Il Fimo è una pasta sintetica disponibile in commercio in piccoli panetti. Essendo facilmente lavorabile e disponibile in una vasta gamma di colori, è perfetto per la realizzazione di piccoli oggetti creativi.
Un’altra particolarità è quella di indurire solo con la cottura, per cui si può lavorare tranquillamente fino al raggiungimento del risultato voluto. Per la cottura può essere utilizzato il forno elettrico o il forno a microonde.
UOVA DI PASQUA DECORATE CON IL FIMO
Tagliamo strisce uguali dai diversi pani di pasta, sovrapponiamole formando un sandwich e premiamo per compattarle.
Lavoriamo il sandwich con le mani fino a formare un cordone del diametro di circa 1 cm.
Avvolgiamo a spirale il cordone: i singoli colori non devono essersi impastati tra loro.
Con il cutter tagliamo la spirale a fette non troppo spesse.
Applichiamo le fette sui gusci.
In alternativa al sistema precedente, possiamo arrotolare singolarmente le strisce di ciascun colore e comporle sui gusci in forme che ricordano l’uovo “all’occhio di bue”.
COTTURA DEL FIMO La cottura è una fase delicata. Essendo un materiale composto da derivati del petrolio è bene utilizzare tutte le attenzioni del caso in quanto durante la cottura potrebbe diventare tossico. L’ideale sarebbe poter disporre di un forno da adibire solamente a questo scopo e non utilizzarlo per la cottura dei cibi. Si può anche cuocere con la tecnica a “bagnomaria”.
Prima di cominciare il discorso sui tipi di porte è opportuno dire un paio di cose che magari sembreranno ovvie, ma che è utile tenere a mente in questo tipo di lavoro che è pur sempre, sia come fatica sia come spesa, di livello non proprio elementare. Una porta dovrebbe aprirsi sempre verso l’interno del locale cui serve e verso la parete più vicina ai cardini, che dovrebbero rimanere ad almeno 80 mm da tale parete.
Senso di apertura Il senso di apertura di una porta (da tenere presente quando si acquistano cardini e serrature) si definisce “destro” quando spingendo l’anta i cardini sono a destra, “sinistro” nell’altro caso. Tranne che nei tipi di porte “va e vieni” tipo saloon, il telaio deve presentare una battuta contro cui poggiano le ante a porta chiusa; la profondità della battuta, se la porta è fatta a regola d’arte, può limitarsi a 5-6 mm; chi non ha squadratrici professionali, che gli garantiscano l’assoluta regolarità dell’anta, si trova meglio con una battuta di 10-12 mm.
In Italia tipi di porte “destre” quando, aprendola, i cardini rimangono sulla destra, tipi di porte “ sinistre” nel caso opposto; la distinzione serve sia per ordinare una porta nuova, sia, se la si costruisce ex novo, per acquistare i cardini tipo paumelle e la serratura.
Come è fatta una porta
Gli elementi di una porta ad anta sono:
il falso telaio, generalmente messo in opera durante la muratura e costituito da tre assi grezze,
il telaio formato da tre tavole ben rifinite e dotate di battuta d’arresto,
i coprifilo che nascondono la fessura tra telaio e falso telaio e l’anta con la sua ferramenta. Larghezza ed altezza della porta si misurano all’interno del falso telaio.
La battuta
Nei tipi di porte a due ante, la battuta deve essere presente anche nei due bordi che si uniscono al centro dell’apertura: la battuta dell’anta con la maniglia deve poggiare contro quella dell’altra anta (spesso in questi casi la battuta si ottiene con due listelli fissati alle ante). La geometria e la regola d’arte vorrebbero che dalla parte della serratura i bordi di porta e telaio fossero leggermente bisellati così da garantire il miglior contatto ad anta chiusa e di facilitare il movimento di apertura dell’anta col minimo gioco, ma non lo fanno più nemmeno le industrie. Una porta deve essere perfettamente piana (per potersi adattare al telaio su tutti i lati), esattamente squadrata, robusta, isolante e quanto più leggera possibile per non sollecitare in modo eccessivo le ferramenta cui è affidato il sistema di apertura ed il telaio che le regge. I tipi di porte che un far da sé può realizzare senza problemi sono quelle ad anta, quelle scorrevoli e quelle a paravento.
Tutti i tipi di porte ad anta, tranne quelle “va e vieni”, chiudono contro una battuta praticata nei montanti e nella traversa superiore del telaio; quando le ante sono due, quella con la maniglia poggia su una battuta praticata nell’altra anta; questo riscontro si ottiene con due listelli lungo i bordi verticali.
Il verso La regola d’arte vuole che le porte si aprano verso l’interno dei locali serviti; se la porta è in angolo il senso d’apertura deve dirigere l’anta verso il muro più vicino. La distanza tra i cardini e la parete non dovrebbe essere mai meno di 80 mm perché in caso contrario la sporgenza della maniglia potrebbe far restare lo spigolo dell’anta sotto il telaio impedendone lo smontaggio.
Le porte ad anta Sono appese ai cardini su un lato verticale e non devono toccare terra; fino a 800 mm di luce si fanno con una sola anta. Oltrepassando questa misura è meglio farle con due.
La traversa Nelle porte ad anta il montante di spalla dev’essere largo circa un dodicesimo dell’intera larghezza, mentre quello di mano dev’essere di larghezza tale da consentire l’incasso della serratura scelta; le traverse centrali possono essere larghe solo 30 o 40 mm, ma le altre due devono essere di almeno 60 mm. Nelle porte scorrevoli l’elemento più sollecitato è la traversa superiore che regge tutto il peso, le altre traverse ed i montanti possono essere di soli 30 mm (salvo che si voglia dotare la porta di serratura, caso in cui il relativo montante deve essere di larghezza almeno pari a quella della serratura).
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Porta Piana: La classica porta piana è la più facile da realizzare da un bricoleur anche con attrezzatura ridotta.
