Il copiatore per tornio è un accessorio la cui funzione è quella di replicare con assoluta precisione una sagoma tornita e dai confini ben definiti
Il copiatore per tornio legno è composto da un supporto metallico che si fissa sul bancale del tornio, e ha una guida sulla quale scorre un carrello che porta il gruppo tastatore-utensile. Il tastatore, in genere una rotella o una sferetta, segue il profilo della sagoma mentre l’utensile, solidale con esso, incide il legno da tornire.
L’utensile è ricavato da una barretta, a sezione rettangolare, in acciaio HSS la cui estremità di taglio è simile ad uno scalpello a taglio obliquo e lavora di punta. Lo spostamento del carrello sulle guide può essere manuale o automatico.
Nel primo caso si agisce su un volano, che tramite una fune d’acciaio, una catena o una vite, comanda la traslazione della coppia tastatore-utensile sulla guida. Nel secondo caso, l’avanzamento è comandato da un motore che mediante un riduttore trasmette il moto al carrello e quindi il profilo viene eseguito con continuità, maggiore grado di finitura e minor tempo.
I copiatori automatici spesso sono forniti di blocco fine corsa. La pressione di taglio dell’utensile sul legno e quella del tastatore sulla sagoma, possono essere esercitate o manualmente, mediante una leva di comando, oppure da una molla che deve essere di volta in volta, tarata.
La sagoma
Si poggia, su un foglio di cartone, l’oggetto da copiare e si passa sul contorno di esso una matita tenendola il più possibile perpendicolare al cartone. Eseguito il tracciato si ritaglia la sagoma dal cartone e si accosta all’oggetto controllando l’accoppiamento, ritagliando le parti eccedenti o incollando dei pezzi di cartone nelle zone mancanti. Si riporta quindi, sul bordo di un lamierino di ferro, alluminio o laminato plastico, la sagoma di cartone già costruita, si traccia il contorno e si ritaglia questo con un seghetto alternativo: elettrico o manuale.
Eseguito il taglio lo si rifinisce con lima e tela abrasiva in modo da ottenere un contorno abbastanza liscio; ciò è necessario affinché il tastatore possa scorrere su di esso senza vibrazioni che verrebbero riprodotte sul pezzo da costruire. È sconsigliabile usare il legno o il compensato per costruire la sagoma perché a contatto col tastatore si potrebbe sgretolare il bordo modificando il profilo, specie se si debbono fare un gran numero di esemplari.
La sagoma si realizza tracciando su un foglio il contorno dell’oggetto da riprodurre. La sagoma, ritagliata, serve per guidare il taglio di un lamierino che funge da guida per il tastatore.
Spesso però, non si ricava la sagoma dal pezzo ma, viceversa, si disegna un certo profilo sulla sagoma. Con questo si realizza il primo pezzo, modificandola fino ad ottenere il profilo desiderato. Infine si fissa la sagoma sul copiatore per legno con delle viti. Per pezzi piccoli, esistono apposite seste ad aghi mobili che consentono di rilevare facilmente un profilo.
Copiatore legno – Modello leggero
Sulla faccia interna dei morsetti si avvitano i capi sbiechi di due bracci di spessa lamiera; all’altro capo sono aperti da un foro filettato in cui si avvitano i perni per reggere il modello da copiare, con controdadi per bloccarli in posizione.
La distanza del modello dall’asse di rotazione può essere regolata spostando avanti o indietro i bracci nell’asola in cui passano le viti di blocco così da adattarsi a modelli più o meno grossi.
Tornio con copiatore per legno
Per copiare il modello vi si tiene a contatto con la sinistra il tastatore che solleva il braccio su cui scorre lo scalpello a conchiglia. Questo è avvitato su una slitta che permette di spostarlo avanti e indietro sul braccio.
Con la destra si fa scorrere il carrello da destra a sinistra e da sinistra a destra; così lo scalpello lavora il pezzo da tornire, prima sui diametri maggiori e via via, spostandolo in avanti, approfondendo lo scavo. Per evitare indentature del ferro ci vuole mano leggera e molta pazienza.
Colonne e ringhiere
Colonnine di testa e colonnine di piede (per assemblare un gran letto con baldacchino) devono essere rigorosamente uguali.
Nelle colonne si aprono le sedi per le femmine dei ferri da letto i cui maschi si vedono sporgere dalle ringhierine composte da tanti elementi fatti in serie.
I radiatori multicolonna aumentano l’efficienza dell’impianto di riscaldamento, sono sicuri, realizzati con materiali di qualità e facili da pulire
La scelta dei radiatori durante una ristrutturazione è fondamentale quanto la selezione dei materiali, delle finiture e degli impianti tecnici, ma spesso subiamo la presenza di questo oggetto rinunciando a scegliere il tipo di termosifone ce più si addice alla nostra casa lasciando la decisione all’idraulico. Come risolvere il problema? Scegliendo di persona radiatori multicolonna.
Il radiatore dovrebbe essere più bello, efficiente, moderno e con le misure adatte alla propria abitazione. Inoltre una scelta attenta può consentirci di risparmiare notevolmente sui consumi.
I radiatori multicolonna sono quindi un’ottima soluzione. Ecco cosa bisogna sapere.
Come scegliere un radiatore
Prima di scegliere un radiatore bisogna tener conto di una serie di caratteristiche,
Potenza termica. È sempre bene tenere a mente che diversi spazi abitativi necessitano di diverse quantità di calore; la scelta del radiatore deve perciò avvenire di conseguenza.
Facilità di pulizia
Misure. Per inserire un radiatore in maniera corretta e consentirgli di connettersi a qualsiasi impianto termico è necessario valutare attentamente le misure.
Capacità di reagire rapidamente alle variazioni di temperatura
Calore a bassa temperatura. La facoltà di fornire calore a bassa temperatura è fondamentale per un ambiente più ecologico e con maggiore comfort.
Sicurezza
Materiali di qualità
I radiatori Multicolonna De’Longhi
I radiatori Multicolonna De’Longhi rispettano tutti i requisiti descritti nel paragrafo precedente.
