Un attrezzo utile in laboratorio o in garage, per avere a portata di mano tutto il necessario, utensili e materiali di consumo, quando si effettuano lavori di costruzione, riparazione o manutenzione. I pregi di questo carrello porta attrezzi fai da te sono la visibilità di tutti i ripiani, la loro accessibilità immediata, la maneggevolezza negli spostamenti che consente di averlo sempre vicino
Senza nulla togliere all’utilità dei classici carrelli da garage e laboratorio, fatti di metallo, nei cassetti dei quali si raccolgono ordinatamente le serie di chiavi, bussole, pinze, strettoi ecc, ne proponiamo una versione particolare per forma e modalità di utilizzo, un carrello porta attrezzi fai da te che si pone come anello di congiunzione fra il carrello da officina e la semplice borsa degli attrezzi.
L’esigenza è quella di avere una mobilità che si avvicini a quella di una borsa, con una capienza che si avvicini a quella di un carrello più strutturato. Abbiamo detto “si avvicini” perché ovviamente in entrambi i parametri non si raggiungono i livelli della borsa e del carrello “serio”, ma c’è un terza peculiarità per cui la soluzione proposta è impareggiabile: l’immediatezza di fruizione di tutto ciò che vi viene messo. Sì, perché la disponibilità di cinque ripiani aperti, su cui distribuire con un certo ordine non solo le attrezzature che servono, ma anche i materiali di consumo, è un vantaggio enorme che permette di procedere nel lavoro con la massima comodità.
Anche se ci si deve spostare di qualche metro nel laboratorio o nel garage, ci si può tenere a fianco il carrello porta attrezzi fai da te, che si muove docilmente sulle ruote pivotanti di generose dimensioni (più sono grandi e più il carrello riesce a muoversi bene anche sui fondi più accidentati).
Quando si affronta un nuovo progetto, si raccoglie tutto ciò che serve sul carrello e se a sera non si è concluso il lavoro, si lascia tutto lì, a disposizione, per continuare il giorno dopo, spostandolo soltanto in un punto in cui non sia d’ingombro. L’unico vassoio amovibile dà modo di portare via un set base di attrezzi, per qualsiasi altra evenienza.
Costruzione rapida ed essenziale
Tanto è immediato e naturale l’utilizzo del carrello porta attrezzi fai da te, tanto è veloce e basica la sua costruzione. Si costruiscono prima i 5 vassoi, quasi in serie visto che la procedura è la stessa e le misure cambiano, ma solo in parte. La larghezza e l’altezza, infatti, sono le medesime per ognuno, tranne l’eccezione del vassoio centrale che, essendo amovibile, deve essere 5 mm più stretto degli altri per metterlo e toglierlo senza fatica.
Di fatto si acquista o taglia una serie di listelli di abete larghi 70 mm circa, spessi più o meno 20 mm per una lunghezza complessiva di quasi 16 metri, sufficiente a ricavare tutte le sponde dei vassoi, più i 4 montanti (A) e le 2 bretelle (J). Da questi si tagliano gli 8 pezzi B, poi 2 pezzi C, le 5 coppie (D, E, F, G, H) di lunghezza decrescente, i 4 montanti A, con taglio inclinato alla base e sagomatura all’apice, infine i due pezzi J. Si preparano i pannelli di fondo dei vassoi usando compensato da 6 mm di spessore, con misure 600×500, 500×500, 400×495, 300×500, 210×500 mm.
Il pezzo K è il divisorio del vassoio centrale con un rilievo asolato nel mezzo a mo’ di impugnatura. I vassoi si uniscono alla struttura portante, irrobustita con le due bretelle J alla base; sotto queste si fissano 4 rotelle pivotanti, che consentono il facile movimento del carrello e la rotazione su sé stesso.
A – montanti, 70x20x1120 mm
B – frontali vassoi fissi, 70x20x500 mm
C – frontali vassoio rimovibile, 70x20x495 mm
D – lati vassoio, 70x20x560 mm
E – lati vassoio, 70x20x460 mm
F – lati vassoio, 70x20x360 mm
G – lati vassoio, 70x20x260 mm
H – lati vassoio, 70x20x170 mm
J – bretelle, 70x20x500 mm
K – divisorio vassoio centrale, 90x20x455 mm
L – fondo vassoio, 500×600 mm
M – fondo vassoio, 500×500 mm
N – fondo vassoio, 500×400 mm
P – fondo vassoio, 500×300 mm
Q – fondo vassoio, 500×210 mm
R – spine di legno Ø 18 x 25 mm
Facile da movimentare e versatile
Anche se carico di attrezzi, le ruote pivotanti permettono al carrello porta attrezzi fai da te di scorrere agevolmente su pavimenti lisci e non.Per superare eventuali ostacoli si può inclinare l’intero carrello porta attrezzi fai da te che, per merito della forma con ingombri decrescenti verso l’alto, mantiene il baricentro nella sagoma e non ha tendenza al ribaltamento.Comodissimo il ripiano amovibile, in cui si possono raggruppare gli attrezzi più comunemente utilizzati, per poterli portare tutti insieme in una volta.
I passi principali del montaggio del carrello porta attrezzi fai da te
Realizzare la struttura del carrello porta attrezzi fai da te
Posizioniamo due montanti A in modo da formare un triangolo isoscele al quale mettiamo come base il listello D, nella posizione (a) in cui i suoi spigoli inferiori toccano le facce esterne dei montanti; poi, mettendo due piccoli pezzi di scarto (b) spessi 20 mm come i pezzi J, tracciamo le linee lungo le quali troncare i montanti.
Allestire i vassoi
Allestiamo i vassoi unendo i frontalini in sormonto ai fianchi, applicando colla vinilica e due viti per ogni giunzione. In questi fissaggi usiamo viti a filettatura parziale, con sezione 4,0×50 mm di lunghezza.
Chiudere il fondo dei vassoi
Il fondo dei vassoi lo fissiamo con colla vinilica e piantando una serie serrata di chiodi ad aderenza migliorata da 2,1×30 mm.
Fissare i vassoi ai montanti
Colorati i montanti e prese con attenzione le misure per posizionare i vassoi correttamente, li fissiamo con due viti 4,0×35 mm avvitate su ogni montante del carrello porta attrezzi fai da te.
Predisporre per l’appoggio del vassoio centrale
Per l’appoggio del vassoio centrale sulle spine di legno facciamo le 4 sedi con una mecchia di misura corrispondente (18 mm). Realizzare solo metà foro è semplice se mettiamo un pezzo di scarto tenuto bene con un sergente contro il vassoio.
Applicare le viti pivotanti
Le ruote pivotanti hanno piastre asolate per il fissaggio; le applichiamo con viti da 4,0×25 mm, in modo che non spuntino dal fondo dei vassoi.