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Porta a fodrina: Una porta intelaiata con pannello a fodrina: la traversa inferiore è sempre piuttosto larga.[/one_half_last]
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Porta Inglesina: Oggi si fanno con un vetro unico chiuso fra due griglie ornamentali.[/one_half][one_half_last]
Porta a vetro unico: per una porta a vetro unico il telaio dev’essere molto robusto e antisfondamento.[/one_half_last]
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Porta semivetrata: Non è che una variante della porta con pannello a fodrina. [/one_half][one_half_last]
Anta singola: la porta più comune è quella ad una sola anta, usata fino ad 800 mm di larghezza; qui, coi cardini a destra, l’apertura è destra. [/one_half_last]
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Porta a due ante: quando la “luce”, cioè la larghezza dell’apertura, supera gli 800 mm l’anta unica sarebbe troppo ingombrante e si preferisce dividerla in due. [/one_half][one_half_last]
Porta “va e vieni” tipo saloon, si usa, ad una o due ante, dove c’è frequente passaggio di persone con le mani impegnate che possono aprirla a spinta. [/one_half_last]
Le porte scorrevoli Sono appese ad una rotaia, possono essere a vista o a scomparsa, non toccano terra oppure hanno una guida a pavimento; la larghezza dell’anta dipende dallo spazio disponibile ai lati dell’apertura (dentro o fuori dalla parete)
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Porta scorrevole esterna: La porta scorrevole esterna non ingombra quando viene aperta o chiusa ed è appesa ad una rotaia, opportunamente nascosta da un cassoncino.[/one_half][one_half_last]Porta scorrevole interna: Il pur minimo ingombro della porta scorrevole può azzerarsi (in sede di muratura) inserendo la rotaia nello spessore del muro divisorio.[/one_half_last]
Le porte a paravento
Hanno un’anta appesa a cardini fissati al telaio e le altre incardinate alla prima e guidate, sempre in alto e talora anche in basso, da una rotaia e non hanno particolari limitazioni di larghezza. Il diverso tipo di aggancio crea sollecitazioni diverse al corpo dell’anta e determina diverse soluzioni costruttive.
Porta a paravento: la porta a paravento può essere costituita da un gran numero di elementi ed è perciò la più adatta a chiudere aperture molto larghe.
Il montante di spalla Nelle porte a paravento, costituite da elementi lunghi e stretti, diamo una maggior larghezza al montante di spalla della prima anta, incardinata al telaio, ed alle traverse superiori delle altre che vi si piegano contro e che reggono i perni di guida. Oltre che per il tipo di apertura le porte si distinguono per aspetto e per tecnica costruttiva in piane ed intelaiate. Le prime sono quelle in cui la superficie della porta si presenta come un piano uniforme e continuo, al più arricchito ed otticamente alleggerito da profilature o modanature applicate, sul quale spicca solo la maniglia. Le altre, invece, si presentano con un telaio di nervature verticali ed orizzontali fra cui si inseriscono specchi di vario tipo: a fodrina, a vetro, piani, a stecche (tipo persiana) e mille altre soluzioni.
Porta a soffietto vetrato e cieco: Molto simile alla porta che abbiamo chiamato a paravento, la porta a soffietto è solitamente realizzata in resina sintetica (PVC) e composta di stretti pannellini (sui 120 mm), rigidi e collegati tra loro da cerniere. Può essere a chiusura laterale, bilaterale o centrale; i pannellini possono essere aperti da piccoli vetri in materiale plastico o essere ciechi.
Serramenti prefiniti La fabbricazione dei serramenti è oggi una branca altamente specializzata dell’industria del legno ed offre, a chi voglia rinnovare le vecchie porte e finestre (o, aperto un nuovo buco in un muro esterno o in un divisorio, voglia montarvi una finestra o una porta) e non abbia né la possibilità né il tempo di farsele con le proprie mani, una vastissima gamma di prodotti di ottima qualità, finiti o (nei più grandi magazzini di semilavorati) da finire.
Misure standardizzate
I prodotti finiti, porte o finestre che siano, vengono venduti di solito completi di telaio, ante, coprifilo, cerniere e serratura ma senza vetri e maniglie, da montare a cura ed a scelta dell’acquirente. Le misure sono ovviamente standardizzate in base a quelle usate in edilizia, da cui dipendono anche le misure dei falsi telai, per cui tutte le porte sono alte (telaio compreso) 214 cm e larghe 680, 780, 880 mm, quando sono ad una sola anta, 1320 e 1520 se a due ante. Molto più vari, naturalmente, gli standard per le finestre: ne esistono centinaia di modelli, dal finestrino tipo cantina di 450×400 mm, alla porta finestra a quattro ante di 2250×2400 mm, squadrate, ad arco, con sopraluce, ad anta (da 1 a 4), scorrevoli, a vasistas, a ribalta, ad oblò ecc. La lavorazione automatizzata dei serramenti richiede che il materiale sia sì legno, ma privo di quei difetti che solo l’esperta mano dell’artigiano è in grado di compensare in fase di realizzazione, per cui porte e finestre industriali sono costruite con legni perfettamente stagionati, molto spesso di origine esotica come il Noce tanganika, l’Iroko, il Meranti, il Douglas, l’Hemlock, con lavorazione lamellare che elimina imbarcature e svergolature.
Finitura ad alluminio rivestito: l’esterno è quello di un pesante portoncino in legno in stile classico che ben completa l’ingresso in una sontuosa casa di campagna. L’interno è invece all’insegna dell’innovazione tecnologica: alluminio, leggero come materiale, ma opportunamente rinforzato per renderlo resistentissimo, rivestito di legno e smaltato.
Finitura a poliestere L’industria fa pure largo ricorso all’MDF e alla masonite temperata, usati soprattutto nelle specchiature, nelle profilature dei bordi e nel rivestimento delle porte piane. Sempre legata all’esigenza di elevata produttività è la finitura che nella maggior parte dei casi è a poliestere, trasparente sulle essenze più nobili (noce, rovere, castagno o legni esotici), colorato in una vastissima gamma di tinte su tutte le porte piane e comunque dove si è fatto ricorso ai materiali ricomposti. Dalla natura dei materiali, dalle misure del serramento, dalla più o meno elaborata lavorazione dipendono ovviamente anche i prezzi dei vari modelli.
Impariamo a costruire una casetta attrezzi per il giardino per custodire gli arredi da giardino divisi dalle attrezzature
Nella casa delle vacanze una casetta attrezzi ci voleva proprio e il posto ideale per la sua installazione era adiacente all’orto; il terreno in pendenza ha richiesto un parziale sbancamento per livellare l’area su cui realizzare la gettata, prima di iniziare a ragionare sulla costruzione.
La scelta di ridossare la casetta attrezzi fai da te a un muro di contenimento in pietra impone un’attenzione particolare nell’impedire infiltrazioni d’acqua e possibile ristagno di umidità all’interno: per questo viene concepita una sorta di intercapedine coperta che dà origine a un ripostiglio a forma trapezoidale, in cui custodire attrezzature come ponteggi o scale.