L’efficienza dell’impianto di riscaldamento aumenta grazie ai materiali con cui sono costruiti. Inoltre, come il calore del sole, la diffusione del calore avviene per irraggiamento.
La diverse misure consentono di trovare i radiatori multicolonna giusti per le proprie esigenze e con le stesse connessioni all’impianto dei vecchi radiatori. Questo permette di montare senza costosi lavori di riposizionamento dei tubi.
A differenza dei vecchi termosifoni possono essere alti sino a 3 metri; si possono posizionare in un angolo inutilizzato e sfruttare lo spazio quasi sino al soffitto. In alternativa si possono installare sotto le finestre, nella classica posizione, infatti le dimensioni sono varie: possono essere bassi, anche solo 30 cm e con una lunghezza fino a 6 metri.
Sono utilizzabili nei vecchi impianti monotubo, nei più moderni bitubo e in impianti con pompa di calore, caldaia a condensazione o in impianti ibridi.
I Multicolonna De’Longhi sono predisposti per il montaggio delle pratiche teste termostatiche De’ Longhi. Queste consentono un risparmio fino al 30% aumentando anche il comfort. (Dal Giugno 2017 le teste termostatiche sono un obbligo di legge nei condomini con riscaldamento centralizzato. assieme al contatore di calore.)
I radiatori Multicolonna De’Longhi sono colorati e adatti ad ambienti sia moderni che classici.
Inoltre, non avendo spigoli, sono l’ideale per la cameretta dei bambini e grazie agli ampi spazi tra le colonne, che permettono di raggiungere l’intera superficie, sono facili da pulire.
Prodotti in maniera ecologica
Durante la produzione dei radiatori Multicolonna De’Longhi nessuna sostanza nociva viene rilasciata nell’ambiente: gli scarichi idrici, le emissioni in atmosfera e i rifiuti sono continuamente monitorati (nel rispetto dalla norma ISO 14.001).
Questo armadio ripostiglio è costruito con legno di recupero ed è realizzato in una nicchia come una sorta di armadietto a muro
Al di sotto di una nicchia nel muro è stata abbattuta la muratura per costruire un armadio ripostiglio.
La nicchia nel muro prima dell’intervento.
Il vano inferiore, realizzato a seguito dell’abbattimento del muro, è stato suddiviso verticalmente in due scomparti: quello a sinistra è più largo e attrezzato con quattro ripiani (tavole di recupero rivestite con laminato), mentre quello a destra è stretto e alto, destinato ad aspirapolvere o attrezzi a sviluppo verticale.
A lato di questo, un vano già esistente viene prolungato fino a terra e i ripiani interni (180×260 mm) permettono di conservare barattoli, flaconi e lattine.
I montanti della cornice supportano le ante del mobiletto ripostiglio; queste sono collegate tramite cerniere a farfalla brunite sotto l’azione di una fiamma. A terra si realizza una pedana per la battuta, sotto il ripiano a giorno si monta una coppia di calamite.
Vediamo ora nel dettaglio come costruire un armadio a muro che funga da mobile ripostiglio.
Realizzazione illustrata
La muratura sottostante la nicchia dev’essere demolita fino a pavimento; la spallina di destra va portata tutta alla profondità dei vani chiusi dalle botole. Si provvede poi a squadrare e intonacare lo spazio recuperato, raccordandolo con il vano superiore e con le pareti laterali.
Con il trapano munito di fresa cilindrica e montato su colonna si realizza la battuta per le ante, facendo scorrere il listello contro una guida.
I listelli che incorniciano le ante (due pannelli di compensato di noce 1140×445 mm) hanno le estremità tagliate a 45° e il lato interno scanalato per l’inserimento dei pannelli; sono uniti per incollaggio.
Composta l’anta, le fessure tra pannello e cornice si rifiniscono con un’ulteriore cornicetta in listelli di ramino 10×10 mm.
Al centro della faccia esterna delle ante si incollano due pannelli 1000×300 mm dello stesso compensato.
La finitura dei pezzi si effettua prima del montaggio: consiste nella mordenzatura e verniciatura a turapori.
Il cuoio è la pelle di un animale (soprattutto bovino) sottoposta a un procedimento chimico, noto fin dall’antichità: la concia. Vediamo come lavorare il cuoio e quali utensili utilizzare
Grazie alla “concia” la pelle diventa inalterabile (viene cioè evitato il processo di putrefazione). Si ottiene così un materiale naturale di facile lavorazione con cui possiamo realizzare eleganti oggetti, utili o decorativi.
Per acquistare il cuoio bisogna rivolgersi ai negozi di articoli per calzoleria (molto interessante il nostro articolo sulle scarpe fatte a mano), i quali sono anche forniti degli attrezzi di base per la sua lavorazione. Il cuoio può essere del colore naturale, cioè beige chiaro, oppure tinto in vari colori o addirittura lavorare il cuoio in modo da imitare la pelle di certi animali.
Le pezze di cuoio, oltre a distinguersi per la superficie liscia o scamosciata, esistono in diversi spessori, dagli 0,4 mm della vacchetta, utilizzata per le fodere delle scarpe, fino ad alcuni millimetri (5 e oltre). Per lavorare il cuoio possiamo poi procedere con una tintura a tampone tramite appositi mordenti.
Facile è anche la decorazione per impressione, un’arte antichissima, con stampini che premettono di realizzare i più svariati motivi decorativi.
Lavorare il cuoio – Cosa serve
Attrezzi per la lavorazione cuoio
Pezze di cuoio di vario spessore
Colla neoprenica,
tinture per cuoio, spago
Attrezzi lavorazione cuoio
1- martello a doppia testa;
2 – pinza occhiellatrice;
3 – doppia lesina;
4 – pinza fustellatrice, con fustelle di diverso diametro;
5 – pinza a becchi lunghi;
6 – torchietto dotato di fustella;
7 – ago e filo, quest’ultimo di una certa consistenza, per cucire due pezzi;
8 – cutter;
9 – lesina, tradizionale utensile da calzolaio con punta curva, necessario per praticare i fori per la successiva cucitura:
10 – cacciavite;
11 – compasso;
12 – forbici con punta seghettata;
13 – pinze classiche;
14 – marcabordi per eseguire leggere incisioni lungo i bordi;
15 – raschietto per assottigliare un lato della pelle.