Ha la struttura di un sole con dodici raggi questo orologio da parete fai da te che può ben figurare nella cameretta di un giovane o in un ambiente rustico; è rifinito con vernice trasparente ma potrebbe essere vivacizzato con l’utilizzo di colori brillanti
Dal grande disco centrale, forato per il passaggio delle lancette e che ospita sul retro il meccanismo al quarzo, si dipartono con disposizione a raggiera dodici tondini: hanno diametro 12 mm e vengono ricavati da una stecca lunga un metro. Ogni tondino è lungo 80 mm, 15 dei quali sprofondati nel disco centrale e 5 nei dischetti periferici: ne restano 60 a vista. In testa a questi dodici tondini sono fissati con colla vinilica altrettanti dischetti, ricavati dal bastone di una vecchia riloga tagliandolo a fette spesse 20 mm. Questi dischetti, prima della verniciatura a flatting finale, vengono mordenzati con una tinta leggermente più scura, così che contrastino con l’intera struttura dell’orologio da parete fai da te, e su di essi vengono posizionati i numeri adesivi delle ore su base trasparente.
Di grande leggibilità, anche a distanza, l’orologio da parete fai da te viene completato con un’attaccaglia per appenderlo al muro; le lavorazioni sul retro sono eseguite con precisione in modo che il disco appoggi ben piatto sulla parete senza rilievi che potrebbero pregiudicarne la stabilità.
Realizzazione dell’orologio da parete fai da te: disco e dischetti al tornio
Il disco centrale ha uno spessore di 30 mm e un diametro di 120 mm che viene raggiunto lavorando al tornio un pezzo di legno di recupero.
Due spezzoni di riloga lunghi 250 mm vengono portati al diametro di 30 mm asportando la parte verniciata esterna.
Ogni spezzone viene diviso nei sei dischetti su cui verranno apposte le ore, sempre con diametro 30 mm e spessore 20 mm.
Ogni dischetto viene rifinito anche sulle facce al tornio.
Venticinque fori per unire le parti
I dischetti su cui andranno incollati i numeri delle ore devono essere forati assialmente uno per uno; si bloccano saldamente nella morsa e si pratica un foro diametro 12 mm profondo 5 mm.
La stessa operazione si esegue sulla circonferenza del disco centrale dopo averlo diviso con riga e matita nei dodici settori. Individuato il centro del disco si tracciano sei diametri e si segna con la matita dove sfiorano la circonferenza; i dodici fori dovranno essere esattamente centrati su questo segno per una profondità di 15 mm.
Su retro del disco centrale, praticato il foro da 8 mm per il passaggio dell’asse delle lancette, si scava la sede quadrata per il meccanismo dell’orologio da parete fai da te. Si eseguono tanti piccoli fori lungo il perimetro che vengono poi uniti con lavoro di scalpello.
Lo scasso deve essere profondo quanto lo spessore del meccanismo in modo che questo non faccia spessore contro il muro; si rifiniscono i bordi dello scasso con carta vetrata.
Ordinatamente disposti sul tavolo vediamo il disco centrale, i dodici tondini e i dodici dischetti delle ore. Non resta che assemblare il tutto con colla vinilica.
Come appenderlo al muro
Sul retro del disco centrale dell’orologio da parete fai da te, in perfetta corrispondenza con il tondino delle ore 12, si fissa con due viti con taglio a croce una robusta attaccaglia; questa deve essere allineata con la parte fissa al bordo esterno del disco in modo che la parte mobile possa ricadere nello spazio dato dal minore spessore del tondino. Questa è l’ultima operazione da eseguire, poi non resta che rifinire tutta la costruzione con tre mani di flatting per proteggere il legno ed esaltarne le diverse venature; i dischetti delle ore vanno preventivamente mordenzati.
Noi amanti del fai da te conosciamo bene l’importanza di una buona dotazione di utensili manuali con cui affrontare i più svariati lavori di manutenzione, costruzione, riparazione, decorazione ecc. e sappiamo anche che è decisamente meglio optare per soluzioni di qualità, che durino nel tempo, piuttosto che acquistare oggetti di scarso valore e doverli ricomprare più volte.
I nostri laboratori sono spesso fornitissimi, abbiamo soluzioni differenziate per svolgere ogni tipo di lavoro: possiamo saltare con “nonchalance” dal limare un tondino di ferro a predisporre i cablaggi per le nuove batterie al litio del camper; dal lavorare di fino con piccole forbici per divertirsi insieme ai bambini, nelle decorazioni per le feste a riparare la lettiera del gatto.
Tuttavia, questa elevata disponibilità di attrezzatura, frequentemente, porta a un’inevitabile consapevolezza pratica: che non tutti gli strumenti che abbiamo in officina sono necessari, o meglio, lo sono solo in determinati frangenti e per certe tipologie di lavoro… ma quante volte un utensile multifuzione avrebbe brillantemente risolto la situazione senza porci il problema logistico di organizzare una cassetta degli attrezzi da trasportare? Se ci pensiamo attentamente la risposta è certa: innumerevoli.
Ecco perché un attrezzo multiuso, di alta qualità, è senza ombra di dubbio un oggetto imprescindibile nella nostra dotazione. Il suo utilizzo semplificherà gli interventi abituali in casa e laboratorio, perché – sebbene ci voglia tempo ed esperienza per comprenderlo – alleggerire l’equipaggiamento di utensili significa lavorare meglio. Ora, con questa frase non vogliamo intendere che in un viaggio in macchina non dobbiamo portarci la chiave a croce per smontare un eventuale pneumatico forato, ma sottendiamo a un concetto più fine, che è quello di saper commisurare l’essenziale alle problematiche che dobbiamo affrontare.
Nell’immaginario collettivo, quando si parla di utensile multifunzionale, si pensa al classico coltellino svizzero che, a parte il modello originale (bellissimo e utilissimo), non è pensato per eseguire lavori con continuità, ma sostanzialmente per utilizzi di emergenza (tipico, ad esempio, l’uso in campeggio).
Se invece volessimo fare una fotografia dello stato dell’arte in termini di utensili multifuzione pensati per utilizzi continuativi, anche gravosi, praticamente indistruttibili e in grado di svolgere innumerevoli lavori con la medesima efficacia degli strumenti dedicati, allora non potremmo fare altro che parlare di Leatherman.
Utensili multifunzione Leatherman
Leatherman è un’azienda americana che dal 1983 produce strumenti multiuso di altissima qualità, realizzati totalmente in acciaio inossidabile, indistruttibili (molto interessante la storia dell’azienda, che consigliamo di leggere) e che è leader nella produzione di utensili polifunzionali e da tasca e di coltelli di alta qualità.
Sin dal primo modello realizzato – il mitico Pocket Survival Tool (PST) – l’obiettivo dell’azienda è stato quello di realizzare uno strumento in grado di risolvere efficacemente problemi, essere d’aiuto in innumerevoli situazioni e di farlo in modo pratico, ma soprattutto durevole nel tempo.
Pocket Survival Tool (PST)
Oggi gli utensili multiuso Leatherman sono disponibili in svariati modelli, suddivisi in differenti tipologie per destinazione d’uso (essenziali, casa, attività all’aperto, utilizzo professionale) che contengono più o meno attrezzi (sempre ripiegabili all’interno dei manici) e di tipologia differenziata in relazione al modello. Possiamo quindi affermare che esiste sicuramente un modello che fa al caso nostro, ma vediamo ora più in dettaglio alcune applicazioni tipiche di Leatherman.
Cosa si può fare con Leatherman
Disporre di un attrezzo polivalente Leatherman equivale ad avere una cassetta degli attrezzi, sempre a portata di mano, con l’essenziale per effettuare svariate tipologie di intervento.
