave a forchetta.
Estrarre la guarnizione
La guarnizione si estrae con attenzione per evitare che si laceri.
Asciugare e controllare le pieghe della guarnizione
Nelle pieghe della guarnizione si possono nascondere oggettini metallici che arrugginiscono e macchiano il bucato; il deposito d’acqua con detersivo corrode la guarnizione: bisogna asciugare dopo ogni lavaggio.
Bloccare la guarnizione in sede
Per montare il soffietto nuovo si segue la procedura inversa: per favorire il corretto inserimento della guarnizione nei suoi alloggiamenti la si può lubrificare con spray al silicone o con sapone liquido. Per bloccarla in sede si stringono le estremità di un anello metallico.
Se queste operazioni non risolvono il problema occorre cambiare guarnizione lavatrice.
Genuine porta sostituzione guarnizione di tenuta per la lavatrice.
Questo può adattarsi a lavatrici vendute da diversi produttori e marche.
Per un elenco completo dei modelli con cui questo pezzo/accessorio è compatibile cliccare su "Vedi più dettagli prodotto" e poi cliccare su "Vedi tutti i dettagli prodotto".
Questo è un prodotto originale.
Prendere precauzioni di sicurezza durante la riparazione di tutti gli elettroLe riparazioni degli apparecchi a gas devono essere effettuate solo da un tecnico registrato Gas Safe.
La vaschetta del detersivo
Il detersivo in polvere viene prelevato dalla vaschetta tramite l’acqua di alimentazione e spesso forma croste che possono ostacolare il deflusso dell’acqua: si controlla e si pulisce.
Si versa aceto nella vaschetta del detersivo e, per eliminare le incrostazioni di calcare formatesi nel tempo all’interno delle condutture, si esegue un ciclo completo con acqua tiepida.
Estratta la vaschetta lavatrice del detersivo la si lava in acqua corrente, eliminando le incrostazioni depositatesi negli angoli.
Detergente anticalcare per lavatrici, lavastoviglie, scambiatore di calore
Le guarnizioni in plastica non vengono attaccate.
Made in Italy
La mandata e lo scarico
Se la lavatrice non scarica occorre controllare attentamente la mandata e il tubo di scarico.
Risulta fondamentale controllare il filtro all’ingresso della mandata, che frequentemente si intasa con il calcare. E’ sufficiente staccare il tubo di mandata dalla lavatrice e togliere i detriti, come si fa abitualmente con i rubinetti. La presenza di calcare e detriti impedisce il carico dell’acqua e i programmi di lavaggio si bloccano.
l’acqua del lavaggio viene espulsa attraverso il tubo di scarico, che dev’essere allacciato all’attacco a parete ad almeno 600 mm dal pavimento. Se così non fosse, l’acqua del lavaggio defluirebbe da sola, senza bisogno della pompa e senza aver lavato la biancheria. Il calore dell’acqua e le vibrazioni possono, col tempo, danneggiare il tubo, di solito in prossimità del bocchettone di collegamento.
Per sfilare il tubo usurato basta allargare con una pinza la fascetta elastica. Meglio smontare prima la pompa di scarico.
Si sostituisce il tubo di scarico di gomma rigida con un modello flessibile: offre una durata superiore ed è più maneggevole.
La guarnizione di gomma dura del tubo di mandata, se usurata, provoca perdite.
Infine occorre stringere le fascette sui tubi di mandata e scarico.
La cinghia trasmette la rotazione del motore al cestello, attraverso la puleggia. È fatta di gomma telata, a sezione trapezoidale; per sostituirla si devono individuare i numeri di codice che ne definiscono le caratteristiche, stampati sul lato esterno della cinghia stessa. Si allenta il dado che permette di mettere in tensione la cinghia e, dopo aver montato quella nuova, la si riporta in tensione spingendo il motore verso il basso, controllando che non sia troppo tesa o troppo lasca.
Si prega di trovare allegato istruzioni di posizionamento
Lavatrice che puzza – pulire filtro lavatrice
Il compito del filtro è di trattenere tutti i residui solidi che possono essere mescolati all’acqua di scarico. Infatti, se il filtro è sporco o intasato può causare perdite d’acqua o, peggio, la rottura della pompa di scarico o puzze indesiderate. Il filtro si trova nella parte frontale della lavatrice, in basso. Lo si smonta svitandolo ed estraendolo dalla sua sede. Una errata pulizia filtro lavatrice è una delle principali causa del fatto che la lavatrice perde acqua
Come pulire il filtro della lavatrice?
Ogni dieci-venti lavaggi si estrae il filtro per rimuovere incrostazioni, sabbia, pelucchi, ecc. Bisogna controllare anche che nella sede del filtro non si siano fermati corpi estranei, come monete, bottoni, ecc. La loro presenza potrebbe impedire il regolare deflusso dell’acqua verso la pompa, sforzandola e danneggiandola.