Come cucire la pelle e lavorare il cuoio
Tagliare: per tagliare pelli morbide e molto sottili si possono usare le normali forbici da sartoria; è comunque opportuno dotarsi di un modello da calzoleria, caratterizzato da becchi corti e lame seghettate.
Cucire la pelle: ago e filo rappresentano il sistema più tradizionale di unione per cucire cuoio. In genere è necessario predisporre i fori nei quali andrà successivamente infilato l’ago (a punta smussata o aguzza).
Incollare: si utilizza l’adesivo a contatto al neoprene che va lasciato asciugare un poco prima dell’accoppiamento. Con il martello a penna larga si batte leggermente e ripetutamente sulle parti da unire.
Incidere: se si ha la mano ferma si possono adoperare sgorbie o scalpelli, azionati con mano leggera. Utili anche il marcabordi e il pirografo che segna una traccia profonda con la sua punta arroventata.
Occhiellare: si utilizza il torchietto dotato di fustella (occhiellatrice), che serve anche per forare e ribattere i rivetti e in grado di garantire la giusta pressione su entrambi i lati evitando le deformazioni.
Ti piace lavorare il cuoi ma non hai gli attrezzi necessari? Ecco alcuni consigli per l’acquisto
Nasconde in vera pelle, ideale per qualsiasi lavoro artigianale, riparazione pelle, interni auto, mobili, giacche, borse, scarpe e altri articoli in pelle.
Colore: varie tonalità di marrone assortiti.
Dimensioni: A3 (ogni pezzo non è inferiore a A3).
Nota: le foto del prodotto mostrano un esempio, la pelle può differire per colore e dimensione. La pelle è un prodotto naturale e di conseguenza può anche presentare imperfezioni.
Anche in pelle integrale e parzialmente disponibile in diversi colori.
Pare che l’odore di erba tagliata – lo definirei profumo forte ma buono – secondo gli scienziati sia un modo di gridare aiuto, comune a molte piante quando si trovano in condizioni di stress, cioè quando sta succedendo loro qualcosa di negativo per la propria salute (come essere mangiate o avere poca acqua), un modo per allertare altre piante o alcuni animali di quello che sta succedendo loro.
Andando per giardini in primavera e in estate i profumi che si alternano sono una goduria per chi sia di “naso” sensibile: dall’impareggiabile mimosa, con una fioritura smagliante che purtroppo dura poco, al delicato lillà, alle gardenie dal profumo inconfondibile e persistente. Per non parlare del pitosforo, del gelsomino e delle rose, regine del giardino dalla fragranza delicata e la cui fioritura ci accompagna da maggio a ottobre. E poi nei viali alberati di città si viene inebriati dall’olezzo dei meravigliosi tigli che offrono frescura e bellezza anche per centinaia di anni e i cui grappoli di fiori discreti sono irresistibili per gli insetti impollinatori. Infatti, motivo principale per cui il mondo vegetale si “esprime” con il profumo è la sua sopravvivenza: gli effluvi dei fiori attirano gli impollinatori, api, farfalle, uccelli che, spostandosi di pianta in pianta, trasportano il polline e garantiscono la nascita di nuovi vegetali odorosi.
Inebriati dai profumi della natura che in questa stagione sono così piacevolmente invadenti, sorge spontanea una considerazione:
il regno vegetale, in tutte le sue “esternazioni”, profuma, il regno animale, del quale facciamo parte anche noi umani, senza mezzi termini, ahimé, puzza. Basti pensare a un cane bagnato o all’odore acre dei felini, alle stalle di bovini, di cavalli, di maiali o capre. Per non parlare degli animali che emettono odori mefitici per difendersi come la puzzola, l’avvoltoio, le cimici. Ma neanche noi umani siamo da meno: avete mai provato a entrare in un ufficio o un luogo pubblico dove soggiornino un po’ di persone e non ci sia un adeguato ricambio d’aria? Nonostante oggi più o meno tutti facciano una doccia al giorno e usino deodoranti, l’odore è pesante perché ogni minuto i nostri polmoni immagazzinano circa 5-8 litri di aria nuova ed espirano un volume simile di anidride carbonica. A ciò si aggiunge quanto trasuda dalla pelle per quel che si mangia, si beve, si fuma.
Si dice che quando un uomo corre “inquina” più di un’auto ibrida… ma anche quando non corre si fa “sentire”.
È imbarazzante questo “confronto olfattivo” che vede il mondo animale schiacciato dalla supremazia del mondo vegetale: un motivo in più per amare il nostro spazio verde e tutto quel che ci dà.
Lavorare il legno a mano è un’attività fondamentale che ogni fai da te deve conosce
Tutto comincia con un taglio del legno fai da te ben fatto: sapere lavorare il legno a mano è un’operazione indispensabile per qualsiasi tipo di realizzazione. Quali utensili bricolage usare e come.
Chi si avvicina al mondo del bricolage, dovrebbe sempre imparare prima l’utilizzo degli strumenti manuali e passare solo in seconda battuta agli elettroutensili. L’azione di lavorare il legno a mano è condizionata dalla bassa velocità che imprimiamo alla lama: ciò può creare inconvenienti soprattutto se non sappiamo riconoscere le giuste direzioni di taglio. Supponiamo di tagliare una tavola per il lungo con un segaccio qualunque. Otterremo una fenditura compatta, abbastanza lineare e senza grande fatica. Però, se sullo stesso piano e con il medesimo attrezzo tagliamo trasversalmente, cioè in maniera perpendicolare alle fibre, non otteniamo un buon risultato.
Anzi, oltre a fare una grossa fatica, il taglio non viene ben diritto e il legno si scheggia con facilità: quindi dovremo usare una sega circolare (che ci consenta di eseguire il taglio con l’aiuto di una guida). Anche il tipo di lama è importante. Se si tratta di segare un’essenza porosa, a fibra tenera, è bene avere una lama a denti fitti e fini. Con legno duro, invece, non si hanno particolari difficoltà. Possiamo lavorare il legno a mano con qualunque tipo di segaccio.