Utilizzi classici per la casa
Nell’ampio panorama dei possibili utilizzi, un posto privilegiato è occupato dagli interventi “classici” che la gestione della casa giornalmente ci richiede. Ecco qualche utile esempio:
Apertura di una latta di vernice: l’accessorio cacciavite piatto (medio o grande), con cui fare leva sul coperchio, risolve il problema in un attimo.Avvitare/svitare: qualsiasi lavoro di avvitatura e svitatura è facilmente gestibile grazie all’accessorio portapunte in cui inserire i bit (set portapunte venduto separatamente, si tratta di una componente esterna non presente nell’immagine che fornisce un’estensione extra).Tagliare: l’accessorio coltello in acciaio (presente in tutti modelli) permette tagli netti e precisi, mentre la forbice a molla (disponibile in alcuni strumenti multiuso) facilita le operazioni di taglio di carta e cartone. Alcuni modelli dispongono inoltre di accessori come il coltello seghettato e il seghetto per legno.La praticissima lima diamantata permette di eliminare sbavature e affilare utensili.
Utilizzi per decorazione e attività creative
L’utilizzo degli utensili multifunzione Leatherman per attività creative – come ad esempio gli addobbi in vista del Natale (o altra festività) – nobilita ulteriormente la già ampia gamma di destinazioni d’uso. Possiamo realizzare piccole decorazioni, ma anche progetti fai da te importanti con i gli strumenti Leatherman, i cui accessori dedicati sanno rispondere a specifiche esigenze.
Tagliare, stringere, piegare, limare – ma più in generale plasmare qualcosa con le proprie mani – dà ancora più valore a un progetto: c’è chi ama lavorare il legno, chi preferisce il fil di ferro e chi utilizza argilla o altri materiali per realizzare qualcosa di unico, infatti un hobbista unisce svariate tecniche per un solo lavoro.
Per concludere: un attrezzo multiuso di qualità è un fondamentale alleato su cui fare affidamento, che non deve mai mancare nella nostra dotazione di utensili.
UniversalHammer 18V è un martello elettropneumatico contenuto nei pesi e nelle dimensioni, oltre alle funzioni di scalpellatura, foratura con e senza percussione e avvitatura, offre prestazioni di alto livello grazie alla perfetta sinergia fra motore e batteria 18V; il comfort è garantito dalla frizione meccanica e dal disaccoppiamento dell’impugnatura dal motore
Analizziamo un nuovo martello pneumatico a batteria di Bosch che si propone come strumento leggero, ma estremamente efficace, in grado di operare principalmente come tassellatore e scalpellatore, in virtù della potenza del colpo di 2,0 Joule. Oltre al meccanismo percussivo, la performance è data da un motore generoso, capace di sfruttare tutta la potenza della batteria grazie all’elettronica che crea la perfetta sinergia; sempre il controllo elettronico permette all’operatore di gestire con molta progressività il regime di giri, tramite il pulsante di avviamento. Il martello si chiama UniversalHammer 18V, infatti, oltre alla funzione di demolitore e tassellatore, l’utensile è in grado di forare senza percussione e, persino, di avvitare.
Nonostante la leggerezza, lo strumento offre un elevato comfort durante l’utilizzo delle funzioni più impegnative, come la scalpellatura e la foratura con percussione. Il merito è della frizione meccanica e del fatto che l’impugnatura e la testa della macchina sono disaccoppiate, cosa che impedisce la ripercussione dei colpi direttamente sulla mano dell’operatore. Si aggiungono le ampie zone Softgrip e l’impugnatura secondaria, che insieme rendono ottimale il bilanciamento e il controllo dell’utensile. L’impugnatura può essere rapidamente bloccata in tutte le posizioni e porta l’asta regolabile che funge da arresto di profondità quando si fora.
UniversalHammer è disponibile in tre versioni: – solo corpo macchina con un prezzo consigliato al pubblico di euro 134,99; – con una batteria da 2,5 Ah e caricabatteria, al prezzo di euro 199,99; – con due batterie da 2,5 Ah e caricabatteria, al prezzo di euro 239,99.
Studiato per forare…
Il mandrino SDS Plus è l’ideale per la foratura con punte per materiali edili, ma anche per montare scalpelli a punta o piatti per l’azione di martello demolitore.
Il selettore permette di scegliere una delle quattro funzioni dell’UniversalHammer (3): percussione senza rotazione; foratura con percussione; foratura senza percussione; avvitatura.
… pronto a tutto!
Per la funzione di foratura di materiali come legno, metalli e plastiche è disponibile il mandrino da montare sull’attacco SDS Plus (4, 5), utile anche quando si voglia utilizzare l’UniversalHammer come avvitatore. In questo caso si trovano anche speciali portabit che si innestano direttamente nell’attacco SDS Plus.
3 nuovi partner Power For All Alliance
Power For All Alliance è una delle più grandi alleanze fra produttori di utensili cordless finalizzata alla condivisione di un’unica batteria Bosch da 18V. La batteria Bosch è quindi compatibile al 100% con tutti gli utensili da 18V dei marchi Bosch DIY e Home&Garden, di Gardena, Gloria, Wagner, Rapid, Steinel, Flymo, Husqvarna, Kuebler, PerfectPRO. Con questi ultimi tre marchi, i nuovi entrati del 2022 nella Power For All Alliance, il numero delle aziende che fanno parte dell’alleanza è arrivato a 10, ma è destinato a crescere in maniera importante e velocemente nei prossimi anni.
In questo articolo ci concentriamo su tre lavorazioni che hanno lo scopo di modificare la superficie del legno per adattarla a specifiche esigenze: la piallatura, la fresatura e la tornitura.
Iniziamo con la piallatura, una lavorazione protagonista nelle prime fasi di un progetto, passiamo alla fresatura, che per gli utilizzi descritti entra in campo in uno stadio intermedio o avanzato della costruzione; termineremo con la tornitura, lavorazione capace in alcuni casi di supportare da sola un progetto dall’inizio alla fine.
Una caratteristica accomuna queste tre tecniche, il fatto che in tutti i casi si può ottenere una superficie finita, ovvero che non necessita di ulteriori lavorazioni meccaniche. L’unica che può essere svolta anche con utensili manuali è la piallatura, mentre la fresatura e la tornitura sono appannaggio delle strumentazioni elettriche.
Piallatura
L’azione è quella di rimuovere un sottile strato di materiale (1-2 millimetri a passata) dalla superficie del legno allo scopo di rendere rettilineo e piano il pezzo oppure di assottigliarlo o, ancora, perfezionarlo rendendolo più gradevole al tatto. In tutti i casi si agisce con l’intento di rendere o mantenere la faccia lavorata piatta e regolare. Ciò in cui la piallatura differisce rispetto alla levigatura, oltre alle modalità di erosione del legno che sono molto diverse, sta nel fatto che nella levigatura non c’è una specifica direzione di lavoro e tutto si svolge in un movimento libero, mentre nella piallatura c’è una precisa direzione, specialmente nella lunghezza del pezzo, e il lavoro si svolge in funzione di ciò che si incontra in quella direzione. Questo permette di rettificare, rendendoli lineari, pezzi lunghi anche alcuni metri.