La casetta attrezzi per il giardino costruita dal nostro lettore Rodolfo Rocco occupa una superficie di circa 16 mq con altezza variabile da 2,20 a 3 metri.
Cosa serve per costruire una casetta attrezzi fai da te
Quanto costa realizzare un capanno portattrezzi fai da te
La spesa complessiva è stata di circa 1000 euro. Per arieggiare il locale, sotto lo spiovente del tetto si inseriscono quattro prese d’aria da 850 e 950 mm in sostituzione dell’ultima doga di chiusura della parete, costituite da un telaio chiuso esternamente da una rete protettiva e internamente da una zanzariera; un’ulteriore presa d’aria si inserisce nella parete opposta alla porta del vano più piccolo. La finitura è realizzata con impregnante noce scuro all’interno e vernice poliuretanica all’esterno, per una maggiore durata; viene installato anche un piccolo impianto elettrico con prese di corrente e interruttori, applicando all’esterno e all’interno diversi punti luce comandabili anche dall’abitazione.
Progetto casetta attrezzi fai da te nel dettaglio
Come realizzare lo scavo e il sottofondo della casetta attrezzi
1 – Per contenere il terreno in leggera pendenza si sistemano nello scavo blocchi di cemento armati con barre di ferro, si colma con pietre e con getto di calcestruzzo.
2 – Prima dell’indurimento si sistemano le piastre a U di ancoraggio per i pilastri di lamellare; poco lontana dal muro di contenimento, in corrispondenza del divisorio tra le due stanze, si annega una canalina per l’eventuale raccolta e smaltimento di acque di scolo.
Costruzione passo-passo della casetta attrezzi
1 – I montanti di lamellare 100×120 mm si fissano al sottofondo con piastre e viti, verificando che siano a piombo; su questi si appoggiano le traverse di abete collegandole con piastre piane e angolari a seconda della necessità.
2 – Le travi di copertura vanno in appoggio sulle traverse e anche queste si fissano con robuste piastre angolari e viti; dal lato del muro si utilizzano staffe di ferro avvitate alle travi e annegate nella muratura con malta.
3 – Il tavolato è in assi d’abete recuperate da bancali e perline. Le assi sono spesse 18 mm e sono avvitate direttamente alle travi sottostanti. La linea di collegamento tra questo e il muro si riveste con strisce di guaina catramata per evitare infiltrazioni d’acqua.
4 – La copertura è in tegole canadesi a lastre di circa un metro, fissate al tavolato con chiodi corti a testa larga. Il canale di gronda è sostenuto dalle apposite staffe (cicogne) e chiuso alle estremità con lamierini incollati con silicone; il tubo di discesa resta in prossimità di una di esse e ha una rete superiore per non far entrare le foglie.
5 – 6 Le lastre vanno poi riscaldate con il cannello a gas quanto basta a realizzare l’incollaggio con l’aiuto di un listello di legno, in modo uniforme e senza insistere troppo con il calore. Le tegole, lungo la travatura, vanno lasciate sporgere di qualche centimetro; ciò che cresce va rifilato con un taglierino. Nel lato ridossato si lasciano lunghe in modo da ricoprire in parte la sommità del muro.
Come realizzare le pensili sfalsate
1 – I contrafforti si ottengono da assi di pino; un taglio inclinato sulla base d’appoggio che va avvitata alla parete conferisce la giusta pendenza. I contrafforti sono collegati da traverse di abete, una fissata con viti alla parete sopra il vano porta e incastrata in essi mediante uno scasso, l’altra unita tramite piastrine angolari.
2 – Fissato il tavolato con chiodi, si sigilla la giunzione tra questo e la parete con un cordoncino di silicone prima di posare le tegole canadesi.
3 – Le estremità dei travetti degli spioventi si sagomano con il seghetto alternativo.
4 – La pensilina più alta segue lo stesso metodo, con la particolarità di scaricare parzialmente il peso su quella inferiore, cui si unisce tramite un supporto sagomato. Il contrafforte adiacente al muro di contenimento è fissato a questo con tasselli e alla parete con piastre angolari.
Realizzare le pareti e le porte
1 – La chiusura esterna è in doghe da 30 mm con incastro maschio-femmina, avvitate ai pilastri; la fila inferiore poggia su un cordolo di mattoncini leggermente inclinati, la cui funzione è proteggere le doghe dai ristagni d’acqua che le farebbero marcire. Un listello di abete da 50×20 mm riveste la giunzione tra doghe e mattoni ed è incollato a questi con silicone. Le teste delle doghe sono mascherate con coprifilo in abete.
2 – La parete divisoria è in doghe da 18 mm e poggia anch’essa su un cordolo di mattoni in prossimità della canalina di scolo.
3 – I telai delle porte sono in travi d’abete da 80×80 mm; per l’assemblaggio vengono usate viti e piastre che consentono la giunzione con l’architrave e il fissaggio a pavimento. Un’analoga trave d’abete ancorata con tasselli al muro di contenimento funge da supporto per il fissaggio delle doghe con il telaio della porta adiacente. La porta grande misura 200×900 mm, è fatta con doghe da 30 mm rinforzate da tavole disposte a croce; il triangolo superiore incorpora tre finestrelle di forma trapezoidale, realizzate sulla base di una dima di cartone. Completano il lavoro due pensiline sfalsate in altezza.
Tutorial passo-passo per costruire una dispensa fai da te
Una dispensa fai da te capiente e utile, provvista di accorgimenti come gli sportelli ventilati, che la rendono adatta a contenere anche secchi e stracci umidi, può avere una veste elegante e quindi poter essere collocata dappertutto, anche in un ingresso. La ricchezza di cassetti di varie dimensioni consente di riporre in ordine quegli oggetti di uso comune, che occorre trovare al primo tentativo.
La finitura della dispensa fai da te in legno naturale mordenzato e poi lucidato a cera o a vernice, ci obbliga a lavorare con precisione, perché non possiamo permetterci di stuccare le zone imperfette.
L’attrezzatura
La tecnica di realizzazione fa parte della falegnameria classica, perciò occorre lavorare con pazienza e con un’attrezzatura adeguata: in mancanza della combinata vanno bene anche la circolare da banco, che ci consente di effettuare tagli perfettamente ortogonali, la troncatrice per intestare le tavole, la pialla per portare i listelli a spessore; ma soprattutto è indispensabile una fresatrice portatile per ottenere modanature, scanalature e fregi.