Taglio con il saracco
Il saracco è in grado di tagliare con molta precisione purché all´inizio del taglio, nella partenza e nei primi colpi, sia correttamente guidato col dito pollice.
Perché la lama non si blocchi, conviene tenere aperta la linea di taglio con una zeppetta.
Pezzi piccoli difficili da bloccare si tagliano tenendo ferma la sega e facendoli scorrere sulla dentatura.
Il segaccio per il taglio manuale del legno
Con esso è possibile lavorare bene tanto su grandi tavole, quanto su listelli. Le sue misure sono variabili e la lama può essere intercambiabile. Una variante di questo attrezzo è quello a dorso. Viene cioè costruito con una costola di lamiera o ottone sul dorso della lama. Così fatto, aumenta la sua rigidità e si lavora con notevole precisione. Mantiene un taglio nitido e lineare, tanto che è ottimo per segare compensati o multistrati, così come per preparare tenoni. Con esso, però, si possono lavorare soltanto dei pezzi di limitato spessore, perché proprio la costola non gli permette di penetrare più dell’altezza della lama.
Taglio del legno fendente o trasversale
Si possono effettuare due tipi di taglio. Uno fendente, cioè fatto lungo le fibre, e l’altro trasversale, detto anche taglio sfibrante che, invece di separare la fibra, la recide.
Sappiamo che la lama taglia soltanto nel movimento di andata, mentre non può recidere durante il ritorno. Quindi, dobbiamo fare pressione solo in avanzamento. Il taglio inizia dopo aver tracciato la linea da seguire. Rimanendo un poco all’esterno del segno, useremo l’unghia del pollice per guidare la lama e solcare la traccia. Una volta iniziato il taglio, si prosegue con movimento regolare,ritmato, senza eccedere in velocità. Facciamo lavorare la lama per tutta la sua lunghezza, con un’ampia oscillazione del braccio e della spalla. Il peso stesso della sega, unito al movimento regolare, basta a garantire sufficiente penetrazione. Quando dobbiamo tagliare grosse superfici, la lama tende a surriscaldarsi. Per ovviare all’inconveniente, teniamo l’attrezzo leggermente inclinato, in modo da aprire un poco il taglio che solitamente va a chiudersi sulla lama. Se l’azione risulta ancora difficoltosa, passiamo sui denti della paraffina oppure del sapone asciutto, in maniera da facilitare lo scorrimento. Un inconveniente che capita frequentemente, è arrivare alla fine del taglio e vedere che una delle due parti segate si porta dietro una scheggia dell’altro pezzo. Per evitare che la lama strappi la tavola rimasta, basta mettere uno spessore nel tratto finale. In questo modo, la lama trova una più grande superficie d’appoggio. Quando si deve tagliare una zona interna, al centro di una tavola, dobbiamo provvedere dapprima a forarla, rimanendo a debita distanza dalla traccia che si deve poi segare.
Tenere la linea di taglio
Durante il taglio manuale è importante procedere diritti. Perché questo avvenga, la lama della sega deve essere stradata. Significa che i suoi denti risultino piegati a destra e a sinistra alternativamente. Soltanto così si crea lo spazio per segare agevolmente, evitando di scaldare eccessivamente il ferro. Messi in questa posizione, i denti si dicono allicciati: più vi è allicciatura e più legno viene asportato durante il taglio. Un fai da te prudente ha cura di rimanere sempre all’esterno della traccia da seguire, tanto da evitare l’inconsapevole asportazione di qualche millimetro in più. Per effettuare la stradatura si adopera una particolare pinzetta, detta licciaiola. Con essa si riescono ad allicciare lame di ogni genere: basta chiuderle in morsa, con i denti rivolti verso l’alto.
Quindi si prendono gli stessi denti nei fori della licciaiola e si piegano alternativamente, l’uno da un lato e l’altro in senso opposto. Successivamente si ravviva il filo di taglio con una lima a triangolo e un poco di pazienza, visto che è da far scorrere su ogni dente.
Taglio manuale del legno con traforo
Tutto ciò che occorre per traforare sono l’archetto, la tavoletta, un morsetto, un trapanino, punta e lame. Molti fai da te si sono avvicinati alla lavorazione del legno già da bambini proprio grazie a questo kit. L’archetto in tubo o in piatto, dev’essere abbastanza elastico da tendere le lame, ma non tanto da chiudersi sotto lo sforzo; l’importante è che le lame siano fissate con un sistema comodo da bloccare e sbloccare perché è necessario non solo cambiarle spesso, ma farle di volta in volta passare da un campo di taglio all’altro. Le lame da traforo, tutte lunghe 130 mm, si distinguono per la dimensione dei denti, piccolissimi in quelle doppio zero, ben più grossi in quelle n° 11 e per la loro spaziatura che varia in base al materiale che sono destinate a tagliare, più fitta per i materiali duri e nettamente più rada per quelli teneri. Naturalmente esiste anche la versione elettrificata del traforo che permette di realizzare lavorazioni molto veloci su pannelli di ampie dimensioni grazie alla notevole estensione del braccio che porta la lama.
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Gli strumenti per stondare come il compasso e il pianetto per sega a nastro svolgono il lavoro preliminare di preparazione dei pezzi da stondare tramite tornitura
Se è vero il detto “chi ben incomincia è a metà dell’opera”, con i due strumenti per stondare che illustriamo in queste pagine, il tornitore risparmia sicuramente tanto tempo e raggiunge risultati di sicurezza e tranquillità nel lavoro molto importanti.
Si tratta di due strumenti semplici, ma molto efficaci, perché studiati espressamente da chi si occupa di tornitura da decenni e ne ha fatto il proprio cavallo di battaglia professionale.
Il primo è un compasso che può lavorare in due modi: tramite un puntale laterale che si inserisce stabilmente nel piccolo incavo lasciato al centro del pezzo dalla contropunta è possibile misurare e marcare con molta precisione la circonferenza di presa delle ganasce del mandrino; oppure, con un puntale a vite, si può disegnare su una tavola grande la circonferenza per sgrossare un piatto.