Come lavora
La pialla a mano lavora il legno tramite una lama che sporge inferiormente sotto la base d’appoggio; lo stesso avviene in quella elettrica, anche se in questo caso le lame ruotano attorno a un tamburo. In tutti i casi, la sporgenza della lama sotto la piastra determina l’entità di asportazione di materiale, che solitamente va da 0 a un massimo di 3 mm, misura che non conviene mai impostare (già 2 mm sono tantissimi, nella maggior parte dei casi, persino troppi).
Oltre alla sporgenza al di sotto, la lama di una pialla (sia manuale sia elettrica) ha una certa larghezza che determina, ovviamente, anche la larghezza massima dell’azione. In alcuni casi la larghezza della lama supera quella del pezzo, per esempio quando si deve togliere qualche millimetro dal bordo inferiore di una porta, ma in tanti altri non è sufficiente, per esempio quando si pialla la superficie di un tavolo. In questa evenienza, si devono fare più passate parallele o quasi.
Scopo della piallatura
La piallatura nasce come esigenza di regolarizzare le superfici del legno grezzo. Quando presso un centro fai da te comperiamo il legno, in particolare travetti e listelli, di solito ci viene proposto in forma più grezza oppure piallato. La differenza è evidente: il primo ha una superficie scabra e porta i segni di una preparazione basica, mentre il secondo si presenta liscio al tatto e con spigoli netti. Ovviamente quest’ultimo è più costoso, ma ha misure di sezione più precise e, se scelti bene i singoli pezzi, ci permette di poter affrontare immediatamente una costruzione, senza ulteriori lavorazioni preparatorie.
Tuttavia, non sempre si pialla per perfezionare legno grezzo o per portarlo a misura utile; per esempio, si fa anche per regolarizzare una superficie già composta da tavole o listelli non perfettamente allineati o imbarcatasi leggermente; oppure per bisellare i travetti di una palizzata, il corrimano di una ringhiera o qualsiasi manufatto i cui spigoli risultino troppo “vivi” al tatto, quindi vadano smussati.
Piallare a mano
A parte la regola ferrea, da fare propria in tutte le lavorazioni del legno, che impone di utilizzare sempre utensili in perfetto stato e affilati al meglio, va detto che nel caso della pialla è necessario anche un po’ di apprendistato per effettuare la corretta regolazione dell’altezza di lavoro. A parte la procedura, non bisogna mai strafare, cercando di impostare valori di rimozione importanti: meglio togliere un velo di materiale e fare più passate. La larghezza di lavoro non sufficiente a coprire la larghezza del pezzo, rende difficile ai neofiti fare piallature in cui non si vedano i segni delle passate; talvolta capita anche che si vedano incisioni del punto d’attacco (non si fa mai una passata unica da cima a fondo con la pialla a mano).
La lavorazione richiede molta manualità, ma le difficoltà si risolvono in breve tempo, se si hanno frequenti occasioni di eseguire piallature. Tanti sono i trucchi per semplificare le operazioni: per esempio, per piallare un bordo molto sottile e riuscire a eseguire le passate a 90°.
Piallare con le macchine
Con i pialletti elettrici bisogna sempre mantenere l’appoggio corretto delle piastre altrimenti può succedere che il tamburo riesca per un attimo a “mangiare” più di quello che deve, lasciando un avvallamento. Per squadrare una tavola o un listello con le macchine stazionarie, si fa una passata regolarizzando una faccia del pezzo, quindi si passa alla faccia a fianco mettendo in appoggio quella appena spianata contro la guida laterale (regolata a 90°). In questo modo si ottengono due facce piane e a 90° fra loro, non resta che piallare le altre due, portando sempre in appoggio, contro la guida laterale, l’ultima faccia spianata.
Nel caso molto frequente in cui sia necessario produrre una serie di pezzi tutti di identica sezione (per esempio listelli 40×60 mm), dopo aver fatto su tutti la squadratura delle prime due facce (prime due passate), per la 3ª e 4ª si usa la pialla a spessore, impostando come altezza di lavoro della macchina una delle due misure necessarie (per esempio 40 mm) e passando in serie la 3ª faccia di tutti i listelli; poi si regola come altezza di lavoro la seconda misura e si ripassano tutti sulla 4ª faccia.
Fresatura
La fresatrice è uno strumento elettrico, a 220 V o a batteria, in cui la parte attiva è la fresa, un accessorio intercambiabile che si fissa nel mandrino della macchina; la fresa, che gira molto velocemente spinta dal motore elettrico (in alcuni casi sino a 30.000 giri/min), è caratterizzata da taglienti con una specifica forma. Scopo della fresatura è dare la forma speculare a quella della fresa alla parte del pezzo di legno che vi entra in contatto. Quindi si usa per modanare profili a scopo di abbellimento, per ammorbidire gli spigoli, per rifilare un bordo relativamente a una forma prestabilita.
A mano e stazionaria
La fresatrice può essere uno strumento da portare a mano oppure una macchina stazionaria; sono due versioni utili entrambe, a seconda dei casi. La fresatrice a mano è detta comunemente a tuffo o verticale; ha una piastra che va in appoggio sul pezzo, mentre la fresa viene lasciata sporgere al di sotto di quanto può servire. Si usa quindi a mano portando la macchina sul pezzo immobilizzato. Lo stesso strumento diventa una macchina stazionaria se la si monta sotto un banchetto per fresatrici. In questo caso è il pezzo di legno a essere mosso sulla parte attiva della fresatrice. Stesso discorso per le toupie, grandi macchine stazionarie per fresare, spesso integrate nell’ambito di una combinata per legno. Fra le fresatrici da usare a mano, inoltre, ci sono due distinzioni; da un lato la macchina classica, più potente ma pesante, dall’altro modelli dalle dimensioni contenute, i trimmer, spesso alimentati a batteria, che non hanno le potenzialità della prima, ma permettono una grande maneggevolezza, dote apprezzabile perché consente maggiore precisione nella realizzazione dei profili, soprattutto quando si devono seguire bordi molto articolati.
Tante variabili
La forma è un fattore determinante per il risultato che si vuole raggiungere con la fresatura, ma è soltanto il primo di cui tenere conto. Il secondo, altrettanto importante, è l’entità di lavoro, da valutare in due diverse direzioni: una è in altezza, cioè quanto la fresa deve mangiare in senso verticale; la seconda è in larghezza, ossia, quanto la fresa deve erodere lateralmente.
Regolare l’azione in profondità è semplice, seppure non banale, perché basta regolare la sporgenza della fresa rispetto al punto d’appoggio del legno, che è la piastra della fresatrice a tuffo oppure il piano di lavoro della stazionaria. Per la regolazione laterale, invece, ci sono vari modi per limitare l’azione e per lo più servono elementi aggiuntivi come guide, scontri, anelli distanziali, cuscinetti sulle frese ecc.
Le guide e gli scontri laterali si usano quando bisogna seguire un percorso rettilineo, mentre anelli distanziali e cuscinetti permettono di seguire fedelmente anche i percorsi curvi. Tuttavia, fra tutti i sistemi elencati, soltanto la fresa con cuscinetto permette di usare la fresatrice per seguire direttamente il profilo del legno senza altri ausilii.
Modanare
Per condurre la fresatrice lungo il bordo di una tavola, realizzando una modanatura regolare, è necessario usare la fresa con cuscinetto in testa, che nel caso in questione corre in appoggio nel punto. Lo stesso risultato si potrebbe ottenere con una guida parallela, ma con il problema dell’attacco e dell’uscita dagli angoli (inizio e fine tratta), dove il cuscinetto non pone problemi e si passa tranquillamente da un lato all’altro del pezzo.