Per realizzare i telai degli sportelli si fa uso di tenone e mortasa, quindi anche una mortasatrice tornerebbe utile. Unica concessione alla modernità: certi incastri sono sostituiti dalle spine a lamella, o “sogliole”. E’ un sistema con cui si fa prima e meglio, a patto di usare l’apposito accessorio per scanalare che si applica alla smerigliatrice angolare.
Per il resto non ci sono scorciatoie: il pannello dell’anta è fatto a fodrina e per ottenerla dobbiamo lavorare di pialletto e di fresatrice con calma e precisione. Il gioco tra il pannello, sagomato a cuneo lungo il perimetro, e la scanalatura del telaio dell’anta, deve essere tale da consentire al pannello di effettuare movimenti di pochi millimetri ma lungo un solo piano; proprio per consentire questi minimi movimenti, dovuti alla dilatazione del legno, non dobbiamo incollare la fodrina al telaio.
Cosa serve per costruire una dispensa fai da te (numeri riferiti alle misure dei materiali riportate)
La struttura della dispensa fai da te Come in ogni armadio classico abbiamo una base formata da zoccolo di appoggio e ripiano di fondo, su cui si regge il telaio portante realizzato in listelli; il fronte dello zoccolo ha una modanatura che otteniamo con il seghetto alternativo.
Il telaio è chiuso sulla sommità da un pannello ed una doppia serie di listelli sovrapposti e sporgenti, opportunamente fresati, costituisce il fregio. I montanti del telaio sono collegati alla base e al cappello con le giunzioni a sogliola.
Una soluzione interessante, che semplifica la struttura e la irrobustisce, è che le pareti laterali ed il diaframma interno fanno parte della struttura portante: sono fatti con lamellare di massello spesso ben 18 mm e si assemblano in un’unica fase di lavorazione col telaio del fronte.
La costruzione della dispensa fai da te Poniamo sul piano di lavoro il pannello laterale destro e il diaframma interno, affiancati: in questo modo tracciamo in contemporanea la posizione dei sette ripiani interni e la posizione delle scanalature in cui inserire i lamello che reggono i ripiani stessi. I telai dei ripiani si assemblano a parte; sul fronte presentano una scanalatura a L per il montante centrale.
Due listelli laterali fanno parte del telaio di ogni ripiano e servono ai cassetti come guida di scorrimento laterale; il fronte dei cassetti è sprovvisto di battuta e chiude a filo del fronte; l’arresto è costituito dal fondo dell’armadio.
Poiché il cassetto chiude a filo, il fronte ha le stesse dimensioni dell’opposto pannello interno; su tutti e quattro i lati pratichiamo una scanalatura larga 5 mm e profonda 10 mm, a 10 mm dal bordo inferiore in cui inseriamo il fondo del cassetto; possiamo praticare la scanalatura con la fresatrice dotata di fresa cilindrica, o con due passate affiancate di circolare da banco.
Per finire il mobile in tinta naturale si stende una mano di mordente ad acqua della tonalità voluta; a superficie asciutta si carteggia con grana 120, quindi si stende una mano di turapori; ne esistono tipi in soluzione acquosa, per niente tossici e quasi inodori; si carteggia con grana 240 e 300.
Per finire a cera, stendiamo con un pennello uno strato di cera tiepida sciolta in trementina; quando il prodotto è assorbito, stendiamo con un panno la cera solida, eliminiamo quella in eccesso e lucidiamo a mano o con il platorello di lana sulla levigatrice rotorbitale. Se desideriamo una superficie più protetta dopo il turapori stendiamo da una a quattro mani di vernice semilucida a finire, carteggiando tra una mano e l’altra con grana 400.
il telaio dello sportello della dispensa fai da te è separato da tre traverse in due zone; in quella inferiore una scanalatura al centro di tutto il perimetro interno accoglie la fodrina, in quella superiore una battuta riceve la griglia metallica.
se decidiamo di impiallacciare l’esterno della dispensa fai da te, usiamo per
i telai degli sportelli strisce di piallaccio termoadesivo, che fissiamo con il ferro da stiro.
le giunzioni a lamelle tra i montanti ed i ripiani vengono incollate; al posto degli strettoi, utilizziamo viti autofilettanti che tengono le giunzioni serrate durante la presa della colla.
con lo stesso sistema colleghiamo la struttura portante allo zoccolo di base della dispensa fai da te.
tutti i componenti del telaio si incollano in un’unica fase: dopo avere steso la colla nei punti di contatto e avere controllato con la squadra la posizione dei pezzi, serriamo il tutto con almeno quattro strettoi a cinghia; in alternativa, si usano cordicelle annodate e messe in tensione da cunei di legno.
I cassetti della dispensa fai da te
con la fresa pratichiamo nei pezzi le scanalature cieche che accolgono le lamelle e quelle a tutta lunghezza dove si inserisce il pannello di fondo.
tutti i componenti della dispensa fai da te si assemblano con colla, serrandoli tra strettoi con ganasce in legno per non rovinare la superficie del cassetto. La lunghezza delle fiancate deve essere sufficiente perché il cassetto chiuso tocchi il pannello di fondo, che serve da arresto.
Fregio in testa
Il fregio della dispensa fai da te è formato da tre strati di listelli sovrapposti e sporgenti uno rispetto all’altro, tagliati alle estremità a 45° e con il profilo sagomato mediante la fresatrice. Per ottenere i profili occorrono almeno due tipi di fresa: una a mezzo toro concavo, l’altra a mezzo toro convesso.
il telaio con chiusura grigliata ha sul profilo interno una battuta da 10×10 mm, che otteniamo con la fresa cilindrica prima di tagliare i listelli a 45°; dopo avere inserito la griglia metallica, applichiamo con chiodini a spillo dei listelli sagomati a quarto di tondo per bloccare la griglia.
tutta la ferramenta della dispensa fai da te viene applicata con viti autofilettanti; le bande delle cerniere sono inserite a filo del legno praticando delle scanalature con lo scalpello. L
entrambi gli sportelli della dispensa fai da te, provvisti di griglia in acciaio o ottone stampato e forato, consentono l’aerazione del vano, adatto quindi a contenere oggetti umidi o sostanze infiammabili e volatili.i numerosi cassetti della dispensa fai da te, di diverse grandezze, consentono di suddividere gli oggetti in modo razionale.
La nostra bellissima dispensa fai da te è pronta ad essere utilizzata!