Il secondo degli strumenti per stondare è un pianetto da applicare alla sega a nastro che permette di posizionare correttamente rispetto alla lama la tavola appena marcata e poi farla girare sul centro della circonferenza per tagliare via ciò che non serve.
Compasso
Il compasso è costituito da una piastra asolata in cui scorre, con possibilità di essere bloccato, il portamatita. Sono presenti due puntali: uno piccolo, in posizione laterale, e uno grande, più strutturato.
Il compasso costa euro 33,20.
Il puntale piccolo sporge dal bordo laterale dove inizia la parte rettilinea del compasso. Sul bordo è incisa una scala millimetrata con lo zero di riferimento sul puntale.
L’altro puntale ha una maggiore sporgenza e, sulla parte retrostante, ha una testina a battere che permette di produrre un incavo al centro della tavola da cerchiare.
Regolando la matita si imposta il raggio utile del pezzo. Si mette il puntale nel centro e, ruotando il compasso, si traccia la circonferenza.
L’utilizzo del puntale laterale è da farsi col pezzo sul tornio. Serve quando si è terminata la tornitura esterna di una ciotola o un vaso e bisogna fare il sottosquadro per girare il pezzo e fissarlo sulle ganasce del mandrino. Messo il puntale al centro della ciotola (foto a sinistra), si marcano le circonferenze interna ed esterna.
I segni fatti servono come riferimento per rimuovere internamente e, se necessario anche esternamente (foto a destra), il materiale per creare la presa sufficiente alle ganasce.
Pianetto per sega a nastro
Si tratta di un aggiuntivo da posizionare e fissare sul piano di lavoro della sega a nastro; apposite coulisse permettono il fissaggio saldo, mediante morsetti, senza elementi che sporgono sul piano di lavoro. In dotazione ci sono 4 puntali con forme e dimensioni differenti (nella foto se ne vedono 3 affiancati sul piano e uno in sede). Lo stondatore della prova costa euro 172,10.
La conformazione dello stondatore è studiata per impostare agevolmente il raggio di taglio del pezzo; lo si fa regolando la posizione laterale dell’aggiuntivo e bloccandolo solo quando la distanza fra puntale e lama corrisponde alla misura di riferimento.
Con questo modello si tagliano tondi con diametro da 150 a 800 mm.
Per procedere con il taglio è sufficiente appoggiare il pezzo sul puntale, facendolo corrispondere al centro marcato precedentemente con il compasso, con il sistema a battere. Quindi si avvia la sega e si procede facendo ruotare il pezzo sul perno.
Non importa se la tavola è irregolare: lo stondatore offre una superficie di appoggio sufficiente per mantenere la planarità durante la rotazione del pezzo, ottenendo un bordo preciso e lavorabile. Il risultato è di sfruttare interamente la parte sana del pezzo oppure, stando più larghi, usare anche la parte alterata del legno per fare oggetti irripetibili.
Soluzione definitiva per applicare una barriera al vento e agli sguardi indiscreti sulla recinzione di casa: al posto del poco durevole telo verde si applicano doghe in PVC
Il riparo dal vento è un valore aggiunto, sempre ricercato e necessario per gli spazi esterni a cui si aggiunge il fattore privacy se questi affacciano su zone di passaggio o ad alta frequentazione. Con una cancellata di ferro a stecche verticali è possibile ricorrere all’applicazione di doghe in PVC per esterni disposte orizzontalmente.
La struttura portante della cancellata e la modalità con cui sono stati fissati i ferri a T verticali, che si susseguono fra un montante e l’altro, hanno permesso di posizionare le perline in PVC per esterni in modo che possano restare dietro i montanti della cancellata, così che i tagli di testa rimangano nascosti dietro questi. Tale disposizione ricorda di fatto un perlinato in PVC.
Per il fissaggio delle doghe in PVC si usano viti a passo metrico, a testa bombata e impronta esagonale. Questo richiede l’applicazione delle viti in corrispondenza delle stecche di ferro, previa esecuzione in queste ultime di un foro passante e della filettatura a passo metrico con filiera.
Dato l’elevato numero di ripetizioni di questa sequenza di operazioni, si può anche usare la punta della filiera con il trapano avvitatore, precedendo a bassissima velocità e applicando sempre abbondante lubrificazione sul tagliente.
I materiali plastici vanno tagliati a velocità ridotta in modo da non surriscaldare e fondere il supporto; la troncatura di questi pannelli in PVC per esterni, infatti, si effettua egregiamente con la segatrice da ferro.
Montaggio
La parte di recinzione oggetto dell’intervento è un tratto rettilineo formata da un muretto e una cancellata di ferro con stecche verticali.
Le doghe in PVC si possono tagliare in vari modi, ma risulta ottima la segatrice a nastro per acciaio, data la lenta velocità di scorrimento della lama.
Si marca il punto di inserimento della vite in corrispondenza di una stecca di ferro della cancellata.
Si effettua un foro passante e poi si filetta per viti M5.
Le doghe maschiate permettono di applicare le viti a un listone sì e uno no.
Le perline in PVC per esterni permettono anche facili adeguamenti nei punti critici come in corrispondenza del braccio del cancello. Come si può notare, le stecche della cancellata non arrivano a toccare il muretto sottostante…
… quindi, per completare la parte bassa si applica, sempre con lo stesso sistema, una fila di doghe intere alla base, ma per chiudere lo spazio restante (circa 70 mm) è necessario tagliare per lungo una serie di listoni in PVC.
Il fissaggio di questi ultimi pezzi si effettua sempre nello stesso modo.
Le viti non restano tutte allineate perché sono stati sfruttati i pezzi di scarto dei pannelli PVC per esterni.
La tornitura longitudinale è una tecnica che si realizza disponendo il pezzo di legno nel senso della lunghezza del tornio: ne nascono colonnine, gambe ed elementi di ringhiere
La tornitura longitudinale si esegue fissando il legno tra punta motrice e contropunta. Questo può essere o di forma cilindrica (se è un tronco) o a forma di parallelepipedo, a base quadrata se è stato ricavato da una tavola o da un listello; in questo secondo caso prima di fissarlo al tornio è bene smussare gli spigoli longitudinali (specie se il legno è duro) con ascia, sega o pialla in modo da renderlo prossimo ad una forma cilindrica e diminuire, durante la tornitura, i contraccolpi dovuti all’urto dell’utensile contro gli spigoli stessi.