La pulizia della reticella si fa immergendola in una bacinella d’acqua, rimuovendo i residui solidi con un pennellino o una spazzola morbida e sciacquando abbondantemente.
Un secondo filtrino è posto in genere all’altra estremità del tubo di adduzione dell’acqua che si innesta nella lavatrice.
Protetti da una sicurezza a molla e da un particolare sistema di aggancio i moschettoni garantiscono la solida unione tra due diversi elementi
Tra tutte le invenzioni che hanno cambiato la vita dell’uomo si pensa subito al fuoco, alla ruota, ma non si pensa mai ad altri lampi di genio come quello di chi ha trovato il modo di tenere uniti in modo flessibile, ma saldo, due oggetti separati. È il caso di quegli accessori metallici rigidi o girevoli, che hanno forme e modalità di funzionamento diverse che, genericamente, chiamiamo moschettoni.
Si tratta di una barra ripiegata a ovale con una apertura protetta da una sicurezza a molla: un moschettone inox ricavato da una barra Ø 8 mm ha una sollecitazione ammissibile di ben 2700 kg. Un piccolo segreto sta nel sistema di chiusura: oltre ad avere un ritorno a molla che lo mantiene sempre chiuso, ha anche un sistema di aggancio tale da impedire alla parte curva di “raddrizzarsi” quando è sollecitata.
Non è strano che a un sistema così semplice si possa affidare la propria vita come fanno gli scalatori, i cui moschettoni sono, tra l’altro, in lega leggera anziché acciaio, o i marinai che ne fanno un uso esteso per corde e vele.
Una corda disposta a cappio si ferma con il morsetto serracavo. Si tratta di una barra piegata a “U” e filettata alle estremità sulla quale scorre un blocchetto sagomato con due fori. Sono fatti per accogliere il passaggio di due cavi che vengono schiacciati insieme tramite il serraggio di due dadi.
Aggancio e sgancio
Non solo chi scala le montagne deve affrancarsi dalle cadute: anche quando si sale sulle piante per il taglio o la potatura si rischia la vita e conviene mettersi al sicuro indossando un’imbracatura e assicurandosi con una corda a un punto saldo con moschettoni di sicurezza.
In tante attività ricreative si devono mettere in tensione cordicelle e sagole: un moschettone a ghiera è utile per montare la tenda o per tenere verticali i paletti della rete per giocare a beachvolley, badmington ecc.
Altra situazione in cui i moschettoni svolgono un ruolo di sicurezza è quando si deve salire sul tetto per una riparazione o la sostituzione di tegole rotte.
Stesso discorso vale per i casi in cui ci si trovi esposti su un’impalcatura senza protezioni e si vuole lavorare concentrati sul “da farsi” e non sul “salvarsi”.
Quando gli smontaggi sono meno frequenti, esistono moschettoni a pera che incorporano una sicurezza in più, utile in molti frangenti; consiste in una parte rettilinea dell’anello filettata in modo da ricevere un manicotto scorrevole che vi si avvita. Questo impedisce lo sgancio rapido, pur mantenendo la possibilità di farlo.Quando gli smontaggi sono meno frequenti, esistono moschettoni a pera che incorporano una sicurezza in più, utile in molti frangenti; consiste in una parte rettilinea dell’anello filettata in modo da ricevere un manicotto scorrevole che vi si avvita. Questo impedisce lo sgancio rapido, pur mantenendo la possibilità di farlo.
Moschettoni di calibro ben differente sono utilizzati per il traino e il sollevamento con mezzi meccanici e agricoli. In questo caso sono specificati (e certificati) i valori di robustezza e tenuta alla sollecitazione.
Un altro noto organo di fissaggio è il grillo, chiamato anche maniglia, che è costituito da un tondo piegato ad “U” con due occhielli alle estremità, uno dei quali filettato. Un perno filettato li unisce attraversando i due fori. I carichi ammissibili, in questo caso, aumentano e arrivano, per un grillo da 8 mm, fino a 5000 kg.
Un grillo, un gancio avvitato nel trave e un cavo d’acciaio terminato con asola si usano anche in unioni strutturali nelle costruzioni di legno.
Tipologie di moschettoni
1: moschettone asimmetrico con sicurezza a filo; 2: moschettone con sicurezza girevole; 3: anello da carico ovale con sicurezza a vite; 4: moschettoni con girella e sicurezza a molla; 5: grilli o maniglie per agganci su golfari a lamiere forate; 6: girella simmetrica a due occhioli; 7: grillo a cuore per catene e ganci; 8: morsetti per costruire cappi o serrare i cavi tra loro.
Morsetti e grilli
I morsetti permettono di realizzare un cappio su di un cavo metallico, senza danneggiarne i fili, stringendo i dadi con una chiave inglese. Adatti a installazioni stabili, ma comunque smontabili.