La Einhell Germany AG con sede a Landau an der Isar, sviluppa e commercializza per i consumatori e gli artigiani, soluzioni per la casa, il giardino e il tempo libero, in quanto è uno dei maggiori fornitori leader nel mondo. Da oltre 50 anni Einhell, in più di 40 paesi, è un partner competente nel campo degli utensili elettrici portatili, utensili e macchine stazionarie, così come articoli per giardinaggio e pompe per acqua. Einhell impiega circa 1.600 persone in tutto il mondo. Il fatturato del gruppo è pari a circa 552 milioni di euro.
Sotto lo slogan “Einhell BEN FATTO”, la Einhell Germany AG è sempre stata un pioniere nello sviluppo dei prodotti e nella tecnologia innovativa in grado di impressionare con un eccezionale rapporto prezzo-prestazioni.
Oltre al rafforzamento del suo slogan “marchio di qualità al miglior prezzo”, Einhell dedica particolare attenzione alla Società e alla sua crescita globale.
I pannelli di sughero sono caldi e piacevoli, ecco come applicarli correttamente
Caldo e piacevole alla vista, i pannelli di sughero entrano a pieno titolo tra i materiali da rivestimento; con pannelli di sughero possiamo creare un angolo “divertimenti”: la scelta di questo materiale è dettata anche dalla sua facilità di montaggio. I pannelli di sughero si trovano in forme e dimensioni differenti nei centri bricolage, noi utilizziamo i fogli da 70×40 cm che permettono di rivestire rapidamente una porzione di parete.
L’intervento fai da te consiste nello stendere l’adesivo specifico per rivestimenti sulla parete utilizzando la spatola da tappezziere che, con le sue dentellature, permette di stendere la colla in modo uniforme ed impedisce la formazione di bolle d’aria.
Lavoriamo zone di parete non superiori ad un metro quadrato per volta in modo da non far seccare la colla prima dell’applicazione del rivestimento in sughero. Le zone che presentano sporgenze vengono ricoperte con fogli tagliati preventivamente a misura con il cutter. Per completare il rivestimento applichiamo un bordo decorativo adesivo tra il sughero e la zona di parete tinteggiata.
Guarda il video dell’applicazione dei pannelli di sughero
Come posare i pannelli di sughero
Depositiamo un piccolo quantitativo di adesivo sulla spatola da tappezziere evitando colature.
Stendiamo la colla sulla parete agendo con la spatola con ampi movimenti.
Applichiamo a parete i fogli del rivestimento in sughero facendoli combaciare tra loro. Esercitiamo su di essi una certa pressione con le mani per qualche secondo, in modo che la colla possa fare buona presa.
Tagliamo a misura i fogli che vanno a coprire le zone d’angolo della parete. Utilizziamo un cutter per questa operazione.
Allo stesso modo, se nella parete vi sono sporgenze, misuriamo e tagliamo a misura il sughero.
A rivestimento completato possiamo coprire lo scalino formatosi tra i fogli di sughero e la parete con l’applicazione di un bordo decorativo adesivo.
UTENSILI
Spatola, riga, cutter
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COSA COMPRI? Pannello in sughero biondo italiano, la confezione da 3cm di spessore contiene 10 pannelli cm 100x50 per 5mq di superficie
A COSA SERVE? Puoi fare l'isolamento termico e acustico di: tetto e sottotetto, pareti e pavimenti. Con il pannello di sughero puoi realizzare il cappotto termico in esterno oppure in interno. Se ami la musica, usa il sughero per migliorare l'acustica degli ambienti di vita e relax.
COME SI USA? Nel tetto sovrapponi due o più strati di pannelli preferibilmente senza interporre listelli in legno. Nelle pareti puoi inserire all'interno delle intercapedini, oppure applicare e rifinire direttamente con adesivo e intonaco di calce.Nei sottotetti puoi sovrapporre due o più strati. Nei sottofondi puoi mettere il sughero e poi finire il pavimento nei modi consueti, oppure con sistemi a secco.
CHE PRODOTTI ACCESSORI SERVONO? Nei tetti metti il sughero tra la Guaina sottoisolamento barriera al vapore e la Guaina antigoccia traspirante. Nei cappotti applica il sughero con Bioart-adesivo/rasante di calce idraulica naturale. Con il pannello di sughero associa sempre prodotti naturali Artimestieri
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Sughero Biondo di Qualità SUPERIORE: Pannelli ricavati dall'utilizzo della polpa di sughero, non provenienti dal recupero della lavorazione secondaria dei tappi per enologia quindi assimilati nella categoria standard la cui resa è modesta. Questi pannelli (100 x 50 x 2 cm) offrono isolamento termico ed acustico eccezionali con soli 2 cm di spessore. Grazie alla loro elevata densità, garantiscono risultati paragonabili a isolanti sintetici 4-5 volte più spessi, ottimizzando lo spazio.
Regolazione naturale dell'umidità per un ambiente salubre: Il sughero è un materiale igroscopicamente attivo unico nel suo genere: assorbe l'umidità in eccesso dalle pareti quando presente e la rilascia gradualmente durante i periodi secchi. Questa capacità naturale e infinita contribuisce a mantenere un ambiente interno salubre, prevenendo la formazione di condensa e migliorando la qualità dell'aria che respiri.
Soluzione definitiva contro la muffa e materiale anallergico e durevole: Questi pannelli in sughero rappresentano una soluzione efficace e duratura contro la formazione di muffa su pareti e soffitti. Essendo un materiale naturale, non provoca allergie, non è attaccabile da insetti e roditori e non marcisce, mantenendo inalterate le sue proprietà isolanti per una durata illimitata. Inoltre, è a bassissimo contenuto di formaldeide, garantendo un ambiente sicuro e privo di sostanze nocive.
Prodotto ecologico e sostenibile: Scegliere i pannelli in sughero biondo significa optare per un materiale ecologico e sostenibile. Il sughero è una risorsa rinnovabile e il processo di produzione avviene nel rispetto dell'ambiente. Contribuirai così a un futuro più verde senza rinunciare a un isolamento performante e di alta qualità per la tua casa.
❗️Non adatto per restare a vista: Questi pannelli sono da rasare in supercifie quindi non indicati per rimanere a vista.