Preparare il pezzo per la tornitura longitudinale
Si effettua la centratura del pezzo alle due estremità. Nel caso del tronco d’albero si esegue sulle due basi la centratura, incrociando una coppia di parallele tracciate in prossimità del presunto centro e con un chiodo (o punzone) si segna un incavo nel centro del quadretto ottenutodall’intersezione delle coppie di parallele. Per verificare questa operazione si usa il compasso.
Per centrare il pezzo tra punta e contropunta si deve individuare il centro delle facce opposte. A questo scopo si tracciano più diagonali (a seconda della forma) e si segna con la matita il centro presunto. Esistono piccole dime che consentono di segnare il centro senza troppe complicazioni.
Il pezzo da tornire deve essere sagomato grossolanamente a forma di cilindro, utilizzando la sega circolare o a nastro, spianando gli spigoli più rilevati con qualche passata alla pialla manuale o elettrica.
Facendo centro nel punto determinato si traccia la circonferenza uguale al diametro massimo che dovrebbe avere il pezzo finito e si vede se è compresa tutta nel tronco.
Per centrare invece un pezzo di legno a forma di parallelepipedo, prima di smussare gli spigoli longitudinali, si tracciano, nelle due basi, le diagonali e nella loro intersezione si segna il centro.
Quando il legno è particolarmente duro si effettua una leggera punzonatura sul centro, in entrambe le facce, per facilitare la penetrazione della punta e della contropunta.
Eseguita la centratura si colloca il pezzo fra la punta motrice e la contropunta avendo cura di conficcare nel pezzo i denti trascinatori della punta motrice per quasi tutta la loro lunghezza e parte della contropunta in modo da realizzare un appiglio sicuro. Si noti infatti che sono solo i trascinatori che fanno ruotare il legno trasmettendo ad esso la potenza del motore e che sono contrastati dall’azione di attrito che gli utensili esercitano durante la lavorazione al tornio.
Il bloccaggio del pezzo sul tornio, quindi, è un’operazione che bisogna fare con molta cura e attenzione. Se la contropunta è fissa, è bene lubrificarla con cera sia nella collocazione del pezzo che nelle varie fasi della lavora-zione in modo da ridurre l’attrito durante la rotazione del legno; se invece è ruotante tale lubrificazione non è necessaria.
Ci sono realizzazioni in cui servono tanti elementi tutti uguali: una ringhierina, una testata, una balaustra, ecc. Anche con un tornio aggiuntivo per trapano si può far fronte a questa necessità.
La punta motrice e la contropunta lasciano le loro impronte sul legno per una certa profondità; se le estremità del pezzo dovranno essere incastrate o poggiate a terra da una parte (gambe di tavoli, sedie, ecc), queste impronte possono restare benissimo. Se invece uno dei due estremi o entrambi sono terminali a vista, bisogna tagliare la parte che porta quelle tracce e che dopo si deve rifinire.
La sgrossatura
È la prima lavorazione da eseguire: si dispone il cambio di velocità in modo che l’asse motore giri alla minima velocità (750 giri/min). Si dispone poi il poggiautensile di fronte alla parte del pezzo da tornire in modo che l’utensile possa essere spostato longitudinalmente per poter lavorare la maggior parte della lunghezza del pezzo.
Se la lunghezza del legno supera quella della piastra, o questo si lavora a tratti spostando successivamente il poggia-utensile oppure si monta il poggiautensile prolungato. Si solleva infine la piastra del poggiautensile in modo che il filo di taglio dell’utensile, su essa poggiato, sia all’altezza dell’asse del pezzo, cioè al-l’altezza della contropunta.
La piastra poggiautensile si distanzia dal pezzo, (manovrando il supporto), di 3/4 millimetri.
Tornitura longitudinale – Velocità periferica
Quando si procede nel lavoro di tornitura longitudinale il diametro del pezzo si riduce, per cui diminuisce anche la velocità periferica di rotazione. Per mantenerla entro valori accettabili è necessario aumentare la velocità di rotazione del pezzo da lavorare.
Il pezzo da lavorare si stringe tra punta motrice e contropunta quindi si aziona il tornio alla velocità adeguata. Durante le lavorazioni al tornio si producono trucioli in notevole quantità che devono essere eliminati successivamente per mantenere il tornio perfettamente pulito.
La protezione
E’ bene mettere gli occhiali di protezione per difendersi dai trucioli che vengono scagliati dall’azione di taglio ed una maschera di carta per evitare di respirare la polvere del legno sia nella fase di lavorazione e soprattutto in quella di finitura con la carta vetrata.
Terminati questi preliminari, prima di mettere in moto il tornio, bisogna far ruotare manualmente il pezzo per accertarsi che esso sia ben fissato, che non urti o strofini contro parti della macchina e controllare infine che tutte le leve di fermo e di bloccaggio siano ben serrate.
Si procede alla sgrossatura del pezzo con la sgorbia più larga e si avanza l’utensile contro di esso esercitando poca pressione per evitare gli sbalzi degli spigoli. Successivamente, quando il pezzo comincia ad assumere forma cilindrica, si può aumentare la pressione in modo da asportare il legno nelle zone dove si deve incavare di più. Nelle zone che invece debbono rimanere cilindriche, si passa lo scalpello in modo da rendere liscia ed uniforme la superficie.
Angolato rispetto alle fibre
Durante la tornitura longitudinale l’utensile non deve essere appoggiato al pezzo perpendicolarmente alle fibre, ma sempre con una certa angolazione verso destra o sinistra rispetto ad esse.
Tracciare i settori
Terminata la sgrossatura, è bene tracciare con la matita (a macchina in moto) i diversi settori da tornire sul legno in modo da “vedere”, durante il moto, le varie parti da lavorare.
Si cambia la velocità inserendo la media e quindi si comincia l’operazione di sagomatura con una sgorbia stretta o larga a seconda dell’ampiezza dell’incavo da fare.