Arrotondare gli spigoli
Cambia il profilo, che in questo caso è tondo, ma non cambia la sostanza: serve sempre il cuscinetto in testa che mantiene costante la distanza (entità) laterale di lavoro.
Rifilare
In questo caso qualcosa cambia: il cuscinetto appoggia infatti sul fianco di una dima, preconfezionata appositamente, che stabilisce la forma da ripetere. Il foglio di multistrato, fissato provvisoriamente sulla dima, è costretto a prendere identica forma.
Diversa azione
A seconda se il tagliente sporge o è perfettamente allineato con il cuscinetto, cambia la lavorazione: nel caso le lame sporgono di diversi millimetri quindi il legno viene eroso di quella misura oltre la battuta laterale del cuscinetto.
Nel caso i taglienti sono esattamente a filo del cuscinetto, quindi rimuovono soltanto ciò che sporge dalla battuta laterale (azione di rifilatura).
Fresatrice a tuffo sotto il banchetto
Anche in questo frangente, la profondità laterale può essere controllata con cuscinetto in testa; il pezzo si può muovere liberamente senza vincoli di direzione. Usando invece una fresa senza cuscinetto è necessario avere uno scontro laterale da cui far sporgere la fresa della misura corretta, regolandone millimetricamente la posizione; in questo caso il legno si muove in senso rettilineo, lungo lo scontro.
Decorare con l’anello guida
L’anello guida è nella dotazione di molte fresatrici a tuffo e va applicato alla piastra. L’anello ha un rilievo che fa da barriera distanziale e impedisce alla fresatrice di andare oltre un certo livello costituito, per esempio, da una sagoma da seguire.
Tornitura
La tornitura prevede che ci sia un pezzo montato su una macchina stazionaria (tornio) e da questa sia messo in rotazione. Il lavoro è svolto da un utensile tagliente che può avere diverse forme e viene azionato dall’operatore. La tornitura è una lavorazione con forte connotazione creativa, perché consente di dare al pezzo di legno una forma a piacere, bella e attraente; ciò non impedisce a questa tecnica di avere anche un ruolo costruttivo, per esempio nella realizzazione delle gambe di una sedia, di un tavolo oppure di un mobile, elementi che, oltre alla valenza estetica, hanno una funzione strutturale e devono risultare uguali.
Importanza del materiale
La cifra creativa della tornitura è legata a due fattori: da un lato c’è prettamente la forma che si decide di dare al manufatto; dall’altro ci sono le caratteristiche della specie legnosa con il suo colore e le sue fibrature. Il legno è determinante per il risultato che si vuole ottenere non solo per la bellezza; è necessario che abbia anche certe caratteristiche fisiche, come la durezza e un tipo di fibra compatta e fine, inoltre deve essere privo di difetti (in particolare nodi) e marcescenze. Non a caso ci sono specie legnose indicate per la tornitura (olivo, olmo, acero, betulla, pero, ciliegio, bosso ecc) e altre meno perché troppo tenere e con fibratura grossolana, che non lascia superfici lisce e compatte.
Com’è fatto il tornio
Il tornio è composto dalle seguenti parti: un bancale che unisce tutti gli elementi, per cui deve essere più robusto e rigido possibile; un motore, possibilmente con regolazione elettronica della velocità, che ha il compito di far ruotare il pezzo mediante una punta (trascinatore), un mandrino o un platorello; una contropunta, spostabile lungo l’estensione del bancale, che ha il compito di sostenere l’altra estremità del pezzo; il ventaglio, anch’esso regolabile lungo il bancale, oltre che in altezza, che ha il compito di sostenere la sgorbia durante il lavoro.
Cosa serve per tornire
Per effettuare l’asporto di materiale servono ferri caratterizzati dalla forma dei taglienti: sgorbie, bedani, pialle, incisori, termiti ecc, sono i principali, ma per ognuno ci sono tante variabili per ottenere sempre il miglior risultato. Come base di partenza sono necessari almeno 4 ferri: una sgorbia da sgrosso, una per profilare, un bedano e una sgorbia pialla.
Due le lavorazioni di base della tornitura: longitudinale e trasversale. La prima è quella che si effettua sul fianco del pezzo in rotazione, solitamente tenuto tra punta e contropunta, mentre la seconda è quella che si effettua con il pezzo tenuto solo lato motore, per poter agire sulla parte libera, frontale. In questo caso il pezzo deve essere tenuto saldamente, facendo una presa per mandrino, rigorosamente a 4 griffe, oppure attaccandolo con viti a un platorello.
Caratteristiche del tornio
Il principale elemento strutturale del tornio, il bancale, non è solo importante per il ruolo di tenere solidamente insieme motore, ventaglio e contropunta, ma anche perché la sua dimensione determina la lunghezza massima del pezzo lavorabile, che corrisponde alla distanza fra punta e contropunta. Altra misura importante, quella del diametro massimo del pezzo lavorabile, è data dalla distanza dal centro mandrino al bancale, almeno per quel che riguarda le macchine a testa fissa. Con la testa ruotabile a 90° il discorso cambia, ma solo per la tornitura trasversale.
La macchina illustrata nella foto è il tornio Fervi, mod. 0648, fornito anche di copiatore, utile per ripetere più pezzi uguali, per esempio per fare le gambe di un tavolo. In ottemperanza a questa funzione, il tornio ha un’ottima lunghezza massima di lavoro, 1000 mm, mentre sul fronte del diametro massimo si arriva a 375 mm. La velocità di rotazione è regolabile da 500 a 2000 giri/min; il peso complessivo è di 68 kg. La macchina è fornita con platorello di Ø 150 mm, espulsore, trascinatore e contropunta rotante, entrambi con attacco CM2. Fervi, tornio 0648, è ora in promozione al prezzo di euro 929,50.
Tornitura longitudinale
Anche se il pezzo è molto corto, quando si agisce con la sgorbia sul suo fianco, ovvero incidendo in direzione ortogonale all’asse di rotazione, si tratta di tornitura longitudinale. Dopo la sgrossatura, si cerca sempre di regolarizzare il pezzo rendendolo cilindrico; quindi si tracciano a matita o con un bedano i riferimenti per la forma che si vuole imprimere, infine si procede con la sgorbia per profilare imprimendo le curvature al profilo.
Tornitura trasversale
È il tipo di tornitura che serve per fare piatti, ciotole, vasi, bicchieri ecc, in pratica tutto ciò che è da scavare all’interno. Si tornisce prima la parte esterna del manufatto, dandogli forma e arrivando sino a completare la finitura a cera. In questa prima fase va creata la superficie idonea alla presa (mandrino o platorello) per girare il pezzo e svuotarlo all’interno. Per scavare, se c’è spazio si possono usare le sgorbie per profilare, meglio se ad ala stretta, ma per scavi stretti e profondi servono le termiti.