Sughero Biondo di Qualità SUPERIORE: Pannelli ricavati dall'utilizzo della polpa di sughero, non provenienti dal recupero della lavorazione secondaria dei tappi per enologia quindi assimilati nella categoria standard la cui resa è modesta. Questi pannelli (100 x 50 x 2 cm) offrono isolamento termico ed acustico eccezionali con soli 2 cm di spessore. Grazie alla loro elevata densità, garantiscono risultati paragonabili a isolanti sintetici 4-5 volte più spessi, ottimizzando lo spazio.
Regolazione naturale dell'umidità per un ambiente salubre: Il sughero è un materiale igroscopicamente attivo unico nel suo genere: assorbe l'umidità in eccesso dalle pareti quando presente e la rilascia gradualmente durante i periodi secchi. Questa capacità naturale e infinita contribuisce a mantenere un ambiente interno salubre, prevenendo la formazione di condensa e migliorando la qualità dell'aria che respiri.
Soluzione definitiva contro la muffa e materiale anallergico e durevole: Questi pannelli in sughero rappresentano una soluzione efficace e duratura contro la formazione di muffa su pareti e soffitti. Essendo un materiale naturale, non provoca allergie, non è attaccabile da insetti e roditori e non marcisce, mantenendo inalterate le sue proprietà isolanti per una durata illimitata. Inoltre, è a bassissimo contenuto di formaldeide, garantendo un ambiente sicuro e privo di sostanze nocive.
Prodotto ecologico e sostenibile: Scegliere i pannelli in sughero biondo significa optare per un materiale ecologico e sostenibile. Il sughero è una risorsa rinnovabile e il processo di produzione avviene nel rispetto dell'ambiente. Contribuirai così a un futuro più verde senza rinunciare a un isolamento performante e di alta qualità per la tua casa.
❗️Non adatto per restare a vista: Questi pannelli sono da rasare in supercifie quindi non indicati per rimanere a vista.
Le cerniere anuba sono le più utilizzate per i serramenti
Le cerniere anuba sono formate da un corpo cilindrico in due parti, maschio e femmina, e due perni filettati che si inseriscono profondamente nell’anta e nel telaio. Per il montaggio delle cerniere anuba è necessario un trapano con una punta di diametro corrispondente ai perni filettati e bisogna utilizzare una dima calibrata che permette di realizzare in un solo passaggio i fori su anta e telaio con l’esatta corrispondenza delle due parti di cerniera. I due perni filettati penetrano in profondità e assicurano un’eccellente stabilità alla cerniera. Il foro sul montante è inclinato di 85° così da penetrare dove il legno ha uno spessore maggiore.
Cosa serve
Trapano
Punte da legno
Morsetti e sergenti
Dima per anuba
Chiave a forchetta
L’uso dell’apposita dima è necessario perché questo tipo di articolazione ha un margine pressocché nullo per effettuare aggiustamenti a posteriori. Ogni dima è costruita per un determinato tipo di cerniera e le variabili che vengono considerate sono l’interasse tra i perni, i diametri dei cilindri e dei perni.
Installazione su telaio di una finestra
Appoggiamo la dima nell’angolo tra telaio e anta, poi blocchiamola con uno strettoio. Pratichiamo tutti i fori in un unico passaggio così da ottenere l’esatta corrispondenza e interassi precisi.
Sulla parte cilindrica di alcuni tipi di anuba è presente un foro a esagono che permette, inserendo un perno da far ruotare con una chiave, di avvitare la semicerniera senza graffiare il legno.
Molto simili nel funzionamento alle anuba, anche se più facili da montare, sono le cerniere con piastrina di fissaggio; il perno può essere sfilabile facilitando lo smontaggio del serramento.
Installazione sul muro per reggere un’anta
I fori per i cardini devono avere un’inclinazione abbastanza accentuata verso l’interno del muro in modo da non indebolire la spallina. Inseriamo la calza e poi l’ancorante chimico.
Inseriamo la parte filettata del cardine e facciamolo ruotare per impastarlo di ancorante, quindi posizioniamolo in verticale. Verifichiamo la corretta distanza tra cardine e muro.
I cardini devono sporgere dal muro tanto quanto emergono le cerniere dalla superficie dell’anta. In questo modo, quando l’anta è chiusa, la sua superficie esterna si trova a filo del muro.
Cerniere anuba a battuta e incastro
A seconda di come avviene la chiusura dell’anta dobbiamo utilizzare due dime diverse. Se l’anta chiude a battuta (1) le filettature si trovano quasi in squadra, pur mantenendo quella che si inserisce nell’anta una certa inclinazione. Se la chiusura è incassata (2), ovvero l’anta chiude a filo del telaio, la cerniera forma un angolo di circa 45° e la parte filettata attraversa l’anta in prossimità del filo esterno. Nel primo caso, l’articolazione rimane a filo esterno dell’anta molto più che nel secondo.
Quando la maniglia della finestra che aziona la cremonese di chiusura non funziona più correttamente possiamo intervenire con facilità
Sostituire una maniglia non è un’operazione difficile, richiede però precisione e calma, perché a volte l’installazione non è immediata.
Casi differenti
Il sistema di chiusura a cremonese incassata è universalmente utilizzato nelle finestre di ogni tipo. L’invenzione è antica e semplice: un sistema meccanico centrale, con impugnatura a maniglia, aziona due aste che possono fuoriuscire e rientrare in alto e in basso dalla struttura di legno della finestra. Quando fuoriescono si incastrano in appositi fermi e la finestra rimane chiusa.
Una volta le aste erano ferri semitondi e appiattiti montati esternamente, sulle ante delle finestre, mentre oggi corrono all’interno della loro struttura. Il sistema di azionamento, cioè la maniglia e il suo meccanismo, dopo migliaia di aperture e chiusure si deteriora e comincia a funzionare male; bisogna spingere la finestra contro il telaio o forzare perché le aste si blocchino in chiusura o si sblocchino in apertura.
In questo caso, fatto salvo che gli attriti non dipendano da rigonfiamenti del telaio, conviene sostituire il corpo della maniglia con un altro uguale, magari di forma più attuale. La sostituzione è rapida, ma è necessario procurarsi un meccanismo identico a quello da sostituire per non dover ricorrere a dispositivi di adattamento.
Cosa serve per sostituire una maniglia
Per sostituire una maniglia servono quattro viti per bloccare il meccanismo della maniglia all’anta, una guarnizione anulare da interporre tra impugnatura e perno e la vite a grano per bloccare l’impugnatura utilizzando la chiave a brugola. Possono servire anche due adattatori per ancorare il corpo della maniglia ai due ferri della cremonese.