Per le prime volte è bene cominciare con sagome semplici e poco profonde; quando poi si acquista destrezza, nelle velocità da usare, nel tenere gli utensili tornio, e nella pressione da esercitare, ci si può sbizzarrire in quelle più complicate.
Durante le varie passate di tornitura, è necessario, a macchina ferma, controllare i diametri con un calibro specialmente quando si debbono costruire pezzi uguali fra loro.
La brunitura
Fra i lavori che è possibile fare al tornio c’è quello di brunitura che consiste nel tracciare dei solchi poco profondi bruciando il legno per attrito con un utensile a spigolo non affilato o con un filo d’acciaio. Nel primo caso si pressa contro il legno in rotazione (500 giri al minuto) lo spigolo non affilato di un intagliatore e per attrito questo brucia il legno lasciando un solco di colore scuro, molto decorativo nei legni chiari.
Se non si ha a disposizione l’utensile si può ottenere lo stesso risultato mediante un filo d’acciaio (corda di chitarra o similare). Questo da un capo si aggancia con un morsetto al bancale e dall’altro si sottende con la mano sul legno in rotazione; spostando a volontà il filo si possono ottenere simpatici motivi a seconda dell’estro dell’operatore. Si può decorare poi il pezzo con qualche ornamento mediante l’uso dell’utensile intagliatore.
La carteggiatura
Per eseguire la finitura del pezzo si innesta la velocità massima, si toglie la piastra poggiautensile e si procede a carteggiare con carta vetrata fine tutto il pezzo. Si comincia dalle superfici estese e poi gli incavi delle sagome, piegando o arrotolando opportunamente la carta vetrata, sostenendola con un legnetto di irrigidimento. Questo è sagomato in modo da seguire meglio le anse del legno e avendo cura di non smussare gli spigoli.
E’ consigliabile usare la carta vetrata del tipo a strisce adoperata nelle levigatrici perché ha un supporto più rigido.
Per ottenere una finitura quasi speculare, si passa sul legno la paglietta d’acciaio o meglio ancora i trucioli dello stesso legno tenuti con la mano e pressati sotto il pezzo in rotazione.
Fermata la macchina, si sposta quindi la contropunta verso destra e si libera il pezzo rifinendo le estremità; come si è detto prima tagliandole o riempiendo i buchi della contropunta con stucco e mordente.
Se nel pezzo ci sono parti non tornite (cubi, parallelepipedi) si portano a misura. Oppure se il pezzo si è fatto tutto cilindrico, si tagliano (con sega a nastro o segaccio) le parti curve per sagomare il cubetto o il parallelepipedo, e quindi si passa alla rifinitura con carta vetrata (ovviamente a tornio fermo).
Elementi uguali e diversi
Quando si realizzano più elementi che devono essere uguali senza l’uso del copiatore occorre ogni tanto confrontare il prodotto finito con quello in fase di esecuzione.
Le quattro gambe di un basso tavolino da salotto possono, per un gesto di originalità, essere tornite una diversa dall’altra; ognuno può tornirle secondo la sagoma preferita ma la costruzione del mobile richiede che tutte abbiano comunque una larga base di attacco ai rinforzi del piano.
Tornitura longitudinale – Operazioni nel dettaglio
Vediamo nel dettaglio le varie operazioni di tornitura longitudinale.
Sgrossare
L’utensile si afferra saldamente, con una mano, nell’impugnatura di legno, mentre con l’altra, si tiene ferma la lama sul poggiautensile accostato al pezzo in rotazione. Per realizzare uno stelo tornito si procede alla sgrossatura del pezzo impiegandola sgorbia più larga.
Lisciare
Tutto il pezzo deve essere reso cilindrico prima di procedere a scavare i decori. Nelle zone che devono restare lisce si passa lo scalpello diritto.
Tracciare
Si segnano con la matita o con un ferro (mentre il pezzo ruota lentamente bloccato tra testa motrice e contropunta) i diversi settori da tornire.
Sagomare
Si comincia l’operazione di sagomatura con una sgorbia larga, in rapporto all’ampiezza dell’incavo da realizzare.
Incavare
Dopo aver impiegato la sgorbia per realizzare gli incavi e gli spallamenti curvi si usano gli scalpelli a tagliente obliquoper contornare gli incavi.
Impugnare
Per i primi lavori conviene realizzare forme semplici e poco profonde, esercitando poca pressione con l’utensile che, però, va impugnatosaldamente e controllato con le due dita sulla lama.
Controllare
Durante l’esecuzione del lavoro è bene fermare il tornio e controllare i diametri con un calibro a compasso, in particolare quando si devono realizzare più pezzi uguali.
Intagliare
Con l’intagliatore si può decorare il pezzo, incidendo sottili e profonde gole nei punti più tozzi.
Levigare
La levigatura della superficie si effettua con carta vetrata a grana fine avvolta su di un pezzo di legno. Si inizia dalle superfici più estese quindi si passa agli incavi, facendo attenzione a non smussare gli spigoli.
Lucidare
Per rendere la superficie lucida e ben rifinita si accosta al pezzo in rotazione della paglietta di ferro o un pugno di trucioli. Se nel pezzo vi sono parti non tornite si portano a misura con la sega e si rifiniscono con carta vetrata.
Tornitura longitudinale a sbalzo
Per tornire oggetti di piccole dimensioni come pomelli, sferette o similari è conveniente usare i mandrini a diametro fisso (o coppale). Sono dei tubi cilindrici che si avvitano all’asse ruotante al posto della punta di traino.
Per fissare il legno a questi mandrini, si deve praticare, su un’estremità di que-sto, una tornitura cilindrica di diametro uguale a quello interno del mandrino in modo che il legno possa esservi inserito dentro a pressione.
Per migliorare la tenuta si blocca il pezzo con una vite a legno che si serra dall’interno del foro di fissaggio oppure con una vite trasversale, praticando un foro vicino al bordo del mandrino.
Per tornire elementi a sbalzo si impiegano particolari mandrini a diametro fisso che accolgono il pezzo da lavorare e lo bloccano con una vite o con qualche giro di nastro adesivo.
Se il codolo cilindrico si fa più lungo della profondità del mandrino e si tornisce una battuta in modo che il diametro esterno del legno sia uguale a quello esterno del mandrino, si può bloccare il legno al mandrino con una striscia di carta adesiva che salda i due pezzi.