Il grillo è utilissimo per unire cavi e catene a supporti rigidi come profilati e lamiere forate rimanendo rapidamente smontabile.
I tenditori
A differenza dei moschettoni permettono il tensionamento dei cavi grazie alla presenza di filettature con passo opposto. Ruotando le maniglie o il tubetto filettato (dipende dal sistema costruttivo) si avvicinano gli occhielli posti agli estremi delle barre filettate.
La forza che si riesce a trasmettere è considerevole per cui i cavi metallici possono trasformarsi facilmente in supporti quasi rigidi adatti per sostenere tendaggi rimanendo pressoché rettilinei.
I tenditori di questo tipo si utilizzano per tensionare nel modo corretto i cavi elettrici delle lampade sospese, sia che siano da tendere in posizione orizzontale (quando attraversano una stanza) sia quando sono da tendere verticalmente (fra soffitto e pavimento).
I tenditori si trovano di dimensioni differenti, in modo da adeguarne la portata al peso che devono supportare.
Come detto, tuttavia, la forza che questo sistema è capace di esprimere è notevole, quindi, a prescindere dalla caratura del cavo che si mette in tensione, è necessario agire con cautela al momento del tensionamento.
Bisogna considerare la robustezza del supporto su cui la trazione agisce (muratura, legno, ferro, cartongesso, plastica ecc) per evitare deformazioni o, peggio, cedimenti.
Nella foto tutto sembra ben proporzionato; tuttavia, tirando il tenditore con una piccola leva, il cavo d’acciaio può raggiungere una tensione tale da “suonare” come una corda di chitarra. In questo caso le dimensioni dei tasselli utilizzati non sono sufficienti: finirebbe sicuramente per piegarsi l’anello aperto del tassello, sino a rendere inutile il fissaggio.
Per chiudere una catena
I moschettoni a vite permettono di unire solidamente cavi e catene prendendo il posto di uno degli anelli. Non sono facilmente smontabili se serrati con una chiave.
Quando il moschettone è stato unito ai due estremi della catena si può serrare a fondo la vite con una chiave a forchetta. La catena diventa utilizzabile senza intoppi.
La domotica consente di regolare e gestire la temperatura delle diverse stanze programmando gli orari e la durata del riscaldamento a seconda delle necessità
La programmazione dell’attività di un impianto di climatizzazionedomotica suddivisa per fasce orarie e giorni della settimana permette, ad esempio, di abbassare il riscaldamento poco prima di lasciare l’abitazione e rialzarlo con un po’ di anticipo sul nostro rientro. È già un risultato, ma in questo modo si ha un’unica regolazione di temperatura per tutta la casa che non tiene conto dell’utilizzo delle varie stanze e della loro esposizione.
Se la climatizzazione fa parte di un sistema di domotica più ampio, si può chiedere alla casa di partecipare alla gestione della climatizzazione per associare al comfort il risparmio energetico.
A seconda dell’esposizione delle stanze si possono far abbassare le tapparelle quando si esce di casa e l’irraggiamento estivo è troppo forte, oppure alzarle in determinate ore della giornata per sfruttare i raggi solari d’inverno. Il sistema di ventilazione, se previsto, può interagire escludendo il condizionatore o la caldaia alla sua entrata in funzione.
Termoregolazione a zone
Il vero salto di qualità lo si ottiene quando si realizza una termoregolazione a zone. Grazie alla domotica la casa può essere suddivisa in più ambienti (fino a 99) in ciascuno dei quali possono essere mantenute condizioni diverse di temperatura nelle varie ore della giornata.
Affinché questo sia possibile, ciascun collettore che trasporta il fluido riscaldante alle diverse zone dev’essere provvisto di un’elettrovalvola, alla quale la centrale comanda di aprirsi o chiudersi in base alla temperatura impostata, controllata da una sonda presente in ogni zona.
Può sembrare complesso, ma tutto sommato in un’abitazione standard le zone riscontrabili sono tre. Si tratta di zona giorno, zona notte e bagni, anche se volendo è possibile gestire indipendentemente ogni stanza. Al di là dell’insieme di funzioni che un impianto domotico può svolgere a seguito di una programmazione, utili o semplici “capricci”, la termoregolazione è forse quella che merita di spendere due parole in più.
Domotica – Costo e risparmio
Le spese per il riscaldamento ed il raffrescamento domestico sono quelle che incidono maggiormente sul bilancio famigliare; un impianto domotico efficiente amplifica ed ottimizza le prestazioni di un involucro costruito nel rispetto delle norme anticonsumo (isolamento, apparecchiature riscaldanti, serramenti performanti) e permette un risparmio anche del 30%.