Tratto da “Far da sé n.528 – Dicembre 2022/Gennaio 2023″
Autore: Nicla de Carolis
Sicurezza, controllo e pollice verde, sono questi i pilastri delle smart city sulle quali la Cina ha deciso di indirizzare il proprio sviluppo urbano dicendo fine alle megalopoli superinquinate. Xi Jinping, presidente della Repubblica Popolare Cinese, ha dato il via alla realizzazione di 500 smart city, città di media grandezza (due milioni e mezzo di abitanti, media grandezza per i cinesi…) che abbiano le caratteristiche chiave della digitalizzazione e che facciano transitare la popolazione verso una civiltà ecologica intesa come armonia tra l’uomo e la natura, attraverso una gestione rispettosa dell’ambiente, fondata su di un cambiamento culturale. Interessanti i documentari che, con rendering, simulano come sarà la vita delle persone: ampi spazi verdi, auto elettriche e a guida autonoma in car sharing, incroci regolati da semafori intelligenti, traffico fluido, oggetti che si scambiano informazioni tra loro grazie all’Internet of Things, baristi che preparano prima che tu ordini ciò che vorrai consumare. Ogni dato che ci riguarda sarà memorizzato e gestito per… facilitarci la vita. Non è una realtà così lontana perché diverse cose, fra quelle elencate, ci sono già, altre si faranno a breve; si tratta di assemblare i pezzi, lavorare sulla cultura digitale dei cittadini, soprattutto dei più vecchi, e il gioco è fatto. Il nodo più difficile da sciogliere rimane quello della produzione di una quantità più abbondante di energia elettrica (qualsiasi funzionamento dipenderà da questa), senza utilizzare combustibili fossili, ma solo fonti rinnovabili. La smart city incuriosisce anche se non si capisce se la digitalizzazione di qualsiasi processo potrà aggiungere molto alla qualità della vita di chi vive in un Paese piccolo come il nostro, dove le città con milioni di abitanti sono solo due, Roma e Milano; dove, soprattutto in passato, si creavano giardini e parchi nelle zone abitate di cui ancor oggi godiamo; e dove il 38% del territorio è costituito da boschi facilmente raggiungibili per gran parte dei cittadini. La nostra dimensione è ancora molto diversa e ci consente comunque di dare altri contributi alla sostenibilità, per esempio utilizzando stufe e caminetti a legna molto evoluti, non inquinanti, godendoci il caldo e la magia della fiamma magari dopo aver tagliato la legna nell’aria pura in un bel bosco, dove le piante nascono spontaneamente. Se volete provare questa sensazione, da pagina 12 trovate un ricco dossier su tutto ciò che c’è da sapere per attrezzarsi nella maniera giusta con una bella stufa o un caminetto moderno… questo finché non potremo o dovremo inebriarci delle meraviglie che offre una smart city
Rendere più accogliente l’ingresso, far sembrare più grande la sala da pranzo, aggiungere un tocco di stile a un angolo speciale della casa. L’illuminazione gioca un ruolo fondamentale nell’arredamento di un’abitazione, in particolare i lampadari danno un tocco di classe difficilmente eguagliabile da altri tipi di punti luce; ma come scegliere il lampadario giusto per ogni ambiente? Come orientarsi tra dimensioni, stili, tipi di sorgente luminosa, intensità dell’illuminazione, eventuale possibilità di regolazione di essa tramite dimmer?
Le domande che si pongono dovendo acquistare un lampadario, o lampada a sospensione, non sono poche: occorre una guida alla scelta del lampadario più adatto per ogni camera della casa.
Il lampadario in una stanza diversa dalla sala da pranzo?
I lampadari possono essere usati in ogni stanza: come punto luce primario, ma anche come elemento di arredo, con un’illuminazione meno intensa e completata da altri punti luce. Questo accade con le luci sotto i pensili in cucina, quelle dello specchio nel bagno, le abat jour sui comodini nella camera da letto, le lampade da terra o da tavolo nel salotto, le applique che mettono in risalto quadri e oggetti d’arte, nei corridoi.
Ovviamente sono necessarie alcune accortezze in più per scegliere il lampadario adatto al bagno, alla cucina o alla stanza dei bambini: i materiali del lampadario destinato al bagno devono essere resistenti all’umidità, quelli della cucina facili da pulire, e quelli della cameretta dei bambini robusti, possibilmente infrangibili.
Classico, moderno, originale
I lampadari sono oggetti decorativi, oltre che funzionali, perciò lo stile riveste un ruolo molto importante nella scelta. Si potrebbe pensare che un lampadario debba sempre essere intonato all’arredamento della stanza, ma alcuni contrasti tra classico e moderno possono dare risultati esteticamente molto validi. In linea generale: il metallo cromato e l’acciaio, le strutture geometriche e lineari, contraddistinguono i lampadari con un design moderno, mentre il bronzo e i “bracci”, sono legati ad uno stile più classico, come anche le decorazioni elaborate.
Comunque, se si dispone di un ambiente sufficientemente grande, qualsiasi sia l’arredamento, i lampadari importanti potranno divenire l’attrazione principale, magari messi in risalto da un rosone sul soffitto.
Come si calcola la dimensione del lampadario in base alla grandezza della stanza
Una regola matematica che ci permette di calcolare la misura del lampadario adatta alla stanza in cui lo posizioneremo, è quella di sommare la misura in metri dei due lati della stanza e moltiplicarla per 8. Il numero che ne risulta sarà il diametro in centimetri che dovrebbe avere il lampadario.
Naturalmente si tratta di misure indicative: un lampadario molto bello e importante può anche essere un po’ più grande, sempre che l’altezza del soffitto lo permetta. I soffitti sotto i tre metri impongono infatti la scelta di illuminare le stanze ampie con due lampadari più piccoli, in quanto sarebbe sgradevole vedere la stanza “ingombrata” da un’unica lampada grande e posizionata troppo in basso. La lunghezza del cavo dovrà infatti essere di circa 50 centimetri in caso di soffitti normali, mentre può superare il metro solo nei loft e negli open space.
E se c’è un tavolo sotto il lampadario?
Altra regola matematica: il diametro del lampadario deve essere compreso tra ⅓ e ½ della lunghezza massima del tavolo da pranzo. Un lampadario tradizionale per la zona pranzo ha 4 o 6 luci, schermate in modo da non abbagliare i commensali. Per quanto riguarda l’altezza, si dovrà mantenere una distanza dal piano del tavolo compresa fra 70 e 90 centimetri. Il lampadario sarà posizionato in corrispondenza del centro del tavolo stesso, o simmetricamente con spazi equidistribuiti se si tratta di posizionare due o più lampadari.
Molto pratica, dove lo stile moderno della lampada a sospensione lo consente, la scelta del cavo saliscendi, che permette di regolare l’altezza del lampadario a seconda dell’uso: in alto per non offrire ostacoli alla vista che farebbero percepire lo spazio come angusto, più in basso al momento di sedersi al tavolo.
Luce che occorre per illuminare una stanza: lumen e watt
I lampadari possono essere la fonte principale di illuminazione in una stanza, ma anche quella secondaria, come nel caso di alcuni lampadari d’antiquariato decorativi. Una volta stabilito di quanta luce si ha bisogno in un ambiente, si potrà stabilire la porzione che sarà coperta dalla luminosità del lampadario, e scegliere di conseguenza le lampadine.