Questo tipo di fissaggio è possibile anche per pezzi di un certo diametro, ma non molto sporgenti perché allora sarebbe necessaria la lunetta fissa di sostegno. La parte di legno bloccata nel mandrino si taglia via oppure si può utilizzare per incastrare il pezzo nel mobile per il quale è stato realizzato.
Tornitura di una estremità
Dopo aver tornito il legno in tutte le sue parti e intagliato fino alla massima profondità possibile l’estremità destra che dovrà essere rifinita con tornitura a sbalzo, lo si stacca dal tornio e si sostituisce la punta di trazione con la punta bipasso o meglio con il mandrino autocentrante.
Si rimonta quindi il legno sul tornio e lo si blocca momentaneamente con la contropunta. Si fissa la lunetta al bancale nei pressi dell’estremità da lavorare facendo in modo che i cuscinetti, serrati ad uno ad uno, cominciando da quelli inferiori, blocchino il legno senza eccessiva pressione, ma saldamente.
Dopo aver allontanato la contropunta, si fa ruotare manualmente il pezzo per accertarsi che non vibri e che non abbia gioco sui cuscinetti. Si faccia attenzione perché, in questa operazione, la lunetta sopporta le spinte trasversali dell’utensile contro il legno e non sostituisce la pressione di sostegno della contropunta, per cui deve essere saldo l’attacco al mandrino.
Si monta il portautensile in prossimità della parte da tornire e, con bedano e intagliatore, si rifinisce l’estremità agendo delicatamente.
Tornitura di un tondino
In questo caso per effettuare la tornitura longitudinale si usa la lunetta come appoggio intermedio per evitare che il tondino possa vibrare, flettersi o rompersi per effetto della pressione esercitata dall’utensile che lo tornisce.
Si fissa la lunetta al bancale e la si blocca nella parte centrale del pezzo.
La lunetta deve essere usata quando la lunghezza del pezzo supera dieci volte la misura del diametro. Supponiamo di dover fare un tondino di 700×30 mm di diametro; va scelto un legno a sezione quadra di 35 mm di lato lungo 700 mm, si smussano gli spigoli e si blocca fra punta e contropunta. Si tornisce nella parte centrale, esercitando poca pressione con una sgorbia e scalpello, un solco cilindrico della larghezza di circa 60 mm e sezione 30 mm di diametro.
Ora la lunetta va fissata sul bancale in modo da bloccare i tre cuscinetti nel solco già ricavato; poi si torniscono le due parti restanti del legno controllando con il calibro affinché la sezione sia uniforme.
Se poi nel tondino si debbono eseguire incavi o sagome, si sposta la lunetta in prossimità di questa.
Il tortiglione
La bellezza di un tortiglione dipende dalla regolarità del passo principale (giro intero di un risalto) e di quello secondario (distanza fra due risalti successivi).
I tortiglioni possono essere sia destrorsi sia sinistrosi; per cambiare la direzione dei risalti basta solo variare l’inclinazione delle diagonali.
I tagli di sega, susseguendosi da un tratto all’altro formano una o più spirali che si cominciano ad approfondire con una sgorbia lavorando prima da una parte e poi dall’altra del taglio che fa da fine corsa.
Pian piano i solchi, passando dalla sgorbia allo scalpello, vengono allargati fin quasi a raggiungere le linee blu che segnano il dorso dei risalti; la sezione di questi può variare dal semicerchio al triangolo.
La finitura richiede l’uso di raspe, lime cilindriche e spugne abrasive; se il tornio ha l’inversione di marcia ed una velocità lentissima, in questa fase lo si può mettere in moto, sempre però con la massima prudenza.
Non sono torniti
I manici di scopa, i tondini per aeromodellistica e similari non sono fatti al tornio, ma con macchine particolari che rendono cilindrico il legno facendo avanzare longitudinalmente il pezzo e non l’utensile. Nel tornio, come è noto, avviene il contrario.
Questi cubi di legno non sono concepiti per un impiego particolare, ma possono tornare utili in diverse occasioni: si può comporre uno scaffale provvisorio o utilizzarli come singoli sgabelli
Questi cubi di legno sono realizzati per mezzo dei telai recuperati da vecchie sedute di faggio con le giunzioni angolari ancora in buono stato.
I telai misurano 400×400 mm: non vale la pena smontarli per recuperare listelli che risulterebbero un po’ corti per qualsivoglia costruzione; meglio pensare a come impiegarli così come sono limitandosi a una levigaturasommaria delle superfici.
Una volta liberati dalla vecchia imbottitura, si sono rivelati l’ideale per realizzare i cubi in legno. Unendo i telai con viti a passo metrico e dadi si possono comporre le strutture a forma di cubo e completarle con un piano in multistrato da 10 mm tagliato a misura.
Come utilizzare questi cubi di legno? Come sgabelli, scaffali improvvisati o per qualunque altro utilizzo creativo.
Rimozione delle imbottiture
Le vecchie sedute vanno private del tessuto di rivestimento, dell’imbottitura e delle cinghie elastiche.
L’operazione più fastidiosa è la rimozione dei punti metallici, circa 150 per ogni seduta: bisogna cercare di sollevarli senza ammaccare il telaio nel fare leva e facendo attenzione che la parte conficcata non strappi le fibre.
I telai dei cubi di legno
Si levigano le superfici per portare a vista il legno nuovo; i fori dei punti andrebbero stuccati, ma qui si sceglie di non farlo per lasciar intuire che si tratta di un riciclo.
La struttura di ogni cubo di legno è costituita da 4 telai assemblati a correre, uniti con 8 viti M6x70 mm inserite dall’esterno in prefori Ø 6,5 mm, svasati per incassare la testa, e bloccate dall’interno con relativi dadi.
Finitura cubo legno
I pannelli di truciolare si fissano alla struttura con 4 viti da legno di adeguata lunghezza.
Sempre in regime di recupero, per la finitura si utilizza quello che è disponibile in laboratorio tra le rimanenze, in questo caso un protettivo all’acqua in tonalità noce chiaro.