Il disegno
Il disegno evidenzia il sistema di apertura e chiusura con cremonese incassata. Ruotando l’impugnatura della maniglia i nottolini del meccanismo si distanziano (o si avvicinano) spostando le aste incassate che vanno a impegnarsi nei riscontri montati sul telaio della finestra.
Come sostituire una maniglia fai da te
1 Dopo aver asportato la vecchia maniglia ritocchiamo la finitura della finestra con una mano di smalto ed eventualmente inseriamo qualche goccia di olio all’interno del meccanismo incassato della cremonese.
2 Presentiamo la nuova maniglia facendo in modo che i due nottolini delle aste incassate nell’anta entrino nei fori del meccanismo.
3 Fissiamo il meccanismo collocando e avvitando le quattro viti di tenuta.
4 La mascherina si applica sulla parte fissata all’anta e si blocca a scatto.
5 Prima di inserire l’impugnatura sul perno quadro si posiziona la sottile guarnizione anulare.
6 Inseriamo l’impugnatura e avvitiamo la piccola vite laterale a grano che la blocca sull’alberino quadro. Stringiamo la vite con una chiavetta a brugola.
7 Mentre stiamo lavorando attorno al serramento, può essere l’occasione per riempire la fessura che col tempo si è aperta tra muro e telaio. Proteggiamo il legno con nastro maschera e stendiamo il sigillante acrilico.
8 Dopo aver lisciato il cordone di sigillante, con una spatolina o con il dito bagnato, rimuoviamo delicatamente il nastro.
Ecco come costruire un essiccatore solare a flusso orizzontale per disidratare gli alimenti tramite un flusso di aria calda e poterli conservare a lungo senza consumi energetici
Tra tanti lettori che hanno superato gli “anta”, fa piacere annoverare ogni tanto qualche giovane che ci propone una sua realizzazione; Simone Moino ha vent’anni e con ben poca spesa ha costruito un essiccatore solare fai da te ispirandosi ai modelli esistenti in commercio, ma con una variante: l’aria non viene riscaldata da una resistenza, bensì dai raggi solari, tramite un preriscaldatore collegato all’essiccatore solare fai da te per mezzo di un tubo flessibile, tipo quelli per lo scarico dei fumi delle caldaie.
Non solo: la ventola che aspira l’aria e la convoglia all’interno dell’essiccatore solare, nel progetto iniziale alimentata a tensione di rete, può essere collegata a un piccolo pannello fotovoltaico e l’intero procedimento avviene così senza alcun consumo di energia elettrica, in modo completamente sostenibile.
La disidratazione degli alimenti , ovvero l’essiccazione, è un modo per conservare alcuni cibi (funghi, ortaggi, frutta, erbe, carne, pesce) dopo averli affettati; per certi versi è migliore della surgelazione perché quest’ultima comporta l’inevitabile perdita di alcune proprietà nutrizionali.
C’è chi si limita a esporre i prodotti al sole, ma anche così avviene un impoverimento: il modo migliore per essiccare è farlo in un ambiente protetto attraverso un flusso d’aria calda, per diverse ore. Dopo l’essiccazione alcuni prodotti possono essere consumati tal quali, per altri è sufficiente l’idratazione e, se occorre, la successiva cottura.
Misure
Corpo riscaldante a forma trapezoidale: base 60cm, altezza max 36cm, altezza min 11cm, lato inclinato 65 cm, larghezza 45cm, foro uscita aria calda di diametro 8cm.
1 In base alle dimensioni stabilite, i singoli pezzi che devono comporre la struttura dell’essiccatore solare si tracciano su un foglio di compensato in modo da avere meno scarto possibile e si procede al taglio con la sega circolare.
Ti serve una sega circolare? Ecco alcuni consigli per l’acquisto
Sega circolare da banco TC-TS 820 (800 W, lama Ø 200 x Ø 16 x 2.4 mm 20 Z)
Potenza: 800 W S2 10 min
Numero di giri: 2.950/min
Lama: Ø 200 x Ø 16 x 2.4 mm 20 Z
Altezza taglio massima 90°/45°: 43 mm/35 mm
2 I pannelli che compongono la cassa dell’essiccatore solare si possono trattare con impregnante all’acqua prima del montaggio, per proteggerli dal sole e dall’umidità.
Ti serve dell’impregnante all’acqua? Ecco i nostri consigli
3 Sulle due pareti interne che supportano i telai bisogna aprire diverse file di fori affiancati per il passaggio dell’aria, ad altezze corrispondenti a quelle dei telai stessi; si utilizza una sega a tazza montata sul trapano. Tra le file di fori si fissano i listelli di supporto per i telai.
Se hai bisogno di una sega a tazza ecco alcuni consigli
Sega a tazza in nastro d'acciaio indurito per fori su legno, cartongesso e pannelli da costruzione
6 lame a cambio rapido (Ø 25, 32, 40, 45, 54, 65 mm), profondità di taglio 23 mm, per numerosi progetti di lavori interni
Blocco di sicurezza per il fissaggio della sega a tazza sulla piastra di foratura per un'elevata sicurezza durante il lavoro; ideale per attrezzi a batteria con arresto di rotazione rapido
4 Al centro di uno dei due fianchi si apre un foro, sempre con sega a tazza, commisurato per l’inserimento di uno spezzone di tubo di PVC a filo della superficie interna per l’uscita dell’aria.
5 – 6 Lo stesso lavoro si effettua sul fianco opposto e sul lato interno: perfettamente centrata sul foro di aspirazione dell’aria, si monta la ventola con viti inserite dall’esterno e serrate con dadi dall’interno; si pratica a lato di questa un piccolo foro per il passaggio dei fili di alimentazione e, a ridosso di questo, si monta dal lato esterno l’interruttore che comanda la ventola. Da questo si fa uscire un cavo di alimentazione di lunghezza adeguata, con spina elettrica all’estremità opposta.
7 I telai dell’essiccatore fai da te solare sono costituiti da riquadri di rete metallica a maglie abbastanza fitte, tagliati a misura dello spazio tra le pareti traforate e chiusi ai lati tra spezzoni di piattina di alluminio; sia le piattine sia la rete sono attraversate da rivetti inseriti in fori realizzati allo scopo e messi in trazione con l’apposita pinza.