Certo, c’è un costo maggiore di impianti (10-15%), ma lo si ammortizza in 3-5 anni; necessita di un locale tecnico e comporta costi di esercizio lievemente superiori rispetto a quelli tradizionali, ma anche il valore dell’immobile subisce un’indiscutibile incremento.
Infine, basti pensare che in una stanza non utilizzata abbassare la temperatura di un solo grado può comportare un risparmio del 5%. Mica male…
Questo letto a baldacchino fai da te è formato da quattro colonne collegate da quattro ringhiere composte da 88 colonnine, il tutto realizzato al tornio
Questo letto a baldacchino è costituito da testata, controtestata e longheroni di lamellare di pino controplaccato da pannelli di lamellare da 19 mm; da tavole dello stesso materiale sono ricavati i listelli che bordano in alto i quattro pezzi.
Gli scarichi aperti nel lato ricurvo delle testate si abbozzano con la sega a tazza e si rifiniscono col seghetto alternativo prima, raspa e tamburo abrasivo montato sul trapano poi. Le quattro ringhiere che formano il baldacchino hanno la cornice di listelli 30×40 mm; due, lunghe quanto le testate, racchiudono 19 colonnine ciascuna, le altre due, a misura dei longheroni, ne contengono 25 (lavorate al tornio una per una).
Le quattro colonne d’angolo, uguali per lunghezza, differiscono per composizione: quelle di testa si fanno con tre pezzi di (a partire dal basso) 950,486 e 894 mm; quelle di piede sempre con tre pezzi ma di 715, 720 e ancora 894 mm.
Le spalle di testata, da 950 mm, hanno un tratto centrale di sezione 90×90 mm, terminano in basso con una pera capovolta ed in alto con una sfera, entrambe Ø 100 mm, che un toro Ø 70 mm raccorda alla parte squadrata.
Le spalle di controtestata, da 715 mm, hanno una sagoma uguale; per ottenere questo risultato occorre incollare alle estremità dei pezzisquadrati quattro guance di lamellare l9x90x100 mm che sono poi tornite a palla ed a pera; i tori, invece, vengono torniti direttamente nel listello.
Lo stesso sistema di guance si usa per gli intermedi (da 486 e 720 mm), mentre i quattro pezzi sommitali, tutti uguali, si torniscono partendo dal listello 90×90 mm, lasciandone squadrato il tratto di 200 mm per agganciarvi le ringhiere.
Le colonnine di queste sono di pino massiccio Ø 28xl64 mm; nella lunghezza sono compresi gli spinotti Ø 10×12 mm che si incastrano in fori ciechi aperti nei lunghi elementi orizzontali. Per fare tutte uguali le 88 colonnine è bene prepararsi un pettine marcatore che determini lunghezza e posizione degli spinotti.
Vediamo ora nel dettaglio come realizzare le varie parti del letto a baldacchino.
Sfera con guance aggiunte
Per ottenere una sfera di diametro pari alla diagonale del pezzo occorre aumentarne lo spessore con l’applicazione di “guance” (tavolette di listellare di 19x90x100 e 19x90x300 mm), con i listelli orientati di traverso per facilitare il taglio dello scalpello. Qui lo sbozzo delle guance lunghe.
Il calibro controlla la regolarità del cilindro ottenuto. La sfera è ancora da sbozzare.
Qui siamo alla fase finale; già torniti i tenoni e la sfera, si smussano i capi del cilindro per ricavarne il fuso richiesto dal disegno. Il pezzo finito è quello che si vede verso il centro delle colonne adiacenti alla testata del letto a baldacchino.
I due pezzi intermedi della testata sono balaustri formati da una sfera (con spinotto di collegamento), un toro piatto, un’oliva e un secondo toro piatto da cui sporge un altro spinotto.
Letto baldacchino con ricche ringhierine
Centrato il listello fra le punte si riesce a dargli una sezione ottagonale smussandolo con la sgorbia usata prima di spigolo e poi coricata.
Lo scalpello a lama sbieca porta il cilindro al diametro voluto di 28 mm.
Con il marcatore a chiodi, coadiuvato da un bedano a lama stretta, si tracciano sul cilindro le varie sezioni di tornitura.
La semplice modanatura delle colonnine, una testa, tre anelli di pari larghezza, due coni tronchi uniti per la base maggiore, un anello uguale ai primi tre e una testa, impostata con un bedano, si rifinisce con lo scalpello a lama sbieca che smussa l’orlo degli anelli e l’incontro tra i coni.
Torniti i due coni centrali andando prima da destra verso sinistra e poi al contrario e carteggiata tutta la colonnina, le si danno due o tre mani di turapori levigando tra una mano e l’altra.
Volendo rifinire le colonnine con cera una bella lucidatura con la spazzola è indispensabile.
Le ringhierine del letto a baldacchino hanno 25 colonnine quelle laterali e 19 quelle frontali, incastrate nel longherone con spinotti e unite negli angoli con incastri a forchetta.