Né fioca né intensa, calda o fredda: per misurare la quantità (intensità) di luce si usano i lumen e i watt, i Kelvin per la tonalità (temperatura). Il watt, cioè la “potenza” di una lampadina, è un metodo antiquato di misurazione, che si basa sul consumo di corrente elettrica più che sulla luminosità della lampadina ed è utile solo per le sempre meno usate lampade ad incandescenza tradizionali. Più giusto far riferimento ai lumen, cioè l’intensità della luce; le lampade LED, infatti, sono in grado di fornire anche più di 60 lumen per un solo watt di consumo.
Ci sono formule per calcolare quanti lumen occorrono per ogni stanza; importanti da conoscere, anche se si tratta di indicazioni da adattare ai propri gusti e esigenze personali, e non di regole. Si ritiene che per illuminare adeguatamente corridoi, disimpegni e camere da letto saranno necessari tra i 50 e i 150 lumen per mq, mentre per salone e zone lettura o per cucina e zona pranzo, tra i 200 e i 500 lumen per mq. Nel bagno, si dividono per convenzione i lumen tra lampadario (100/150 per mq) e luci dello specchio, raggiungendo anche i 400 lumen totali.
Scegliere dei prodotti di qualità è essenziale per avere la certezza che durino nel tempo e che assolvano alla loro funzione principale, ovvero illuminare l’ambiente; a tal proposito, da Leroy Merlin è possibile trovare un ampio assortimento di lampadari molto luminosi e strutturalmente resistenti.
Luce calda, fredda o neutra per il lampadario?
La tonalità della luce si misura in Kelvin: va da calda (meno di 3.300 Kevin e sfumatura verso il giallo-arancione) a fredda (più di 5.300 Kelvin e sfumature verso l’azzurro). In realtà, per l’illuminazione di casa e quindi per i lampadari, sono usate le tonalità neutre intermedie e più naturali, tra i 3.300 K e i 5.300 K.
Una luce tendente al bianco-azzurrino aiuta la concentrazione e stanca meno la vista (rivelandosi adatta alla cucine, alle zone di lettura e di studio), mentre le tonalità aranciate favoriscono il relax (utili quindi in camera da letto e per il lampadario del salone e del bagno, affiancati da altri punti luce con lampade da tonalità più fredde).
Ci possono essere eccezioni: ad esempio un lampadario dal design moderno, in metallo, sarà valorizzato da luci fredde, anche se posizionato nel salone.
Le lampadine LED, che hanno sostituito le vecchie lampadine ad incandescenza e parte delle alogene, sono disponibili in una vasta gamma di tonalità. Inoltre, la luminosità delle lampade LED è regolabile grazie all’installazione di un dimmer (variatore di luce / variatore di luminosità / varialuce) al posto dell’interruttore tradizionale. Con questo dispositivo elettronico si può non solo accendere e spegnere, ma anche modulare l’intensità della luce. Alcune lampade alogene tra quelle ancora in commercio sono dimmerabili e consumano relativamente poco, inoltre possono riprodurre la forma vintage e la tonalità di luce delle vecchie lampadine tipo Edison, o altre forme interessanti dal punto di vista del design.
Diffusori e paralumi: i “vestiti” delle lampadine
Finita l’epoca delle candele e degli stoppini, delle lanterne all’acetilene e ad olio, in cui il paralume era necessariamente di vetro; alla fine dell’800, con l’elettricità e le lampadine, i paralumi e i diffusori divengono una parte fondamentale di lampade e lampadari, un vero e proprio elemento di arredo.
Le funzioni fondamentali del paralume e del diffusore sono di schermare, ammorbidire e sfumare la luce, di dirigere il fascio luminoso. I piccoli paralumi a tronco di cono, in tessuto e uno per ogni lampadina, sono tipici dei vecchi lampadari a più bracci; mentre i paralumi per i lampadari moderni tendono ad essere più grandi e, soprattutto, prodotti in un’ampia varietà di materiali semitrasparenti. Senza filtrare, ma piuttosto riflettendo la luminosità e indirizzandola, i diffusori si aggiungono alle possibilità di “vestire” le lampadine. Colori, forme, materiali, rendono praticamente infinite le possibilità di scelta, per poter abbinare il lampadario a qualsiasi tipo di arredamento.
Lampadari fai da te
E se tutti i lampadari in commercio non bastano, chi possiede abilità manuale e qualche conoscenza tecnica in fatto di elettricità può acquistare il materiale per realizzare un lampadario con le proprie mani: cavi in tessuto o silicone, portalampade, diffusori, paralumi anche homemade, e un po’ di fantasia, possono aiutare a creare lampadari dalle forme estrose e personalizzate.
Prende il via oggi, Giornata Mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza, la partnership di un anno che vedrà Brico io impegnato a raccogliere fondi per sostenere l’UNICEF e costruire una scuola in Costa d’Avorio
Prende il via oggi, in occasione della Giornata Mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza, la partnership – della durata di un anno – che vedrà impegnato Brico io al fianco dell’UNICEF Italia a favore dell’istruzione di tanti bambini in Costa d’Avorio.
Brico io ha deciso di sostenere il lavoro dell’UNICEF e l’istruzione dei bambini in Costa d’Avorio impegnandosi a raccogliere fondi per costruire una scuola ecosostenibile nel paese.
L’UNICEF in Costa d’Avorio porta avanti, insieme all’impresa sociale colombiana Conceptos Plasticos, un progetto che prevede di riciclare la plastica per farne mattoni da impiegare nella costruzione di scuole. Attraverso questo progetto oggi vengono riciclate più di 5 tonnellate di rifiuti di plastica (da involucri di caramelle a pneumatici per auto) e trasformati in mattoni, durevoli e sicuri. L’obiettivo è quello di realizzare ambienti sani e sicuri dove i bambini possano studiare, giocare e sviluppare il proprio potenziale.
Oggi, negli oltre 100 negozi Brico io, i dipendenti della catena indosseranno delle speciali pettorine blu a sostegno dell’iniziativa UNICEF per celebrare la Giornata Mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza. Inoltre, per i prossimi 12 mesi, i consumatori potranno dare il proprio contributo alla raccolta fondi di Brico io per l’UNICEF e partecipare così alla costruzione di una scuola ecosostenibile in Costa D’Avorio. La scuola verrà realizzata utilizzando mattoni di plastica riciclata.
Brico io ha effettuato una donazione all’UNICEF con la speranza di raggiungere – insieme al contributo dei suoi clienti e dei partner commerciali che aderiranno all’iniziativa – l’obiettivo di 250.000€ utili alla costruzione di una scuola in Costa d’Avorio, comprensiva di 10 classi, servizi igienici, mensa, area esterna attrezzata, attrezzature didattiche e la formazione degli insegnanti.
“La Giornata Mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza è per noi dell’UNICEF un momento molto importante. Oggi più che mai i bambini sono in pericolo, affrontano guerre, povertà, cambiamenti climatici, sono esposti a molteplici rischi, è nostro dovere ricordarlo.” – ha dichiarato Paolo Rozera, Direttore generale dell’UNICEF Italia. “L’istruzione è uno strumento fra i più efficaci per consentire a un bambino di ricevere le nozioni di base utili per il proprio sviluppo, imparare a rapportarsi con gli altri, ricevere un’alimentazione adeguata, avere accesso ai servizi igienici. In certi paesi, questo significa tutto. Ringraziamo Brico io per aver deciso di sostenere l’UNICEF, insieme tanti bambini avranno accesso all’istruzione.”