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8 I tre angolari d’alluminio fissati ai fianchi e alla base formano la guida per un pannello di plexiglas che si inserisce dall’alto per chiudere la parte frontale, corredato da una maniglia superiore per poterlo rimuovere facilmente. In questo modo si può tenere sotto controllo l’essiccazione senza dover aprire il contenitore; il coperchio va semplicemente appoggiato su di esso prima di inserire il pannello trasparente.
Caratteristiche dell’essiccatore solare a flusso orizzontale
L’essiccazione solare a flusso orizzontale è migliore di quella a flusso verticale: tutti i telai vengono investiti da aria asciutta e alla stessa temperatura, quindi, a parità di prodotto, tutto ciò che è disposto sui telai dell’essiccatore solare essicca nello stesso tempo. Nel flusso verticale l’aria, salendo dal basso verso l’alto, arriva ai livelli superiori carica dell’umidità sottratta ai primi telai. Inoltre, i prodotti distesi sui telai più in basso formano una sorta di barriera alla risalita dell’aria: se si alza la temperatura, si rischia di bruciacchiare i primi strati, se la temperatura è troppo bassa quelli in alto rischiano di essiccare in tempi più lunghi o ammuffire.
Come si preriscalda l’aria nell’essiccatore solare fai da te
1 La cassa del preriscaldatore per l’aria è anch’essa fatta di compensato, con i fianchi inclinati a 45° per una maggiore captazione dei raggi solari. Nella parte alta della parete posteriore si aprono alcuni fori per l’ingresso dell’aria, mentre in quella anteriore si inserisce uno spezzone di tubo come si è fatto per l’essiccatore, al quale andrà collegato il tubo corrugato di aspirazione.
2 La lastra di alluminio, verniciata di nero per riscaldarsi di più, appoggia al centro su due listelli verticali incollati lungo la mezzeria del fondo e su altri due listellini incollati ai fianchi, paralleli ai lati superiori.
Qualità: alluminio lamiera almg3 (Blank), a norma DIN EN 573 – 3, aw5754 H22
Uso: componenti, riparazione fini, officina, giardino, casa, industria automobilistica, carrozzeria, lamiera carrozzeria lamiera per saldatura, piegare e tagliare.Interfaccia tolleranza: +-1 mm
Rivestimento & produttore: tutti i materiali utilizzati vengono esclusivamente da fornitori riferimento tedesca
Misure fornite: tutte le informazioni in mm Fattore di conversione 10 mm = 1 cm, possiamo tagliare su richiesta anche altre dimensioni a
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3 Quattro cubetti di legno tagliati da listelli e incollati agli angoli, dopo averne bisellato la faccia superiore, formano il supporto per la lastra di plexiglas che incrementa ulteriormente la temperatura all’interno del preriscaldatore. Se non sai tagliare il plexiglas leggi la nostra guida dedicata.
4 Agli angoli della lastra si praticano quattro piccoli fori, facendo attenzione a non provocare rotture, attraverso i quali si inseriscono le viti autofilettanti che fanno presa nei cubetti di legno, senza serrare eccessivamente.
5 Il preriscaldatore va esposto ai raggi solari un po’ di tempo prima di iniziare l’essiccazione, posizionandolo con l’inclinazione in linea con il percorso del sole; riteniamo che sia preferibile chiudere temporaneamente sia il tubo di aspirazione sia i fori posteriori di presa dell’aria, per mantenere all’interno il calore fino al momento dell’accensione dell’essiccatore.
6 Il tubo di alluminio deve calzare perfettamente sugli spezzoni di tubo di PVC per evitare dispersioni: un altro consiglio che ci sentiamo di dare al nostro giovane e intraprendente lettore è di verniciarlo di nero e di esporre anch’esso ai raggi solari in anticipo, inserendolo sul tubo di uscita del preriscaldatore e tappandolo all’estremità opposta. In questo modo accumulerà calore e potrà funzionare come “serbatoio”, evitando che l’aria perda una parte di calore durante il percorso.
La manutenzione del rubinetto a monocomando si impone quando questo non chiude più bene o vi sono altri segni di malfunzionamento
L’intervento consiste nell’estrarre la cartuccia interna e, se questa è intasata da corpi estranei, eseguire una pulizia accurata di tutte le parti che vengono a contatto con l’acqua, per eliminare ogni particella di calcare o di sabbia.
In alcuni modelli la manopola si smonta allentando la vite a brugola quasi sempre alloggiata sotto la manopola (o sul retro). Si estrae la “cartuccia” e si pulisce l’interno con uno straccio. Se vi sono tracce di calcare si versa un liquido anticalcare e lo si lascia agire per almeno un‘ora, prima di rimontare il tutto e far scorrere abbondante acqua calda per controllare se il problema è risolto. Se il danno è maggiore occorre sostituire la cartuccia con una compatibile.
La grande varietà di rubinetti a monocomando si riflette sulla gamma di cartucce disponibili. Conviene sempre portarsi dietro la cartuccia e indicare la marca del rubinetto quando ne comperiamo una nuova.
COSA SERVE
Cacciaviti
Liquido o spray anticalcare
Nuova cartuccia monocomando
Chiave a brugola
La leva superiore aziona una cartuccia in ceramica che apre e chiude l’afflusso dell’acqua. Inoltre miscela, a seconda della rotazione orizzontale, l’acqua calda con quella fredda.
TUTTI I PASSAGGI
Sollevata la manopola, allentiamo la vite (in genere con chiave a brugola) posta nella parte inferiore; in alcuni modelli è coperta da una mascherina che va rimossa facendo leva con un piccolo cacciavite.
La manopola può essere asportata scoprendo la cuffia di rotazione sottostante e separandola dall’incastro. Manteniamo in ordine i vari pezzi per averli a portata di mano durante il riassemblaggio.
Svitiamo delicatamente la cuffia e raggiungiamo il vano in cui è alloggiata la cartuccia miscelatrice. Già da una prima osservazione possiamo verificare la presenza o meno di residui calcarei.
La cartuccia può essere fissata con viti al corpo del rubinetto. Per liberarla allentiamo e togliamo le viti. Non esercitiamo troppa forza per non danneggiare il rubinetto (utilizziamo uno spray sbloccante).
Estraiamo la cartuccia e verifichiamo lo stato di usura dei dischi superiore e inferiore. Anche in questo caso lavoriamo delicatamente per non forzare eccessivamente il rubinetto.
Spesso basta pulire con un anticalcare e rimontare la cartuccia, in caso contrario dobbiamo sostituirla con una nuova procedendo in ordine inverso rispetto alla sequenza dello smontaggio.