“Con convinzione ci affianchiamo ad UNICEF nel sostenere questa iniziativa rivolta ai bambini che, indipendentemente da regione geografica, nazionalità ed esigenze rappresentano il futuro prossimo.” – dichiara Piero Simonetti, Responsabile Vendite e Marketing di Brico io S.p.A. – “Il nostro sostegno prevede volutamente il coinvolgimento dei nostri negozi, dei nostri colleghi e dei nostri clienti, con l’intento di sensibilizzare più persone possibile che rendano visibile l’iniziativa. Siamo certi che raggiungeremo l’obiettivo concordato con UNICEF, finanche a superarlo.”
Nel corso dell’anno, nei punti vendita Brico io saranno presenti i dialogatori UNICEF per dare informazioni sul progetto e invitare le persone a diventare donatori regolari UNICEF.
Un lavoro necessario per chi abbia piante da proteggere dai parassiti e spazi esterni da trattare contro le zanzare diventa agevole e senza fatica grazie all’irroratore Einhell GE-WS 18/75 Li da mettere a tracolla, che funziona con batterie al litio 18V e ha un serbatoio da 7,5 litri di capacità
In primavera tutte le piante da frutto, in estate molte piantine e, chi l’avesse, i filari d’uva: tutti vanno trattati con prodotti specifici per difenderli dalle malattie e dai parassiti. Trattamenti che in molti casi devono essere ripetuti più volte, come quelli che negli stessi mesi vanno fatti per difendere gli spazi esterni dalla proliferazione delle zanzare. Quasi nessuno trova “divertente” questo lavoro soprattutto se si è costretti a usare le pompe a spalla o da tenere in mano, quelle che bisogna mettere in pressione con uno stantuffo o una leva; durante l’uso la pressione scende velocemente e, in modo ricorrente, si deve ripetere l’azione per poter erogare il prodotto. Ora possiamo dire basta a questa seccatura perché c’è l’irroratore a batteria Einhell GE-WS 18/75 Li che ha a bordo un’elettropompa con il compito di mantenere in pressione il recipiente, permettendo l’erogazione continua del liquido ivi contenuto.
La macchina ha diversi vantaggi: il corpo con la parte elettromeccanica è di dimensioni molto contenute e di peso ridottissimo; tutta questa parte si sgancia dal serbatoio, che risulta molto semplice e veloce da rifornire con il preparato e da ripulire a fine lavoro; è alimentata con una batteria al litio da 18V della famiglia Power X-Change, quindi, chi avesse già elettroutensili di questa gamma, risparmia nell’acquisto di caricabatteria e batteria. Chi avesse bisogno di capienze diverse del serbatoio può orientarsi sulla sorella maggiore, spalleggiabile, GE-WS 18/150 Li, con capacità di 15 litri, o al contrario sulla più piccola GE-WS 18/35, da 3,5 litri.
L’irroratore Einhell GE-WS 18/75 ha un prezzo consigliato al pubblico di euro 84,95; il modello GE-WS 18/35 euro 74,95; il modello GE-WS 18/150 euro 144,95.
Estratta la macchina dalla confezione d’acquisto, restano soltanto da assemblare la lancia con il tubo rigido d’erogazione, il tubo flessibile e la tracolla. In pratica gli elementi che, a fine stagione, conviene rismontare per pulirli e asciugarli meglio prima del rimessaggio invernale.
L’attacco superiore della tracolla. Subito dietro, sull’impugnatura, si notano gli incavi che permettono di appoggiare in modo stabile la lancia.
Il raccordo d’innesto fra lancia e tubo rigido è di ottone, come anche quello fra tubo ed erogatore.
Il tubo flessibile si innesta nella lancia e si blocca avvitando la ghiera filettata.
Con un’identica manovra si collega sul corpo macchina anche l’altra estremità del tubo.
Lo sgancio del gruppo motore è semplicissimo e rapido: avviene tramite due ganci elastici laterali, fatti di metallo. Il peso è molto ridotto anche se si considera la presenza (necessaria) di una batteria.
Il bocchettone di riempimento è prolungato verso l’alto per riempire il serbatoio anche con motore montato. È utile anche, a fine lavoro, per svuotarlo comodamente dal prodotto non usato.
Batteria Power X-Change
L’irroratore funziona con una qualsiasi delle batterie a 18V della famiglia Power X-Change, disponibili con capacità di 2,0 – 2,5 – 3,0 – 4 – 5,2 Ah. I modelli da 3,0 e 5,2 Ah, marchiati Power X-Change Plus, sono nuovissimi accumulatori che offrono tanta corrente in più e, a parità di potenza, sono più piccoli del 13% e più leggeri del 10% rispetto agli altri.
Tratto da “Come ristrutturare la casa n.6 – Novembre/Dicembre 2022″
Autore: Nicla de Carolis
Si inizia a parlare di boiserie dal XIV secolo perché anche nelle dimore di lusso come i castelli e i palazzi, dove i nobili trascorrevano la vita tra feste e privilegi, in inverno si doveva combattere con infissi poco isolati, muri freddi, pavimenti ghiacciati e stanze dai soffitti altissimi che disperdevano il calore. Questa serie di pannelli in legno che rivestivano le pareti e i soffitti per trattenere il caldo nasce quindi per un motivo pratico. Ma, al di là di ciò, gli artigiani dei secoli passati si sono cimentati in realizzazioni, giunte fino a noi, di una straordinaria bellezza, con esempi come quello ricco di decorazioni in oro e bassorilievi del settecento, quello pulito e semplice dello stile inglese, tipico delle biblioteche con le tinte scure del mogano, e quello stile art déco dei primi del novecento. Oggi il problema dell’isolamento termico, assai di attualità, viene risolto in maniera più radicale e performante con materiali che hanno poi bisogno di rifiniture; quindi la boiserie, come i pavimenti di legno, sono elementi utilizzati solo per scelte estetiche di livello, fatte per durare nel tempo; il dossier da pagina 48 è rappresentativo di queste declinazioni dell’uso del legno. Quando si esce dalla doccia, cosa c’è di più desiderabile di un telo in spugna morbido e caldo in cui avvolgersi? I termoarredi elettrici, utili sempre ma soprattutto nelle mezze stagioni, quando l’impianto di riscaldamento è spento, sono ormai un elemento indispensabile nella progettazione di un nuovo bagno. Grazie all’infinita varietà proposta dalle migliori aziende del settore, possono dare quel tocco di bellezza ed eleganza tanto da sembrare opere d’arte; lo vedrete nel servizio da pagina 92. Nel servizio iniziale abbiamo selezionato tanti piccoli/grandi prodotti in grado di rendere la casa calda e accogliente, all’insegna del risparmio energetico; quindi si va da suggerimenti che ci vengono dal passato come un bel tappetto piacevole da calpestare a piedi nudi o un tendone che isola le finestre o una stufa a legna moderna, con emissioni ridotte, per arrivare alle lampadine più evolute con consumi bassissimi, controllabili con la voce, che emettono luce calda, ma anche di diversi colori. Se tutto fuori è tempesta, facciamoci coccolare dalla piacevole rilassante atmosfera che abbiamo saputo creare nella nostra casa grazie a questi deliziosi comfort.